Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 18 novembre 2014

Il libro di Uliano Vettori... ricordando una partita, anzi LA partita: Gubbio-Poggibonsi


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Gubbio-Poggibonsi. Potrebbe sembrare uno dei tanti confronti del calcio di provincia, capitolo anonimo del romanzo pallonaro umbro-toscano. E invece no.
Perchè Gubbio-Poggibonsi è una partita che non passa inosservata per la generazione dei tifosi degli anni 70. Basta recitare i due nomi, e in un attimo il pensiero vola al "Renato Curi". Viene spontaneo immergersi in un salto nel passato, in un viaggio a ritroso che ispira magari una prossima sfida.

Già perché per molti, moltissimi tifosi eugubini Gubbio-Poggibonsi non è una partita, ma LA partita. Ci sarà stata pure la serie B, il biennio dorato della doppia promozione, tanti gol, tanti protagonisti che in questi 30 anni hanno vestito la maglia rossoblù.

Ma quello che accadde il 17 maggio di 27 anni fa ha pochi paragoni nel calcio dilettantistico nazionale. Già perchè in quel "Renato Curi" si giocava soltanto uno spareggio tra le due capoliste di un girone di serie D: eppure sugli spalti c'erano 22 mila tifosi. Altro calcio, altri tempi. Altri protagonisti.

Come Uliano Vettori, che insieme a Giampaolo Landi, era il nocchiero protagonista di quella cavalcata. E se il professore ravennate, insieme al ds Mario Mancini,  aveva plasmato il Gubbio a sua immagine e somiglianza traendo il meglio da quanto già costruito negli anni con Fiorindi e Roscini, Uliano Vettori, toscanaccio purosangue, aveva dato l'impronta ruvida ma solida alla sua squadra. Tutt'altro che spettacolare quel Poggibonsi ma imbattibile, tanto che non perse mai in tutto il campionato, capitolando solo al 113' minuto, sul guizzo letale di Rosario Zoppis, servito al bacio da una girata sopraffina di Bobo Camborata. 27 anni sono passati da quel 1987 che regalò forse la pagina più entusiasmante, trascinante, appassionante della storia sportiva di Gubbio.

E c'è tanto Gubbio anche nei ricordi di Uliano Vettori, che usci' a testa alta da quel confronto sportivamente epico, vincendo l'anno dopo il campionato a mani basse. E diventando qualche anno dopo anche allenatore del Gubbio, ma solo per un mese. In un anno che poi si sarebbe chiuso con una retrocessione.

C'è anche tanto Gubbio nel suo libro ("Per le vittorie c'è sempre tempo"), presentato sabato a Poggibonsi, firmato da Paolo Bartalini: che proprio a Gubbio, dove faceva servizio civile, conobbe Uliano Vettori. In un Gubbio-Poggibonsi vinto dai toscani 2-0 davanti a 5000 spettatori.
Altro calcio, altri tempi. Altra gente, quella come Uliano Vettori.



Copertina de "Il Rosso e il Blu" - in onda venerdì 14 novembre
musica di sottofondo: "Vivere una favola" - Vasco Rossi 1987

sabato 15 novembre 2014

Rileggere il passato? Può servire, ma solo se si resta in piedi...

Quando ti fermi a rileggere il passato, devi farlo in piedi. E' un po' come un messaggio che dai a te stesso. Una terapia inconsapevole.

Se ti guardi indietro, se rileggi i tuoi giorni, i tuoi scritti, i tuoi pensieri che hai lasciato alle spalle, non puoi farlo seduto in poltrona. O sdraiato su un divano - come in questo momento, mentre rielaboro strani fluidi di memoria, mescolati col presente sibillino.

Ieri, un mese fa, un anno fa, sono tutti momenti importanti. E' stato importante viverli, e' importantissimo immortalarli - magari con una foto, con un video, con un pensiero scritto in un blog. Ma e' fondamentale non fermarcisi dentro.
"E' un peccato non leggerti più sul blog" mi dice qualcuno.
E scopri il volto di chi ti segue, di chi condivide quei pensieri. Non e' per questo che lo fai, non e' - o non dovrebbe essere – voyeurismo di se stessi.
Ma forse se in questo cammino ti sei fermato, forse c'e un perché.

Non mancano gli argomenti su cui riflettere, gli spunti, la stessa aneddotica (ad esempio, i 25 anni della caduta del Muro da soli bastavano a suggerire una miriade di collegamenti).
Non mancano i personaggi su cui mi piacerebbe scrivere (uno, anzi Uno, l'avevo pronto da settimane e l'ho postato solo oggi).

Forse il problema e' un altro. C'e una sorta di limbo, di attesa che qualcosa accada, di Forche Caudine da superare, nelle quali si sono arenate molte delle energie che c'erano. O magari le migliori.  Il fermarsi per la verita' e' un concetto teorico.
La quotidianità non ti consente l'immobilismo in giacca a cravatta, almeno quello degli impegni, delle "beghe" da risolvere, dei servizi da prevedere, dei palinsesti da riempire.
C'è però un'altra dimensione che sembra quasi essersi cristallizzata in quella parte di te che stava qui dentro. Che e' ora concentrata in un progetto ambizioso e prezioso. Sul quale si condensano aspettative e silenzi. Potrebbe essere finito, ma forse bisognerà rimetterci le mani. Potrebbe essere piaciuto, ma forse sarà necessario ritoccare qualche sua parte. O intervenire radicalmente. Il dubbio in questo caso, e' un compagno di viaggio che ti ritrovi tuo malgrado. E tutt'altro che gradito.

Un po' come quei tizi che ti si siedono davanti in treno, quelli che fanno cose che ti infastidiscono, invadenti, ingombranti, magari con un cane al seguito o parlando al telefono a voce alta, in malo modo, insomma insopportabili ma dai quali non puoi staccarti: se ti alzi a cercare un altro posto sei tu che finisci per fare la loro stessa figura. E allora te ne stai li'. Silente. A sopportare e sperare che alla prossima fermata quel tipo si alzi e se ne vada.

Ieri una persona, una semplice conoscente, in un convivio dal quale tutto mi sarei aspettato men che di finire a parlare del blog, mi ha confidato che lo segue e gli piace. E indirettamente, che gli manca.
Ed e' un po' come se avesse interpretato, inconsciamente, il desiderio di "ripartire" che covavo dentro. Non so se ci riuscirò. Ma intanto comincio da qui.
Comincio dal ringraziarla. Per le parole che ha riservato ai miei pensieri, per quell'iniezione di stima che, senza neanche saperlo, ha saputo trasmettermi. Con un tempismo eccellente. Perché caduto in una giornata in cui avevo bisogno, come poche altre, di quelle parole.

"Non ti chiedi mai che una persona potrebbe aver bisogno anche solo di una parola, di un "ciao come va?", di un semplice saluto?".
Me lo sono sentito ripetere a iosa. Ma finche' non ci passi, sopra quel sentiero, un po' solitario, un po' disorientante, non lo capisci.
Scrivo ergo sum. Anche solo per il piacere di farlo. Ma se si tratta di farlo al passato, meglio in piedi. Perché non ci si siede, non ci si ferma, non si interrompe quel desiderio di guardare avanti che deve spingerci sempre, crisi o non crisi, sul lavoro, in famiglia, con le persone care. O anche con un semplice conoscente che in pochi secondi riesce a trasmetterti quell'aspirina di motivazioni che mancava.

Sembra quasi di sentirla ancora sciogliersi effervescente nell'acqua. L'ho mandata giù volentieri. Oggi va già meglio...

lunedì 10 novembre 2014

Il coraggio di osare: vale anche per un brand come Gubbio...

Programmare il futuro della citta', imboccare nuove strade. Non per stravolgere il passato ma per fare di quel passato un fiore all'occhiello. E' un po' il filo conduttore di alcune novità che l'autunno anomalo (per le temperature) di questo 2014 ha presentato.

"Il coraggio di osare" e' stato il carburante prolifico di una serie di iniziative destinate a fare da ponte - almeno in questa fase - tra due periodi intensi, come quello della Mostra del Tartufo e della parentesi natalizia con l'attrattivo magnetismo dell'Albero di Natale più grande del mondo, che attende di essere acceso da un secondo Pontefice nel giro di appena 4 anni. Un po' come ogni anno sanno fare gli straordinari campanari dalla torretta di Palazzo dei Consoli.
Osare significa battere nuove strade, intraprendere sentieri che potrebbero apparire improponibili ai piu' scettici. O forse a chi pensa che preservare questa città dai rischi di un deprimente futuro sia semplicemente conservare lo status quo.

Chissà qualche anno fa cosa si sarebbe pensato se qualcuno avesse proposto di distendere per l'intero tracciato di corso Garibaldi un'enorme crescia al testo, farcita addirittura di crema di cioccolato.
L'intuizione lanciata quest'anno nell'ambito di Chocotartufo ha già fatto bingo, riuscendo a riempire il cuore del centro storico come solo gli eventi folcloristici e la stessa Mostra del tartufo erano capaci di garantire.

E in una sorta di passaggio del testimone, la settimana successiva, Gubbio lancia un'altra sfida sempre nell'ambito della promozione eno-gastronomica (che non e' di serie B se si pensa quali risultati siano stati raggiunti altrove): la scommessa dei "Secondi d'Italia" (dopo che i "Primi" sono esplosi a Foligno sulle ceneri della nostra Festa della Pasta) con "Quinto Quarto", il festival dei tagli poveri del vitellone bianco di Chianina, una provocatoria kermesse dedicata a piatti quasi dimenticati per decenni, spariti dalle tavole familiari, soppiantati da surgelati e crocchette ma che ora sono pagati a peso d'oro nei ristoranti degli chef pluristellati.

Valga per tutti l'esempio della "coradella", piatto forte della tradizione locale e sempre piu' apprezzato anche da turisti e forestieri. A Milano, in una minuscola ciotola, lo chiamerebbero finger food: e andrebbe a ruba.
Il coraggio di osare: per fare del brand Gubbio qualcosa di piu' attrattivo. Per fare di semplici ma efficaci idee, qualcosa più che un semplice diversivo.

La citta' ha bisogno di eventi?
Associazioni e privati ci dicono che tentare si puo' e si deve. Osando, coerentemente. Ma osando. Anche a dispetto di chi storce la bocca.
 
 
 
Editoriale "Gubbio Oggi" - novembre 2014