Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 28 febbraio 2013

E dalla rete arriva una petizione per chiedere a Grillo un gesto di "responsabilità": che ne pensate?


Raccolgo e sottopongo all'attenzione dei passanti di questo blog una petizione lanciata da una giovane ragazza italiana e vi invito a prenderne visione.
Mi è arrivata via e-mail, veicolo che ormai gradualmente sta soppiantando i tradizionali strumenti di comunicazione, anche perchè a differenza del tubo catodico (che continua a mantenere una solida leadership nei numeri) la posta elettronica consente un contatto quasi vis a vis, come se fossimo noi gli unici destinatari di quella missiva (anche se sappiamo non essere così).
La mail è comunque interessante perchè chiama in causa il leader di quello che è diventato da pochi giorni il primo partito in Italia (Movimento Cinque Stelle), auspicando un gesto di responsabilità.


Beppe Grillo del resto non ha il 7% o il 10%, ma il 25% dell'elettorato. Dunque la protesta - legittima ed efficace - deve ora gradualmente lasciare spazio alla proposta e alla costruzione. A cominciare dal nodo cruciale di queste ore, il prossimo Governo.
Sarebbe certamente redditizio starne fuori, aspettare che un Governissimo (PD-PDL per altro improbabile) o un altro Governo tecnico, cuocia a fuoco lento per altri 6/12 mesi, per poi raccogliere ancora più consenso. Ma in che condizioni sarebbe l'Italia tra 6/12 mesi senza riforme serie?


Per la verità i primissimi sintomi (dichiarazioni di ieri sera sempre via internet) non lasciano presagire prospettive entusiasmanti, ma sempre dalla rete emergono in queste ore interessanti sollecitazioni, anche da parte di elettori del Movimento Cinque Stelle, a "modificare la strategia". Sarà così?
Questo lo vedremo. Intanto val la pena dare un'occhiata a questa lettera che mi è arrivata. E per chi vuole, ad aderire alla campagna di sensibilizzazione verso Beppe Grillo:

"Considerando l’enormità del baratro sopra il quale stiamo danzando come beoti, trovo appropriate e indiscutibili le parole di questa ragazza che, all’enfasi della vittoria morale del dopo elezioni, pone la ragionevolezza come criterio di costruzione del suo e del nostro futuro più immediato. Non colgo populismo in lei ma un’enorme dignità nel frenare Grillo da azioni egocentriche. Che scenda dal palco e che attui insieme alla meraviglia dell’intelletto di questi giovani, i propositi che ha così spettacolarmente annunciato in questi anni. Governare seriamente è un atto di responsabilità e un dovere verso il valore del voto di quella ragazza".


Partecipa a questa campagna: https://www.change.org/it/petizioni/caro-beppe-grillo-dai-la-fiducia-al-governo-per-cambiare-l-italia-grillodammifiducia?share_id=VYMbbferwe&utm_campaign=mailto_link&utm_medium=email&utm_source=share_petition

martedì 26 febbraio 2013

Dalle urne esce fuori... un pezzo di Pino Daniele fine anni Settanta


Tommaso Aniello d'Amalfi
detto Masaniello
Stavolta si comincia con una canzone. Un motivo non casuale. 1979: "Je so pazz", firmato da un acerbo, ma non proprio filiforme, Pino Daniele.
Dovessi spiegare cosa sta accadendo nel nostro Paese (non so perché) userei questo motivo. Lo farei ascoltare, assaggiare, interpretare... per raccontare quel che ci circonda.
"Masaniello è cresciuto, Masaniello è tornato. Je so pazz. E nu me scassate o c...". Parole attribuite, con un sound straordinario, al capopopolo napoletano di metà del Seicento, che guidò la rivolta contro l'oppressione fiscale del regime spagnolo. E che mai come ora, torna d'attualità...

Ecco, più o meno, un italiano su due potrebbe aver pensato questo tra domenica e lunedì, recandosi alle urne. Un italiano su due, o meglio due su quattro, di questi uno è rimasto a casa (al mare non è andato sicuro, con la neve che c'era), l'altro ha votato Beppe Grillo.
Ma sarebbe un errore considerare il voto ai Cinque Stelle come semplice "espressione di protesta". Lo si poteva immaginare alla vigilia (anch'io la pensavo così), ma con il senno del poi e con i numeri alla mano resta difficile pensare che tutti, ma proprio tutti, i votanti grillini siano semplicemente incazzati. Lo sono, e chi non lo sarebbe (chi di noi  non ha pensato almeno una volta "mandiamoli tutti a casa"), ma forse c'e qualcosa in più... Cosa?
Beh nei prossimi mesi lo scopriremo, lo dovremo scoprire, perché la nutrita pattuglia di 5stelle a Montecitorio - buona parte della quale under 40 e alla primissima esperienza politica - dovrà pure "scoprire le carte". Finora si è sentito un refrain dettato dal mentore di Genova: "Valuteremo progetto per progetto, caso per caso". Sufficiente a sbolognare un'intervista, ma presto la realtà sarà più impegnativa.
Per ora si conoscono i principi di massima che muovono il movimento, resta da capire in senso pratico - anzi pragmatico - come si tradurrà la voglia di "cambiare il Paese" evocata nei blog e nelle piazze. Curiosi, attendiamo di vedere.

"Je so pazz". Forse la starà canticchiando anche Gigi Bersani, il primo al traguardo della maratona elettorale che paradossalmente si sente più sconfitto di tutti. Altro che Pirro. Qualcuno ne suggerisce addirittura le dimissioni. Certo e' che in fatto di dilapidazione di voti il suo e' quasi un record. Crozza tempo fa diceva, guardando la Finocchiaro: "Manca un mese al voto, si puo' ancora riuscire a perdere...". Di fatto l'impresa e' riuscita. La domanda del giorno e' se con Renzi sarebbe stato lo stesso. Credo proprio di no. Ma la metamorfosi che queste urne chiedono al Pd e' profonda e non basta cambiare leader ( anche se sarebbe già un primo passo importante).

Se e' vero infatti che il sindaco di Firenze ha più appeal di Bersani, se e' vero che avrebbe catturato molti voti all'elettorato moderato e forse anche a diversi imbufaliti poi rifugiatisi nel 5Stelle, se e' vero che sarebbe stato immune da qualsiasi accusa di essere colluso con la Seconda Repubblica, e' altrettanto vero che il Pd deve ancora liberarsi delle scorie (molto radioattive) della vecchia nomenclatura, di cui e' ostaggio fin dal suo nascere. Quella classe dirigente che e' ancora legata a doppio filo alla CGIL, che ha bisogno di sbandierare slogan di sinistra, quasi come fosse uno stick di insulina, che demonizza non solo Berlusconi ma il suo elettorato - senza neanche provare a capire i motivi per cui un terzo degli italiani continua a credergli - limitandosi a bollarlo come "gens insana".
Praticamente al Pd serve una rivoluzione interna simile a quella che vedremo in Parlamento tra qualche giorno. Non sarà facile. Ma se non avvenisse, il futuro sarà costellato, nella migliore delle ipotesi, da altre vittorie inutili.

Che dire poi degli altri sconfitti? Monti potrebbe intonare il motivo di Pino Daniele se non altro per la trasfigurazione di se stesso, del suo stile sobrio, del suo stare fuori dalla mischia, mostrato in campagna elettorale. Ancora oggi ci si chiede chi gliel'abbia fatto fare di buttarsi nell'agone. Se c'è stato un suggeritore, come pare, ha proprio toppato, il Mario Monti con corazza e gladio non era credibile, forse neanche a Berlino. E gli italiani - già vessati dalle manovre lacrime e sangue di questi mesi - non c'hanno creduto. Identificandolo non con la soluzione, ma anzi, con il problema.

Una bella spinta in questo senso ce chi l'ha data. Ci ha pensato lui, il Caimano. "Je so pazz" gli si addice proprio, anzi lo vedrei bene, insieme ad Apicella a intonarla sul golfo Sorrentino. Alzi la mano chi pensi che Berlusconi abbia perso. Forse il PDL ha perso ma Silvio no.
Lui, come mai in passato, ci ha messo la faccia, che pur di galloni ne ha persi sia in fatto di credibilità che di fard. Ma da gladiatore professionista del video quale e', si e' speso di persona in ogni pertugio che il tubo catodico e la par condicio gli consentiva, ha combattuto con le sue armi preferite (lo share e lo charme), ha dettato l'agenda della campagna elettorale sua e degli altri (Imu restituita, autonomia dall'Europa) e ha riportato numeri imprevedibili solo 3 mesi fa. Non è pensabile che possa guidare ancora il Paese per una serie di motivi che è inutile ripetersi, ma se qualcuno avesse bisogno di vincere un'elezione, anche per il Consiglio condominiale o per diventare caposquadriglia scout, saprebbe a chi ispirarsi.

Non classificati, per motivi diversi, Ingroia e Giannino. Soprattutto quest'ultimo potrà canticchiare la canzone di Pino Daniele, dopo l'impresa di bruciarsi a 5 giorni dal voto buona parte dell'elettorato per una bugia di cui nessuno si era accorto ma di cui  soprattutto lui stesso non aveva bisogno in chiave elettorale. "Un autogol alla Niccolai" lo ha definito Giannino. Un suicidio politico, telecomandato da Zingales, aggiungiamo noi. Con l'aggravante di aver compromesso l'unico programma di riforme serio e ponderato di tutto l'arco elettorale.

In tutto questo felice bailamme, forse l'unico che lucidamente ha capito che aria tirasse è proprio Beppe Grillo. A vederlo da fuori, sembrerebbe lui il Masaniello di turno.

Oggi, appare l'unico vero protagonista della campagna elettorale ad aver compreso l'umore degli italiani, ad aver percepito l'insofferenza per una classe politica miope, ad aver interpretato, con modi e dinamiche del tutto inedite, questo sentimento. E ad aver utilizzato l'informazione (via rete ma soprattutto via cavo) a proprio uso e consumo, senza entrarci dalla porta principale, evitandola, ma sapendo che sarebbe stata lei ad inseguirlo. In fatto di capacità comunicativa, l'unico in grado di tenere il passo di Berlusconi (ma non glielo dite...). Beppe Grillo non solo è l'unico vincitore di queste elezioni, ma in questo momento è anche l'unico connesso via etere con l'animus dell'elettorato italiano.
Non a caso, nessuno vuole nuove elezioni. Perchè sa che quel 25% - senza riforme, senza cambio di passo, senza tagli alla spesa pubblica, senza una nuova politica - diventerebbe il 40%.

Alla fine dei giochi, chi rischia di sentirsi risuonare, anzi rimbombare, l'antico successo di Pino Daniele, e' un altro napoletano cui ora tocca il difficile compito di dirimere l'intricata matassa. E' il Capo dello Stato, e' Giorgio Napolitano, chiamato a fine mandato ad un vero prodigio istituzionale.
Dopo le consultazioni di rito, sarà davvero un'impresa capire cosa fare, quale indirizzo indicare, quale personaggio incaricare per la formazione del nuovo Governo.

E allora, in attesa, tanto vale risentirsela la canzone di Masaniello...
Tra un po', non ci sara' più tempo di cantare...

domenica 24 febbraio 2013

Ne' voto utile, ne' inutile. Piuttosto voto futile. Ovvero votare contro... E mai come stavolta sarà così...

Sto ascoltando Ernesto Galli della Loggia su SKY intervistato da Maria Latella. Si parla di "voto utile", e il noto giornalista e storico rivela che abitualmente almeno la meta' dell'elettorato in genere esprime un voto "contro" e non un voto "per". Un fenomeno che si e' enfatizzato con il sistema elettorale in vigore dal 1993 - uninominale secco per i candidati a Sindaco, o nelle politiche con il cosiddetto "porcellum", una delle sciagure dell'Italia post moderna.

Non voglio sostituirmi al prestigioso editorialista del Corsera, ma quello che lui definisce "voto utile", inteso come utilitaristico (preferisco votare contro qualcuno che per qualcuno), avrebbe una definizione ancora piu' appropriata: ne' voto utile, ne' voto inutile.
Ma voto futile.

E mai come in questa tornata elettorale sarà il voto futile a fare la differenza.
Perche' la stragrande maggioranza degli italiani, per motiv diversi, per dinamiche intrinseche a questa consultazione, per atavica abitudine o per semplice voglia di contestare, esprimeranno un voto futile. Cioe' voteranno contro.
E poco importa che sia un voto contro Berlusconi, contro i comunisti, contro i magistrati, contro Monti, contro l'Imu, contro le tasse o contro tutto il sistema politico della Seconda Repubblica. Sarà semplicemente un voto contro, una sorta di referendum abrogativo del proprio avversario politico. Persino l'astensione, stavolta, sarà molto più futile che in passato. Perché anche questo, in buona parte, sarà frutto non di un semplice disinteresse, ma un vero e proprio non voto volontario, ovvero "voto contro".

Per carità, nulla di scandaloso. Fa parte della democrazia. Ognuno decide di votare per chi vuole o contro chi vuole. Si vota di testa o "di pancia" - come va molto di moda dire di recente.
E in genere si considerano ponderati i voti propri, e di pancia quelli altrui. Normale...
Il problema e' che mai come in questo 2013 il Paese avrebbe bisogno di sperare, di costruire, di guardare con fiducia al futuro. E dunque di "votare per", piuttosto che contro. Ma l'ipotesi verosimile di un pareggio, frustrato da un sistema elettorale beffa, mitigato solo in parte (e solo da una parte) dalla partecipazione delle primarie, lascia temere che quella che stiamo vivendo in queste ore potrebbe rivelarsi una colossale occasione persa. Senza escludere di dover tornare a votare ancora in questo stesso 2013.
Ma di tutto questo si parlerà forse da domani sera.

Per ora si può solo registrare che si e' conclusa la campagna elettorale più deludente e impulsiva dell'ultimo ventennio, ancor più povera di temi e progetti e sempre più infarcita di slogan e promesse "pronto uso" come neanche nei weekend del prendi 3 e paghi 2 del supermarket sotto casa.
L'aspetto più inquietante di questa campagna elettorale sta proprio in questo: quella che Mario Calabresi, nel suo editoriale di stamane su "La Stampa", chiama mirabilmente "miopia": l'incapacità di guardare oltre l'immediato, che è propria di una classe politica ormai abituata a coltivare il consenso a breve termine piuttosto che la politica di ampio respiro (e lungo periodo).
http://lastampa.it/2013/02/24/cultura/opinioni/editoriali/il-realismo-che-serve-al-paese-VtjcsXKLCFVKcH0FCBzogM/pagina.html

Molto più redditizio promettere lo "strapuntino" last minute, che non un piano di riforme che guardi al prossimo decennio.
E chissenefrega se i nostri figli dovranno emigrare.
In fondo l'hanno fatto anche i nostri nonni...

Ecco, questa è stata la logica della politica, nazionale come locale, degli ultimi 20 anni. E purtroppo non sarà questa tornata elettorale, nè il voto futile, a invertire la rotta...

venerdì 22 febbraio 2013

L'ultima gag pre-elettorale, ricordando Guareschi...


Un prete che invita a votare PD, un Vescovo che si smarca e ribadisce la libertà di coscienza, in mezzo un coordinatore politico PDL che lancia strali contro l’iniziativa.
Fossimo 50 anni fa, si direbbe quasi di stare a Brescello, il paesino emiliano scelto da Guareschi per a ambientare il suo Don Camillo e Peppone
Invece siamo a Gubbio, città che di sé ha fatto parlare negli anni scorsi per la convivenza tra un sindaco comunista e la scuola di Forza Italia che vi aveva messo le radici. 

Stavolta a poche ore dal voto torna a far parlare di sé un sacerdote non nuovo a provocazioni anche di carattere elettorale. "Angosciato" così si definisce dopo la lettera sull'Imu di Berlusconi, il sacerdote eugubino ha visto bene di replicare con la sua newsletter invitando al voto a favore del PD: un’iniziativa che in poche ore ha fatto rumore su scala nazionale, con don Angelo Fanucci, animatore da decenni della comunita' di Capodarco, che attraverso una newsletter da lui gestita e distribuita via e-mail, replica a suo modo alle lettere inviate a domicilio dal PDL. Anni fa, sulla stessa falsariga, era stato tra i promotori di una lista civica in opposizione all'allora sindaco di Rifondazione comunista.
Nel messaggio e-mail del sacerdote compare un volantino elettorale con la foto del candidato premier, Bersani, seguito da una lettera firmata da ''don Angelo Maria Fanucci, i suoi amici disabili, gli operatori, i volontari, i cooperatori della Cooperazione sociale''. Don Angelo spiega di avere preso questa iniziativa ''dopo l'ultima  trovata di Berlusconi, quella dell'Imu'', ma ''anche indipendentemente da questo''.

Un intervento che ha subito acceso un vespaio di polemiche, anche perché è stato rilanciato a livello nazionale, come provocazione, dall’agenzia Ansa. Nel pomeriggio è intervenuto il coordinatore regionale Pdl, Rocco Girlanda che ha dichiarato: ''Don Angelo Fanucci da sempre fa politica, e la fa da anti-berlusconiano fervente: anch'io sono di Gubbio, e lo conosco bene'', osserva Girlanda che condanna questa iniziativa "soprattutto perche' non credo sia utile, per chi fa il mestiere di don Fanucci, confondere la politica con l'attivita' di pastore di anime".  

In serata è dovuto intervenire sulla vicenda anche il vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, che ha replicato con un invito a votare ''secondo coscienza''. ''Queste di don Angelo - ha spiegato il vescovo, interpellato dall'ANSA - sono iniziative personali. Io non prendo posizione, i cristiani sono in tutti i partiti. Ho gia' chiesto - ha aggiunto - di votare secondo coscienza e secondo un discernimento prudente e saggio''.

Morale, a poche ore dal voto, Gubbio si è ritagliata la sua ora di celebrità. Don Matteo deve ancora arrivare per la nona serie, ma la fantasia e la verve provocatrice, anche senza fiction, da queste parti non manca…

mercoledì 20 febbraio 2013

Prima o poi passera? Già... ma quando? Intanto prendiamoci per buoni un paio di esempi... Due dimissioni di cui ricordarsi

Tutti dicono e ripetono: "Prima o poi passerà". Ma cos'è che deve passare? Che cosa deve accadere perchè tutto cambi?
Forse le elezioni di domenica prossima? Non credo. Anzi, l'impressione, sempre più diffusa, è che tutto finirà per cambiare perchè nulla cambi. In modo gattopardesco. Tradotto, tra un anno voteremo ancora. E chissà se con un quadro ancora più chiaro o ancora più confusamente "greco".

Prima o poi passerà. Lo ripetiamo per farci coraggio. La verità è che il tunnel non mostra nessuna luce sullo sfondo. Non è quella del treno che sta per venirci addosso, ma neppure la via d'uscita.
Avere fiducia, finchè si è dentro il tunnel, è davvero dura. Perché nessuno ha voglia di darti una mano. Pochi hanno voglia di crederci, di investire, di "combattere".

Ascolti le parole di un candidato alle elezioni: dovrebbe trasudare entusiasmo, passione, vigore per le tesi che sostiene. Ma nella maggior parte di quelli che ascolto (o meglio, che devo ascoltare, anche per motivi professionali ) non si riesce a percepire nulla di questo. Il più delle volte frasi fatte, piccoli e stanchi slogan, idee fritte e rifritte che appartengono ad un canovaccio d'altri tempi, buono per i cabaret di meta' anni Novanta. Qualunquismo alla Guareschi? No, purtroppo e' realismo...
E se si scende in strada, c'e un solo sentimento che serpeggia chiaro e tangibile: la rabbia. Prima ancora che l'incertezza...
Ergo, domenica prossima ci sarà chi saprà intercettare questo stato d'animo, ma e' tutto da dimostrare che chi ci riuscirà saprà poi tradurlo in qualcosa di costruttivo. Ne dubito...

Non so neanche che senso abbia questo appunto. Una riflessione in mezzo ad una settimana di "trapasso" che potrebbe preludere a qualche novità... O forse non servirà a nulla di che.
Qualcosa comunque è cambiato: d'ora in poi perfino la certezza di vedere un Pontefice sul soglio del Vaticano vita natural durante, è venuta a cadere.
Di questo bisognerà pur essere grati a Papa Ratzinger. Di aver abbattuto uno degli ultimi totem.
rimasti. Di aver dato un bell'esempio, anche a chi, dalle parti di Montecitorio, della propria anagrafe parlamentare sembra infischiarsene.

A proposito: un oscar questa settimana andrebbe dato a Giannino. Per la capacità di fare autogol intempestivi ma anche per l'onestà intellettuale di farsi da parte.
Qualcuno sorriderà, ma di fesserie e bugie vere e proprie ne abbiamo sentite a bizzeffe, sia in questa campagna elettorale che negli anni precedenti. Ciò non ha impedito agli estensori delle stesse di ripresentarsi, quasi mondati in un processo catarchico incomprensibile, che sembra aver cancellato tutto, come ci fosse stato un indulto politico urbi et orbi.
L'unico che ha risposto, con nettezza e coerenza, di una falsità pronunciata in campagna elettorale è Oscar Giannino: che ha fatto un errore e ha fatto un passo indietro.
Un esempio, anche questo. Perchè agli altri competitors, che ironizzano ormai sui master a Chicago, sarebbe il caso di dire: "Chi è senza un master a Chicago, scagli la prima pietra...".

Nulla sarà più come prima, da lunedì sera. Se lo dice (e lo dimostra) un Pontefice, se lo ribadisce indirettamente un neofita della politica, perchè non dovremmo pensarlo anche noi, comuni mortali?
Anche sotto un tunnel, è la convinzione che qualcosa cambi, è la fiducia in un pertugio di speranza, l'unico vero "carburante" che ci resta... Anche se non sappiamo quanto ci costa...

lunedì 18 febbraio 2013

Cinque minuti di follia... ma ora calma e gesso


Cinque minuti di ordinaria follia. Cinque minuti, come era già accaduto a Catanzaro, e una gara che sembrava incanalata su un binario vincente si trasforma nell’ennesimo capitombolo.
Siamo alle solite, ha detto a fine gara Andrea Sottil
Solite e poco rassicuranti, aggiungiamo noi. Perché dopo lo stop di Benevento la situazione in classifica del Gubbio si fa ancora più pesante e tra due settimane, al ritorno in campo in questo torneo balbuziente, dove ogni tre partite si riposa, i rossoblù saranno attesi da un altro viaggio, ancora più a sud, sia in latitudine che in classifica, destinazione Barletta.
La sconfitta al “Ciro Vigorito” lascia molto amaro in bocca non tanto per l’avversario – tra i più in forma del momento, tanto che è giunto alla quarta vittoria di fila – quanto per la dinamica con cui è maturato. E anche per il killer.

Quell’Ettore Marchi cresciuto nel Gubbio e lanciato dal Gubbio nell’orbita della serie B (da Trieste a Sassuolo), ritrovatosi poi avversario senza troppi rimpianti. Salvo piazzare una doppietta che forse il diretto interessato non ha sognato alla notte come desiderio irrinunciabile, ma che si è trovato a siglare nella domenica meno indicata.
O forse in quella più significativa, se è vero che Marchi indossava quella maglia numero 7 che in passato appartenne a Carmelo Imbriani, il compianto ex attaccante e allenatore dei sanniti.
Doppietta per Marchi, con lo zampino di un altro ex, Marotta, e tutti a casa con le pive nel sacco.

E nella valigia dei ricordi, accanto agli ex e ai loro acuti, mettiamoci pure quella che fu una difesa granitica nelle prime 10 giornate di campionato. E che oggi si conferma purtroppo un reparto che può cedere da un momento all’altro anche in gare che in fondo si sono messe bene, come lo era quella di ieri, dopo un primo tempo amministrato sapientemente e portato addirittura con un gol di vantaggio, il primo stagionale firmato da Di Piazza, altro ex stavolta di sponda beneventana.
Sembrava che la ruota avesse davvero girato – anche per le polemiche che avevano condito il gol eugubino con l’ombra dell’off side a gravare sull’azione di Di Piazza.
Le polemiche sono presto sopite, quando tra il 53’ e il 57’ Marchi ha rimesso tutto secondo pronostico.
Ed ora altre due settimane di friggitura a fuoco lento per i rossoblù. A Barletta non si può sbagliare, non è questione di disfida, ma di nuda e cruda classifica.
Saranno le prossime 4 gare, dopo quella pugliese ci saranno tre avversarie toscane, sveleranno i contorni del finale di stagione del Gubbio. 

Copertina "Fuorigioco" - 18.2.13
musica di sottofondo: "Essenziale" - M.Mengoni (2013)

venerdì 15 febbraio 2013

Imbriani non ce l'ha fatta... Qualche volta le partite che contano non vanno come vorremmo...

Non ho fatto neppure in tempo a pubblicarla sul mio blog. E non perchè non meritasse un 5-10' di tempo (quello tecnico) per il caricamento e la scelta di qualche foto.
Ma perchè la malattia se l'è portato via troppo al volo. Imbriani non ce l'ha fatta. Ma la tenacia con cui ha combattuto la partita più difficile, la solidarietà positiva che ha generato intorno a sè, i sentimenti di speranza che ha saputo ispirare in un modo sempre più intossicato come quello del calcio, sono piccoli tesori da coltivare. Nessuna esistenza, anche se breve, è mai vana, quando sa suscitare tutto questo...


"Per una volta non parliamo di calcio giocato. Non parliamo di ex rossoblù - anche se il confronto domenica prossima a Benevento avrebbe di che ispirarci con la coppia d'attacco avversaria composta da Marchi e Marotta.
Stavolta non parliamo di gol, o meglio parliamo di un gol molto piu' importante di quelli che commentiamo ogni domenica. Quello che sta inseguendo tenacemente Carmelo Imbriani, 37 anni compiuti proprio ieri, tecnico del Benevento, prossima avversaria dei rossoblù, ormai in aspettativa da mesi per combattere il male più terribile. E nelle ultime settimane  si sono moltiplicate le manifestazioni di solidarietà e incoraggiamento dal mondo del calcio, ad ogni livello. 



Da un Marek Hamsik che dopo il gol siglato al Catania ha mostrato la scritta "Non mollare", alle curve di ogni angolo del Paese che a più riprese hanno inneggiato ad Imbriani e alla sua personale sfida al cancro. Rivelando il volto più bello e genuino del tifoso, quello umano, quello che non guarda i colori della maglia, quando si tratta di mettere dentro il gol più importante.
Imbriani, ex giocatore del Napoli, ricordato soprattutto per un gol siglato all'Inter una quindicina di anni fa, richiama la storia di un altro giocatore, proprio un ex rossoblù, Flavio Falzetti, presenza fugace nella sfortunata stagione 1995/96 sotto la guida di Mario Palazzi prima e di Walter Sabatini poi. Loro hanno fatto carriera, come secondo di Cosmi e come direttore sportivo. 



Flavio Falzetti

Falzetti ha dovuto combattere un' altra battaglia, che ha raccontato nel libro "Oltre il Novantesimo", la storia di chi ha affrontato 38 cicli di chemio per vincere il cancro. Una prova di volontà che nessuna vittoria sportiva potrebbe eguagliare.
"Le cure sono importanti, scrive Falzetti, ma è anche fondamentale avere un animo guerriero. Perché deve essere la mente, e non l’inverso, a dominare la malattia. Questo è ciò che ha permesso il mio ritorno alla vita".
E il suo esempio, come la tenacia di Imbriani, sono un messaggio per tutto il mondo dello sport. Spesso diviso per un fuorigioco passivo o un rigore non dato. Per una volta, facciamo il tifo, tutti insieme, per qualcosa di più grande".



Copertina rubrica "Il Rosso e il Blu" - lunedì 11.2.13

mercoledì 13 febbraio 2013

Ratzinger e quelle dimissioni, recitate in latino...

C'è un particolare che in pochi hanno sottolineato di questo 11 febbraio 2013.
Intanto un ennesimo numero 11. Che non crea angoscia e dramma come l'11 settembre, ma certo stupore e portata epocale, quella sì.
Un Papa che lascia il soglio del Vaticano non ha precedenti. E non era ipotizzabile neanche nei racconti fantastici di Tolkien.
Inutile rivangare le storie di Celestino V, risalire ad un 1200 che è due secoli prima della scoperta dell'America, quando il mondo conosciuto era quasi un terzo di quello attuale, i rapporti sociali e il vivere civile era poggiato su radici antropologiche imparagonabili. Per non parlare del fatto che il Pontefice, allora, era prima di tutto il capo di uno Stato, e poi anche (eventualmente) di una religione.

La portata di quanto Benedetto XVI ha deciso e farà da qui a fine mese, forse, non la capiremo prima di qualche anno. E sicuramente non prima di aver conosciuto il suo successore.

Il particolare che mi va di evidenziare, invece, riguarda un aspetto meramente comunicativo.
Si dirà che Benedetto XVI passerà alla storia, ormai, per queste dimissioni. Tra 100, 1000 anni, sarà ricordato forse solo per questo. Non è poco, se è vero che il destino gli aveva riservato di raccogliere un'eredità pesantissima e ingombrante come quella di Giovanni Paolo II, beatificato e santificato già a pochi mesi dalla sua dipartita.
Eppure, nell'epoca della comunicazione digitale, dei social network, che pure lui stesso aveva abbracciato da qualche settimana aprendo un account perfino su twitter, che pure lo avevano visto protagonista proprio a Gubbio di un'inedita cerimonia di accensione dell'Albero di Natale più grande del mondo, via tablet, a distanza, Joseph Ratzinger ha scelto un momento particolare e una veste particolare per annunciare la sua storia decisione: un'omelia al concistoro del lunedì, recitata in latino.
Ecco. La lingua latina. In fondo, la lingua dell'Europa, l'idioma della storia, prima che l'inglese diventasse the major.

Nessuno si è chiesto, perchè Papa Ratzinger abbia scelto espressamente di dichiarare in latino quelle frasi che così profondamente hanno segnato un solco, probabilmente, tra due ere geologiche del Vaticano.
In fondo, aveva maturato da tempo questo proposito (come confermato da sua fratello, in Germania). In fondo, poteva scegliere un'altra occasione, magari un'udienza generale come quella del mercoledì, per esternare questa sua scelta. O una frase dalla finestra dell'Angelus una domenica mattina.
Invece no, l'ha fatto nel luogo di culto, nel corso della liturgia, nella lingua che è della Chiesa. Da sempre.
In tutto questo mi sembra di scorgere dei segni tangibili del rigore ortodosso del personaggio ma anche del carattere e dell'eredità spirituale che il Pontefice intende lasciare a chi gli succederà. Una sorta di messaggio intestino al mondo (non solo Cattolico) che si prepara a salutare ritirandosi praticamente a vita monastica.

Il mondo sta progredendo con velocità pazzesche, la tecnologia sta accorciando tempi, modi, luoghi, dimensioni, arrivando perfino a distorcere la realtà stessa. Talmente appiattita nei segmenti infinitesimali in cui oggi riusciamo a parcellizzare tutto ciò che ci circonda, da far perdere di vista l'unità di misura.
Non tutto, però, può essere suddiviso con uno stesso parametro.
Può anche accadere, nel 2013, che un Papa si dimetta. Ma non può succedere con un post.


Non tutto può essere mercificato e speso sull'altare della comunicazione. In fondo, queste sue dichiarazioni che richiamano una radice antica e forma ai più incomprensibile (chi comprende ormai più il latino come lingua corrente?) sono in qualche modo "difese" e preservate: sono autentiche. Non saranno mai "materiale da vetrina", non saranno mai un'icona buona per un clic su un social network. Non diventeranno tormentoni commerciali ripetuti a memoria, come spesso avviene per le frasi memorabili di statisti immortali ("Anch'io sono un Berlinese" di Kennedy) o di personaggi cult della società (come il "siate folli, siate affamati" di Steve Jobs).
Tant'è che una sola corrispondente tra i tanti presenti (la Vaticanista dell'Ansa) ha percepito chiaramente il significato di quanto il Pontefice stesse dicendo (bruciando il resto dei colleghi del globo nel lancio della prima Agenzia che annunciava questo scoop secolare).
Del resto nessun freddo comunicato stampa ne avrebbe saputo tradurre l'intima partecipazione.

Ci sono luoghi, modi e tempi nei quali è opportuno procedere. Per fare le cose. E anche per annunciarle.
E' un po' come se Benedetto XVI abbia voluto svelare il suo animus nell'atto finale. Dopo 8 anni nei quali ha siglato un Pontificato inevitabilmente differente rispetto al suo precedessore - di cui era in ogni caso il teologo di riferimento - ma che ha voluto, come griffare, con questo epilogo sorprendente.
Sarà lui, in fondo, l'unico erede di Pietro che potrà salutare - sapendo di farlo - per l'ultima volta da Pontefice i propri fedeli.
Sarà lui, l'unico Papa che potrà guardare negli occhi il suo successore. Sarà certamente lui ad uscire di scena, in punta di piedi e in silenzio, senza correre il rischio di diventare una "assenza ingombrante" per chi - si chiami Benedetto XVII, Giovanni Paolo III o Paolo VII - sarà al suo posto prima ancora che arrivi Pasqua: e dovrà raccogliere un'eredità che non sarà, forse, immediatamente pesante come quella che Ratzinger si è ritrovato a sostenere, ma che con il tempo rivelerà tutta la sua complessità di sfide.
Che la Chiesa del III Millennio è chiamata ad affrontare: nel pieno delle proprie energie (energie che Benedetto non riteneva di avere più a sufficienza) e nella piena consapevolezza della propria coerenza e della necessità di "tenere il passo" con il Millennio stesso.


Essere Papa o Fare il Papa? 
Sarà infine questo, l'ultimo dilemma che il prossimo Pontefice dovrà sciogliere. Joseph Ratzinger la sua risposta l'ha data. Uscendo di scena prima che il destino lo decidesse.
E pronunciandolo con il verbo che la Chiesa ha da sempre declinato. Il latino...

lunedì 11 febbraio 2013

Tre punti di platino, racchiusi in un'esecuzione rabbiosa...

Un'esecuzione rabbiosa. Un tiro secco, potente, carico delle tante pressioni che gravitavano intorno a questa Gubbio-Paganese. 
E così la bordata di Alessandro Radi ha regalato il primo sorriso del 2013 al Gubbio, la prima vittoria da due mesi a questa parte, il primo sussulto dopo un tunnel di risultati negativi che a questo punto si spera davvero di aver lasciato alle spalle.


E come ogni gara dall'altissima posta in palio, anche quella con la Paganese ha regalato emozioni col contagocce, una paura di sbagliare che ha condizionato le due squadre, ma che frenava soprattutto il Gubbio. Troppo importante era il ritorno al successo per i rossoblù, troppo nevralgico era riconquistare 3 punti e riagganciare il treno della media classifica.
E dire che di fronte c'era una Paganese pure galvanizzata dalla notizia in settimana che le aveva restituito la possibilità di rigiocare con il Latina la famosa partita della zolla di campo sprofondata, che in un primo tempo aveva visto l'assegnazione dei 3 punti a tavolino ai ciociari.


Una squadra quella di Grassadonia che fin dalle prime battute ha chiuso ogni spazio tanto da costringere nella ripresa Sottil ad affidarsi ad un inedito 4-2-4. L'audacia e' stata per una volta premiata, non a caso da un guizzo di Caccavallo, forse l'unico a possedere le qualità per inventare in tempi di magra, e non a caso finalizzata da Radi, la cui assenza, da Natale ad oggi, e' coincisa con il momento no. 



A proposito di Radi: per lui 3 gol su calcio piazzato (Prato, Viareggio e Paganese) e 9 punti per il Gubbio. Più di un terzo dei punti totali dei rossoblu in classifica. E dire che quando arrivo' qualcuno disse che era il ripiego di Lebran, ora ai margini nel Perugia.
Lui che era in campo proprio con la maglia della Paganese, l'8 maggio 2011, beccandosi pure un giallo in quella che sarebbe stata la vittoria della B per i rossoblù, oggi ha siglato un gol pesantissimo. Il cui valore saranno le prossime gare a confermarci. E a cui la squadra ha il dovere di dare continuità...


Copertina "Fuorigioco" di lunedì 11-2-13
musica di sottofondo: "Sky fall" - Adele (2012)

venerdì 8 febbraio 2013

Un fenomeno musicale di nome P-Funking... E un'insolita serata nei nostri studi...

"Li ho incontrati quasi per caso in Corso Garibaldi..."
La prima volta li ho incontrati quasi per caso in corso Garibaldi. Mio figlio Giovanni era stato richiamato da questa banda un po' folcloristica, con le t-shirt arancio, l'incedere quasi clownesco ma soprattutto un sound e un'energia irresistibili. "Una musica americana" l'ha definita Giovi, con un intuito sorprendente, ieri sera, ascoltandoli in tv ospiti della mia trasmissione "Link".
La P-Funking band e' una delle realtà musicali emergenti della nostra regione. E non solo perché lo scorso 1 maggio ha elettrizzato 1 milione di persone al concerto di Roma, ma per aver saputo scoprire e rispolverare al tempo stesso un genere che affonda le radici proprio nelle band di strada della Lousiana. Cose che ovviamente il mio Giovanni ignora, fatto sta che la sua definizione "musica americana" era perfettamente quanto inconsapevolmente azzeccata.

E' stato uno spettacolo insolito e accattivante ospitare negli studi la P-Funking band. Per l'energia e l'effervescenza dei suoi brani, tratti dal primo cd "1D22", per l'atmosfera insolita e coinvolgente che si e'creata in studio, dopo tanti (troppi) dibattiti, spesso di carattere politico o talk show sportivi, snervanti i primi, ingombranti e ripetitivi i secondi.
Finalmente qualcosa di diverso, mi sono detto, quando li ho invitati via facebook (e mi hanno subito risposto entusiasticamente).
Del resto non e' così scontato ne' comune poter ospitare una marching band in uno studio di 5 metri x 4, dove loro stessi (erano in 15) si sono mossi con scioltezza e disinvoltura.
Aprendo le danze con il loro classicissimo "Funky Ornella". E chiudendo con la sigla del Tg1, altra intuizione geniale che ha regalato loro un servizio in prima serata proprio sul tg della tv ammiraglia della Rai la sera dell'Epifania.

La P-Funking in Piazza Grande: al centro in maglia arancio
il leader del gruppo, Riccardo Giulietti
E' stato simpatico, insieme al leader Riccardo Giulietti, ricordare i primi passi della band, il debutto on The road ad un semaforo di S.Sisto, la crescente notorietà prima regionale e poi nazionale, e infine il 2012 che li ha consacrati.

Il 2013? Chissà magari regalerà loro nuove vetrine inaspettate (ma meritate). E se dovessero recapitare a Trg mi piacerebbe far fare loro una versione moderna e scanzonata di "The sound of Philadelphia", la storica sigla del notiziario di Radio Gubbio nel lontano 1977: un motivo che e' ormai icona indelebile e inconfondibile della nostra emittente...


martedì 5 febbraio 2013

Chiamatela "sindrome da Juanito"... l'attesa di un bomber a gennaio...


Chiamatela sindrome da Juanito. 
E' il mercato di riparazione il protagonista di speranze e disillusoni di decine di squadre professionistiche e e milioni di tifosi. E se per il ritorno di Balotelli si invoca addirittura la finalità elettorale - mentre si son perse le tracce del fratello che sembra aver seguito il buon Mario solo sulle orme dei pessimi rapporti con le forze dell'ordine - per il check in dei nostri lidi le interpretazioni sono molto più terrene ed elementari. Poca grana, ed e' un problema di tutte le società di Legapro, e attitudine agli scambi. 
Il Gubbio si e' ritrovato con diversi cerini in mano, soprattutto in uscita, con Giammarioli che ora dovrà puntare all'extratime con alcuni campionati Esteri per piazzare Pambianchi e Nappello.

Ma dicevamo della sindrome da Juanito. Si perché ormai da alcuni anni a gennaio si sogna il colpo da 90, l'arrivo di un giocatore capace di fare la differenza come e' stato il bomber argentino ora in maglia veronese.
Lui arrivo in punta di piedi nel gennaio di 3 anni fa, poco pubblicizzato, ma ci mise una sola gara e mezzo ad andare in rete, nel 4-2 esterno a Colle Val d'Elsa, oltre a dare un contributo decisivo poi per approdare ai play off (memorabile il gol vittoria con la Giacomense) e poi per lasciare il segno anche su questi, con le due reti rifilate al San Biagio a Fano e San Marino. Per non parlare poi di quello che Gomez e' stato capace di fare l'anno do, 18 gol nell'inedito ruolo di punta centrale.

L'ultimo attaccante ad andare in doppia cifra con la maglia rossoblù. Prima di lui solo Marotta, con le 22 reti in C2, e prima ancora Corallo, ex Paganese, in doppia cifra per due stagioni.
Strano incrocio di attaccanti questo. Se e' vero che Corallo ha idealmente lasciato il testimone proprio a Gomez, infortunandosi nella stagione 2009-2010, la stessa nella quale Marotta - prossimo avversario in maglia Benevento - fece faville.

Il mercato di gennaio ha regalato poi meteore o altri successi, si pensi a De Angelis che cambio' letteralmente la stagione 2004-2005 con il Gubbio che fini' per sfiorare i play off, o l'anno prima l'arrivo di Ferrari che pur non facendo sfracelli, contribuì a portare il Gubbio poi affidato a Galderisi agli spareggi per il salto di categoria.
Nella colonna dei flop pero' non si possono dimenticare nomi come Matzuzzi, all'epoca di Crispini, Spagnolli, nel 2004, l'effimero Agostinelli, nell'anno di Beoni che non fece in tempo neanche di goderselo, pochi gol appena arrivato e poi l'anonimato del primo e l'esonero del secondo.

E infine Mastronunzio, l'emblema dell'illusione, del nome celebrato che ha finito per deludere, dell'attaccante di grido rivelatosi una clamorosa topica.
In un'ipotetica graduatoria, il suo nome sta di diritto al fianco di un altro, approdato in rossoblù 21 anni fa, niente meno scudettato con la Roma di Niels Liedholm: Odoacre Chierico.
Ma quelli, per fortuna, restano altri tempi...

lunedì 4 febbraio 2013

C'è un solo modo per definire il periodo del Gubbio... (ci siamo capiti)


Ci sono periodi in cui tutto va storto. 
In cui basta alzarsi dal letto e si sbatte la testa con la mensola. Si scende in strada e si pista l’escremento di un cane. Si accende l’auto e la batteria va in tilt. Insomma non funziona nulla.

Ecco il 2013 del Gubbio è iniziato proprio così. 
Zero punti in 4 partite. E l’emblema del periodo oscuro è nei primi 90 secondi del match all’Arena Garibaldi di Pisa: con una squadra alla ricerca anelante del risultato che al primo affondo degli avversari si ritrova in 10 per il resto dei 90’ da giocare. 
Per di più con l’errore dell’arbitro che se applica fiscalmente il regolamento sbandierando il rosso, sbaglia clamorosamente il destinatario. Un errore tecnico che alla fine peserà pure perché 18 minuti dopo è proprio Bartolucci, l’autore del fallo rimasto in campo al posto dell’innocente Briganti, uscito incredulo, a ciccare sul cross dalla sinistra che spalanca la porta a Barberis. Il classe 93 nerazzurro non crede a tanta grazia e fa il verso ad Hamsik, non nella capigliatura fortunatamente ma nella freddezza con cui spedisce in fondo al sacco.

E’ tutta qui, o quasi, Pisa-Gubbio: con i toscani in periodo di magra che si risollevano ben oltre i propri meriti e la squadra di Sottil che continua ad essere inseguita dalla nuvola di Fantozzi, anche quando il cielo è terzo e splende un sole tiepido come quello pisano. Mettiamoci che nella ripresa non mancano gli episodi dubbi, anche questi una costante, a danno dei rossoblù: prima un tocco di mani di Mingazzini che tutti vedono tranne il direttore di gara (che però pochi istanti dopo spedisce negli spogliatoi Guerri, reo dalla panchina di aver detto qualcosa al suo collaboratore), mentre sul prosieguo dell’azione lo stesso assistente ferma Caccavallo in posizione molto dubbia di offside, lanciato a tu per tu con Sepe.

Ce ne è quanto basta per pensare alla macumba, ce n’è abbastanza per fare quadrato e pensare subito alla prossima sfida. Cogliendo il buono che arriva dallo stadio Anconetani. Ad esempio di debutto di Di Piazza, che si è presentato con una sgroppata incontenibile dopo appena 3’. Ed è sempre stato una spina nel fianco per la retroguardia pisana. Dimostrando di poter dare un contributo importante alla causa offensiva dei rossoblù. Che in gol ci sarebbero pure andati, proprio con Di Piazza, nella ripresa, se non fosse arrivato lo sbandieramento intempestivo.

E prendiamoci per buono anche il ritorno di Boisfer, un pilone di centrocampo che sarà fondamentale per la corsa alla salvezza. Già, chiamiamola per quello che è, ormai il campionato del Gubbio: che quintultimo e a 2 punti dalla zona salvezza, non ha più tempo da perdere. 
Incombe un Gubbio-Paganese che non vale la B come due anni fa. 
Oggi come oggi vale molto di più…



Copertina da "Fuorigioco" del 4.2.13
musica di sottofondo: "Don't worry, be happy" - B.McFerrin (1989)