Se la cultura è il filone sul quale “costruire il futuro” della città, un nuovo filone è stato valorizzato grazie alle intuizioni di alcuni appassionati: l’Opera è una strada che potrebbe portare lontano
Un successo. Come forse qualcuno sperava. Ma che non poteva essere dato per scontato. In appena due mesi la nostra città – e in particolare il Teatro Comunale – ha ospitato tre appuntamenti di lirica che hanno riscosso grande partecipazione e ampi consensi. Da un lato il felice connubio con l’associazione “Vissi d’arte, vissi d’amore” – che ha in Cristina Park Yo Kang la direttrice artistica e nell’eugubino Massimo Capannelli l’animatore primo - da cui sono scaturite due serate molto applaudite e apprezzate, e in mezzo l’iniziativa della Famiglia dei Santantoniari – anche qui dallo spunto di un appassionato, Roberto Procacci – hanno permesso alla comunità eugubina di “riscoprire” un antico amore, l’opera, e di poterne godere all’interno di quel gioiello artistico che è il Teatro Comunale.
Una “riscoperta”, abbiamo detto. Di cui si erano avute le prime avvisaglie già lo scorso anno, quando per il concerto in onore di S.Ubaldo, il 16 maggio, la Banda Musicale Città di Gubbio aveva proposto un collage di brani di opera, che aveva riscontrato grandi apprezzamenti. Già perché la tradizione lirica non è affatto sconosciuta dalle nostre parti. Proprio il Teatro Comunale eugubino, inaugurato nel 1738, ha una sua storia intimamente legata alla lirica, in particolare a cavallo tra l’800 e il ‘900. Tra gli appuntamenti e i personaggi di grido si ricordano in particolare i tenori eugubini Giuseppe e Alessandro Procacci, in particolare il primo che si esibì nel Dottor Faust davanti ai concittadini nel 1886 in occasione dell’inaugurazione della Ferrovia Arezzo-Fossato di Vico; o poco più tardi (1890) quando andò in scena il “Ballo in maschera” di Verdi con Elisa Petri di Fabriano, uno dei più grandi soprani della storia del nostro melodramma.
La lirica fu protagonista anche a fine secolo (1894) per le grandi feste centenenarie in onore di Sant’Ubaldo così come nel ‘900 quando sul palcoscenico eugubino si esibì (nel 1927) il celeberrimo tenore Beniamino Gigli e (nel 1935) il famoso baritono Tito Gobbi. Senza dimenticare che da queste parti (a Cantiano) è nato quel Giuseppe Capponi, tenore prediletto da un certo Giuseppe Verdi, che gli affidò (1871) la prima dell’Aida al Cairo e (1874) la Messa da requiem in morte di Alessandro Manzoni.
Come dire, l’Opera non era certa un’illustre sconosciuta da queste parti.
E allora la storia, ma anche l’attualità, danno lo spunto per una riflessione tutt’altro che secondaria. La cultura è il binario sul quale convergere energie e idee per valorizzare al meglio la nostra città e il suo retroterra culturale, e anche per dare nuovi impulsi a prospettive di sviluppo.
Città neanche troppo lontane (si pensi a Macerata, ma anche alla stessa Spoleto) hanno fatto di alcuni filoni, un veicolo privilegiato di promozione e attrattiva.
La riscoperta dell’affascinante mondo della lirica – ma soprattutto quel bagaglio di tradizioni e di personaggi che anche la nostra città può vantare – rappresentano un punto di partenza sul quale puntare per ulteriori progetti e iniziative. L’esperienza recente dimostra come anche dagli imput di appassionati privati, possa nascere un ampio coinvolgimento di istituzioni e sponsor che possono a loro volta giocare un ruolo fondamentale nel dare respiro a questo che è ancora solo un approccio. Per farlo diventare un progetto organico – che guardi ad un futuro neanche troppo lontano di una Gubbio definitivamente vocata a questo settore artistico – è necessario qualche passo in più. E il momento di compierlo pare proprio sia arrivato.
sabato 1 gennaio 2005
Acque Minerali, Business molto umbro
Da “Il Sole 24 ore – Centro nord” del gennaio 2005
L’acqua minerale in Umbria? Un business per le 13 società che operano sul territorio regionale ma anche per la stessa Regione. Esattamente un introito da 692 mila euro all’anno, per le casse di Palazzo Donini. A tanto ammonta la redditività complessiva delle concessioni di competenza regionale che gravano sulle imprese del settore. Poca cosa, si dirà, rispetto ai numeri generali del bilancio regionale, ma non la pensano così i gruppi consiliari di centrodestra dei comuni (in tutto 14) interessati ai prelievi idrici, che hanno avanzato la proposta ufficiale – ed è iniziata anche una raccolta di firme – per adottare in Umbria la normativa già vigente in Toscana che prevede il passaggio di competenze dalla Regione proprio ai comuni in tema di concessioni. “Non si vede perché gli introiti derivanti dalle concessioni per lo sfruttamento delle acque minerali debbano finire in Regione – hanno spiegato i promotori dell’iniziativa (i gruppi della Cdl di Gualdo Tadino che hanno riunito i rappresentanti degli stessi partiti di ognuno dei comuni interessati) – non considerando che i comuni offrono una risorsa preziosa, come l’acqua, non ricevendo nulla in cambio”. Una sorta di devolution in chiave comunale in materia di acque minerali – l’hanno invece ribattezzata dal centrosinistra dove la soluzione di affidare le competenze su scala locale non appare gradita.
Al di là delle posizioni politiche, appare indubitabile la valenza dei numeri, considerando che in tre anni (dal 2000 al 2003) la redditività annua delle concessioni è praticamente quintuplicata (nel bilancio 2000 ammontava a 113 mila euro) in quanto la legge 38/2001 ha previsto di computare tali oneri non solo in base alla superficie interessata alla concessione stessa ma anche alla quantità di acqua commercializzata. E in prospettiva le cifre, seguendo il modello toscano, potrebbero ulteriormente lievitare: gli enti comunali toscani infatti possono imporre una tassazione al metro cubo che può oscillare da 0,50 centesimi a 2 euro. In Umbria, dove attualmente è applicata l’aliquota minima (0,50 centesimi) per fare un esempio limitato, nella sola Gualdo Tadino, culla del principale soggetto operante nel comparto, l’applicazione della tariffa massima porterebbe annualmente nelle casse comunali qualcosa come 1 milione di euro.
Analizzando le realtà imprenditoriali presenti, e il loro “gettito” alla Regione, il quadro vede in primis la multinazionale Rocchetta che (con un volume d’affari di 100 mln di euro) attinge dalle fonti del territorio gualdese-nocerino e con i suoi 466 milioni di litri imbottigliati all’anno è la prima realtà in Umbria e versa in termini di concessioni 241 mila euro. Rilevanti anche gli attingimenti di Sangemini, nel Ternano con 225 milioni di litri (e oneri di concessione per 182 mila euro), a seguire l’emergente gruppo eugubino Siami (13 mln di fatturato, raddoppiato nell’ultimo quinquennio) che con i suoi marchi Misia, Viva e Lieve imbottigliati nei comuni di Gubbio e Cerreto di Spoleto si pone al terzo posto regionale con oltre 106 milioni di litri(e oneri di concessione superiori ai 69 mila euro). A seguire la graduatoria dei gettiti a Palazzo Donini vede la Panna Spa di Orvieto (51 mila euro), la Nocera Umbra Fonti Storiche (nell’omonimo comune, con 46 mila euro) e Motette(nel territorio di Scheggia-Pascelupo, con 36 mila euro).
“Sicuramente si tratta di ragionare per rendere più proficuo il rapporto tra le aziende di questo settore con il territorio – ammette l’assessore regionale all’Ambiente, Lamberto Bottini - Anche dal settore industriale ci attendiamo possano emergere con chiarezza effettivi contributi e benefici per il territorio su cui insiste l’attività e dove esiste la sorgente. Sono d’accordo nel privilegiare con le risorse che provengono dall’imbottigliamento i territori in questione. Sono un po’ scettico – chiude Bottini -sulla proposta del trasferimento di competenze per le concessioni, si perderebbe un quadro di omogeneità regionale e un equilibrio nel corretto sfruttamento della risorsa idrica”.
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L’acqua minerale in Umbria? Un business per le 13 società che operano sul territorio regionale ma anche per la stessa Regione. Esattamente un introito da 692 mila euro all’anno, per le casse di Palazzo Donini. A tanto ammonta la redditività complessiva delle concessioni di competenza regionale che gravano sulle imprese del settore. Poca cosa, si dirà, rispetto ai numeri generali del bilancio regionale, ma non la pensano così i gruppi consiliari di centrodestra dei comuni (in tutto 14) interessati ai prelievi idrici, che hanno avanzato la proposta ufficiale – ed è iniziata anche una raccolta di firme – per adottare in Umbria la normativa già vigente in Toscana che prevede il passaggio di competenze dalla Regione proprio ai comuni in tema di concessioni. “Non si vede perché gli introiti derivanti dalle concessioni per lo sfruttamento delle acque minerali debbano finire in Regione – hanno spiegato i promotori dell’iniziativa (i gruppi della Cdl di Gualdo Tadino che hanno riunito i rappresentanti degli stessi partiti di ognuno dei comuni interessati) – non considerando che i comuni offrono una risorsa preziosa, come l’acqua, non ricevendo nulla in cambio”. Una sorta di devolution in chiave comunale in materia di acque minerali – l’hanno invece ribattezzata dal centrosinistra dove la soluzione di affidare le competenze su scala locale non appare gradita.
Al di là delle posizioni politiche, appare indubitabile la valenza dei numeri, considerando che in tre anni (dal 2000 al 2003) la redditività annua delle concessioni è praticamente quintuplicata (nel bilancio 2000 ammontava a 113 mila euro) in quanto la legge 38/2001 ha previsto di computare tali oneri non solo in base alla superficie interessata alla concessione stessa ma anche alla quantità di acqua commercializzata. E in prospettiva le cifre, seguendo il modello toscano, potrebbero ulteriormente lievitare: gli enti comunali toscani infatti possono imporre una tassazione al metro cubo che può oscillare da 0,50 centesimi a 2 euro. In Umbria, dove attualmente è applicata l’aliquota minima (0,50 centesimi) per fare un esempio limitato, nella sola Gualdo Tadino, culla del principale soggetto operante nel comparto, l’applicazione della tariffa massima porterebbe annualmente nelle casse comunali qualcosa come 1 milione di euro.
Analizzando le realtà imprenditoriali presenti, e il loro “gettito” alla Regione, il quadro vede in primis la multinazionale Rocchetta che (con un volume d’affari di 100 mln di euro) attinge dalle fonti del territorio gualdese-nocerino e con i suoi 466 milioni di litri imbottigliati all’anno è la prima realtà in Umbria e versa in termini di concessioni 241 mila euro. Rilevanti anche gli attingimenti di Sangemini, nel Ternano con 225 milioni di litri (e oneri di concessione per 182 mila euro), a seguire l’emergente gruppo eugubino Siami (13 mln di fatturato, raddoppiato nell’ultimo quinquennio) che con i suoi marchi Misia, Viva e Lieve imbottigliati nei comuni di Gubbio e Cerreto di Spoleto si pone al terzo posto regionale con oltre 106 milioni di litri(e oneri di concessione superiori ai 69 mila euro). A seguire la graduatoria dei gettiti a Palazzo Donini vede la Panna Spa di Orvieto (51 mila euro), la Nocera Umbra Fonti Storiche (nell’omonimo comune, con 46 mila euro) e Motette(nel territorio di Scheggia-Pascelupo, con 36 mila euro).
“Sicuramente si tratta di ragionare per rendere più proficuo il rapporto tra le aziende di questo settore con il territorio – ammette l’assessore regionale all’Ambiente, Lamberto Bottini - Anche dal settore industriale ci attendiamo possano emergere con chiarezza effettivi contributi e benefici per il territorio su cui insiste l’attività e dove esiste la sorgente. Sono d’accordo nel privilegiare con le risorse che provengono dall’imbottigliamento i territori in questione. Sono un po’ scettico – chiude Bottini -sulla proposta del trasferimento di competenze per le concessioni, si perderebbe un quadro di omogeneità regionale e un equilibrio nel corretto sfruttamento della risorsa idrica”.
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