Prima o poi doveva arrivare. Il primo gol incassato, dopo quasi 630', è però di quelli pesanti: perchè il rigore di Marin regala il pari al Cagliari allo Stadium, mozza 2 punti alla Juventus e segna il quarto pareggio dei bianconeri (terzo in casa) nelle prime 7 giornate. Ma cosa ha detto davvero l'inatteso (e immeritato) 1-1 dei bianconeri, in una partita dominata da possesso palla, tiri in porta, fantomatiche XG e una valanga di rimorsi?
Intanto che per oltre tre quarti di gara c'è stata praticamente una sola squadra in campo. Il cui unico difetto (a parte una divisa di gara inguardabile) è stato quello di non capitalizzare mole di gioco e occasioni. Poi che Thiago Motta ha dato un'identità tattica alla squadra, anche cambiando gli interpreti centrali (Locatelli e Thuram al posto di Mc Kennie e Fagioli nella zona nevralgica, Mbangula al posto di Yldiz). Inoltre che alcuni big contesi in estate e attesi in stagione, sono ancora lontani dalla forma migliore: Koopmeiners si muove bene ma ancora non vede la porta, Douglas Luiz non vede il campo prima di un'ora e quando entra la sua velocità resta quella di un 33 giri.
Problemi di integrazione, di amalgama, di rodaggio. Che quando cambi più di mezza squadra oltre all'allenatore, ci stanno. E si ingantiscono però quando la percentuale realizzativa delle occasioni è ancora col freno a mano tirato. Il primo tempo di una partita come Juventus-Cagliari non può chiudersi 1-0. A stare stretti ci sarebberi due gol di scarto, in tempi ideali forse anche 4. E così una delle più antiche leggi del football recita semplice: "Se non la chiudi, dai una mano al tuo avversario a rimetterla in sesto". E il Cagliari - graziato soprattutto da Vlahovic a porta vuota - non si è fatto pregare, alzando il baricentro nell'ultima mezz'ora e "trovando" come un jolly l'azione del penalty, con Piccoli che addirittura stoppa male, si allarga e da posizione innocua per la porta bianconera, pesca un fallo sull'ingenuo contrasto di Douglas Luiz: alla seconda frittata in quattro giorni nella propria area. Neanche fortunato il brasiliano: che avrebbe potuto "svoltare" la sua domenica e forse questo inizio stagione, se solo Vlahovic avesse appoggiato in rete il tap in con portiere steso a terra, procurato proprio dalla bordata da fuori area dell'ex Aston Villa. Ma quando la luna gira storta, si incarta tutto. E anche un normale confronto in area - che con lucidità si potrebbe gestire "accompagnando" l'avversario a lato - diventa una clamorosa buccia di banana.
La perla infine la regala il mio omonimo Marinelli: che esibisce un rosso cervellotico e frettoloso con uno scatto che neanche Jacobs a Tokyo avrebbe pareggiato. Non si adombra l'ipotesi che se la caduta non provochi rigore non debba per forza essere pure sanzionata. Ricordando poi che per contrasti lievi come quello tra Conceicao e Obert (difensore ruvido che dopo aver picchiato per tutto il match non ha rimediato neanche un giallo), la scorsa stagione fioccarono rigori a iosa per altre squadre (ricordate Lautaro con l'Udinese, il soffio di vento e il dischetto?).
Ci si chiede a che serva il VAR se deve richiamare l'arbitro quando decide a 3 metri di distanza di non comminare il rigore (quello su Piccoli) e non dà segni di vita su un'azione in velocità captata dal direttore di gara a non meno di 50 metri di distanza. Con l'ombra di un doppiopesismo inconscio (chiamatela "sindrome da zebra"), e il doppio danno dell'inferiorità negli ultimi 8 minuti di recupero più l'assenza del furetto portoghese in Juve-Lazio. Un sistema - questo VAR - che anzichè risolvere i problemi più spinosi ha finito per ingolfare anche quelli più limpidi. Annebbiando le idee degli arbitri bravi, regalando alibi a quelli più scarsi. E finendo per privilegiare chi protesta più e meglio di atutti (grazie a chi glielo lascia fare nella stagione in cui in teoria solo il capitano dovrebbe conferire con il referee). Ne usciremo? Dopo 7 giornate non c'è da essere troppo ottimisti...
Nessun commento:
Posta un commento