Più forte di tutto e di tutti. C'è poco da fare. Jannik Sinner in questo 2024 è un alieno nel tennis mondiale. Non lo dicono soltanto i numeri - quasi 12 mila punti nella classifica ATP, con Alcaraz secondo che "arranca" a 7.000 - le vittorie nei tornei (7 in questo anno solare, di cui i suoi primi 2 Slam, Australia e US Open), non lo dicono solo i successi contro i migliori della graduatoria (ormai resta "giocabile" solo con Alcaraz e Medvedev, mentre anche Djokovic è alla sua quarta sconfitta nelle ultime 5 sfide con l'altoatesino), o il primo posto garantito fino a fine 2024. Lo dice soprattutto la straordinaria tenuta mentale del ragazzo di Sesto Val Pusteria, che gioca, macina punti e vince nonostante il macigno psicologico del ricorso della Wada, la famigerata agenzia antidoping, gli penda in testa come la più ingombrante delle spade di Damocle.
Tenuta mentale: sta qui la vera differenza tra il rendimento fenomenale di un campione del tennis destinato a lasciare il segno per anni e quello di un semplice fuoriclasse, che spesso affiora, esplode, brilla ma come una cometa di quelle che, d'improvviso scompare all'orizzonte al minimo inciampo psicologico. La storia del tennis ne è strapiena. Sinner è mentalmente un robot : " Se perdo il giorno dopo mi alleno. Se vinco il giorno dopo mi alleno ". Un mantra psicotico che si ripete quotidianamente. Lo priverà pure degli "anni migliori" ma forse il vero segreto della sua prorompente scalata nell'olimpo del tennis in appena 3 anni, sta tutta qui. Sorride poco - e di questi tempi anche meno - non si abbandona a proclami o dichiarazioni roboanti, anzi fa dell'umiltà uno status identitario: basti sentire le sue parole dopo ogni successo, sempre prodighe di riconoscimenti a chi gli sta vicino, allo staff, ai collaboratori. E spesso anche agli avversari, che lo hanno "migliorato".
Anche a Shangai ha sciorinato prestazioni superbe, magari poco spettacolari, se non in qualche scambio rocamolesco, ma lineari, solide, con un gioco da fondo campo sfiancante per l'avversario, e recuperi prodigiosi spesso conclusioni con passanti lungolinea o diagonali impensabili. Difficile pure azzardare un paragone col passato, tanto è distante la qualità, l'intensità e la tipologia del tennis moderno con i fuochi d'artificio estetici di un Mc Enroe o il servent volley di un Edberg. Djokovic lo ha praticamente eletto suo erede. E tanto basta.
Tornando alla Wada, l'assurdo ricorso nei confronti di Sinner per una squalifica che avrebbe dell'incredibile - e creerebbe un precedente ridicolo racconto da condizionare praticamente la carriera di ogni tennista in futuro - concluderà il suo iter solo tra dicembre e gennaio. Prima ci saranno le Finals di Torino (il Master che manca ancora nella bacheca di Jannik, nel quale lo scorso anno sconfisse mirabilmente Djokovic al primo turno, per poi buscarle dallo stesso serbo in finale) e poi la Coppa Davis, che in questo 2024 si preannuncia quanto mai avvincente: con l'Italia detentrice che punta allo storico bis ma con la Spagna che ospita l'atto finale della rassegna a Malaga, quanto mai agguerrita.
Oltre ad Alcaraz, la nazionale iberica presenta in squadra quel Rafa Nadal che chiuderà la sua straordinaria carriera puntando proprio a riportare a casa l' iconica insalatiera. Una sfida tra titani e un passaggio di consegne generazionale. Per Sinner anche una rivincita dopo l'assenza non senza polemiche alle Olimpiadi di Parigi. Non resta che allacciarsi le cinture e aspettare novembre...
Nessun commento:
Posta un commento