Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 17 novembre 2005

Luisa Spagnoli 60 anni

I 60 anni di Luisa Spagnoli: in un marchio la storia dell’impresa umbra al femminile

Il Sole 24 ore – 17 novembre 2005

Un successo tutto o quasi al femminile. All’insegna dell’eleganza, della tradizione ma anche della capacità di rinnovarsi. “Luisa Spagnoli”, marchio storico della moda made in Italy, taglia il traguardo dei 60 anni. Non certo un punto d’arrivo, ma una tappa di transizione, in un processo di continua crescita testimoniato anche dai numeri: un volume d’affari che nel 2004 ha varcato la soglia dei 106 milioni di euro, una produzione di 1.250.000 capi ogni anno tra maglieria e sartoria (nelle due stagionalità autunno-inverno e primavera-estate), 148 negozi in tutta Italia e oltre 740 dipendenti, di cui il 90% donne, con la forza vendite e la creazione stilistica interamente in mano femminile. E alla guida del gruppo non poteva non esserci una imprenditrice, Nicoletta Spagnoli, amministratore delegato che – insieme al presidente, Mario Spagnoli - è degna erede di una bisnonna tanto estrosa, energica ed intraprendente da fondare, nei primi anni del secolo scorso, un’azienda dolciaria, che sarebbe poi divenuta il colosso del cioccolato con il nome “Perugina”. Negli anni Venti poi, Luisa Spagnoli si appassionò al coniglio d’angora, tanto da creare un intero allevamento, curato con criteri scientifici, da cui nacque un laboratorio per le prove di filatura e lavorazione della lana ricavata. Le confezioni "Luisa Spagnoli", così fin da allora erano firmate, entrarono dagli anni Trenta nella fase di produzione industriale e cominciarono le prime esportazioni sui principali mercati mondiali. “Luisa Spagnoli, oggi, continua a rappresentare nel panorama nazionale della moda femminile un marchio sinonimo di “un tipo di eleganza che non è mai fuori luogo” – spiega Nicoletta Spagnoli, che dal 1986 guida la società, insignita nel 2003 del premio “imprenditore dell’anno” nel concorso Ernst & Young e oggi anche componente del direttivo di Assindustria Perugia. Proprio il suo avvento ha portato ad una fase di forte rilancio del marchio, un’operazione di restyling che ha offerto un’immagine più fresca e visibile. “Abbiamo voluto sfruttare tutti i valori positivi già presenti in “Luisa Spagnoli” – spiega l’attuale a.d. - qualità, offerta priva di eccessive caratterizzazioni, moda, classicità e charme per riposizionare la marca, rendendola un unico punto di riferimento e soddisfare il bisogno di un’eleganza chic e mondana, trasversale a tutti gli stili di abbigliamento”. Il risultato è stato un’impennata della distribuzione, una crescita dei punti vendita ed un incremento del fatturato passato dai 38 milioni di euro del 1986 ai 100 milioni di euro di inizio 2000, con investimenti (tra i 6 e i 7 milioni annui nell’ultimo triennio) che hanno abbracciato ogni settore, tecnologia, materiali, risorse umane, strutture. Un dato su tutti: dal 1999, anno in cui è stato dato il via al processo di rinnovamento dell’immagine della rete di vendita “Luisa Spagnoli”, sono stati “reinventati” complessivamente 92 negozi, e sono state effettuati circa 27 riposizionamenti. Oggi circa il 75% della rete di vendita è stata interamente ristrutturata.

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giovedì 27 ottobre 2005

Margaritelli - Business Ferrovie

Margaritelli, il record sui binari è made in Umbria
Il Sole 24 ore – 27 ottobre 2005

E’ un record targato Umbria quello che ad ottobre è stato fatto segnare dall'Alta Velocità ferroviaria italiana sul tratto di linea a doppio binario Torino-Novara. I 350,8 km/h toccati nel segmento che entrerà in funzione in occasione delle prossime olimpiadi invernali "Torino 2006" sono stati raggiunti nella tratta che il gruppo perugino Margaritelli ha realizzato lungo quella che è considerata l’arteria ferroviaria più moderna e tecnologicamente avanzata del Paese. La Margaritelli spa è infatti fornitore delle traverse in cemento armato “sfornate” dal moderno stabilimento di Rodallo di Caluso (Torino) e si è aggiudicata la commessa per l’armamento dell’intera linea Torino-Milano. Un felice ritorno alle origini per la società di Ponte S.Giovanni, alle porte di Perugia, divenuta famosa in tutto il mondo per un altro prodotto, apparentemente molto diverso dalle traverse ferroviarie: il celebre “Listone Giordano” (500 punti vendita in tutto il mondo) dal 1984 il “parquet a due strati” per eccellenza. E il segreto della Margaritelli spa – 130 milioni di fatturato nel 2004 con la previsione di superare quota 150 nel 2005, e 800 addetti - è di continuare ad essere un gruppo multibusiness operante in diversi settori industriali che spaziano proprio dai pavimenti in legno all'arredamento di interni, dalle traverse ferroviarie alle barriere di sicurezza e antirumore per opere stradali, fino ai veicoli industriali.
L’ultimo business in ordine di tempo però riconduce alle origini dell’attività ultracentenaria della famiglia Margaritelli. Risale ai primi anni del secolo scorso infatti l’intuizione del capostipite, Fernando, di impiantare una prima ditta individuale che dalla semplice gestione forestale passa ben presto alla produzione di traversine ferroviarie. L’azienda umbra diventa principale fornitrice delle Ferrovie dello Stato. Un legame che resta consolidato nei decenni. L’unica differenza, non irrilevante, è nella qualità del prodotto, che oggi è fabbricato secondo le più evolute normative europee e in base alle prescrizioni della Rete Ferroviaria Italiana: una traversa in cemento armato dalla lunghezza di m. 2.60 e dal peso di kg 360 che si caratterizza per le alte prestazioni assicurate.
“Si tratta di un’operazione da oltre 25 milioni di euro – spiega l’amministratore delegato del gruppo, ing. Luca Margaritelli, esponente della terza generazione della famiglia perugina – Una commessa importante gestita da un general contractor che fa capo al consorzio “C.a.v.to.mi.” (Consorzio Alta Velocità Torino Milano), guidato da Impregilo. Un’operazione tanto più significativa in quanto rappresenta una sfida tecnologica importante per la nostra società, che ha in questo segmento il suo riferimento produttivo originario”.
Ma il business Margaritelli non corre solo su rotaia. L’espansione produttiva del gruppo umbro si ispira anche all’industria sommergibilistica. Non è passato inosservato il recente accordo commerciale con FeonicTM, gruppo inglese specializzato nello sviluppo di nuove tecnologie audio e detentore di uno speciale sistema in grado di attivare acusticamente superfici in legno e altri materiali, trasformandole in sorgenti di suono. La partnership con la società britannica (un contratto pluriennale di esclusiva a livello internazionale) è finalizzata all’utilizzo di questa tecnologia - originariamente destinata alla produzione di sonar - nel campo dell’arredamento. “La nostra strategia – ha precisato Margaritelli - da un lato punta a legare i nostri prodotti al contributo di designer di fama internazionale, e dall’altro tende ad una continua ricerca di tecnologie innovative capaci di dare un forte valore aggiunto ai nostri prodotti sia in termini di funzionalità che di estetica”. E il segmento delle commesse di prestigio per il gruppo perugino ha fatto registrare un fatturato di 10 milioni di euro negli ultimi tre anni, con l’arredamento tra gli altri del nuovo New York Palace di Budapest (catena Boscolo hotel).

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giovedì 15 settembre 2005

Caso Perugia Calcio fallimento 2005

Perugia, fallimento nell’anno del centenario
Il Sole 24 ore – 15 settembre 2005

Non avrebbero mai pensato a Perugia di festeggiare così il centenario della propria squadra. Ma il 2005 resterà come annus horribilis, non tanto per le vicende sportive, quanto per la scomparsa definitiva dell’Ac Perugia 1905, società guidata dalla famiglia Gaucci. Una vicenda “esplosa” d’improvviso tra giugno e luglio, pochi giorni prima dell’iscrizione della squadra alla serie B e pochi giorni dopo l’approvazione del Consiglio comunale perugino di un faraonico progetto di ristrutturazione dello stadio “Renato Curi”.
Al di là dei risvolti sportivi, il fallimento del Perugia di Gaucci ha lasciato sul terreno non poche “macerie” finanziarie, che i numeri evidenziano. Un volume di debiti complessivo stimato intorno agli 80 milioni di euro, dei quali la gran parte con il Fisco (34 milioni oltre ad 11 di mora), 6 milioni di pendenze con i giocatori e lo staff tecnico – rimasti senza stipendio per molti mesi - e altrettanti con gli Istituti di previdenza, senza contare anche Figc e banche. E una sequela di aziende locali, fornitori della società calcio, rimaste con il classico “cerino acceso” per centinaia di migliaia di euro.
Una storia complessa di debiti e crediti, un cammino mai silenzioso negli anni, fatto di operazioni d’immagine e colpi a sensazione (il primo giocatore-business Nakata, il figlio di Gheddafi, solo per citare i più clamorosi) giocati sempre sul filo del rasoio.
Nel quindicennio dell’era Gaucci a Perugia non sono mancate per altro le operazioni in uscita molto remunerative per le casse del club umbro, tali da portare alla società almeno 100 milioni di euro. Un budget evidentemente dilapidato nel giro di pochi anni, ma non attraverso analoghe operazioni di giocatori in entrata.
Un ulteriore dato macroscopico sono i 30 milioni di euro relativi al patrimonio giocatori sfumato nel giorno in cui la società si è vista respingere in ultima istanza il ricorso contro la mancata iscrizione al campionato, determinando lo svincolo a “parametro zero” di tutti i propri affiliati.
Ma sul terreno delle ripercussioni negative al crollo della società di Gaucci, oltre ad una serie di creditori che attendono ulteriori sviluppi e ad alcuni dipendenti rimasti appiedati (l’udienza pre-fallimentare è fissata per il 4 ottobre), resta l’ombra di un progetto imponente che vedeva la realizzazione di un mega-impianto e portava il nome di “Grande Curi”. Il Comune – che aveva a suo tempo rilasciato la concessione dello stadio al club di Gaucci con una convenzione di 80 anni – aveva approvato un progetto già finanziato dal Credito Sportivo per 40 milioni di euro che prevedeva la ristrutturazione totale del “Curi”, con tanto di albergo, ristorante, auditorium, spazi per attività commerciali (2.500 mq), parcheggi e strutture sportive (tra cui una piscina), con l’obiettivo di farne una delle sedi dei prossimi Europei di calcio 2012 (candidatura perorata dall’attuale d.g. della Figc ed ex dirigente del Perugia, Francesco Ghirelli). Quale sarà il destino del “Grande Curi”? Non nasconde di volerne sapere di più anche Vincenzo Silvestrini, il 35enne imprenditore romano, socio della Finlux, società operante nel segmento delle manutenzioni, costruzioni e pulizie, che ha tra l’altro acquistato dal gruppo Fiat la Delivery Mail e Clean Tecno, ma che per i tifosi perugini ha soprattutto ricostituito il Perugia Srl, ripartito ora dalla serie C1. “Aspettiamo che il Comune ci informi su eventuali prospettive del “Grande Curi”, restiamo a disposizione”, dichiara il nuovo patron, che ha da pochi giorni trasformato la Srl in Spa, confermando una decina di dipendenti della precedente gestione (escluso il settore amministrativo) e che si è detto in attesa di coinvolgere “almeno un paio di imprenditori perugini”. Nonostante la burrasca Gaucci, il sindaco Locchi ha ribadito che “il progetto del “Grande Curi” resta valido, il suo destino è strettamente legato a quello del Perugia calcio”. Per ora, però, l’imprenditoria perugina, nei confronti del Perugia calcio, resta timida e silente.
Giacomo Marinelli Andreoli

BOX

Dal 1991, l’anno dell’ingresso di Gaucci alla guida dell’Ac Perugia, l’imprenditoria perugina è rimasta fuori dalle sorti del calcio biancorosso. Neanche la scomparsa del club ha portato ad una soluzione “autoctona”. Spulciando ad esempio tra le altre società di calcio umbre, si scopre che solo la Ternana (diventata leader regionale con la sua serie B) conosce una situazione analoga (l’attuale proprietario, il marchigiano Longarini, l’ha prelevato dal milanese Agarini). In C2 i colossi cementieri eugubini Colacem e Barbetti sostengono il Gubbio (con una singolare alternanza di sponsorizzazione, anno per anno), l’imprenditore edile folignate Zampetti guida il rinato Foligno, tutti esponenti di un imprenditoria umbra vicina allo sport e al calcio. A Perugia da molti anni questo non avviene più. Una singolare sfumatura della vicenda turbolenta dell’estate 2005 che ha travolto il Perugia, non semplicemente riconducibile allo scarso appeal del precedente patron con la piazza. Vicenda che assume toni paradossali se si pensa che altri imprenditori umbri (Covarelli) sono alla guida di società calcistiche toscane (Pisa).

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giovedì 4 agosto 2005

Fogliettone Dubai-Umbria

Dubai, provincia dell’Umbria
Il Sole 24 Ore – centro nord – agosto 2005

Dubai, provincia dell’Umbria. O forse il contrario. Sta di fatto che negli ultimi mesi i rapporti economici e culturali tra la ricca provincia degli Emirati (3,5 milioni di abitanti di cui solo il 20% autoctoni) e il cuore verde del Belpaese sono cresciuti in modo esponenziale. Lo zampino, o forse è meglio dire la zampa, c’è l’hanno messa i protagonisti di una disciplina sportiva emergente, l’endurance equestre – maratona di cavalli, prossima a divenire anche sport olimpico. Un cavallino non ancora celebre come quello “rampante” di Maranello che ha visto la Mubadala Development Company - finanziaria di Abu Dhabi – nuovo socio con il 5% (con una dote di 114 milioni di euro). Ma pur sempre cavallo di razza che ha aperto le porte a numerose realtà imprenditoriali umbre. Dove hanno trovato nicchie interessanti la Rapanelli Fioravanti di Foligno (produttori di macchinari per olio d’oliva, con strutture anche in Afghanistan), la Sisas di Perugia (segnaletica stradale, elettronica e di parcheggi), o il Gruppo Margaritelli (col rinomato Listone Giordano), senza dimenticare la Arnaldo Caprai con i pregiati merletti. Inoltre imprese ceramiche dal distretto eugubino-gualdese, mobilieri tifernati, produttori di vini da Orvieto e Assisi, e di olio da Trevi e Spoleto. E perfino la Icon Health & Fitness di Perugia con le sue attrezzature da palestra.
Non a caso proprio gli Emirati Arabi – federazione di 7 stati, tra cui Dubai – è divenuto dal 2002 il principale bacino di esportazione umbra dell’intera penisola araba (7 mln di euro, dati Unioncamere). E proprio lo sport ha fatto da apripista, con un dentista eugubino, Fausto Fiorucci, che oltre a collezionare medaglie a cavallo, ha avuto ospiti lo scorso settembre a Gubbio nella manifestazione Roman Theatre il presidente del consiglio, sultano Ben Zayed Al Nahajan e lo sceicco Rashid Al Maktoum, ministro della difesa, affiancato dalla consorte, Haja di Giordania (figlia di Re Hussein) tutti con pettorina da concorrente e accomunati dalla voglia di primeggiare in questo sport senza confini e senza barriere. Lo scorso 14 luglio poi un convegno di Assindustria Perugia ha fatto da corollario ad un’altra competizione equestre in riva al Trasimeno (Nakheel Cuore Verde Endurance) organizzata dall’imprenditore Gianluca Laliscia. E perfino una squadra di calcio di Dubai (Al Shabab, il cui presidente è nipote di Al Maktoum) ha scelto come ritiro estivo la quiete di Gubbio. Il feeling, dunque, è assodato: ora si tratta di coltivarlo, a briglie sciolte.
Giacomo Marinelli Andreoli

lunedì 11 aprile 2005

A tu per tu con Sergio Matteini Chiari

L’evoluzione del diritto in campo urbanistico INTERVISTA a SERGIO MATTEINI CHIARI, pres. Sezione Corte d’Appello di Perugia
Il Sole 24 Ore – centro Nord – 11 aprile 2005

Era il 1984 quando un gruppo di “giuristi” umbri costituirono un comitato spontaneo per la realizzazione di un particolare appuntamento culturale: un Convegno nazionale sul tema della “Tutela penale del patrimonio artistico”. La sede del convegno venne fissata a Gubbio, ritenuta legittimo centro di riferimento per un tema così importante e significativo. Di quel comitato – oggi divenuto associazione denominata “Centro di Studi Giuridici Città di Gubbio – Studium Tuta Ikuvium onlus” – fu dalla prima ora ed è tutt’oggi instancabile animatore il giudice Sergio Matteini Chiari, a quel tempo pretore a Gubbio, ora Presidente della Sezione di Corte d’Appello di Perugia. Doveva essere un appuntamento mirato, si sperava non episodico; divenne l’inizio di una serie di convegni di respiro nazionale e internazionale che andarono a toccare tematiche relative alla tutela dell’Ambiente, del Paesaggio, dei Beni culturali anche attraverso l’analisi dell’evoluzione normativa in campo urbanistico. “L’origine dell’attuale associazione fu del tutto spontanea – ricorda Matteini Chiari – Un gruppo di “addetti ai lavori” (avvocati, studiosi e ricercatori di diritto) appassionati dall’idea di poter offrire un contributo costruttivo nell’analisi dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale su determinate tematiche a noi care. Chissà che freudianamente – rileva con ironia - non abbiamo obbedito ad un istinto geo-culturale legato al fatto che in fondo Gubbio era sede dell’Ancsa (Associazione Nazionale Centri Storici). Ne è scaturita una serie di appuntamenti che hanno coinvolto illustri giuristi che non solo hanno dato il loro assenso a partecipare ma sono diventati componenti di questo ideale “cenacolo culturale”. Entro il 2005 si svolgerà il nono convegno sulle “Responsabilità in materia ambientale” con importanti riflessi legati all’attualità (conseguenze della riforma federalista). Insomma abbiamo intenzione di andare avanti ancora per molto”.
Tra i contributi culturali di spessore, fin dalle prime iniziative del Centro Studi, vanno ricordati quelli del prof. Pier Giorgio Ferri (Avvocatura Generale Stato) e del prof. Adalberto Albamonte (Corte di Cassazione), così come del celebre Massimo Severo Giannini o del prof. Nicola Greco, che ancora oggi cura le relazioni conclusive dei convegni. E più specificamente in campo urbanistico, l’on. Pierluigi Mantini o il prof. Franco Giampietro, fondatore dell’Associazione Giuristi Ambientali.
Ma il giudice Sergio Matteini Chiari ha concretizzato questa sua “vocazione” per i temi della tutela dell’ambiente e del territorio anche attraverso una sua opera: il “Prontuario degli illeciti”, volumetto tascabile (uscita biennale, è alla decima edizione) che in 400 pagine offre una guida dettagliata nel settore elencando schematicamente e scientificamente il precetto, la sanzione, l’autorità competente, la procedura penale o amministrativa: dall’inquinamento atmosferico o da rifiuti, alla tutela dei beni culturali e ambientali, dalle normative urbanistiche all’inquinamento elettromagnetico: “E’ uno strumento di ausilio alle forze dell’ordine – così lo definisce il Presidente della Sezione di Corte d’appello perugina – di rapida e agevole consultazione, che punta più a stimolare un’azione preventiva che non semplicemente sanzionatoria”.
Una chiave di lettura che rimbalza sovente anche dai convegni del Centro Studi, nell’analisi del rapporto tra la tutela dell’Ambiente in senso lato e la sua applicazione in campo urbanistico: “Nell’ultimo convegno “Ambiente e impresa” (novembre 2002) si è approfondita una delle questioni centrali, lo “sviluppo sostenibile”. Tra le conclusioni essenziali, per dirla con il prof. Bruno Cavallo (Università Perugia) si è sottolineato che la gestione del territorio suddiviso per piccoli ecosistemi consente una vera tutela preventiva: meglio, dunque, partire dal particolare ed estendere l’esperienza in un ambito più ampio che non il procedimento inverso con l’enumerazione di concetti nobili ma astratti, se lasciati distanti dall’applicazione specifica in un determinato habitat. Nella stessa circostanza è stato detto che lo strumento urbanistico più classico, il Piano Regolatore Generale, resta il punto di riferimento cardine per la gestione del territorio, per garantire la giusta sintesi tra le esigenze dello sviluppo produttivo e la tutela dell’ambiente, inteso sempre come patrimonio complesso fatto di beni paesaggistici ma anche culturali e artistici. Tutto questo l’obiettivo primario di privilegiare la funzione preventiva della politica di tutela rispetto a quella sanzionatoria, che pure ha visto specificare proprio attraverso uno dei nostri convegni il principio del “chi inquina, paga””.
Giusto il tema del quarto dei convegni promossi dal Centro Studi eugubino: “Il principio “Chi inquina, paga” dovrebbe seguire una logica anche in campo urbanistico: chi svolge attività impattanti non solo deve preoccuparsi di salvaguardare a priori l’ambiente, ma anche contribuire al suo ripristino. Prima che fossero enunciati questi principi e arrivassero le conseguenti norme, ad esempio, nel nostro Paese sono andati compromessi chilometri di coste”. E in Umbria come è la situazione?
“Non siamo indietro – precisa Matteini Chiari - a livello urbanistico ci sono normative che guardano avanti, la Regione è tra le prime ad attuare normative quadro nazionali, con legislazioni commentate in modo favorevole. Segno di una certa sensibilità. Su alcuni settori ancora si potrebbe fare meglio. Come in materia di cave dove c’è una disciplina ancora carente: ad esempio sarebbe sufficiente per le imprese un’unica autorizzazione omnicomprensiva, e dall’altro si dovrebbe puntare ad un maggiore controllo nelle attività di cava: spesso le norme ci sono, ma è il numero di controllori a scarseggiare. Nell’ambito culturale invece aver previsto nelle commissioni edilizie un componente della Soprintendenza (fin dagli anni ’90) ha rappresentato una garanzia all’avanguardia per questa regione”.

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lunedì 4 aprile 2005

Elezioni Umbria aprile 2005

ELEZIONI IN UMBRIA – stravince la Lorenzetti (Ulivo)
Il Sole 24 Ore – dorso nazionale – 4 aprile 2005 – post elezioni

Maria Rita Lorenzetti (Uniti nell’Ulivo) si riconferma alla guida della Regione dell’Umbria. Una sorta di plebiscito per la “lady di ferro” folignate che dopo il 56% del 2000 varca la soglia 60% a distanza di 5 anni. Il più diretto antagonista, Pietro Laffranco (Cdl) supera il 35%, non riuscendo a riconfermare il tetto raggiunto cinque anni prima da Ronconi (39%). Le briciole restano per Ramadori (Nuovo Psi, 1,6%) e Romagnoli (Alternativa Sociale, 1,5%). Le procedure di spoglio non sono tra le più celeri (dopo 4 ore manca ancora all’appello oltre la metà dei 1019 seggi regionali) ma bastano i primi exit poll a rassicurare l’ex parlamentare che già a metà pomeriggio sfoggia un sorriso smagliante e lancia, chissà se provocatoriamente, subito lo sguardo ad un primo impegno da riconfermata governatrice regionale: lo Statuto dell’Umbria. “Si tratta di un consenso che premia l’azione di governo di questi cinque anni – spiega a caldo la Lorenzetti – non a caso la nostra regione ha ottenuto dall’Ue le premialità per aver saputo spendere ogni risorsa economica a disposizione. Sullo Statuto? Resta un piccolo rammarico ma sto valutando se sia il caso di promulgarlo prima della scadenza di questo mandato - spiega Lorenzetti - per dare così la possibilità al prossimo consiglio di modificarlo, con procedura ordinaria, solo nelle parti sulle quali la Consulta ha dato ragione al Governo”.

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martedì 22 marzo 2005

Ceramiche Grazia, la più antica al mondo

Grazia Ceramiche di Deruta: per l’”Economist” è la più antica impresa al mondo nel settore
Il Sole 24 Ore – 22 marzo 2005


Si dice che nei nomi sia un po’ scritto anche il destino di un’azienda. A Deruta il nome Grazia è sinonimo di ceramica.
Parliamo di un’impresa, la U.Grazia Maioliche Artistiche Deruta, guidata da Ubaldo Grazia, discendente di una famiglia dalla plurisecolare tradizione nella ceramica. E custode di una indiscussa tradizione di qualità ma anche di longevità, se è vero che l’”Economist” ha collocato proprio l’impresa derutese nella classifica delle più antiche imprese al mondo.
La storia della famiglia Grazia, infatti, è stata legata per oltre cinque secoli al mondo delle creazioni ceramiche; e a Deruta, nel cuore dell’Umbria, in particolare dai primi del ‘500 quando i Grazia vi si trasferirono da Bologna – godendo di leggi speciali che intendevano favorire insediamenti produttivi dopo la peste del ‘400 – e impiantarono una primordiale fornace, dentro le mura civiche del paese, come confermano numerosi documenti d'archivio.
Oggi quel primo antichissimo sito produttivo è ancora “vivente”, è stato restaurato sul piano strutturale dal Comune e nella prossima primavera sarà di nuovo inaugurato come spazio museale della ceramica e luogo didattico per il locale Istituto d’arte.
“L’azienda attuale – ci spiega Ubaldo Grazia - risale formalmente agli anni ’20, e anche la sede è la stessa di allora, ma è figlia di una tradizione che si tramanda ininterrottamente dal ‘500. Venne fondata da mio nonno, che si chiamava a sua volta Ubaldo, e che era stato capofabbrica nella “Maioliche Deruta” una società che vedeva la presenza di diversi imprenditori anche perugini (tra cui Buitoni). E fin da allora iniziò un’intensa attività di esportazione verso gli Stati Uniti, che oggi coprono circa il 90% del nostro mercato”.
Pioniere in tutti i sensi, nonno Ubaldo, che raccontava a suo nipote come la prima commessa per gli States, datata 1922, conobbe un viaggio alquanto complesso: il materiale fu trasportato con i carri trainati dai muli fino alla stazione di Deruta, con il treno raggiunse Livorno da dove si imbarcò con la nave alla volta di New York, tempo finale di trasporto 3 mesi!
E se nel Cinquecento i clienti più importanti di quella primigenia fornace erano le famiglie nobili, i conventi e le chiese che iniziarono ad utilizzare ma anche a vendere i prodotti Grazia ai pellegrini che visitavano la tomba di San Francesco in Assisi, oggi la U.Grazia snc – con 42 dipendenti e circa 3 milioni di euro di fatturato – produce ceramica artistica e di arredamento per clienti quali Tiffany, Bergdorf Goodman, Neiman Marcus, Saks 5th Avenue, William Sonoma, ovvero department stores tra i più rinomati e qualificati del mercato americano. E tra i clienti d’eccezione dell’azienda derutese c’è perfino la Casa Bianca dove fanno bella mostra di sé alcuni vasi decorativi firmati Ubaldo Grazia. Tradizione, continuità – garantita per altro anche dalle nuove generazioni – ma anche innovazione: alla fine dell’800 quando la ceramica attraversava un periodo di crisi per la concorrenza della porcellana, fu proprio l’apporto fondamentale degli artigiani della famiglia Grazia a favorire una rinascita artistica con la riscoperta delle tecniche di produzione del “lustro dorato (ottenuto in 3a cottura)”. Negli anni Ottanta poi, Ubaldo Grazia, l’attuale proprietario, ha attivato preziose collaborazioni con importanti designers stranieri, soprattutto americani, per rinnovare e rivitalizzare la produzione, dai disegni alle forme, adattandola al gusto moderno ma conservando nel contempo il rispetto della tradizione, con il recupero di disegni antichi e di collezioni classiche.
Ora è la concorrenza dall’Oriente (ma anche da Messico o Portogallo) a far parlare di sé “anche se per il nostro specifico mercato – conclude Grazia riferendosi agli Usa - resta il dollaro debole il nemico numero uno”.

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sabato 1 gennaio 2005

E Gubbio riscoprì la sua “vena lirica”

Se la cultura è il filone sul quale “costruire il futuro” della città, un nuovo filone è stato valorizzato grazie alle intuizioni di alcuni appassionati: l’Opera è una strada che potrebbe portare lontano

Un successo. Come forse qualcuno sperava. Ma che non poteva essere dato per scontato. In appena due mesi la nostra città – e in particolare il Teatro Comunale – ha ospitato tre appuntamenti di lirica che hanno riscosso grande partecipazione e ampi consensi. Da un lato il felice connubio con l’associazione “Vissi d’arte, vissi d’amore” – che ha in Cristina Park Yo Kang la direttrice artistica e nell’eugubino Massimo Capannelli l’animatore primo - da cui sono scaturite due serate molto applaudite e apprezzate, e in mezzo l’iniziativa della Famiglia dei Santantoniari – anche qui dallo spunto di un appassionato, Roberto Procacci – hanno permesso alla comunità eugubina di “riscoprire” un antico amore, l’opera, e di poterne godere all’interno di quel gioiello artistico che è il Teatro Comunale.

Una “riscoperta”, abbiamo detto. Di cui si erano avute le prime avvisaglie già lo scorso anno, quando per il concerto in onore di S.Ubaldo, il 16 maggio, la Banda Musicale Città di Gubbio aveva proposto un collage di brani di opera, che aveva riscontrato grandi apprezzamenti. Già perché la tradizione lirica non è affatto sconosciuta dalle nostre parti. Proprio il Teatro Comunale eugubino, inaugurato nel 1738, ha una sua storia intimamente legata alla lirica, in particolare a cavallo tra l’800 e il ‘900. Tra gli appuntamenti e i personaggi di grido si ricordano in particolare i tenori eugubini Giuseppe e Alessandro Procacci, in particolare il primo che si esibì nel Dottor Faust davanti ai concittadini nel 1886 in occasione dell’inaugurazione della Ferrovia Arezzo-Fossato di Vico; o poco più tardi (1890) quando andò in scena il “Ballo in maschera” di Verdi con Elisa Petri di Fabriano, uno dei più grandi soprani della storia del nostro melodramma.

La lirica fu protagonista anche a fine secolo (1894) per le grandi feste centenenarie in onore di Sant’Ubaldo così come nel ‘900 quando sul palcoscenico eugubino si esibì (nel 1927) il celeberrimo tenore Beniamino Gigli e (nel 1935) il famoso baritono Tito Gobbi. Senza dimenticare che da queste parti (a Cantiano) è nato quel Giuseppe Capponi, tenore prediletto da un certo Giuseppe Verdi, che gli affidò (1871) la prima dell’Aida al Cairo e (1874) la Messa da requiem in morte di Alessandro Manzoni.
Come dire, l’Opera non era certa un’illustre sconosciuta da queste parti.
E allora la storia, ma anche l’attualità, danno lo spunto per una riflessione tutt’altro che secondaria. La cultura è il binario sul quale convergere energie e idee per valorizzare al meglio la nostra città e il suo retroterra culturale, e anche per dare nuovi impulsi a prospettive di sviluppo.

Città neanche troppo lontane (si pensi a Macerata, ma anche alla stessa Spoleto) hanno fatto di alcuni filoni, un veicolo privilegiato di promozione e attrattiva.
La riscoperta dell’affascinante mondo della lirica – ma soprattutto quel bagaglio di tradizioni e di personaggi che anche la nostra città può vantare – rappresentano un punto di partenza sul quale puntare per ulteriori progetti e iniziative. L’esperienza recente dimostra come anche dagli imput di appassionati privati, possa nascere un ampio coinvolgimento di istituzioni e sponsor che possono a loro volta giocare un ruolo fondamentale nel dare respiro a questo che è ancora solo un approccio. Per farlo diventare un progetto organico – che guardi ad un futuro neanche troppo lontano di una Gubbio definitivamente vocata a questo settore artistico – è necessario qualche passo in più. E il momento di compierlo pare proprio sia arrivato.

Acque Minerali, Business molto umbro

Da “Il Sole 24 ore – Centro nord” del gennaio 2005

L’acqua minerale in Umbria? Un business per le 13 società che operano sul territorio regionale ma anche per la stessa Regione. Esattamente un introito da 692 mila euro all’anno, per le casse di Palazzo Donini. A tanto ammonta la redditività complessiva delle concessioni di competenza regionale che gravano sulle imprese del settore. Poca cosa, si dirà, rispetto ai numeri generali del bilancio regionale, ma non la pensano così i gruppi consiliari di centrodestra dei comuni (in tutto 14) interessati ai prelievi idrici, che hanno avanzato la proposta ufficiale – ed è iniziata anche una raccolta di firme – per adottare in Umbria la normativa già vigente in Toscana che prevede il passaggio di competenze dalla Regione proprio ai comuni in tema di concessioni. “Non si vede perché gli introiti derivanti dalle concessioni per lo sfruttamento delle acque minerali debbano finire in Regione – hanno spiegato i promotori dell’iniziativa (i gruppi della Cdl di Gualdo Tadino che hanno riunito i rappresentanti degli stessi partiti di ognuno dei comuni interessati) – non considerando che i comuni offrono una risorsa preziosa, come l’acqua, non ricevendo nulla in cambio”. Una sorta di devolution in chiave comunale in materia di acque minerali – l’hanno invece ribattezzata dal centrosinistra dove la soluzione di affidare le competenze su scala locale non appare gradita.
Al di là delle posizioni politiche, appare indubitabile la valenza dei numeri, considerando che in tre anni (dal 2000 al 2003) la redditività annua delle concessioni è praticamente quintuplicata (nel bilancio 2000 ammontava a 113 mila euro) in quanto la legge 38/2001 ha previsto di computare tali oneri non solo in base alla superficie interessata alla concessione stessa ma anche alla quantità di acqua commercializzata. E in prospettiva le cifre, seguendo il modello toscano, potrebbero ulteriormente lievitare: gli enti comunali toscani infatti possono imporre una tassazione al metro cubo che può oscillare da 0,50 centesimi a 2 euro. In Umbria, dove attualmente è applicata l’aliquota minima (0,50 centesimi) per fare un esempio limitato, nella sola Gualdo Tadino, culla del principale soggetto operante nel comparto, l’applicazione della tariffa massima porterebbe annualmente nelle casse comunali qualcosa come 1 milione di euro.
Analizzando le realtà imprenditoriali presenti, e il loro “gettito” alla Regione, il quadro vede in primis la multinazionale Rocchetta che (con un volume d’affari di 100 mln di euro) attinge dalle fonti del territorio gualdese-nocerino e con i suoi 466 milioni di litri imbottigliati all’anno è la prima realtà in Umbria e versa in termini di concessioni 241 mila euro. Rilevanti anche gli attingimenti di Sangemini, nel Ternano con 225 milioni di litri (e oneri di concessione per 182 mila euro), a seguire l’emergente gruppo eugubino Siami (13 mln di fatturato, raddoppiato nell’ultimo quinquennio) che con i suoi marchi Misia, Viva e Lieve imbottigliati nei comuni di Gubbio e Cerreto di Spoleto si pone al terzo posto regionale con oltre 106 milioni di litri(e oneri di concessione superiori ai 69 mila euro). A seguire la graduatoria dei gettiti a Palazzo Donini vede la Panna Spa di Orvieto (51 mila euro), la Nocera Umbra Fonti Storiche (nell’omonimo comune, con 46 mila euro) e Motette(nel territorio di Scheggia-Pascelupo, con 36 mila euro).
“Sicuramente si tratta di ragionare per rendere più proficuo il rapporto tra le aziende di questo settore con il territorio – ammette l’assessore regionale all’Ambiente, Lamberto Bottini - Anche dal settore industriale ci attendiamo possano emergere con chiarezza effettivi contributi e benefici per il territorio su cui insiste l’attività e dove esiste la sorgente. Sono d’accordo nel privilegiare con le risorse che provengono dall’imbottigliamento i territori in questione. Sono un po’ scettico – chiude Bottini -sulla proposta del trasferimento di competenze per le concessioni, si perderebbe un quadro di omogeneità regionale e un equilibrio nel corretto sfruttamento della risorsa idrica”.

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