Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

lunedì 31 ottobre 2011

Un gol capolavoro... che non deve annebbiare la vista. Domani la vittoria vale doppio...

Il caciucco era un po’ insipido. Ma stavolta è andato di traverso ai livornesi.
Colpa di Daniel Ciofani, ribattezzato Lisippo, per la prestanza fisica capace di coesistere con le qualità tecniche di un’artista del gol, tanto da ricordare l’immagine stilizzata del celebre atleta ripescato negli anni 70 nel mare Adriatico, soggiornato a Gubbio per qualche anno in silenzio e ora esposto al Getty Museum di Malibù.


E se l’atleta di Lisippo è oggetto di disputa, su Ciofani c’è poco da discutere: gli basta una palla gol minimamente utilizzabile, che lui non ci pensa due volte. La porta la vede come pochi, basta dargli le munizioni. Il gesto tecnico e acrobatico di Livorno è proprietà di un nugolo ristretto di attaccanti: col pallone aereo, tra l’altro piuttosto alto rispetto al corpo, non tutti calciano in porta di prima intenzione. Lui l’ha fatto, e per di più al 93’ minuto e mezzo di gioco. La sfortuna ha cozzato con la traversa, la fortuna con la schiena di Bardi. Gol casuale? Fate un po’ voi. Per noi è una prodezza, aiutata dalla buona sorte che però l’attaccante abruzzese si è andato caparbiamente a cercare.

La rete si gonfia, i tifosi rossoblù
impazziscono... - foto Settonce
Un gol che però non deve annebbiare la vista sulla prestazione della squadra rossoblù. Perché i 95’ del Picchi suonano come un passo indietro rispetto allo spettacolo da Big Bang – quello di Jovanotti prima ancora che quello di Renzi – visto lunedì contro il Torino. Va beh, quella partita è irripetibile. Ma l’intensità e la puntualità tattica di quella prestazione devono restare una bussola importante per la squadra.

A Livorno si è rivisto a tratti – nella prima mezz’ora – il Gubbio spaesato di Grosseto o dei primi minuti con l’Ascoli. Complice la prova degli esterni amaranto, tra i quali un sontuoso Rampi, scuola Perugia, che hanno letteralmente messo a soqquadro i piani eugubini. Complici anche le disavventure di un terreno di gioco gibboso, che è costato una distorsione a Raggio Garibaldi e l’esordio stagionale di Gerbo gettato nella mischia senza tanti preamboli.

L’uomo in più nella ripresa, poi, si è visto poco. Anche perché Novellino, cacciato al pari di Lambrughi, ha disegnato una squadra con 8 giocatori costantemente dietro la linea del pallone: e il Gubbio a far girare sfera per cercare di crearsi un varco, un po’ come avviene nella pallanuoto.

Festa grande al 95' al "Picchi" - foto Settonce
Il 4-2-4 con cui Simoni ha chiuso la gara nell’ultimo quarto d’ora è la dimostrazione di come la squadra ci abbia provato, e in campo si è visto che ci ha pure creduto. Alla fine la pennellata d’autore di Ciofani – che solo l’inettitudine di un burocrate che non ha mai giocato a calcio può consentire di attribuire all’autorete del portiere – ha rimesso le cose a posto.

Anche questo è un segnale confortante: la dea bendata ci dice che forse il vento ha girato davvero. Ma quel vento, un po’ come nelle gare a vela, bisogna sempre e comunque andarselo a cercare.

A cominciare dall’insidiosa sfida col Cittadella: squadra che gioca meglio in trasferta e che, a dispetto dei 14 punti in classifica, è brutto cliente. Di sicuro i 3 punti con i padovani varrebbero doppio. Ma questo va semmai soppesato da domani sera… Prima bisogna cercarsi il vento buono.

 
Copertina di "Fuorigioco" del 31.10.11
musica di sottofondo. Colonna sonora "Mediterraneo" - 1991
 

sabato 29 ottobre 2011

Livorno-Gubbio: per una volta, "pagelliamo" anche noi... E Ciofani diventa Lisippo...

Per una volta "pagelliamo" anche noi.
Da Livorno, quasi per caso, mi è stato chiesto di stilare le classiche pagelle per i rossoblù.
Un esercizio che non facevo da diversi anni e devo dire, è piacevole riscoprirlo. Anche perché, buoni o cattivi che siano i voti, mi piace ricamarci un po' sopra. Anche per prendere le pagelle per quello che sono: poco più che un gioco, da interpretare con la giusta leggerezza sia da chi le compila che da chi le legge. In fondo, il vero sogno di un giornalista sportivo è dare i numeri... Anche se qualcuno talvolta esagera...
E allora, per dirla alla Rino Tommasi, ecco il mio personalissimo taccuino-voti (sulle foto di Roberto Settonce) dopo Livorno-Gubbio (per la rubrica "Le pagelle" della trasmissione "Fuorigioco" in onda lunedì sera ore 21.20):

DONNARUMMA – (6-) Subisce un solo tiro, quello di Bigazzi ma non è granchè la risposta, anche se è solo l’ultima delle incertezze in un’azione difensiva quasi comica. Per il resto il Livorno non centra mai lo specchio e lui a fine gara rischia di vedersi addebitati 15 euro di biglietto e 5 per la doccia. Inoperoso.


Rampi-Caracciolo: il perugino è stato un brutto cliente...
CARACCIOLO – (5) Dopo mezz’ora di sofferenza per le sgroppate di Rampi, Simoni gli gira un aulin e lo manda a destra. Poi meno peggio ma resta troppo incerto, perfino sulle rimesse laterali. Frastornato.

BARTOLUCCI – (6) Un po’ meglio del dirimpettaio, anche se patisce Bigazzi. Nella ripresa con l’uomo in più potrebbe spingere, guadagna la pagnotta con l’assist del pareggio. Tappabuchi.

COTTAFAVA – (6) Resta il riferimento principale della retroguardia e sbroglia diverse matasse nella mezz’ora da brivido iniziale. Partecipa però al regalo di gruppo sul gol del vantaggio, nella ripresa non corre alcun brivido. Statuario.

BENEDETTI – (6) Paulinho è un brutto cliente ma dopo Rolando Bianchi tutto sembra meno difficile. Timido nei primi minuti, cresce alla distanza, anche se becca un nuovo giallo che brucia un bonus diffida. Maturando.

BOISFER – (6-) Il Livorno non è il Torino e neanche Boisfer è quello di lunedì. Cerca di chiudere ogni varco, ma sul cross dell’1-0 la palla sembra una saponetta e innesca l’errore altrui. L’episodio lo condiziona anche se nella ripresa cresce, credendoci più di tutti insieme al capitano. Amleto.

SANDREANI – (6,5) Uomo ovunque a centrocampo, bussola di una squadra che, anche nelle giornate meno brillanti, tira fuori l’orgoglio e non molla fino alla fine. Nella ripresa è anche l’unico a tirare in porta chiamando Bardi agli straordinari. Trascinante.

RAGGIO GARIBALDI – (sv) Non fa in tempo a saggiare il terreno che la caviglia lo tradisce. A rischio per le prossime gare, ma la sua corsa servirebbe. Smottato.

BAZZOFFIA – (6,5) Nel primo tempo è l’unico a provarci davvero, duetta bene con Ciofani e sfiora il pareggio. Nel dubbio Lambrughi lo azzoppa, finendo negli spogliatoi. Lui, con un rigore o un’espulsione procurata, finisce per incidere sempre. Se continua così diventa anche uomo-mercato. Inesauribile.

MARIO RUI – (5) L’uomo in meno della partita. Manca la sua spinta a sinistra, manca anche la sua copertura in aiuto a Caracciolo. Forse sbaglia fuso orario o è il fratello gemello di quello di lunedì, nel frattempo riconvocato dal Portogallo. Overbooking.

CIOFANI – (7) Un tiro un gol. Il quinto consecutivo, il quarto decisivo per la classifica. Toglieteci tutto meno Daniel, che mette fisicità e talento, se è vero che un’esecuzione come quella di Livorno, solo per come è stata pensata ed eseguita, è degna di un campione navigato. E se c’è anche la fortuna è perché se la va a cercare. Lisippo.

GERBO – (6-) Non gioca da luglio, praticamente una vita, e gettato in piscina senza neanche il salvagente, appare spaesato. L’avvio è da Krasic, perde palla e il Livorno segna. Poi si ambienta e nella ripresa aiuta a spingere. Embrionale.

MENDICINO – (5) Entra a inizio ripresa ma non graffia. Prova a bussare con un tiro da 30 metri ed è l’unica annotazione da lì al fischio finale. Esserci o non esserci, questo è il problema. Shakespeariano.

Il mister perplesso...
Pascolini prende appunti
RAGATZU – (5) Solo un quarto d’ora per lui, anche se ti aspetti sempre una giocata importante. Nell’unico varco che riesce a crearsi tarda a liberare Sandreani tutto solo in porta. Missing.

SIMONI – (6) L’approccio della squadra stavolta è fallato, il Livorno piazza mezz’ora da brividi, ci si mettono pure gli infortuni e gli azzoppamenti a complicare le cose. Chiude con 4 punte, alla Mourinho ma meglio non dirglielo. Novellino, dopo Ventura, si dichiara contento di regalare un punto al buon Gigi. Figuriamoci noi. Talismano.

venerdì 28 ottobre 2011

A Livorno è un po' come tornare sulla Terra...

Ed ora torniamo sulla terra. Sembra la scena finale di Apollo 13, ma in realtà è il pensiero fisso che Gigi Simoni ha cercato di inculcare in questa settimana ai rossoblù dentro lo spogliatoio.

Teoricamente lui, il saggio di Crevalcore – ribattezzato nel frattempo nei più disparati modi, dalle bizzarrie di una tifoseria impazzita dopo la vittoria storica sul Torino – con i piedi per terra c’è sempre stato. E c’è rimasto.
Lamentandosi anzi dei troppi titoli di giornali e tg sportivi nazionali. Perché i riflettori, puntati addosso, fanno piacere solo a fine campionato.
Prima sono solo un’insidia. Tanto più rischiosa, in quanto il Gubbio – contro i granata – ha compiuto un bel balzo in classifica. Ma la strada è ancora lunga. E novembre è pronto a presentare un cartellone di scontri diretti per la salvezza che richiedono il Gubbio migliore. Senza se e senza ma.

Tornare sulla terra. E per la precisione, le coordinate portano subito in uno stadio caldo: Armando Picchi di Livorno, teatro nell’ultimo decennio di parecchie stagioni di serie A, ma caduto in disarmo negli ultimi due anni.
Ora tocca al mastino, a Walter Monzon Novellino, riportare gli allori nella bacheca del presidente Spinelli, uno dei tanti vulcanici numeri 1 del nostro calcio, capace di esonerare – per restare a gente di casa nostra – Leo Acori dopo che aveva centrato i play off di serie B. O di non riconfermare Serse Cosmi, dopo un ruolino di marcia positivo.

Il Livorno lo abbiamo già visto in estate ma al “Curi” era una serata da cocktail e piscina. I rossoblù erano sembrati più in palla dei toscani, che alla fine però avevano piazzato la zampata vincente con Paulinho, al secolo Paolo Sergio Betanin, chiare origini del Triveneto, che lo scorso anno fu lo spauracchio del girone A di I Divisione con il suo Sorrento. Contro il Gubbio ciccò l’andata, ben controllato da Caracciolo, e nel ritorno se la guardò dagli spalti vittima di una frattura all’omero.
Ma il gol estivo del Curi è stato una sorta di avvertimento: lui forse ha il dente avvelenato – tanto più che in questa stagione non sta segnando come da par suo.
Sta ai rossoblù creargli la gabbia giusta per lasciarlo ancora con le polveri bagnate. Simoni non ama le rivoluzioni. E allora, anche dopo la firma di Graffiedi, si porta il pupillo in ritiro ma non lo vedremo in campo. Anche perché nei prossimi 10 giorni ci saranno di nuovo tre partite, tutte toste (dopo Livorno, Cittadella il 1 novembre e trasferta a Vicenza sabato 5).

Probabile invece lo stesso 11 vittorioso sul Torino, con Rui dal 1’ e con una difesa a 4 arricchita dal tempismo di Boisfer pronto a chiudere i varchi per le folate del centrocampo a 4 livornese.
Sarà curioso vedere tatticamente che accadrà, perché Livorno-Gubbio sarà sfida tra due moduli speculari. Saranno gli interpreti a fare la differenza. E anche le movitvazioni: da una parte una squadra blasonata che arriva da due sconfitte di fila. Dall’altra la truppa di giovani guidati dal più esperto allenatore del calcio italiano in attività. Si dice che negli spogliatoi, Gigi, non abbia bisogno di alzare la voce: le sue parole, quasi sussurrate, entrano nella testa e soprattutto nel cuore dei suoi ragazzi.
Che sia leggenda? Di sicuro il carisma non si improvvisa.
E la presenza di Simoni resta la migliore delle garanzie…

 
Copertina de "Il Rosso e il Blu"  di ven. 28.10.11
musica di sottofondo: "Empire State of mind" - Jay Z - Alicia Key

giovedì 27 ottobre 2011

Vuoi un consiglio? Lascialo perdere... (lettera alle destinatarie dei graffiti murali)

Per una volta vorrei scrivere ad una ragazza. Non so chi sia, non so come si chiami. Se è bionda, bruna, ha carnagione chiara o scura. Ignoro se ami i jeans, il casual o si veste elegante, stile Burberry.

So che ho bisogno di dirle una cosa. Non è un discorso lungo, dura poco. Non è neanche il caso di dare un’occhiata all’orologio. Come fa chi, impaziente (e un po’ maleducato), non vede l’ora che tu finisca di parlare.

Voglio solo darle un consiglio: lascialo perdere.
A che mi riferisco? Alle scritte gigantesche che da qualche giorno campeggiano nella nuova ala del Liceo “Mazzatinti”. Pardon, oggi si chiama Istituto d’Istruzione superiore. Anche se, evidentemente, non tutti colgono o dimostrano questa “superiorità”.

Non so quale genio abbia escogitato l’idea di salire di qualche metro da terra, per fare il verso a Moccia, chissà. E come abbia fatto, a che ora e con quanti complici.


So che ha deturpato il muro di una scuola, realizzato non più tardi di due anni fa. Per scrivere un brano di una canzone di Ramazzotti, con un romanticismo e un stile degno delle soap opera sudamericane degli anni Ottanta – quelle che ancora si vedono girare in qualche sperduta emittente locale, con attori improbabili, dalla faccia di chi tutt’al più potrebbe aspirare ad un porno di periferia.

Più bella cosa non c’è”. Con tutto quel che ne segue.
Sicuramente non è granchè la cosa che ne è venuta fuori. Due righe di scarabocchi, ben visibili anche da centinaia di metri. E non che la canzone di Eros non sia piacevole (e musicalmente gradevole). Ma neanche lui sorriderebbe nel vedere il suo estro spiattellato con spray nero sul muro di una scuola. La fantasia va bene, ma anche la forma, quando si corteggia, vuole la sua parte, no?

Ma l’anonimo innamorato liceale si consoli. E’ in buona compagnia. Perché pullulano – un po’ come le mamme degli imbecilli - altre frasi scritte da novelli Shakespeare addirittura in alcuni angoli suggestivi del centro storico: da via Galeotti fino a via del Monte – dove una recente ripulitura ha ricoperto una frase da farsi tatuare nella parte più intima del proprio quorum: “Sei come un inchiostro che non riuscirò più a cancellare”. Pleonastico il compositore... Perfino Beatrice sarebbe arrossita…

L’ho letta per settimane, passando di lì per salire fino in cima al monte Ingino, per la solita camminata rigenerante. E ogni volta che passavo mi sono sempre fatto la stessa domanda: non chi fosse stato a pensare di scrivere quella minchiata con uno spray blu sulle mura urbiche. Ma molto più semplicemente, chi fosse la destinataria di quel messaggio e che reazione avrebbe avuto nel leggerlo.
A lei do lo stesso consiglio che alla giovane liceale, sicuramente carina, speriamo non troppo fessa da farsi abbagliare dall’inchiostro sopraelevato.
Lascia perdere...

Perché non può meritare neanche l’ipotesi illusoria di un bacio un cretino che sceglie di sporcare il muro di una scuola – e men che meno, chi sceglie addirittura le mura del centro storico: non può essere neanche il più nobile dei sentimenti a giustificare chi si diverte a macchiare pezzi di storia, o anche costruzioni più recenti che qualche soldo prezioso – specie di questi tempi – è costato. Soldi pubblici, quindi di tutti noi (e non di nessuno, come nell’accezione più diffusa dell’aggettivo “pubblico”).


Anche ripulire una semplice scritta, costa... A tutti noi
 Con l’aggravante che nell’epoca della comunicazione, la vena poetica anche dei più improbabili cantori, potrebbe espletarsi nei modi più disparati: via e-mail, via social network, via sms. Perfino a voce (dove non rischi neanche di saltare le h)… E per i meno tecnologici, esistono ancora – seppur rare – le cabine telefoniche che pur senza il caro vecchio gettone (quanti me ne sono “inguattati” per le telefonate clandestine di mezza sera) consentono di esplicare ogni tipo di vena. Senza neanche il rischio di essere intercettati…

Invece i nostri “eroi” preferiscono andarsi a comprare una bomboletta al supermarket: perché la frase ad effetto, il verso di una canzone, le banalità di una rima magari copiata da facebook, ha un altro senso se la dipingi di rosso, di nero o di blu su un muro scolastico. Fa presa. Colpisce. E magari ci scappa pure il bacetto…

Cara mia, uno che non sa apprezzare il bello che lo circonda, l’arte e l’architettura nelle quali ha la fortuna di essersi trovato, che non concepisce l'idea che un fiore - magari donato a sorpresa - sarebbe anni luce distante dallo scempio di una scritta sul muro ancora fresco di intonaco – non saprà mai apprezzare neppure le tue vere qualità.
Magari si fermerà alla superficie: un bel sorriso, due belle tette, un sederino birichino. Punto.

Se dovrà farti un regalo, non penserà ai tuoi gusti, ai tuoi sogni, alle tue velleità post adolescenziali: magari ti regalerà solo l'ultimo modello di i-phone, e si scorderà perfino di metterci un biglietto (dimenticandosi che il regalo senza biglietto, non vale quasi niente...).

Dai retta. Uno così -  uno che imbratta la città per fare colpo su di te - merita solo una tua risata. In faccia…
Per farlo sentire quello che è...

mercoledì 26 ottobre 2011

Luci al San Biagio. E un giorno diremo: "Roba da Gubbio-Torino....". I flash di una serata memorabile...

"Luci al San Biagio". Verrebbe da titolarla così, parafrasando la celebre canzone di Vecchioni, la serata di lunedì. Un Gubbio-Torino forse (ma sottolineo forse) irripetibile.
Mai i rossoblù avevano sconfitto in campionato una rivale così blasonata. Mai avevano vinto in notturna un posticipo.
E così la stagione della sofferenza, quella in cui salvarsi è come vincere un campionato, già segna due bandierine niente male nell'albo d'oro dei ricordi rossoblù: la prima vittoria ufficiale su una squadra di A (Atalanta ad agosto) e la prima vittoria contro una grande, pluriscudettata, come il Torino (già sconfitto nei 45' del Memorial Mancini 15 mesi fa, ma onestamente era un'altra cosa...).
E allora ripercorriamo con i flash di Roberto Settonce le emozioni di una serata di straordinaria intensità: per la cornice di pubblico, per la caratura dell'avversario, per l'unicità dell'evento (ritorno in panchina di Gigi Simoni) e ovviamente, la ciliegina sulla torta, per l'esito finale.
Tanto da farci esclamare: "Un giorno diremo... Roba da Gubbio-Torino!".


Pre-partita: Simoni e Ventura si scambiano battute.
In due, oltre un secolo di calcio vissuto... da protagonisti...


All'ingresso delle squadre, straordinaria scenografia sugli spalti:
e quella stella sa quasi di premonizione...

Pronti, via. E il Torino prova a fare la voce grossa...
Ma la difesa rossoblù non balla. E sullo sfondo Ventura già si lamenta...
Il gioco è subito duro: e Glick fa sentire il gomito ruvido sul volto di Buchel...
che ci rimette la partita
Il Toro prova ma passa solo sui piazzati: per il resto la diga tattica
allestita da Simoni, con la sorpresa Boisfer, non fa sentire 19 punti di differenza...
"Questa non è la mia squadra", esclama Ventura davanti alle telecamere...
Forse anche per merito del Gubbio e della trappola tattica di Gigi Simoni...

Nelle ripartenza il Gubbio graffia: e il guizzo di Bazzoffia, stoppato
in modo irregolare da Glick, e ignorato dall'arbitro, fa infuriare i tifosi di casa...
E' l'11' della ripresa: da un altro spunto di Bazzoffia, la difesa granata s'incarta...
E Ciofani infila il quinto sigillo personale... Certamente il più pesante e memorabile...
Un po' aeroplanino (Montella), un po' airone (Caracciolo). O nessuno dei due...
E' Daniel Ciofani, il punto esclamativo del Gubbio in serie B!
La reazione dei granata è confusa ma generosa... Donnarumma si erge a  baluardo...

Gigi Simoni osserva l'orologio... I minuti sembrano non passare...

La dea bendata dà segnali poco confortanti...
Rui scuote il palo sotto gli occhi attoniti dei tifosi granata
Al fischio finale la gioia si mescola all'incredulità...
Gubbio-Torino 1-0, ma sarà proprio vero?

Sulla panchina eugubina abbracci liberatori...
Simoni e Giammarioli, come padre e figlio, protagonisti dell'ennesima impresa...

Donnarumma raggiante... Sa di essere diventato sempre più determinante...

Come ai "vecchi tempi". Raggio Garibaldi e Boisfer
padroni di centrocampo... e liberi di festeggiare a fine gara...
Contro il Toro, più che mai, c'è stato solo... un Capitano
Sandreani torna monumentale, nella serata di gloria per eccellenza...


Musica di sottofondo: "Brucerò per te" - Negrita - 2011

martedì 25 ottobre 2011

Gubbio-Torino: il capolavoro di Gigi Simoni...

E’ l’abbraccio finale tra Gigi Simoni e Marco Fioriti l’immagine di Gubbio-Torino.
Il flash che consegneremo alla memoria di una serata semplicemente da incorniciare per i tifosi rossoblù.
E senza stare a ripercorrere la storia dei granata, i 7 scudetti, il mito del Grande Torino – lasciando per una volta la voglia di retorica nell’armadio – val la pena concentrarsi su quello che hanno fatto i rossoblù in questi 90’ che potrebbero cambiare, se ben capitalizzati, il senso di un’intera stagione.

Gubbio-Torino potrebbe avere decine di istantanee per essere immortalata: la cornice di pubblico d’eccezione, la serata degna delle grandi occasioni, la prestazione vigorosa sotto tanti punti di vista – con una squadra aitante per 90’ e con due giocatori usciti in barella. Un contesto che non segna solo il ritorno dei rossoblù ad una quadratura tattica capace di esaltare le qualità dei singoli ma soprattutto rivela finalmente l’anima della squadra autentica – guarda caso nella serata in cui, la squadra, torna a sfoggiare anche la vera maglia rossoblù .
Intendiamoci, non è solo una questione di colori sulla schiena: è soprattutto nella testa – e nell’orgoglio – dei giocatori che Gigi Simoni ha saputo lavorare in pochi giorni. In quelle chiacchierate segrete all’interno dello spogliatoio, in quei faccia a faccia tra persone di calcio, anche se appartenenti a generazioni diverse, a galassie apparentemente lontane. Ma il cuoio è linguaggio universale, non serve il traduttore. E così Simoni ha preparato la partita con la necessaria serenità ma anche infondendo fiducia e ispirando determinazione. Nella  vecchia guardia come nei novizi. Non a caso si è rivisto a larghi tratti il Gubbio aggressivo e a distanze azzerate tra i reparti che ricordavamo solo nei dvd. Non a caso anche gli ultimi arrivati sembravano avere addosso il rossoblù da decenni.
Ingredienti semplici da scrivere, sulla lista della spesa, ma tutt’altro che scontati quando ti ritrovi contro la prima della classe che dista soltanto 19 punti in classifica dopo appena 10 giornate.
Eppure Gigi il mezzo miracolo l’ha già compiuto. Ha rispolverato la squadra, ha ritrovato il Gubbio. Ha ridato verve ed energia a gente che pareva sopita o inadeguata alla categoria. E che invece forse necessitava solo della guida giusta.
Una vittoria che ha anche altri significati intestini: Simoni, ex giocatore e tecnico del Toro, che si prende la rivincita dopo l’esonero di 10 anni fa. Sandreani, che mai ha avuto a che fare con i granata, che dedica il successo al padre, a sua volta liquidato a metà anni Novanta dal sodalizio torinista. Benedetti, cresciuto nel Toro, che ha brillato ben più dei colleghi più blasonati di reparto in maglia bianca. Insomma, qualche sassolino datato che non guasta.
L’1-0 al Torino è emblematico anche nella dinamica del gol: l’irrefrenabile e incosciente impeto di Bazzoffia che mette a soqquadro la difesa più granitica del campionato, imbarazzando un nazionale azzurro come Ogbonna e l’incerto estremo Coppola, e sulla sua respinta timida, la zampata di un Ciofani che non sarà un cigno a vedersi, ma ne ha messe dentro 5 di palle pesanti, e promette di continuare a farlo. E dietro poi la capacità di tenere duro, di stringere i denti nell’ultimo quarto d’ora d’assalti granata, con un difesa che pur perdendo qualche pezzo per strada, non ha perso la testa e stavolta, al fotofinish, non si è fatta uccellare.

Che storia, Gubbio-Torino: i rossoblù vincono, fanno parlare l’Italia di sé, sulla scia di un personaggio ormai alle soglie della beatificazione calcistica, dopo l’ennesima impresa impossibile. Dicevamo un mezzo miracolo. L’altro mezzo comincia da sabato: il ritorno sulla terra, si chiama Livorno. L’impresa col Torino sarà già in bacheca. In comune solo il colore granata. E il fatto che sarà solo la prima di altre 31 battaglie…


Copertina "Fuorigioco" - martedì 25.10.11
musica di sottofondo: "Without you" - D.Guetta - 2011


lunedì 24 ottobre 2011

Dici Torino e pensi... ad un pezzo di storia del calcio italiano. Stasera tocca ai rossoblù!

Dalla puntata di venerdì scorso de "Il Rosso e il Blu", una riflessione alla vigilia di una gara attesa da una vita, e impensabile solo fino a qualche tempo fa. Gubbio-Torino. Una serata surreale per tanti tifosi eugubini, dal cuore granata... Stasera si gioca con un pezzo di storia del calcio italiano... Detto anche da chi, come chi scrive, appartiene al tifo "nemico" bianconero.

(in sottofondo, uno dei brani delle colonne sonore di Yann Tiersen, tratte dal film "Il favoloso mondo di Amelie")



Dici Torino e pensi al granata. Lo sguardo va alla curva Maratona. Il ricordo a Superga, ai derby con la Juve, a Pulici e Graziani, Junior e Lentini. Sette scudetti, ma potevano essere molti di più senza il 4 maggio del ’49, una maglia e un colore che hanno nel Dna la grinta e la fede incrollabile, così come un destino spesso difficile da digerire.
Gubbio-Torino, roba da fantacalcio. Una partita da sognare tutt’al più per un’edizione del Memorial Mancini. E già vincere quella, in uno spicchio di 45’, sembrava aver toccato il cielo.

Quella squadra, quel Torino, quella maglia granata, ora fa parte del tuo stesso campionato. E sta lassù, in vetta: con 8 vittorie e 2 pareggi nel carniere. Un rullo compressore.
Tutto questo ora te lo ritrovi contro. Forse nel momento più difficile e delicato, di sicuro nella settimana che ha più di ogni altro il senso del crocevia, della voglia di svoltare, del bisogno di trovare la strada giusta.

Una partita al cardiopalma, una sfida surreale per oltre un centinaio di tifosi eugubini: i tifosi granata del club “Giorgio Ferrini”, legati a doppio filo alle alterne vicende del Toro, ma anche rossoblù nel cuore.
Sarà una partita unica, per loro, quella di stasera: nella quale ogni risultato paradossalmente saprà di agrodolce, appagherà ma fino ad un certo punto, metterà a repentaglio la fede calcistica, il cuore e il rischio di sfottò dagli odiati juventini.

Un lunedì impensabile fino a qualche tempo fa, improponibile nelle dimensioni, ma proprio per questo accattivante. E l’assurdo è che per una sera sarà il Gubbio a dover dimostrare di essere il Toro. E i granata per una volta, almeno in avvio – grandi nelle cifre e sulla carta - somiglieranno di più al cliscè bianconero. Quello dei favoriti.
Che di derby, proprio quando sembrava che fosse tutto facile, ne hanno persi eccome…
Gubbio-Torino, per tanti tifosi eugubini dal cuore granata, sarà anche questo. Molto, tutto e anche il suo contrario.
GMA

domenica 23 ottobre 2011

Il mio ricordo di Marco Simoncelli... quando non era ancora "Sic"

Il mio ricordo di Marco Simoncelli è quello di un ragazzo tra i ragazzi. Non era ancora Sic, non aveva neppure la "cesta" di capelli da Napo che ne hanno fatto un'icona del circus Motogp.
Eravamo a Misano, inverno 2006. Viene presentato il progetto dei lavori di ristrutturazione del Santamonica: si chiamerà Misano World Circuit e tornerà ad ospitare dopo 14 anni la Moto Gp (ancora si chiamava classe 500).
A dare il battesimo al circuito - o meglio, per quel giorno al suo plastico in proiezione futura - c'era una nidiata di giovani speranze della velocità su due ruote, tutti made in Romagna.
Un gruppo simpatico, quasi una gita scolastica: un po' timidi davanti ai flash dei fotografi, un po' in soggezione di fronte all'unico big che stava insieme a loro - e che paradossalmente era il più lontano d'origine dal circuito, l'imolese Loris "Capirex" Capirossi.

Tra quei ragazzi, due erano i più gettonati, perchè praticamente beniamini di casa: Mattia Pasini - proprio di Misano - che sfoggiava un capello lungo stile cartoons giapponesi di metà anni 80 (oggi li porta corti). E Marco Simoncelli, che invece aveva capelli quasi a zero, ma una gran parlata, inconfondibilmente "piadina e cotto". Lui, allora 19enne, era di Cattolica, 5 km dal circuito, dove confessava a tutti, sorridendo, che "da bambino venivo persino in bicicletta, solo per ascoltare il rombo dei motori da fuori...".
Era la prima volta che venivo così a contatto con quel mondo (da cui mi sento epidermicamente distante, perchè cresciuto con una sorta di "avversione" naturale alla velocità): un po' di plastica e olio bruciato, autentico e coinvolgente quanto lo può essere una "sgassata" su un rettilineo, accattivante come il vento che ti punge il viso ad alta velocità. Sensazione che non ho mai provato davvero. E non ho mai sentito il bisogno di sentire (magari, sbagliando). Però mi era piaciuta l'atmosfera di quella banda di ragazzini, scanzonati, quasi incoscienti: si vedeva che avevano voglia. Poi la pista ci avrebbe detto che avevano anche talento.

Ero lì per un servizio speciale sul nuovo Misano Circuit - struttura che sarebbe diventata tra le più funzionali dell'intero panorama motoristico mondiale - di proprietà eugubina (Santamonica spa).
Valentino Rossi non c'era, l'avrei incontrato - e intervistato - 6 mesi dopo. Subito dopo le prime prove sul circuito, e dopo un inseguimento alla sua Q7 (inutile perchè non ci concesse neanche una parola) e una successiva attesa in anticamera (insieme a Staffelli di "Striscia") di oltre un'ora e mezzo (ben riposta e di cui ne valeva assolutamente la pena).

Oggi purtroppo Sic se ne è andato. Una tragica fatalità, come lo sono sempre gli incidenti in moto lungo le piste. Non si è ancora capito neppure cosa sia esattamente accaduto a Simoncelli per la dinamica che le telecamere ci hanno potuto offrire. Ma poco importa.
Questa tragedia mi ha colpito. Le morti sulla strada (e la pista non fa eccezione) non mi lasciano mai indifferente: specie se è un ragazzo di 24 anni che, indipendentemente dal conto in banca, aveva una vita da vivere. E che vita, con l'esuberanza, l'ironia e il sorriso che si ritrovava addosso...

Il senso di vuoto, in storie come questa, cattura anche chi non è appassionato, anche chi segue distrattamente il mondo patinato dei circuiti. Anche chi la domenica osserva sonnecchiando solo la partenza per vedere come va. E dopo un paio d'ore, all'ennesimo sbadiglio, chiede "Che ha fatto Valentino?".

Oggi Valentino ha pianto. E con lui un po' tutti noi...





E proprio in serata ho ricevuto una e-mail dall'ufficio stampa del Misano World Circuit: dove hanno voluto ricordare Marco Simoncelli con queste parole....

"Al Misano World Circuit vogliamo ricordare Marco Simoncelli come un fuoriclasse della vita.

E’ impossibile trovare una parola, un pensiero, qualcosa che possa dare l’idea del dolore che sta provocando in tutti noi la morte di uno dei volti più belli dello sport mondiale.
Abbiamo avuto la fortuna di averlo avuto spesso vicino, di essere contagiati dal suo amore per la vita e per le moto, di conoscerne l’umanità immensa, quella che si percepisce dalle piccole cose, dalle piccole attenzioni.
Marco Simoncelli è stato uno dei figli più fantastici di questa terra che vibra e che si entusiasma per una corsa in moto. E’ un dolore impossibile da sopportare. Trasmettiamo le nostre condoglianze alla famiglia, a Kate, a tutto il team.
Marco è ancora vivo dentro di noi.
Ciao Sic.


Misano World Circuit

sabato 22 ottobre 2011

L'immagine del linciaggio a Gheddafi: dalle analogie con piazzale Loreto al ruolo macabro di "mamma Rai"...

"I seguenti contenuti sono stati identificati dalla community di YouTube come potenzialmente offensivi o inappropriati. L'utente può visualizzare i contenuti a sua discrezione, ma è avvisato".
E' la scritta che compare accanto ad una delle decine di icone You tube che riproducono il fermo-immagine del volto sanguinante di Gheddafi.
La morte del dittatore libico è diventata, tristemente, un cult su internet. L'ennesima finestra da cliccare per gustarsi un po' di macabro e tribale, un po' di sangue e arena.
Quando cade un regime dittatoriale tutta la comunità internazionale dovrebbe tirare un sospiro di sollievo. In Medio Oriente (il Nord Africa che ci sta a "fondello" non fa eccezione) è sempre bene guardare con prudenza al day after: perchè dopo un tiranno ne può arrivare un altro, sotto mentite spoglie (ad esempio, islamiche) non meno efferato e insidioso per la pax internazionale.
Per non andare indietro di 100 anni, basti pensare all'Iran, alla caduta dello Scià di Persia (1979) salutata, specie negli ambienti dell'allora sinistra, con grida di giubilo. Salvo accorgersi poi, che al suo posto si insediava l'Ayatollah Khomeini e uno dei regimi più teocraticamente congelati del pianeta.

Eppure le immagini dell'esecuzione di Gheddafi, il suo corpo martoriato e trascinato dai rivoltosi, le scene riluttanti di ribelli libici in festa a farsi fotografare accanto al cadavere del Rais, sono qualcosa di inumano che, comunque la si veda  - anche nel 2011, anche dopo averne viste in questi decenni di ogni "cromìa" - lascia sbigottiti.

Qualcuno ha acutamente paragonato la scena a Piazzale Loreto. Non qualche nostalgico di Salò, ma il direttore del "Corsera", Ferruccio De Bortoli.
Nel mio piccolo, direi che quel che si è visto Sirte, supera di gran lunga ciò che è stato immortalato - e si può immaginare sia avvenuto - nel celebre piazzale milanese nei confronti del corpo senza vita del Duce. Senza dare ovviamente giudizi politici o morali (ognuno si tenga i suoi, come fa il sottoscritto).
Ma da allora sono pur sempre trascorsi 66 anni, anche in un paese arretrato e tribale come la Libia. Eppure la vendetta, a distanza di decenni e di anni luce tecnologici, assume le stesse sembianze.

Se c'è un tiranno in meno tutti dovremmo essere più sollevati, ma di fronte a certe immagini, francamente non ci riesco. Non vedo grande differenza - pur comprendendo lo stato di indigenza a cui gran parte dei libici è stata costretta in questi 40 anni di regime - tra la crudeltà del Rais (che si è arricchito smisuratamente del petrolio libico, approfittando della propria dittatura) e l'efferatezza dei suoi aguzzini. Che poi sarebbero i sostenitori (se non addirittura i depositari) di quella che sarà la futura "classe dirigente" di uno dei Paesi a più alto tasso petrolifero del mondo.
Non capisco come i leader del mondo - a cominciare da Obama che ha salutato positivamente questo epilogo, chiedendo lumi sulla dinamica della morte di Gheddafi (in attesa che lui stesso ne dia sulla morte di Osama Bin Laden) - possano quasi arrivare a brindare in pubblico, dopo aver fatto affari per anni con il Rais. Ma soprattutto dopo queste immagini.

Se tutto è lecito, se il linciaggio in piazza è una pena ammissibile perchè si è marchiati dell'etichetta di tiranno, qualcosa non torna.
Intanto, il rischio di far diventare Gheddafi quasi un martire (magari non per i libici, ma di fanatici al di là del Mediterraneo non mancano).
E poi una riflessione sull'opportunità di divulgare certe immagini, va comunque approfondita.

Perfino il Tg1 delle 13.30 ci ha propinato, quasi come primo piatto, al posto di un fusillo pomodoro e basilico, la scena raccapricciante di un uomo trascinato brutalmente da decine di persone assatanate e freddato in mezzo alla folla. E gli altri tg hanno seguito pedissequamente a ruota.
Se questa è una pietanza che la nostra amata tv di Stato ci offre in un prime time di ottobre, forse dovremmo farci qualche domanda anche al di qua del Mediterraneo... Anche nel nostro ambiente giornalistico.

Qualche interrogativo ad esempio sul significato del termine "deontologia". Piazzale Loreto, anche dopo 66 anni, non ha insegnato granchè...