Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

lunedì 30 gennaio 2012

E dopo Gubbio-Samp decliniamo insieme: voce del verbo "spunteggiare"...


Sandreani contro Palombo: decisamente
meglio il capitano rossoblù...
Voce del verbo “spunteggiare”. Un neologismo che i tifosi del Gubbio hanno cominciato a masticare in questa prima inedita avventura di serie B. Lo spunteggiare è il mettere insieme piccoli passi, il punticino, il pareggio, che sa di fieno in cascina, sa di parsimonia e premura per le cose buone. Come i cioccolatini nella dispensa della nonna.

Il pareggio con la Samp è qualcosa di simile. Di buono – perché l’avversario è prestigioso anche se in decadenza – di prezioso – perché le dirette concorrenti non hanno compiuto passi avanti – di benaugurante – perché il Gubbio continua a confermare solidità nelle mura amiche.

Con lo 0-0 in salsa blucerchiata, la classifica riporta i rossoblù sopra la linea di galleggiamento salvezza, a fianco dell’Albinoleffe che invece ha liquidato Fortunato affidandosi a Salvioni alla vigilia del match verità di Modena.

Bazzoffia, praticamente imprendibile...
(foto Settonce)
 Il pareggio con la Samp è confortante per la prova che il Gubbio ha messo in campo: è la squadra di Simoni che ha cercato di vincere, che ha forzato l’inerzia della gara, che ha avuto le chance, non riuscendo a sfruttarle, soprattutto nel primo tempo. Per Bazzoffia siamo a corto di aggettivi, ma davanti al portiere avversario continua ad avere "ansia da prestazione": non sempre capita che l’estremo avversario si butti da una parte, come accaduto ad Ascoli. Certo è che se le occasioni capitano soprattutto a lui, un perché ci sarà.
Il 4-4-2 a sorpresa è parso una soluzione molto equilibrata, complice il ritorno in difesa di un Cottafava monumentale, la costanza da diesel di Nwankwo a centrocampo (dove Buchel è stato tenuto da parte per scelta tecnica), con Rui e Bazzoffia che finchè hanno mulinato sulle fasce, i rossoblù hanno fatto la gara.

La spaccata di Mastronunzio non basta a trafiggere
l'ottimo Romero (foto Settonce)
 Davanti Ciofani e Mastronunzio hanno smentito chi li vede doppioni, anche se il secondo stenta ancora ad entrare negli ingranaggi della squadra. Speriamo faccia presto, perché la B è lunga ma il tempo resta tiranno. Mentre Ciofani gioca meglio ora che segna meno. Però in attesa – purtroppo non breve – che torni Graffiedi, dovrà anche ricominciare a buttarla dentro.

Un capitolo a sé lo meriterebbe l’arbitro Tozzi di Ostia Lido, ma i tempi televisivi ci eviteranno il piagnisteo. Di sicuro il mediocre fischietto, che ha graziato Costa nel primo tempo e ribaltato il penalty di Ciofani in un giallo simulante, a parti inverse, e magari a Marassi, avrebbe tranquillamente usato il rosso per un malcapitato difensore eugubino e indicato il dischetto a favore di mamma Samp. Proprio come avvenne ben due volte il 4 settembre. Adieu.

Ciofani, visibilmente strattonato, cade in area:
sarà giallo per simulazione (foto Settonce)
 Consoliamoci con la bella giornata di fair play che le due società si sono regalati negli stand di piazza 40 Martiri. Peccato che la stampa nazionale e le tv satellitari non ne abbiano parlato granchè. Perché il messaggio meriterebbe adeguata diffusione.

Tra crescia e pesto, dunque, finisce in parità. Ma non è detto che non vadano d’accordo insieme. Anche perché non c’è neppure il tempo di digerire: già di martedì i rossoblù sono attesi al “Granillo” di Reggio Calabria.


Nuova divisa per
il mister...
Che porti fortuna?
 Conoscendo Simoni, non azzardiamo né schema né formazione, la sorpresa è dietro l'angolo. L’unica certezza, purtroppo, resta l’assenza di Graffiedi. In attesa degli ultimi botti firmati Giammarioli.
Obiettivo, sullo Stretto, è fare risultato. La salvezza passa sia per gli scontri diretti casalinghi – al Barbetti dovranno venire Modena, Crotone, Livorno, Vicenza e Albinoleffe – ma anche da una media punti meno stringata di quella messa insieme finora in trasferta.
Dove serve un deciso cambio di marcia. Magari ricominciando a "spunteggiare"...
 
 
 
 
 
Copertina di "Fuorigioco" di lunedì 30.1.12
musica di sottofondo: "Nobody's perfect" - Jessie J - 2011
 

venerdì 27 gennaio 2012

Cinquemila passi al giorno. Più o meno 3km... e non solo si sta meglio, ma si prevengono un sacco di malattie...

E poi dicono che non fa bene camminare. Cinquemila passi. Provate a contarli: è la distanza, pari a circa 3 km, che ognuno dovrebbe percorrere quotidianamente per mantenersi sano. Come fare? E' solo una questione di pigrizia mentale. Proviamo a rinunciare all'automobile - sempre che ovviamente non sia necessaria per recarsi al lavoro.
Basta camminare una ventina di minuti al giorno e il gioco è fatto.
Lasciando l’auto in garage, poi, ci guadagna la salute, ma anche il portafoglio. Si possono risparmiare, infatti, circa 700 euro all’anno, di cui 400 sono direttamente legati al costo del carburante e della manutenzione della macchina, e 300 euro vengono sborsati per curare i cittadini "malati' di pigrizia.
Il dato non è mio, ma è dell’Organizzazione mondiale della sanità che ha stimato i danni della sedentarietà nel vecchio continente. La 'pigrizia' "provoca 600.000 decessi l’anno in Europa e rappresenta una delle dieci cause principali di mortalità e disabilità nel mondo. Diabete, cardiopatie, ipertensione, cancro, osteoporosi - spiega Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale (Simg) - sono le malattie croniche che colpiscono in massa gli italiani, legate proprio a stili di vita sbagliati.

Nel dubbio, da un po' di tempo (diciamo un paio d'anni) lascio sistematicamente l'auto in cortile o parcheggiata lungo via Fabiani: e mi sono accorto che non solo è una questione di abitudine andare al lavoro o allo stadio a piedi. Ma fa stare meglio, diciamo che ossigena la mente. E ti permette di pensare (mentre passeggi) molto più di quanto tu non possa fare ad esempio guidando (si presume, senza distrarsi).
Insomma camminare o pedalare ogni giorno, ricorda il medico, è "una misura efficace per tenere sotto controllo i vari fattori di rischio e permette di dimezzare il rischio di morte".
Le regole base da seguire, che spaziano dalla dieta, alla quantità di attività fisica in base all’età, fino ai suggerimenti per curare i piccoli traumi, sono contenute nell’opuscolo a vignette 'Una passeggiata di salute', presentato al Senato nel convegno nazionale 'Il ritratto della salute e la medicina dei sani: modelli di sviluppo e strategie di comunicazione', promosso dalla Simg e dall’Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione.

Il convegno e l'opuscolo segnano l’avvio del progetto 'Il ritratto della salute' che riunisce le principali società scientifiche italiane con l’obiettivo di promuovere e diffondere la corretta comunicazione e la 'medicina dei sani', fondata sulla comprensione dei bisogni per fornire corrette informazioni e strumenti idonei per adottare stili di vita adeguati. In base ai dati Istat, i sedentari sono pari al 38,3% degli italiani: oltre 22 milioni di persone che dichiarano di non praticare attività fisica nel tempo libero. "La prevenzione è un diritto per ciascun cittadino ed è un obiettivo del nostro sistema sanitario nazionale - sottolinea Antonio Tomassini, presidente della Commissione Sanità del Senato e dell'Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione – E' necessario promuovere interventi per ridurre i principali fattori di rischio per le grandi malattie: fumo, alimentazione scorretta, sedentarietà e abuso di alcol. Per i danni diretti e indiretti che derivano da stili di vita sbagliati lo Stato spende circa 60 miliardi di euro ogni anno".

giovedì 26 gennaio 2012

Gubbio-Sampdoria... ovvero fair play di ritorno. Al di là del blasone...

Alzi la mano, tra i tifosi eugubini, chi non vedeva l’ora che arrivasse Gubbio-Samp. Da quel 4 settembre di Marassi. è come se una specie di conto alla rovescia sia iniziato. Silenzioso e incessante.
E insieme a questo, una sorta di macumba si sia abbattuta sui blucerchiati, che sfogarono impietosamente la propria voglia di protagonismo in una B (che sta loro obiettivamente stretta) su un avversario ridotto in 9 – da decisioni per altro discutibili – fin dalla mezz’ora del primo tempo.


Quanti frammenti ci restano di quella disfatta: Calvarese di Teramo – personaggio ormai mitologico tra i sostenitori rossoblù che potremmo vedere in qualche maschera carnevalesca tra pochi giorni – che sventola cartellini rossi, come neanche un singolista degli sbandieratori. Il primo ai danni di Farina, ignaro ancora che di lì a qualche mese sarebbe passato dall’uscita anzitempo di Marassi alla quasi beatificazione mediatica per un gesto che lui stesso, dietro le quinte, non ha fatto altro che definire normale.

Di normale, e soprattutto di cavalleresco, invece, in quella gara ci fu ben poco. Un Gubbio già menomato da assenze da lazzaretto in difesa, si ritrovava a giocare oltre un’ora con Bazzoffia terzino destro e Almici-Benedetti (37 anni in due) coppia centrale: una specie di Pearl Harbour, soprattutto nella ripresa quando, in modo quasi spietato, Atzori dopo la doppietta di Bertani e Pozzi, metteva in campo anche Piovaccari e Maccarone, con la bava alla bocca, alla ricerca dei primi gol stagionali. E, beffa nella beffa, a fine gara – mentre i colleghi genovesi stuzzicavano Simoni su stucchevoli polemiche con Mancini – il trainer di casa arrivava a dire che in fondo la Samp non aveva voluto infierire.

Fortuna i tifosi, quelli rossoblù: in 1.000 sugli spalti ad incitare la squadra come nessun altra tifoseria ospite avrebbe saputo fare, perfino sul risultato tennistico.
Evidentemente un dio Eupalla, più volte evocato da Gianni Brera, dev’essere sobbalzato da qualche parte: perché da quella domenica, perché di domenica si giocava, la Samp ha vinto in casa una sola volta, ancora contro una rossoblù, il Crotone. Per il resto solo mezze figure o scartini.
Atzori è tornato a fare l’opinionista in qualche tv privata. E quel che conta, il Gubbio è diventato una squadra. Ha trovato il suo nocchiero, ha ritoccato i reparti – anche grazie all’arrivo di un giocatore scuola Samp, Cottafava – e ha risalito la china. Certo, il percorso resta tortuoso e difficile. Ma forse, quella ferita di Marassi, è servita.

Sicuramente servirà anche una sana voglia di rivalsa nella sfida del “Barbetti”, quasi a prescindere dalla classifica, quasi a prescindere dal blasone di un avversario che giusto 20 anni fa si cuciva lo scudetto sul petto e che appena 15 mesi fa giocava ancora i preliminari di Champions.
Ma la classifica, almeno quella, non si può dimenticare, perché il Gubbio arriva dall’inopinata sconfitta di Ascoli con una diretta concorrente e i blucerchiati dall’ennesimo pareggino casalingo con il Livorno. Sarà anche un derby per Gigi Simoni, rossoblù genoano nel cuore da giocatore e anche da allenatore.
Il weekend sarà anche all’insegna del Fair play, con il village e le degustazioni tipiche promosse dalla Samp calcio di concerto con il Gubbio. Un bel gesto, un’iniziativa meritoria, che andrebbe incentivata nel mondo sempre più chiacchierato e insipido del pallone.
Peccato che all’andata non ci fu né il village fuori né il fair play in campo. Magari però, in campo, sportivamente parlando, sarà anche una delle chiavi motivazionali dei prossimi 90’.
Chissà che dopo Toro e Padova, non arrivi anche lo scalpo al sapore di pesto…

 
Copertina de "Il Rosso e il Blu" - venerdì 27.1.12
musica di sottofondo: "Gocce di memoria" - Giorgia - 2003

martedì 24 gennaio 2012

A 20 anni dalla scomparsa del prof. Piero Angeletti. E il ricordo personale di Rita Levi Montalcini...


Pietro Ubaldo Angeletti, per tutti "Piero"
Avrebbe compiuto 80 anni proprio quest'anno. E chissà quali altre scoperte o iniziative culturali-scientifiche lo avrebbero visto indiscusso protagonista. Parlo di uno dei più illustri studiosi della scienza medica nel nostro Paese, per anni strettissimo collaboratore del premio Nobel Rita Levi Montalcini. Questo era Pietro Ubaldo Angeletti (ma tutti lo chiamavano "Piero"), il ricercatore eugubino, scomparso prematuramente nel gennaio 1992, nel pieno di una carriera accademica e scientifica di enorme spessore, di cui ricorreva proprio domenica scorsa il 20mo anniversario della scomparsa.
Un personaggio conosciuto dalla Gubbio più avanti con gli "anta", ma che sarebbe opportuno fosse "raccontato" anche ai più giovani. A distanza di anni ha avuto il giusto riconoscimento anche nella sua città Natale: nel maggio 2009 infatti gli è stata intitolata una delle vie più caratteristiche del centro storico di Gubbio, vale a dire l’ex via del Globo, vicolo che da via Savelli della Porta si ricongiunge tramite una piccola scalinata a via Sperelli.
Piero Angeletti – responsabile dal 1972 della prima società farmaceutica mondiale Merck Sharp & Dome – è stato fin dal 1960 uno strettissimo collaboratore di Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina, con cui condusse alla Washington University un intenso lavoro di ricerca che durò per 12 anni, con oltre 40 pubblicazioni scientifiche, determinanti poi per l’assegnazione del Nobel avvenuto nel 1986, congiuntamente alla Levi Montalcini e a Stanley Cohen. Studi congiunti che consentirono di identificare il cosiddetto NGF, Nerve growth factor, il fattore di crescita nervoso.
Stasera nella rubrica di approfondimento TRG PLUS (ore 21, canale 11 del digitale terrestre) andrà in onda un brano di un video-documentario Rai del 1966 nel quale venivano illustrati gli straordinari risultati delle ricerche condotte da Rita Levi Montalcini e Pietro Ubaldo Angeletti, intervistati nell'occasione dall'inviato Rai.




"Lo scopo della mia vita è la curiosità", disse un giorno Rita Levi Montalcini a chi le chiedeva il segreto di tanta cultura e longevità (quest'anno compirà 103 anni). E tornando a quella scoperta straordinaria spiega: "Quella scoperta andava contro il dogma. Fino ad allora si credeva che la nostra vita è segnata dal gene. In parte è vero, ma noi abbiamo scoperto la molecola che può modificare il modo di distribuirsi delle fibre nervose".
E per ricordarne il contributo fondamentale ai riconoscimenti ottenuti dalla stessa Rita Levi Montalcini, valga per tutti il suo stesso discorso in memoria di Piero Angeletti, pochi mesi dopo la sua scomparsa: una testimonianza pubblica sul felice connubio scientifico con il prof. Angeletti ma anche sullo straordinario profilo umano che ne ha sempre caratterizzato il personaggio. Un ricordo che risale al 1992, esattamente 20 anni fa, a pochi mesi dalla sua scomparsa, quando venne intitolato al prof. Angeletti il centro studi di Pomezia specializzato nello studio di malattie virali. Pochi anni dopo anche nella Capitale fu intitolata una via a Piero Ubaldo Angeletti.


Finalmente nel 2009 anche la sua città d'origine, Gubbio, si è ricordata di un luminare di così alto spessore scientifico e anche di forte intraprendenza imprenditoriale: un personaggio che non ho avuto la fortuna di conoscere, se non indirettamente, attraverso racconti e aneddoti particolari, ma che mi piace ricordare a pochi giorni dall'anniversario della scomparsa, come una delle intelligenze più fulgide e prolifiche di questa comunità.
In occasione della cerimonia di inaugurazione di via Pietro Ubaldo Angeletti, due anni fa, mi colpì molto l'intervento del prof. Luigi Frati, Rettore dell'Università "La Sapienza" di Roma: "

Luigi Frati, Rettore della "Sapienza"

Pietro era dotato di un ingegno straordinario accompagnato allo stesso tempo da un’umanità fuori dal comune – ha raccontato – A lui si devono straordinarie scoperte; ciò che impostava, suggeriva e stimolava diventava immediatamente ‘oro scientifico’. L’unico grande rimpianto – ha concluso il Rettore della "Sapienza" – è stata l’inspiegabile assenza del suo nome nel 1986, in occasione della consegna del premio Nobel alla Montalcini ed a Stanley Cohen”.
Gubbio, almeno, se ne è ricordata. E speriamo continui a farlo anche nei prossimi anni...


lunedì 23 gennaio 2012

Nella hit parade delle occasioni sperperate, spunta di nuovo l'Ascoli...

Striscione emblematico dei tifosi rossoblù ad Ascoli:
"Resteremo sempre a bordo!" (foto Settonce)
Errare è umano. E fin lì – a meno che non siate comandanti di una nave incagliata all’isola del Giglio e ve la diate a gambe incuranti dei passeggeri – si può anche tollerare.
E’ perservare, talvolta, che diventa roba da masochisti.

Ad Ascoli probabilmente intitoleranno una piazza alla squadra del Gubbio: con tutte le disavventure capitate alla società bianconera negli ultimi 12 mesi – tra crac societari all’orizzonte, scandali scommesse, penalizzazioni passate, presenti e da non escludere in futuro – le uniche note liete le ha regalate la doppia sfida con l'undici eugubino.
Non è bastata la "lezione" della gara di andata – sbagliata in avvio, raddrizzata in corso d’opera e dilapidata su palla aerea nel finale. Anche stavolta il copione ha recitato la stessa nenia: sono cambiati gli attori, protagonisti e comprimari, ma il finale – tutto altro che gradevole – è rimasto lo stesso.

Benedetti su Papa Waigo: partita in
ombra per tutta la difesa
E se in classifica lo scivolone del “Del Duca” è una ciambella di salvataggio quasi insperata per i bianconeri di Silva ed è costato anche nei confronti del Modena, inaspettatamente corsaro in casa Torrente, sul morale della truppa assomiglia ad uno schiaffo pesante. Non irrimediabile, ma certo di quelli che fanno davvero male.
Soprattutto perché si ha la sensazione che si potesse fare meglio, molto meglio, senza bisogno di una prestazione eccezionale – come ad esempio in occasione dei successi da antologia su Torino e Padova. Con un pizzico di accortezza e mestiere in più nei minuti finali, ad esempio, sarebbe stato blindato un pareggio che sulla bilancia della classifica, della continuità di risultati, della necessità di tenere a distanza una diretta concorrente, avrebbe meritato una quotazione a Wall Street.

Invece il 2-1 per l’Ascoli diventa una sorta di obbligazione a scadenza immediata, vedi doppio confronto con Sampdoria e Reggina in 4 giorni, che i rossoblù dovranno affrontare col coltello tra i denti.

L'unica gioia porta ancora la sua firma:
Daniele Bazzoffia (foto Settonce)
Un pari al "Del Duca" sarebbe stato ancora più prezioso perché ottenuto al termine forse dei 90’ peggiori per la difesa eugubina sul piano della prestazione: con un Donnarumma tornato alle titubanze di inizio stagione, e i suoi inquilini di reparto, tutti, ben lontani dalle potenzialità di cui sono capaci. In mezzo è mancato prima l’assetto giusto, poi il ritmo necessario per prendere le redini di una sfida del genere. Davanti, mestiere e coraggio hanno sopperito alle lacune varie: e così nella ripresa – con una squadra più equilibrata, giocatori riportati ai ruoli naturali e una spinta sulle fasce (soprattutto con Almici) finalmente insistita, il pari è arrivato, con il solito Bazzoffia, per altro nell’unica occasione in cui una delle punte è uscita creando spazio, e l’altra ha cercato e trovato ossigeno tra le linee. Il resto è fatto di occasioni perdute, con contropiedi gestiti in modo impulsivo e improvvisato, che avrebbero addirittura potuto regalare i 3 punti.


Ma alla fine il pari, come detto, sarebbe stato comunque di platino. E invece le ferite sono ancora aperte. A questo punto, però, è inutile gettarci il sale sopra.
I due tecnici nel pre gara:
Silva e Simoni (foto Settonce)
Simoni, da gran signore, ha ammesso che la ciambella stavolta è venuta proprio male, ha rinviato, speriamo solo di pochi giorni, il festeggiamento del suo compleanno.
Da ex genoano in campo e in panca sappiamo che le candeline vorrebbe spegnerle sabato prossimo. Anche per quanto accaduto in quel 4 settembre a “Marassi”: facendo tesoro di tutto. Anche e soprattutto di quanto dilapidato in questa doppia sfida surreale con l’Ascoli…

 
Copertina di "Fuorigioco" di lunedì 23.1.12
musica di sottofondo: "Squander" - Skank Anansie - 2009
 

domenica 22 gennaio 2012

Ricordi e flash di una settimana unica... per i Santantoniari

L’emozione è ancora forte. Intensa e tangibile. Non è stata una settimana come le altre per i Santantoniari. Non è stato un 17 gennaio come gli altri anni. Ed è difficile pensare quando davvero si prenderà coscienza dell’eccezionalità di quanto è avvenuto in queste celebrazioni 2012.

La presenza a Gubbio delle Sacre Reliquie di S.Antonio abate rappresenta un unicum, uno di quegli eventi, di quelle esperienze, che un giorno racconteremo sulla sedia a dondolo, al nostro nipotino in collo. Sperando che non sbadigli subito.

Chi c’era non corre questo rischio, a risfogliare la memoria, anche solo per qualche attimo. Perché sono tanti, e per nulla monotoni, i momenti che meritano di essere ricordati.
A cominciare… dalla fine.

Stasera, la messa che ha concluso la settimana di “soggiorno” delle Reliquie in città, alla chiesetta dei Neri: gremitissima, come fosse stato un 17 gennaio di un altro anno. Le parole commosse e toccanti (di una “bassofonìa” sempre più provata) del presidente Alfredo Minelli, uscite senza filtro dal cuore appassionato, di santantoniaro vero, e spese senza inutili copioni, con le ultime energie disponibili. Quasi a certificare, nel momento conclusivo, la necessità – che insieme è un auspicio - che il testimone di questi giorni, del loro significato, dei valori espressi in ogni scampolo di iniziativa, possa ora passare ai ceraioli più giovani.

Il silenzio, ossequioso e quasi rituale, con cui ho osservato, insieme ad un’altra decina di santantoniari, l’urna compiere gli ultimi movimenti, prima di essere “incassata” in un solido contenitore anti-urto, chiuso e sigillato, con la maestria di chi è abituato ad operazioni del genere; a fare quasi da contrasto con lo sguardo già un po’ nostalgico e intristito di chi invece stava salutando, idealmente, l’”ospite” estemporaneo e prestigioso di quel vettore.

Il calore delle torce accese che ci hanno accompagnato, venerdì sera, in una processione informale, lungo gli stradoni del monte Ingino: voluta dal presidente, per ringraziare e rinnovare l’omaggio al Patrono. Partecipata e devota, sobria ed essenziale. Ravvivata dalla luce di una luminaria, probabilmente molto simile – nella sua frugalità – alle primordiali celebrazioni in onore del Patrono. Un buio quasi paterno, rigido nella temperatura quando rassicurante nell’atmosfera.
Con avemaria bisbigliate lungo quelle rocce, quei passi, quelle tappe che invece di giorno scandiscono il susseguirsi di mute, manicchie, volti e aneddoti intramontabili.

L’intensità degli eventi nel corso del 17 gennaio. Una giornata ricca di emozioni e di novità. Che la renderanno memorabile. Un momento di straordinaria partecipazione ed enorme significato. Un’esperienza però destinata a lasciare un segno tangibile dopo che il rappresentante ecclesiastico di Arles, l’arciprete Cabanac, ha concesso come omaggio alla comunità eugubina, di prelevare una piccola parte delle sacre reliquie del Santo, da lasciare per sempre a Gubbio.
Un dono non previsto ma proprio per questo di grande valore e testimonianza di un legame non fittizio sbocciato e consolidato in queste settimane tra Gubbio e Arles.
Un attestato di grande spessore e di rilievo morale per la Famiglia dei Santantoniari (anche se istituzionalmente il dono è alla Diocesi, che poi a sua volta delegherà la Famiglia ad esserne custode), in una giornata in cui ha rinnovato gli appuntamenti classici del 17 gennaio con un quid in più: dalla mattina con le celebrazioni a San Secondo e il ritrovo conviviale richiamo per tanti ceraioli di ogni età; nel pomeriggio il prelievo, fuori programma, di un frammento della reliquia, all’interno della chiesa dei Neri, che ha preceduto la processione, molto partecipata, che ha condotto l’urna nella Cattedrale. Qui, di fronte ad una chiesa gremitissima di fedeli, il presidente Minelli ha salutato i presenti, ringraziando chi ha contribuito a organizzare questo evento sottolineando come si tratti di un’occasione storica di rinnovare la devozione a Sant’Ubaldo attraverso la presenza in città, non più solo simbolica, di un altro santo, vissuto quasi 1.000 anni prima del Patrono e al quale probabilmente lo stesso S.Ubaldo affidava le proprie preghiere. Poi si è svolta la benedizione dei piccoli santantoniari nati nel 2011 (cui è stato donato un simbolico fazzoletto), quindi il Vescovo Ceccobelli, affiancato dall’emerito Bottaccioli e dall’arciprete Cabanac, ha officiato la santa messa, ricordando nell’omelia la venerazione diffusa soprattutto in campagna, per la figura di S.Antonio Abate.
Un nuovo corteo ha poi ricondotto le reliquie nella chiesa dei Neri dove si è svolta l’investitura ufficiale del capodieci di Sant’Antonio per il prossimo 15 maggio: è stato il senato del cero a proclamare Fabrizio Monacelli, ceraiolo della ma nicchia esterna di Torre Calzolari, visibilmente commosso

La sfilata guidata dalla Banda musicale cittadina e il convivio serale agli Arconi hanno chiuso l’intensa giornata. Le celebrazioni proseguiranno alla chiesa dei Neri fino a domenica 22 gennaio, quando le reliquie riprenderanno la via della Francia.
Ma una loro piccola parte resterà a Gubbio: a immortalare idealmente questa giornata storica.
E l'emozione, anche per me, è stata grande, forse al di là di quanto io stesso mi aspettassi: prima con una "spallata" imprevista ma proprio per questo inedita, sulla barella che sorreggeva le reliquie del Santo. Quindi nell'osservare quello scambio di omaggi tra i rappresentanti delle due Diocesi, sul Duomo: in una chiesa affollata come poche altre volte, per una celebrazione che sapeva di evento. Di qualcosa di vero, forse irripetibile.

E infine, in questo cammino a flash-back con la memoria, la prima sera, sabato 15: l’arrivo a Gubbio delle Sacre Reliquie. E un altro silenzio, stavolta di attesa, appagata e gratificante, che ha affiancato, come a farle da sentinella, l’urna di S.Antonio abate al suo ingresso in città, da Porta Romana. In tanti ad attenderla, con un pizzico di curiosità, mista alla convinta devozione. E un applauso, con un simpatico “W S.Antonio!” a rompere l’atmosfera discreta e anche un po’ timida dei numerosi presenti.

Quella specie di incertezza, che non è imbarazzo ma quasi timore reverenziale, che si deve ad una “prima volta”. Sapendo già che sarebbe rimasta tale, anche nella nostra memoria. Appannata dalle prime emozioni. Macchiata dei colori delle bandiere, a fare da cordone, fino alla chiesa dei Neri, al corteo che si è poi snodato. Risalendo, a ritroso, quella Callata che invece, per antonomasia, è sinonimo di un travolgente tuffarsi nella corsa delle sei.

Quanti flash, quanti eventi, quanti momenti in questa settimana all’insegna di S.Antonio abate. Vederlo andarsene, stasera, è stato un po’ come veder partire “uno di casa”. Sapendo che in fondo resterà qui. Anche se l’urna, materialmente, non sarà più con noi.
In fondo, è così anche con le persone più care. O per i ricordi più preziosi.
Come quelli incastonati in questa settimana speciale, e indimenticabile. Che un giorno racconteremo, così: "In quel gennaio del 2012..."

venerdì 20 gennaio 2012

La prima vittoria in esterna? Come passare, dal bianconero a colore digitale...

C’era una volta l’Ascoli di patron Costantino Rozzi. Una delle espressioni calcistiche della provincia italiana più dinamiche e sorprendenti tra gli anni ’70 ed ’80. E c’era lo stadio “Del Duca”, un fortino difficilmente espugnabile. Dove anche gente come Platini o Falcao faticava a trovare gloria. Erano ancora i gol in bianco e nero, raccontati da Tonino Carino, che sapevano di un football fatto di corsa e determinazione, volontà e abnegazione. Fosse stato oggi, quell’Ascoli di Carletto Mazzone avrebbe sfiorato la Champions league – esattamente 30 anni fa finì al quinto posto.


A cercarla, ora, con le dovute proporzioni, la gloria, è il Gubbio di Gigi Simoni: che ancora vede lo zero nella casella delle vittorie esterne in questa pirotecnica serie B e che giunge alla sfida diretta con i bianconeri – gravida come il mercurio nel peso specifico della corsa salvezza – forte di un ruolino niente male, 8 punti nelle ultime 4 partite, con 4 gol negli ultimi 90’ e un ritrovato ottimismo, corroborato da una campagna di gennaio che già si fregia di nomi come Nwankwo e Mastronunzio.

I nomi, però, da soli non bastano a far vincere le partite. Lo sa bene proprio la squadra rossoblù che negli ultimi due anni ne ha inabissati parecchi di protagonisti blasonati, tra C2 e soprattutto C1. Senza fermarsi poi in serie cadetta – chiedere a Ventura, Dal Canto e lo stesso Torrente. Ed ora, la truppa rossoblù, ha una gran voglia di ricominciare, nel nuovo anno. E assaporare il gusto inedito del successo lontano dal “Barbetti”.

Può essere la volta buona ad Ascoli? Può darsi, ma l’errore più imperdonabile sarebbe quello di considerare la squadra di Silva già spacciata o dimessa. All’Olimpico di Torino c’è voluto il miglior Antenucci per avere ragione dei marchigiani, che in classifica sono a -7 dal Gubbio, proprio come in quel 30 agosto 2011 che sancì il debutto casalingo dei rossoblù nel rinnovato Barbetti.
Un esordio che fu traumatico in avvio, con l’uno-due Papa Waigo – Sbaffo in pochi minuti, si irradiò di speranza con il recupero lampo firmato Mendicino-Ciofani, per poi di nuovo sgonfiarsi con il rosso opinabile a Caracciolo e l’inzuccata velenosa finale ancora di Sbaffo – che quella sera sembrò un fenomeno, ma che in classifica cannonieri è rimasto a quei 2 gol.

Sembra non essere cambiato niente, a leggere la classifica, ma in questi 4 mesi ne sono successe di avventure. Il Gubbio di oggi è per fortuna lontano parente della squadra timorosa e tatticamente pavida di quel periodo, e in parte anche i protagonisti appaiono più robusti.

Mancherà Cottafava – colonna difensiva e carismatica non da poco, se è vero che dopo 3 mesi ha già indossato la fascia di capitano – tornerà Briganti più vicino agli standard a lui consoni, con la possibilità di rivedere Boisfer arretrato. In mezzo, difficile il recupero di Sandreani, di cui molti sembrano essersi dimenticati – dopo la prestazione eccellente di Gerbo e l’onnipresenza olimpica di Nwankwo. Ma ci sarà bisogno di tutti, proprio tutti, nelle 20 gare che rimangono per conquistare lo scudetto-salvezza. E in avanti potrebbe scoccare l’ora di Mastronunzio, uno che in bianconero ha segnato eccome, ma che ora in maglia eugubina potrebbe rinverdire fasti neanche troppo remoti. Daniel Ciofani permettendo, visto che il Lisippo rossoblù avrà motivazioni a mille con il fratello Matteo inquilino d’area di rigore, già infilato nel match di andata.


Il neo acquisto dell'Ascoli, Scalise,
lo scorso maggio in maglia Nocerina
(foto M.Signoretti)
 Che sia 4-3-3 o 5-3-2 (difficile però pensare che resti fuori un Bazzoffia come quello ritrovato a gennaio), tutto lascia pensare ad un Gubbio finalmente capace di alzare la voce anche in trasferta. Senza però perdere quell’umiltà di fondo che è stata e deve restare fattore essenziale nel dna di questa squadra.
Poi dal bianconero ascolano degli anni 80 di Rozzi, passare al rossoblù digitale dei tempi nostri, può essere anche questione di poco. Di 90’. Da affrontare però come un passaggio chiave dell’intero girone di ritorno…



Copertina de "Il Rosso e il Blu" di venerdì 20.1.12
musica di sottofondo: "Two can play that game" - Bobby Brown - 1994

giovedì 19 gennaio 2012

Quanti Schettino sulla nostra strada?

Quanti Schettino abbiamo incontrato in vita nostra?
Ieri sera, dando uno sguardo all'ennesima ricostruzione della tragedia dell'Isola del Giglio, ascoltando le testimonianze dei naufraghi, appuntandomi i nuovi epiteti con cui veniva etichettato il Comandante della Costa Concordia - divenuto, bontà sua, ormai celebre in tutto il mondo come "Capitan Codardo" - mi sono fatto questa domanda.

Poi stamattina ho letto la quotidiana riflessione di Gramellini, su "La Stampa". Un pensiero che indirettamente richiama alcuni casi di "eroismi" veri o presunti tali. Non senza accennare al caso ormai di scuola, del calciatore che denuncia la combine (almeno per questa volta, non è stato rifatto il nome, ma l'amico Simone Farina resta ancora "a galla" - tanto per non uscir di metafora - nei dibattiti mediatici di alta quota).

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41

Su Farina ho già espresso il mio pensiero. E spero non venga di nuovo tirato fuori come un "coniglio dal cilindro" delle interpretazioni sul vivere civile.
Forse ha ragione Gramellini nel dire che il termine "eroe" comincia ad essere inflazionato dalle nostre parti, negli ultimi tempi: almeno quanto la rucola sui secondi piatti o sulla pizza. E se Brecht sosteneva le disgrazie di quei popoli che avevano bisogno di eroi - frase un po' snob che spesso qualche commentatore salottiero spende in prossimità di vicende nelle quali non costerebbe nulla invece elogiare una buona azione - è altrettanto vero che di "eroi" non c'è bisogno, al giorno d'oggi. Ma di persone per bene, sì, eccome. E in fondo anche di buon senso, quando ci si trova poi a giudicare vicende come quella del Costa Concordia.

Il tiro al piattello - specialità Schettino - è in pieno fermento. Che il Comandante della nave simbolo dell'inadeguatezza italica sia oggi l'immagine meno edificante del nostro Paese nel mondo, è assodato. Qualsiasi pena si trovi un giorno a scontare (pecuniaria o addirittura restrittiva) credo sarebbe comunque imparagonabile alla valanga di fango che in queste ore fa grandinare su di sè e sull'Italia. Non basterà un rimorchiatore a liquidare la faccenda nei prossimi mesi. E' di nuovo scattata la gogna medioevale del 2000: cambia lo strumento, un tubo catodico o un collegamento internet. Ma l'effetto è devastante.
Qualche domanda, comunque, è giusto farsela, oltre a quella - spontanea - che mi è sorta ieri sera.
E su cui tornerò tra poco.
L'ardita manovra dell'"inchino" del pachiderma alla scogliera grossetana sembra fosse un costume piuttosto diffuso e frequente, non solo tra le navi Concordia. Oggi Costa Crociere si dissocia da quanto accaduto e anzi, si costituisce parte civile: val la pena chiedersi intanto come dimostrare che la compagnia non sapesse nulla di queste consuetudini folcloriche da "buccanieri dei Caraibi". E dei rischi connessi.

Schettino ha avuto un incarico attraverso una selezione, ha superato esami, ha svolto corsi di aggiornamento. Insomma, è stato valutato. E' vero che la teoria e la pratica sono galassie spesso inconciliabili, ma qualcuno ha pur riconosciuto delle qualità a questo personaggio. Lungi dal volerlo difendere, sarebbe forse il caso di chiedersi che metodi di selezione esistono in questo ambito. Così come in altri...
Che poi la vicenda Concordia abbia il clichè della fiction tipicamente latino-mediterranea, lo dimostra la presenza della figura positiva, che fa da contr'altare a Schettino: quella del Capo della Capitaneria di porto di Livorno, De Falco, salito agli onori delle cronache per il celebre richiamo verbale con cui intimava al Comandante di tornare immediatamente sulla nave.



Quanti Schettino sulla nostra strada?
Quanti personaggi, in diversi ambiti e segmenti della vita sociale, abbiamo incrociato e ne abbiamo colto inadeguatezza, incompetenza, inconsistenza e perfino inconsapevolezza di tutto questo? Mi basterebbe solo pensare a quante note con errori grammaticali mi giungono, ogni giorno, su e-mail o scrivania, con firme molto più altisonanti della qualità linguistica espressa...
Quantri soggetti ricoprono posti di guida, direzione, coordinamento. E spesso fuggono dalle proprie responsabilità - proprio come Schettino, imbarcandosi su una scialuppa - e lasciando a bordo gli altri col cerino in mano? Quanti politici, amministratori, giornalisti, magistrati, medici, avvocati, commercianti o anche semplici lavoratori, dopo aver timbrato il cartellino, si nascondono di fronte ad una carenza o ad una inadeguatezza? O se ne fregano di rispondere di un proprio errore (magari sapendo che tanto c'è sempre qualcun'altro che provvederà a risolverlo...)?
Schettino è in croce, ma sono certo che se pensate bene, di Schettino in giro ce ne sono molti più di quanto immaginiamo...

E quanti De Falco, invece, abbiamo potuto apprezzare, conoscere, incrociare sulla nostra strada. Persone normalissime, ma caratterizzate da un senso del dovere e delle responsabilità che meritano di essere sottolineate anche quando in ballo non c'è la vita di 4.000 persone. Anche quando non si mette a repentaglio la propria. E non si parla nè di Iliade nè di eroi alla Brad Pitt, come nel film "Troy".

Non si tratta di renderli "eroi", ma di indicarli - questo sì - come esempio: esempio di una normalità virtuosa, silenziosa, molto più diffusa di quanto non si creda, ma ciò nonostante, spesso impercettibile. Che non cerca pulpiti o piedistalli dai quali impartire lezioni o sermoni. Ma cerca di fare del suo meglio, ogni giorno, nei confronti del prossimo. E se anche questa normalità sembra così scontata da non poter trovare cittadinanza nelle cronache quotidiane, a me invece sembra controproducente continuare a schernirci parlando solo di ciò che non funziona e rendendo - indirettamente - protagonisti solo coloro che sbagliano. E che mettono il nostro Paese nel palcoscenico del ridicolo.

Non abbiamo bisogno di "eroi", è vero. Ma neanche di tapparci naso, occhi e orecchie di fronte a gente che fa il proprio dovere. E' in fondo solo quello che vorremmo sempre vedere... Senza neanche pretendere che fosse osannato...

martedì 17 gennaio 2012

La Festa dei Ceri diventa "legge"... almeno per il Consiglio regionale

Per uno strano scherzo del destino, proprio nel giorno di S.Antonio abate, il Consiglio regionale ha approvato la proposta di legge che che riconosce la Festa dei Ceri di Gubbio come “espressione culturale dell’identità regionale”, una “tradizione” che tramanda “senza interruzioni fin dall’antichità, di generazione in generazione, l’insieme dei valori storici e culturali che sono riconosciuti dalla Regione Umbria come fondanti l’identità regionale”. La proposta - avanzata lo scorso anno dal consigliere regionale Smacchi - tendeva a distinguere la Festa dei Ceri nell'ambito della disciplina delle feste e manifestazioni folcloristiche umbre dettata dalla legge 16/2009 - nella quale, in pratica, si faceva "di tutta l'erba un fascio".

All’articolo 1 viene stabilito che la Regione Umbria riconosce la Festa dei Ceri come l’espressione culturale più antica dell’identità regionalenell'articolo 2 che l’ente regionale tutela e promuove la Festa dei Ceri insieme alle iniziative volte a salvaguardarne i valori sociali, storici e culturali. E interviene – così stabilisce l’articolo tre - con finanziamenti propri annualmente deliberati dalla Giunta o eventuali altri soggetti, pubblici o privati.
Recitano così i primi tre articoli della legge, approvata questa mattina in consiglio regionale - con 27 voti favorevoli su 27 presenti (i consiglieri Monacelli-Udc e Cirignoni-Lega, presenti alla seduta, non hanno partecipato al voto), che dunque riconosce la Festa dei Ceri di Gubbio come “espressione culturale dell’identità regionale”, una “tradizione” che tramanda “senza interruzioni fin dall’antichità, di generazione in generazione, l’insieme dei valori storici e culturali che sono riconosciuti dalla Regione Umbria come fondanti l’identità regionale”


Con questa legge la Festa dei Ceri viene ben distinta, quindi, dalle “rievocazioni storiche” già individuate dalla legge regionale “16/2009” (“Disciplina delle manifestazioni storiche”) che sono da intendersi come rappresentazioni che, pur rispettando criteri di veridicità storica, valorizzano i prodotti tipici e le capacità turistiche, aggregative e gestionali delle comunità.
I finanziamenti – prosegue il dettato - vengono erogati all’Amministrazione comunale di Gubbio, che ne finalizza l’utilizzo in base a progetti condivisi con l’insieme delle Istituzioni e associazioni, civili e religiose, della Festa dei Ceri (articolo 4).
Il proponente, e relatore unico Andrea Smacchi (Pd) ha tra l’altro richiamato la prevista e mai attuata costituzione a Gubbio dell’Istituto regionale per lo studio, la tutela e la valorizzazione del patrimonio folcloristico dell’Umbria (legge regionale “17/’92”) che – ha detto - grazie ad una legge ad hoc per la festa dei Ceri può essere rimessa in campo, ed il percorso avviato per far riconoscere, in altra sede, la Festa dei Ceri come “bene immateriale” dell’Unesco.
Gli ha fatto eco l’altro consigliere regionale eugubino, Orfeo Goracci, secondo il quale la legge rappresenta “un bel passo in avanti e deve servire da ulteriore stimolo per ritornare sulla legge 17 del ’92, che prevedeva l’Istituto per lo studio, la tutela e la valorizzazione del patrimonio folcloristico dell’Umbria”. Inoltre, “ci sono le condizioni per innalzare la Festa dei Ceri a bene immateriale dell’Unesco.
A non partecipare al voto sono stati dunque i consiglieri Sandra Monacelli, Udc, secondo la quale l’Umbria è la regione dei cento campanili – ha detto - mi chiedo quindi se sia giusto stilare una classifica sulle feste e rievocazioni storiche e sui santi”.
Secondo Cirignoni (lega) alla Festa dei Ceri di Gubbio è assegnato un ruolo giusto e adeguato nella legge regionale ‘16/2009’.
"Oggi in Regione – è il commento del presidente del Maggio Eugubino, Lucio Lupini - si è superata (anche se il dibattito in genere e l’uscita dall’aula ad esempio al momento del voto dei consiglieri Monacelli e Cirignoni segnalano secondo Lupini ancora punte di disattenzione e discutibili considerazioni) la pesante barriera culturale che impediva alla nostra Festa dei Ceri di avere il riconoscimento normativo che merita".

Una novità che di per sè non cambia nulla, ovviamente, della Festa dei Ceri. Ma che pone un accento opportuno e necessario in ambito regionale e un distinguo inevitabile con le altre manifestazioni: non credo che il problema sia quello di stilare una "classifica" di importanza - che non ha senso - ma una linea di confine sì. Anche sapendo che non tutti lo potranno comprendere o condividere (è già convocata una riunione ad esempio tra gli assessori alla cultura delle altre città umbre interessate da manifestazioni folcloristiche).
Soprattutto nella prospettiva di un riconoscimento della Festa dei Ceri quale patrimonio immateriale dell'Unesco che si profila come possibile e per il quale in questo 2012 dovrebbero arrivare importanti novità.

lunedì 16 gennaio 2012

Altro che strambata, il Gubbio piazza il poker... e meglio di così il girone di ritorno non poteva iniziare

Sul pullman del Grosseto una quaterna già predestinata...
dal fotomontaggio di Marco Signoretti
Altro che strambata. Il Gubbio gira la boa con il passo da protagonista. Quattro a zero, quattro gol come con il Sudtirol ed il Monza un anno fa, ai tempi della marcia trionfale in Lega Pro. Stavolta però il poker ha un sapore più intenso. Perché inaspettato e al tempo stesso provvidenziale.


In campo c’era un Gubbio inedito, con una difesa d’emergenza – e lo sarà ancor di più tra 6 giorni ad Ascoli – che ritrovava però il Briganti ministro del reparto; un centrocampo da poco più di 60 anni, in tre, capace di mulinare ritmo e chilometri da favola, e un redivivo Gerbo rispolverato dalla naftalina come i migliori dischi vintage in vinile; e infine un attacco straboccante, in grado di infilare 3 gol in mezz’ora come i rossoblù non avevano mai fatto finora in campionato – visto che gli ultimi 3 gol tutti insieme risaliva all’8 maggio, e al D day con la Paganese.

E Simoni sorridendo sornione in panchina, s’è potuto pure permettere di risparmiare un gettone a Mastronunzio. Perché la "vipera", col Grosseto, non serviva e le passerelle non fanno al caso del Gubbio, squadra che – dopo gli applausi e i peana ripetuti per il caso Farina – ora ha bisogno solo di concretezza. Mastronunzio tornerà buono già da sabato prossimo, in veste di ex, al “Del Duca” di Ascoli dove i rossoblù si giocheranno una sorta di spareggio salvezza per mettere fuori causa definitivamente i marchigiani.

Tornando alla quaterna, meglio non poteva iniziare il girone di ritorno: senza scomodare tabelle e conteggi complicati, al Gubbio serviranno 11 punti in più di quanto fatto nei 21 incontri del girone d’ andata. Considerando le tante pause cui è andata incontro la formazione di Simoni (le 4 sconfitte in avvio e i 5 ko di fila di novembre), c’è terreno sufficiente per rincorrere l’obiettivo.

Le indicazioni di questa goleada non vanno sopravvalutate, ma debbono semmai servire per capire bene su quali giocatori puntare per la fatidica rincorsa.
Intanto val la pena godersi anche le perle di questo sabato di gennaio: il guizzo di Bazzoffia – che con due reti, ha già eguagliato lo score dello scorso anno e si conferma elemento imprevedibile e decisivo nello scacchiere rossoblù; la bomba di Graffiedi, che regala al Gubbio il primo gol stagionale su calcio piazzato; e infine il triangolo letale concluso dal cucchiaio di Ciofani, una pennellata deliziosa che ricorda il gol di Vicenza – guarda caso con gli stessi protagonisti, ma in senso inverso. E per una volta la vittoria non è stata sofferta, ma anche il secondo tempo “congelato” tatticamente dalla squadra di Simoni è un sintomo di una maturità crescente. Quella che serve in questo girone di ritorno.
Aspettando gli ultimi botti di mercato – da Milano il nome di Ricchiuti è sempre più abbinato ai rossoblù – ma confidando soprattutto sulle capacità e la sapienza di un Simoni che dimostra come tatticamente questo gruppo possa dare garanzie.
La strambata ha avuto successo: ora c’è da puntare alla meta lontana. Senza inutili grilli ma con la necessaria lungimiranza…

 
Copertina di "Fuorigioco" - lunedì 16.1.2012
musica di sottofondo: "La fine di Gaia" - Caparezza - 2011
 

sabato 14 gennaio 2012

Nel giorno dell'arrivo delle Sacre Reliquie di S.Antonio abate... un salto all'indietro di quattro anni. Per un pensiero, mai pubblicato...

Nel giorno dell'arrivo delle Sacre Reliquie di S.Antonio abate - un evento che rende straordinarie le celebrazioni di questo 2012 - mi piace ripescare uno spunto dall'archivio personale di articoli (ma sarebbe meglio definirle, riflessioni a cuore aperto, sul sentire ceraiolo) che realizzai 4 anni fa per il fascicolo speciale dedicato al 40mo anniversario della fondazione della Famiglia dei Santantoniari.
Mai, neppure allora, avremmo immaginato che un giorno, anche per poco più di una settimana, la nostra comunità avrebbe ospitato le Sacre Reliquie del Santo, morto nel 356 d.C. e che - come dichiarato dallo stesso Vescovo Ceccobelli - "ci piace pensare sia stato spesso invocato dallo stesso Ubaldo Baldassini nelle sue preghiere".

Col "Pacio" e il Presidente - novembre 2010
Questa riflessione - allora ispirata dall'anniversario della Famiglia - è proprio dedicata a quell'organizzazione, aggregazione di idee e passioni, grazie alla quale oggi è stato possibile tutto questo. E all'infaticabile opera del Presidente, Alfredo Minelli, così come del Consiglio che lo supporta. Il pezzo, molto personale, rimase nel desktop del mio pc, perchè ritenni poco opportuno inserirlo nell'ambito di articoli che parlavano di storia (della Famiglia) e di Statuto.
Questa era e resta una riflessione personale. Da blog. Su quello che è stata, che è, e che è destinata (speriamo) a rimanere la Famiglia dei Santantoniari...


40 anni. Un intervallo di tempo indefinibile. Difficile pensare che sia così tanto, impossibile immaginare che sia passato così in fretta. Nella vita di un uomo come in quella di un’associazione. Chi in questi 40 anni ha vissuto la Festa dei Ceri ne ha colto l’evoluzione più ampia e per alcuni aspetti “traumatica”: da celebrazione quasi intima e affidata a “pochi eletti”, a fenomeno di massa, a vetrina mediatica senza pari. In mezzo, a governare quasi fisiologicamente questo percorso, l’avventura delle famiglie ceraiole. E per prima, ad aprire la breccia, la Famiglia dei Santantoniari.

Per chi ha meno dell’età celebrata in questi giorni, la Famiglia è una percezione in divenire, quasi in crescendo. I ricordi più sbiaditi, lontani, ma ancora intensi, riportano alla memoria la taverna, con il suo inconfondibile aroma fatto di muffe umide e sapore di bacco; l’immagine dei “brocchetti”, appesi al muro, con i nomi dei ceraioli; un santo “provato” da anni di vicissitudini (in corsa); foto ingiallite ma da lasciare incantati; e i canti, belli, forti, nitidi. E’ un ricordo che è anche il clima della Famiglia di quei primi anni Settanta. Dove quel “senso di appartenenza” – felice definizione della Festa dei Ceri coniata da don Angelo Fanucci – era rappresentato plasticamente dalla Famiglia. Un nome emblematico, perché altro non voleva e non poteva essere.
Quel senso che allora portava un ceraiolo santantoniaro appassionato, come mio padre, ad iscrivere il suo primogenito prima alla Famiglia dei Santantoniari e solo dopo, quasi per dovere di cronaca, all’anagrafe.
Oggi qualcuno potrebbe sorriderci. Ma allora la Famiglia dei Santantoniari era questo. Una comunità capace di sentirsi unica, incurante delle barriere di costumi e rigide imposizioni che in quegli anni di “liberalizzazione del pensiero” vigevano, non solo nei Ceri, e così forte e propulsiva da creare novità assolute (la Famiglia stessa, i veglioni, il “Via ch’Eccoli”, per dirne solo alcune) e da lanciare iniziative innovative, che oggi – a distanza di 8 lustri – metterebbero in ambascia le diplomazie burocratiche e istituzionali esistenti.


40 anni. Un bel salto, per capire come sia cambiata la Festa dei Ceri, anche grazie alla Famiglia. E come sia necessario recuperare quella serena spensieratezza che portò a “cambiare” non per un vezzo fine a se stesso, ma per preservare la Festa dei Ceri dai rischi della retorica e della rievocazione. Per viverla autentica, vera, fin nelle sue viscere.
Oggi nuove “sfide”, in un nuovo panorama di difficoltà e incertezze, attendono le famiglie ceraiole e tutti gli attori primari della Festa. Non è la forma ma la sostanza di quello spirito, di 40 anni fa, ad essere necessaria per operare le scelte giuste, quelle lungimiranti. Quelle proprie di una Festa unica. Identitaria. Autentica e non riproducibile.

Maggio 2008

venerdì 13 gennaio 2012

Prima di ritorno: per il Gubbio è ora di... strambare


Sarà un Gubbio-Grosseto molto diverso dalla partita di andata. Quel 25 agosto, vernissage di serie B per i rossoblù in completo bianco, all’Olimpico in terra di Maremma, è un pallido ricordo. E per fortuna è lontano anni luce.

A vedere la possibile formazione, praticamente  quella squadra potrebbe ritrovarsi in campo in non più di 4-5 giocatori.
Ne è passata di acqua sotto i ponti in 4 mesi e mezzo e, visto che si parla di acqua, e che la prima di ritorno segna il classico giro di boa, è bene dire che per il Gubbio è giunto anche il tempo di strambare.

Ricordate Luna Rossa – o per i tifosi più sugli anta, Il Moro di Venezia o addirittura Azzurra. La strambata diventò un termine di uso comune nelle serate trascorse a fare il tifo per un’imbarcazione che in poche settimane aveva contagiato milioni di italiani: scopertisi improvvisamente esperti di barca a vela.
La barca rossoblù è al giro di boa un po’ attardata, ma non troppo per non coltivare ottimismo e voglia di rimonta: la zona play out dista 1 solo punto, quella sicurezza pochi di più. Come dire che la regata di serie cadetta ancora viaggia a ritmi blandi. E forse sarà anche il mercato di gennaio a segnare un distacco importante.

A bordo è salito proprio oggi un nuovo personaggio: quel Salvatore Mastronunzio che ha tutta l’aria di un bucaniere d’altri tempi, uno capace di infilare il pallone nel sacco altrui in qualsiasi posizione, di testa, di piede, su calcio da fermo. Insomma un pedigree di quelli che, se presentato giusto ad agosto nel pre-campionato, avrebbe fatto parlare di un Gubbio ambizioso.
L’ambizione del Gubbio, oggi, è tirarsi fuori dalle alghe della classifica, cercando di risolvere quello che, numeri alla mano, è e resta il problema più importante di questa prima metà del campionato: metterla dentro.

Mastronunzio non è una scommessa. Anche se alle spalle ha 5 mesi di scarsa confidenza con i 90’ (appena 6 presenze nello Spezia) e lo scorso anno doveva lottarsi il posto con altri 4 partner nell’attacco atomico del Siena di Antonio Conte. Ma è uno che non può aver perso la bussola del gol, e dunque fa al caso del Gubbio. Che cosa proporrà ulteriormente il mercato di gennaio lo sapremo entro un paio di settimane: il sogno Ricchiuti resta tale, Guzman sembra quasi dietro la porta, l’impressione è che serva ancora il giocatore “apriscatole”, capace di esaltare le doti realizzative anche di gente come Ciofani, che al pari di Mastronunzio ma in qualche categoria inferiore, la rete la vedeva spesso.

Ma anche le più sottili strategie passano per questo Gubbio-Grosseto: una gara chiave sul piano psicologico, per smuovere la classifica, per scalare posizioni, insomma per strambare. E la regata, dopo il giro di boa, avrebbe tutto un altro senso…

 
Copertina de "Il Rosso e il Blu" di venerdì 13.1.12
Musica di sottofondo: "I want to break free" - Queen (1991)
 

giovedì 12 gennaio 2012

Dal puzzle nel piatto dei bambini, al pistacchio che sostituisce il viagra... qualche curiosità a tavola

Visto che la quotidianità continua a propinarci news di triste profilo (anche oggi la notizia della chiusura di una fabbrica a Fossato di Vico, con 190 famiglie che si trovano per strada da un giorno all'altro), cerchiamo di "evadere" un po' per una sera, parlando di salute e alimentazione, con tre pillole (non quelle di Wanna Marchi) che arrivano dalla newsletter dell'amico nutrizionista dott. Guido Monacelli.

La prima riguarda l'alimentazione dei più piccoli, ed è molto interessante.
Secondo un recente studio condotto da quattro ricercatori della Cornell University e appena pubblicato da Acta Paediatrica, per stimolare l'appetito dei nostri figli e variare la loro dieta, basta comporre un piatto in cui 7 alimenti si combinano a 6 colori.
Una scoperta a cui sono giunti dopo aver sottoposto ad un campione di 23 preadolescenti e 46 adulti le foto di 48 diverse combinazioni di cibo, diverse per numero di alimenti, disposizione e combinazione.
La conclusione e' stata che i bambini, a differenza degli adulti, sono maggiormente attratti da forme, dimensioni e impatto visivo degli alimenti. Insomma, un piatto abbondante di spaghetti al pomodoro o una montagna di polpette ben condite, a quanto pare, avrebbero meno successo di una composizione di sette alimenti diversi, tutti presenti in piccole porzioni e assemblati con gusto e fantasia.
Devo dire che ho empiricamente sperimentato questa teoria nell'esperienza domestica: e vedo che mio figlio - 7 anni e una repellenza epidermica con le verdure (come suo padre, almeno fino a 14 anni quando venne costretto "a forza" a mangiare insalata e oggi non può farne a meno...) - effettivamente storce la bocca di fronte a piatti magari invitanti ma troppo opulenti o alle classiche minestre che riempiono il piatto.


La seconda curiosità, ha un che di notizia "a luci rosse".
I pistacchi possono aiutare la virilita'. Altro che Viagra... Sono stati i ricercatori turchi, coordinati dal dottor M. Aldemir, ad aver scoperto che i pistacchi hanno giocato un ruolo significativo nel contrastare la disfunzione erettile in un gruppo di persone coinvolte nel loro studio.
Gli scienziati hanno coinvolto nella loro ricerca un panel di 12 uomini sposati, tutti con diagnosi di disfunzione erettile da oltre un anno. Durante il periodo di follow-up, durato tre settimane, i partecipanti sono stati invitati ad assumere 100 grammi di pistacchi al giorno (non pochi, insomma non basta comprare la classica bustina in cellophan allo stadio...). Gli uomini che consumavano i pistacchi hanno poi dovuto riportare le proprie esperienze e sono stati oggetto di analisi da parte dei ricercatori. I risultati sono stati riportati sull'International Journal of Impotence Research e mostrano come i mangiatori di pistacchi avessero ottenuto effetti benefici sulla propria vita sessuale e come vi fossero meno casi di impotenza, a seguito di un positivo effetto sull'erezione.
Sarà... Nel dubbio, per chi ne avesse bisogno... una capatina al bar dello stadio non guasta no?

Infine l'ultima curiosità, ma stavolta più seria e importante. Che certamente interesserà chi fa molta attività sportiva e movimento - "companatico" necessario per qualunque dieta o per chiunque intenda tenersi in forma.
Un team guidato dai ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute (Usa) ha isolato un ormone naturale dalle cellule dei muscoli, che fa scattare alcuni dei principali benefici conseguenti all'esercizio fisico. Questo ormone è un candidato molto promettente per lo sviluppo di nuovi trattamenti contro il diabete, l'obesità e forse altri disturbi, tra cui il cancro, rivela 'Nature'. Bruce Spiegelman, biologo autore principale della ricerca, ha ribattezzato la proteina 'irisina', dal nome di Iride, messaggera divina e personificazione dell'arcobaleno. Per lo scienziato, la scoperta è un primo passo importante nella comprensione dei meccanismi biologici che traducono l'esercizio fisico in cambiamenti positivi per tutto il corpo, sia nelle persone sane sia in quelle affette da una malattia. Secondo lo studio, l'ormone irisina ha diretti e potenti effetti sui tessuti adiposi, i depositi sottocutanei di grasso causati dalle calorie in eccesso che provocano l'insorgenza dell'obesità.
Quando i livelli di irisina aumentano attraverso l'esercizio fisico o, come in questo studio, quando viene iniettata nei topi, questo ormone entra in azione consentendo la conversione del grasso 'cattivo' (detto bianco) in grasso 'buono' (detto bruno, tipico dei bambini), perché in grado di bruciare un numero maggiore di calorie. Oltre a stimolare lo sviluppo di grasso bruno, l'irisina ha dimostrato di migliorare la tolleranza al glucosio, un indicatore chiave della salute metabolica, nei topi nutriti con una dieta ricca di grassi.

Sono curiosità. Ma soprattutto in quest'ultimo caso, aprono speranze concrete.
Nel frattempo è sempre opportuno seguire due consigli fondamentali: una dieta equilibrata (meglio se mediterranea) e sufficiente movimento nell'arco di tutti i giorni. Non è necessario fare maratone. Basta fare le scale al posto dell'ascensore o andare a piedi al lavoro.
E per la maggior parte delle persone già tanti problemi sarebbero preventivamente risolti...