Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 31 agosto 2014

Acori a Gubbio: dopo 16 anni... per un'altra sfida


A volte ritornano. E a volte non succede per caso.
Leo Acori a Gubbio e' tornato spesso da quel maggio 1999 quando sedette l'ultima volta in panchina a Viterbo. Spesso ma sempre da avversario.
Allora la macchina di S.Rosa non ce l'aveva ancora con la Festa dei Ceri, per le faccende Unesco ma in quei 90' l'undici laziale di patron Gaucci, con Baiocco e Liverani a giostrare a centrocampo, pur già promosso in C1, fece di tutto per impedire ai rossoblù di vincere e agguantare i play off.
Fini 2-2 e a Leonardo da Assisi, alla guida di una matricola terribile, capace un anno prima di vincere il campionato di serie D con 8 turni d anticipo, l'urlo di gioia resto' strozzato in gola. Un conto aperto, una questione che non poteva restare in sospeso.

Leo Acori ha poi incrociato spesso la strada eugubina dalla sponda avversa. Spesso gli andò male ma nell'occasione piu importante e' stato Leo ad esultare. Finalissima play off giugno 2003: il suo Rimini affronta il Gubbio di Alessandrini, dopo un estenuante campionato che di C2 ha ben poco. A vincerlo e' stata la Fiorentina, che si chiama Florentia Viola, che e' passata ai Della Valle, e ha cambiato nome forse per rifarsi il look. In campionato due pareggi, anche rocamboleschi, come a Gubbio dove le due squadre falliscono un rigore a testa dopo il 90'.

L'andata della finale e' a Gubbio: Alessandrini, che ha stravinto col Castelnuovo in semifinale nonostante lo stop imposto a Lazzoni per i troppi caffè, da' fiducia a Zebi, grande protagonista nelle semifinali, oggi ancora sulla breccia a Ravenna e per di piu anche consigliere comuale, e gli affida il temuto Adrian Ricchiuti. Gli sfugge una sola volta, quanto basta per procurare il penalty: Bordacconi con l'aiuto del palo infila Fabbri e resterà l'unico gol della doppia sfida. Al ritorno, infernale, a 30 gradi fuori e 40 negli spogliatoi, il Gubbio sfiorerà piu volte il gol senza trovarlo. E alla fine Leo Acori inizierà la cavalcata riminese culminata nella serie B contro la Juve e in quel debutto su SKY, con la coppia mondiale Caressa-Bergomi dove ancora Ricchiuti regalerà una perla memorabile ai tifosi biancorossi. Quel Rimini avrebbe giocato i playoff per la A se non fosse stato preceduto da tre corazzate come Juve, Napoli e Genoa, in una B geneticamente modificata da Calciopoli.

L'altra pagina clou della carriera di Acori e' a Livorno, dove porta i labronici ai playoff per salire in A prima di essere congedato da patron Spinelli alla vigilia della finale. Quasi fosse su Scherzi a parte.
Benevento, Cremonese, San Marino e Grosseto, a seguire, non sapranno restituirgli le soddisfazioni meritate. E allora Leo Acori decide di tornare. Di saldare quel "conto in sospeso". Ben sapendo la difficoltà della sfida, ma conscio altrettanto del calore e della familiarità dell'ambiente eugubino. Che sa apprezzare chi nelle cose buone ci mette pure l'anima.

Ora non ha i Giacometti, i Bignone, i Cau, o i Lorenzo. Ha Bonura, che aveva lanciato proprio in C2 a Gubbio, che ha voluto al suo fianco. E una nidiata di ragazzi in cerca di un trampolino importante: come lo e' stato Gubbio per Leo Acori.
Bentornato mister!
 
 
Rubrica "Il Rosso e il Blu" poi utilizzato (solo) il 15 settembre 2014 a "Fuorigioco"

giovedì 28 agosto 2014

Lo spezzatino in Lega pro? Meglio quello della nonna...

Lo hanno ribattezzato spezzatino, ma qualche nonna potrebbe giustamente offendersi.
La Lega pro - dopo l'inevitabile cura dimagrante (5 campionati ridotti a 3) e la morìa di società che continua incessante - prepara in rampa di lancio quella che viene definita, con enfasi da Minculpop, la stagione della svolta.

13 orari diversi nelle partite disseminate in ogni fine settimana, dal venerdì alle 19 fino al lunedì sera alle 20.45. Turni infrasettimanali, dirette streaming, un cartellone di appuntamenti da bulimia calcistica. Con seri rischi di anoressia però per il futuro della terza serie.

Già perche' le geniali novità di un calendario frammentato all'inverosimile hanno già prodotto conseguenze pesanti sulle campagne abbonamenti di molte società, Gubbio compreso. In tanti hanno visto bene di aspettare a sottoscrivere la tessera annuale dal momento che solo una minima parte di gare si giocherà di domenica, e che ancora ad oggi si conoscono solo le date delle prime due giornate. Di tutte le altre si sa che forse potranno vedersi su internet - sempre che i disservizi dello streaming testato in Coppa non vengano superati (Ancona-Gubbio non l'ha vista praticamente nessuno). Sportube e' il nuovo partner di Lega pro, in un connubio che potrebbe rivoluzionare il calcio italiano, dicono dalle stanze federali. O farlo saltar definitivamente per aria, teme qualcun'altro.

L'unico botteghino ad esultare per ora e' proprio quello dei vertici federali, che hanno escogitato l'ennesima alchimia per garantirsi introiti certi, stipendi anti-crisi e poltrone inossidabili.
Che gli stadi di Lega pro siano invece destinati a svuotarsi non viene messo nel contro, sempre che interessi davvero a qualcuno. Ci penserà qualche altro rampante dirigente Lega pro, tra qualche anno, a mettere la toppa. Nessuno poi ovviamene pagherà per il buco.
Una storia già vista, e non solo in campo sportivo. Una storia tipicamente italiana. Di quell'Italia borbonica che fatica ad essere rottamata, nel calcio come nelle stanze della politica.

C'e' poco da sorprendersi dunque di un Tavecchio alla guida del calcio - anche se i personaggi piu' insidiosi restano quelli che lo contornano - figura tanto criticata all'unisono su una frase infelice, quanto abile a scegliere come foglia di ficus l'allenatore piu indiscutibile dell'ultimo triennio. C'e' da chiedersi pero che cosa il nuovo corso federale farà per il futuro del calcio di casa nostra, oltre ad Antonio Conte.
Se le premesse sono quelle di Lega pro, teniamoci lo spezzatino. Ma quello della nonna...


Rubrica "Il Rosso e il Blu" in onda a "Fuorigioco" - lunedì 1 settembre 2014

martedì 12 agosto 2014

Un Paese che sa di Tavecchio...

Sembra che Moody's abbia abbassato il rating dell'Italia dopo l'ufficializzazione di Carlo Tavecchio alla guida della Figc. Non tanto per i valori economici del nostro disastrato Paese, ma per la coerenza  della sua classe dirigente.
Per carità - visto quel che accade anche fuori dai nostri confini - sono in pochi a poterci dare lezione. Ma il Belpaese si diverte a fare di tutto per mettersi sotto i riflettori, nelle peggiori tonalità.

Il calcio, che non è più un gioco ormai da decenni, resta un'industria simbolo dell'Italia. Non a caso splendeva di luce propria negli anni Ottanta, riuscendo a rappresentare la faccia opulenta di un Paese "da bere" che stava però cartolarizzando il proprio presente (dopo aver messo in freezer il futuro delle prossime generazioni, almeno quello pensionistico). Dal flop di Italia '90 - sportivo e soprattutto di programmazione e infrastrutture - la parabola è stata una discesa quasi costante e inarrestabile, intervallata da qualche sussulto agonistico (Mondiali 2006, Europei 2012), che a vederla oggi, appare come l'eccezione che conferma l'andazzo.

Oggi il mondo del pallone è lo specchio del vuoto italico: di quello economico-finanziario e soprattutto di quello valoriale.
Carlo Tavecchio, nuovo Presidente Figc, è alla guida della Lega Dilettanti dal 1999: di lui non si ricordano in 15 anni riforme o iniziative epocali, ma neanche spunti o idee tali da perorarne l'improvvisa candidatura alla guida del Calcio italiano, dopo le dimissioni di Abete, abbattuto, insieme a Prandelli, dall'inzuccata di Godin.
Tavecchio è paradossalmente diventato famoso per un infortunio topico nel descrivere un problema reale - empasse tipica di chi ha responsabilità decisionali, capire i problemi ma non essere capace neppure di rappresentarli verbalmente. E la sua ormai mitica scivolata su "optì Poba" ha trasformato quello stesso problema reale (troppi stranieri) in una boutade che ha fatto il giro del mondo, con sberleffi annessi.
Se fosse quello il suo manifesto politico-programmatico somiglierebbe ai cartelli murali "Più tasse per Totti", ideati dal centrosinistra per scalfire la supremazia mediatico-populista del Cavaliere, con risultati - fuori dai Tribunali - sempre modesti.

La vicenda Tavecchio è paradigmatica di un Paese che non solo non sa cambiare, ma preferisce affidarsi al "brizzolato sicuro". E detto da chi scrive (che brizzolato ormai è quasi a tutti gli effetti) non può essere presa come una "pro domo sua". Ma se di un padre si potrebbe aver bisogno, il nonno non serve a dare la sterzata. Tutt'al più la ninna nanna.
La scelta della gran parte del calcio italiano assume piuttosto i connotati della classica scommessa gattopardesca: lasciare nella stanza dei bottoni un signore con l'aria da zio bresciano di secondo grado, da cui ti aspetti una barzelletta o un aneddoto con il suffisso "Ai miei tempi"... più che una strategia risolutiva della crisi atavica di un movimento di milioni di praticanti. Non a caso a votarlo sono stati soprattutto coloro che vogliono cambiare perchè in fondo nulla cambi: buona parte delle società di A, tutta la B e la Legapro. La fantomatica Lega pro.
Un coro così stranamente oceanico da far apparire Demetrio Albertini più affidabile di quanto anche la sua esperienza federale non dica. Se non altro per motivi anagrafici (che pur da soli non dovrebbero bastare).

Pasolini ripeteva fin dagli anni Settanta che l'unica religione ormai praticata domenicalmente, era quella del pallone di cuoio.
Il calcio non è più ormai vicenda domenicale (metà delle partite si giocano negli altri giorni). Ma ora l'Italia ha un suo nuovo "sacerdote". Lasciando stare le sue omelie, speriamo almeno riesca a dire messa fino in fondo. Non saremo nel coro. E caso mai, al rosario penseremo da soli...

lunedì 4 agosto 2014

Aspettando l'effetto-Nibali, un'idea per il (ciclo) turismo locale

Ernst Hemingway scriveva che per conoscere a fondo il fascino di una terra bisogna percorrerla in bici. "Solo sudando per le sue salite ed esaltandosi nelle sue discese, si puo' cogliere la personalita di un luogo".
Sara' che le recenti gesta di Vincenzo Nibali hanno riacceso l'entusiasmo per le due ruote piu' mitiche. Sara' che l'idea di andare alla ricerca di flussi turistici alternativi e legati ad ambiente e patrimonio naturalistico e' quasi un dovere. Sta di fatto che anche dalle nostre parti - in Umbria e perche' no, nel comprensorio Eugubino - i tempi sono piu' che maturi per riflettere sulle opportunità che un turismo di nicchia così in crescita, in Italia come in Europa, potrebbe aprire. E la facilita' relativa con cui potrebbe attecchire. Proprio perché a sua volta si tratta di un circuito che tende a toccare luoghi non facilmente accessibili, lontani dai traffici caotici. Ambienti come i nostri che, almeno per una volta, sono avvantaggiati dall'isolamento viario.

Un recente studio commissionato dal Parlamento Europeo alla European Cyclists' Federation, ci dice che sarebbero 25,6 milioni i cicloturisti pernottanti nel mondo, per un valore complessivo di 54 miliardi di euro all'anno. I casi studio europei mettono in evidenza come lo sviluppo di itinerari cicloturistici possano avere interessanti ricadute sulle economie locali, in termini di creazione di imprese e posti di lavoro.

Gli esempi cui ispirarsi sono quelli delle ciclovie dell’Alto Adige che restano, purtroppo, un unicum in Italia.
E' in auge un interessante progetto che vorrebbe ripercorrere con jna pista ciclabile l'antico itinerario ferroviario da Fossato di Vico ad Arezzo: un'idea a suo modo originale e ambiziosa che - legandosi agi itinerari Francescani e alla Via Francigena (che già godono di una certa pubblicità in ambito ciclo turistico) - potrebbe diventare occasione di richiamo per italiani e stranieri non alternativa ma complementare ai flussi attuali.

Il cicloturismo appare al tempo stesso, uno degli "strumenti" piu' idonei per favorire una piu forte coesione nella proposta turistica di un comprensorio - Eugubino-Gualdese - che non e' mai riuscito a coalizzarsi davvero nella proposta di un pacchetto unico: pur avendo molte "cartucce" da sparare. Ognuno pero ha voluto farlo con la propria doppietta ( con risultati alquanto modesti).

Non e' solo un problema nostro, tanto che Paesi europei con un decimo del nostro patrimonio artistico ci sorpassano pedalando a doppia velocità.
Se e' vero che la crisi ci porta a cambiare abitudini di vita (come quella di lasciare l’auto a casa e optare per la bicicletta) e' altrettanto vero che un pensierino concreto su questo versante andrebbe fatto, da istituzioni regionali e locali.
 
Tra gite domenicali, raduni, escursioni a corto e medio raggio per il weekend o anche veri e propri tour di più giorni on the road, solo considerando le 142 associazioni FIAB (Amici della Bicicletta) presenti in Italia, queste organizzano ciascuna ogni anno una trentina di gite e vacanze sulle due ruote, con una media di trenta partecipanti e 50 km percorsi: un totale di 4.200 escursioni e viaggi l’anno, che muovono quasi 130.000 persone in tutta Italia, per un totale di 6.300.000 km, pari a 157 volte e mezzo il giro del mondo.
La meta sono itinerari selezionati, con un giusto mix di citta' d'arte e ricchezze naturalistico-ambientali: che anche il nostro comprensorio possa aspirare a farne parte sarebbe una novità auspicabile.
GMA
 
editoriale "Gubbio oggi" - agosto 2014