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giovedì 3 ottobre 2024

Una Juventus eroica. Un 3-2 firmato TM che è impresa da tatuare: contro tutto e contro tutti...

Stellare. Fatico a ricordare una vittoria così rocambolesca, entusiasmante, eroica della Juventus in Europa. In 10 contro 11, dopo aver perso nei primi minuti il miglior difensore (chissà per quanto...), essere andata sotto 2 volte, la seconda con l'uomo in meno e con un rigore causato da quello che doveva essere (e ancora non è) l'uomo in più. Ribaltato in casa sua il Lipsia che in Bundesliga sta andando alla grande, e che davanti ha un "Marcantonio" sloveno prossimo oggetto dei desideri di mezza Europa.

Sarà che i 3-2 sono risultati che ispirano sempre grandi imprese (non solo nel calcio, ne ricordo qualcuno anche nel tennis e nel volley). Sarà che vincere fuori casa in Champions non è mai facile. Ma fatico a trovare una gara dei bianconeri così trascendentale negli episodi e nella sceneggiatura, da suggerire un paragone. Come pathos emotivo, il ricordo torna all'adolescenza e ad un 2-1 al S.Andrews Park di Birmingham, primavera 1983, con la banda del Trap che batte in casa i campioni d'Europa in carica dell'Aston Villa, grazie ad un guizzo (sfuggito pure alla diretta di Telemontecarlo) di Pablito e ad una corsa sfrenata di Boniek lanciato divinamente da divin Michel. In tempi più recenti un altro 2-1 in terra inglese, sul campo del City con le prodezze di Morata e Mandzukic. Ma mai in 10, con infortuni pesanti, rigori negati, rossi esibiti, rigori subiti e un'escalation di episodi che a mezz'ora dalla fine lasciava presagire al peggio del peggio.

La Juventus vittoriosa sul campo del Lipsia - annunciato come primo vero test probante per la squadra di Thiago - non solo conferma la regola del 3 (se segna ne fa 3, altrimenti è 0-0) ma afferma una propria identità e al tempo stesso la capacità di evolversi tatticamente. Solida, rocciosa e impenetrabile in Italia (dove ancora non ha subito gol dopo 540'), intraprendente, audace, financo spregiudicata in Europa, dove neppure le vicissitudini negative sul campo tedesco hanno suggerito di arretrare il baricentro. Non è tanto vincere, che è già tanto, ma cercare di farlo nelle condizioni in cui era "ridotta" la Juve ieri a 15' dalla fine che dà la cifra di una "mentalità" evoluta. E capace di adattarsi camaleonticamente al contesto europeo. Perchè il Lipsia, a casa sua, non è il Como o il Verona, ma neppure la Roma, l'Empoli e lo stesso Napoli. E poco importa se negli ultimi 20 minuti (10 regolamentari più gli assurdi 9 e mezzo di recupero del mediocre transalpino Letexier) i bianconeri, nella splendida terza maglia di quest'anno, abbiano patito le pene dell'inferno. Vincere soffrendo è uno step necessario per qualsiasi grande squadra che aspiri a diventare grandissima.

Eh sì perchè questo 3-2 a Lipsia assomiglia a quegli esami di maturità che regalano consapevolezza e mentalità a tonnellate. Al netto dei referti medici che si attendono messianicamente (soprattutto su Bremer), la Juve "scopre" di avere non solo un complesso straordinariamente robusto ma anche individualità sorprendenti nella qualità della prestazione: un Fagioli sontuoso a guidare il centrocampo (con Locatelli, finora top player, rimasto 90' in panca), un McKennie infaticabile e versatile, capace di trasformarsi da mediano a terzino senza cedere 1 cm agli avversari. E su tutti la coppia difensiva, con un Gatti che non è più da wow e un Kalulu candidato a vincere il premio "Edgar Davids" del II millennio. Davanti poi c'è un Dusan Vlahovic sensazionale nella capacità di accendersi, dopo un primo tempo anonimo in cui comunque poteva procurare un rigore solare; nella imperiosità di incidere e nella volontà di farlo con due gol diversi ma entrambi gioiello. E un Conceicao ubriacante: che solo a pensare di fare quel gol (e poi farlo) fa capire di avere una "maleducazione" tattica e una proprietà tecnica sconfinata. 


La foto della serata è nello sguardo tarantolato di Thiago Motta che si avvinghia su Conceicao e viene travolto dal groviglio di abbracci della panchina, rimediando anche un bernoccolo. Quella concitazione travolgente diventa consapevolezza. Forza. Solidità.


Per carità, non mancano anche in questa memorabile serata le note stonate (un Luiz svagato che entra in infradito e procura rigore come se stesse giochicchiando sulla spiaggia di Copacabana, o un Yldiz ancora acerbo per certe contese ad alto spessore). Resta però dominante la sensazione dell'impresa. Contro tutto e contro tutti. 

Che proprio per questo, ha un sapore ancora più... da Juventus.

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