Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 30 settembre 2012

Il caso Tortora. Rispolverato in tv un macigno per le nostre coscienze. Anche questa è storia...



« Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo "grazie" a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L'ho detto, e un'altra cosa aggiungo: io sono qui anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro. Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta ».

E' l'autunno del 1987. Ricordo benissimo di aver visto questa puntata di "Portobello". La prima, dopo che Enzo Tortora era uscito dal carcere e soprattutto la prima, dopo che era stato prosciolto dall'accusa di essere colluso con le cosche camorristiche e di essere immischiato nello spaccio di stupefacenti.
Diventato nel frattempo parlamentare europeo con i Radicali, iniziò una battaglia per la garanzia dei carcerati, per tutelare quelle persone che aveva conosciuto, suo malgrado, ma grazie alle quali "non era crollato". Non fece in tempo a realizzare molto di quanto si era prefisso, perchè un cancro lo vinse appena un anno dopo il suo ritorno in Rai, nel 1988. Per molti quel male era solo la fisiologica conseguenza di quanto subìto ingiustamente in quei 5 terribili anni.
Credo che tra qualche secolo Enzo Tortora sarà sui libri di storia: se non sarà così, ci vorrà qualcuno che ne ricordi la storia, le vicissitudini, il paradosso, che oggi sembra così inverosimile. Non a caso il suo nome è ormai considerato l'icona della malagiustizia, dell'arroganza delle toghe, dell'approssimazione delle indagini, dell'apoteosi dell'ipocrisia giornalistica. Una sorta di asticella, un limite alla decenza - per altro già ampiamente superato in quella circostanza - oltre la quale nessuno credo osi più addentrarsi.
Era la fine degli anni Ottanta, ma l'attualità di quella vicenda costringe il nostro Paese a guardarsi allo specchio: non per contarsi le rughe, ma per solcarle pensando a quanti errori siano stati commessi nel cammino di questi ultimi decenni... senza che poi ne sia valsa la pena.
A rispolverare il caso-Tortora ci ha pensato la fiction, come spesso avviene. Come è anche logico avvenga per un caso mediatico come quello del presentatore genovese. Due puntate per la regia e l'interpretazione di Ricky Tognazzi, che fotografa mirabilmente l'assurdità di un arresto dovuto ad un nome trovato per caso in un'agenda: un nome importante, un nome che avrebbe fatto rumore. Enzo Tortora, ovvero uno degli anchor man più amati e popolari in Rai e dunque nel piccolo schermo (nell'83 era agli albori l'epopea Fininvest con il sole Mike Bongiorno a scommettere sul fenomeno televisivo di matrice berlusconiana, ancora in nuce).

Tortora si ritrovò in una mattina di giugno dell'83 dietro le sbarre, senza sapere perchè. Le parole di un pentito - che avrebbe ottenuto una significativa riduzione di pena - e un appunto su un'agenda sequestrata ad un pregiudicato (poi scoperta di proprietà della sua amante) bastarono a rovinare più che la carriera, la vita stessa di un uomo. Poi si scoprì che quell'appunto era sbagliato (il nome era Enzo Tortona), che i pentiti che avevano colto "la palla al balzo" si erano inventati tutto... ma era troppo tardi. Erano trascorsi 8 mesi di carcere (preventivo) e Tortora si sarebbe candidato all'Europarlamento (con i Radicali), rinunciando per altro all'immunità parlamentare. Un esempio limpido di coerenza e di correttezza di fronte al quale l'attuale classe politica non potrebbe che impallidire. E con lei, anche buona parte della classe giudiziaria. Perchè quei giudici che ne decretarono l'arresto, non hanno dovuto rispondere delle proprie negligenze (scoprire dopo quasi un anno che un'agenda che rappresentava una prova determinante, conteneva un errore e non apparteneva ad un pregiudicato, è quasi comico...), avendo addirittura fatto carriera nel CSM o essendo ancora in attività presso una delle tante Procure generali del nostro Paese.

Ricordo di aver conosciuto e intervistato l'avvocato Raffaele Della Valle, il legale di Enzo Tortora. Erano gli inizi degli anni Novanta e campeggiava il dibattito sul ruolo della Magistratura, nei primi tempi di Tangentopoli. A Gubbio fu ospite del Rotary club in un convegno dal titolo emblematico: "Diritto di cronaca o delitto di cronaca?". Pochi come Della Valle - che poi nel 1994 fu tra i fondatori di Forza Italia e deputato, per uscire di scena ben presto, già dal '96 - avrebbero saputo spiegare quell'interrogativo, vissuto sulla propria pelle. E il tema non poteva che avvincermi, io studente di giurisprudenza (poi pentito, ma senza riduzione della pena) e aspirante giornalista (ancora in tempo per pentirmi).
Il caso Tortora ha fatto giurisprudenza anche nell'informazione e nella carta stampata: da quel caso nacque un dibattito sull'opportunità di mostrare ad esempio persone in manette (oggi è vietata la pubblicazione di foto come quella che destò maggiore impressione il giorno del suo arresto), da quella vicenda ci si interrogò sulla necessità di misurare diversamente la cifra dell'aggressività di media e stampa rispetto a casi eclatanti: in quest'ultimo caso i risultati sono stati più modesti e la quotidianità ce lo conferma puntualmente.
Ma ricordo una frase di Della Valle (ripromettendomi di cercare quell'intervista nell'archivio di Trg - anche se temo avendo una ventina d'anni, che sarà inutile farlo).
Mi disse: "Ogni volta che si scrive un articolo su una persona, almeno per un attimo, chi scrive, dovrebbe immedesimarsi nella sua figura. Capire che si sta parlando di un uomo, non di un numero. E soprattutto, a prescindere se la persona sia nota o sconosciuta, comprendere le conseguenze di ciò che si scrive. Chi è noto patirà per la propria immagine, ma avrà strumenti più importanti per difendersi. Chi è sconosciuto, resterà inascoltato. E rischierà di annegare nel silenzio e nell'indifferenza generale". 
Parole che andrebbero incise e fatte riascoltare, periodicamente, nelle facoltà di Legge delle università italiane. E nella nostra memoria...

Non posso immaginare cosa abbia passato in quei tre anni, Enzo Tortora. Mi auguro di non doverlo mai provare. Posso ipotizzare però cos'abbia provato davanti alla telecamera, a quella lucina rossa accesa, nell'autunno 1987, quando tornò a condurre il "suo" Portobello.
Una rivincita, una gratificazione, una liberazione, accompagnata dall'applauso di un pubblico, che raffigurava l'opinione pubblica italiana. Tutto in piedi...


giovedì 27 settembre 2012

E lo scherzo del Ligabue "taroccato" finì male... ecco l'insolita telefonata al Vescovo di Gubbio

Lo scherzo che non ti aspetti. E' accaduto al Vescovo di Gubbio, Mario Ceccobelli che in una mattina di maggio si è sentito raggiungere da questa telefonata...


La trasmissione in questione va in onda su Radio Touring di Reggio Calabria nel "Pasquale Caprishow", con l'imitatore (Pasquale Capri) che nell'occasione si è cimentato nel noto cantante emiliano, Luciano Ligabue. La telefonata avrebbe dovuto raggiungere un altro interlocutore, al quale combinare lo scherzo di trovarsi Ligabue al telefono... invece l'ignaro destinatario è stato il Vescovo di Gubbio che, in buona fede, è stato "al gioco" e cortesemente ha invitato il cantante a riprovare un altro numero. Non mi tocca solo la consolle - deve aver pensato il presule eugubino, protagonista nell'estate 2011 di una simpatica "comparsata" in discoteca all'"Aquavillage".

Mons. Ceccobelli alla consolle dell'Aquavillage
Ottima l'imitazione di Caprì - tanto da far credere a tutti che davvero il Vescovo di Gubbio fosse stato contattato dal celebre Liga - se non che l'imitatore si è tradito nelle considerazioni successive: quando ha auspicato di poter fare un concerto a Gubbio, ha dimenticato (ovviamente perchè essendo Pasquale Caprì, non lo sapeva) di aver cantato a Gubbio, nell'agosto 2008 per "Life in Gubbio", la kermesse di Paolo Bonolis, che vide sul palco di Piazzao Grande anche Luciano Ligabue, esibirsi in "Certe notti".
Lo scherzo non è riuscito, ma anche l'imitazione è stata facilmente "sgamata"... (anche se "Il Messaggero" in quei giorni lanciò la notizia dando per certa l'identità del cantante, che invece era "taroccato").

Ligabue sul palco di Gubbio - agosto 2008
Già che ci sono, aggiungo qualcosa di mio: peccato che "Life in Gubbio" sia tramontata. Non solo perchè era una manifestazione che portava a Gubbio personaggi di caòlibro internazionale, ma soprattutto perchè lanciava un messaggio universale di pace e fratellanza con il premio "Lupo di Gubbio".
La carenza di risorse finanziare ha imposto lo stop, ma è stata senza dubbio una delle migliori iniziative dell'ultimo decennio.

mercoledì 26 settembre 2012

Tra sacro e Pagani... una trasferta che riapre uno scrigno di ricordi

A volte ritornano. E per la verità, nel caso della Paganese, il ritorno è quasi immediato.
Un incrocio di destini la sfida con i campani, se si pensa che da quel 8 maggio 2011 – giorno dell’apoteosi rossoblù con la conquista della B – divennero ben 2 le categorie di differenza tra le squadre. Mentre il Gubbio stappava lo spumante per la storica promozione, la truppa di Eziolino Capuano se ne scendeva in II Divisione, sotto i colpi inferti da Boisfer e la doppietta di Gomez, arricchita dal primo dei due gol, capolavoro di caparbietà, tecnica e freddezza.


E così a distanza di 16 mesi il ritorno a Pagani fa un certo effetto, perché gli azzurro stellati c’hanno messo appena un anno a riconquistare la I Divisione. E chissà che penseranno ora che si ritrovano i propri killer di fronte. Pagani è anche lo stadio che ha incoronato uno dei gol simbolo della cavalcata verso la B. Ancora Juanito protagonista, con una rovesciata, su lancio chilometrico di Farina, da far invidia al mitico Parola. In porta esordiva Ginestra, tra i campani, che non dovrebbe aver dormito la notte dopo, soprattutto per l’uscita a vuoto sull’inzuccata dell’argentino che aveva propiziato l’iniziale 1-0.
Sembrano altri tempi, ma è comunque storia per gli annali eugubini.

Più memorabile per le meningi paganesi, l’exploit che la squadra realizzò al Barbetti nella stagione 2006-2007, quella che si sarebbe conclusa con la promozione della Paganese in C1 ai playoff nella finale contro la Reggiana. A Gubbio i campani passarono molto più nettamente di quanto non dica il 2-1 finale e a metterci la firma fu anche un certo Alessandro Corallo, che di lì a qualche anno avrebbe arricchito il carniere di reti eugubine prima di vestire anche la maglia del Perugia. In terra campana, poi, nel finale di stagione, fu diluvio e grandine, con un 4-0 che la diceva lunga sulla scia d’entusiasmo della squadra guidata da Palumbo e sulla crisi mistica dei rossoblù di De Petrillo, costretto a rintuzzare i fantasmi play out. Di quel Gubbio oggi è rimasto il solo Sandreani. Al quale non mancheranno certo le motivazioni per rinnovare la sfida.

Paganese-Gubbio. Un match di destini incrociati, a distanza di pochi anni. E di strade che tornano a incontrarsi, con umori e prospettive diverse. E con un presente ancora tutto da scrivere…


Copertina rubrica "Il Rosso e il Blu" - di lun.24.9.12



martedì 25 settembre 2012

Francesco, quella frase. E il tesoro che ci lascia...

"Non conta quanto vivi ma come vivi. Non contare i tuoi giorni, ma lascia che i tuoi giorni contino...".
E' una bella frase, qualcuno la fa risalire a Seneca. Citazione dotta, anche se non basta ad accettare che una persona se ne vada a 27 anni. Il tempo, da buon ruffiano, aiuterà a lenire la ferita. Ma resterà una cicatrice. E ogni giorno, guardandola o sfiorandola con un polpastrello, la mente ripasserà una silenziosa litania. Su ciò che sarebbe potuto essere...

Non conta quanto vivi ma come vivi. E conta soprattutto quello che lasci - aggiungo io. Non è un'eredità che passa per il notaio, fortunatamente (anche se purtroppo i notai esisteranno sempre).

E' un patrimonio speciale, dove i numeri non contano: è un tesoretto di affetto, di emozioni, di passioni, di lacrime e sorrisi, di abbracci e strette di mano. E' lo scrigno che conserva i ricordi, la memoria, l'esempio. E' la cornice che sostiene il quadro, l'affresco del proprio vissuto. E' l'energia che si è stati capaci di esprimere, di dare. E' ciò che si è offerto. Senza avere per forza qualcosa in cambio.

Ogni persona ha un tesoro da donare. Qualche volta senza neanche saperlo. Qualcuno lo sa e ti presenta il conto. Altri invece ti lasciano pure la mancia. Alcuni poi sono più speciali, perché la loro è "moneta autentica". Non devi cercare la striscia olografica. La loro immagine è nitida. Il ricordo ha la freschezza di uno sguardo. La spensieratezza di un sorriso. La generosità e il disinteresse di chi si adopera e fa, perchè sa che aiuterà qualcuno. Come ha fatto Francesco.

Era il prototipo esemplare del "braccere". Non solo per le caratteristiche fisiche. Ma soprattutto per l'animo. Braccere con Sant'Antonio, tra i più ambiti. Braccere nella vita, per tanti amici - cui ha donato la spalla, l'ascolto, la simpatia, il consiglio. E di tanti ragazzi - di cui è stato limpido esempio e discreto confidente. Il carisma non si misura in centimetri. La statura, quella vera, quella morale, ha altre dimensioni. Quelle del cuore.
Non è un ruolo facile quello del "braccere", nel cero e ancor più nella vita: perchè nessuno smania di farlo, e spesso chi finisce per esserlo, in realtà, punta a qualcos'altro. Lo vede come un ruolo di passaggio. Un divenire, più che una missione.
Francesco sapeva esserlo, e basta. Era un top player, ma non dava a vederlo. Si donava, anche quel giorno, il più importante. Senza chiedere altro. Ed è stato esemplare, da "braccere". Nel cero ma anche in tutti gli altri giorni.
Perchè c'era. E se c'era, ricordano i suoi amici, non avevi bisogno di sapere altro. Tutt'al più ti dava un'occhiata, per scoprire uno sguardo beffardo, a volte goliardico, ma sempre sincero. Che nascondeva, un po' a fatica, un sorriso di chi sa essere simpatico e al tempo stesso rassicurante.

Me lo immagino, con la sua chioma inconfondibile e un'energia incontenibile, lassù a palleggiare con Bovolenta. E alla prima veloce finita a lato, si gira e gli fa: "Vigor, uno de du metri come te, quella me la deve chiude...".
Oggi è stata la sua ultima "Calata". Seguivo da lontano il corteo e ho visto Francesco svoltare in fondo a via Dante, seguito da una fiumana di amici. Per un attimo ho immaginato: "Semo ataccati, bella Rampo!".

La vita è come una semina. Quando tutto germoglierà, probabilmente, non saremo noi a saperlo. Sicuramente non saremo noi a goderne i frutti. Ma se avremo la consapevolezza di aver fatto del nostro meglio, con un sorriso, quasi ironico, come quello che ancora oggi gli scorgevo sul viso, accetteremo ciò che il destino ci avrà riservato.
Con la fiducia, che in tanti hanno nutrito per lui, riporremo i migliori propositi negli amici veri, nelle persone autentiche, ovvero quelle che sapranno ricordare. E terranno viva la memoria.
Con serenità - quello spirito che è dei forti - passeremo il testimone a chi avrà la bontà di proseguire la strada.

Resterà una cicatrice. Ma guardarla, avrà tutto un altro senso...



lunedì 24 settembre 2012

Lo scacco alla torre (di Pisa)... ha il sapore della conferma

L'abbraccio corale dei rossoblù (foto Gavirati)
Un gol per tempo, la prima rete su azione, l’immancabile thrilling nel finale. Non è un copione già scritto, e non è per niente un copione scontato. Ma la seconda vittoria su due gare casalinghe per il Gubbio ha il sapore della conferma.
Lo scacco al Pisa comincia da lontano, o meglio dallo schieramento iniziale. Perché il 4-3-3 un po’ camuffato, sciorinato da Sottil, per l’ultima giornata relegato nel gabbiotto del Gos ed egregiamente sostituito da Coppola in panca, mette subito a disagio la squadra pisana, che arriva imbattuta ma che già dopo 10’ deve ammainare bandiera.


Galabinov ha appena insaccato il rigore dell'1-0
sul Pisa (foto Gavirati)
E il tridente, con Caccavallo alle spalle di Scardina e Galabinov, è una delle buone notizie della gara: in particolare la prova del bulgaro che, scalpitante, affronta il match con la stessa risolutezza con cui si impossessa del pallone e lo pone sul dischetto prima di infilare la sua prima rete ufficiale in rossoblù. Attaccante solido, ma anche agile nei dribbling, fa vedere che di lui ci sarà bisogno ben oltre la gestione dei 92. L’ariete si trova bene con Scardina, con cui duetta nel primo tempo mandandolo al tiro due volte, mentre Caccavallo si diverte negli slalom tra le linee avversarie, saltando l’uomo come fosse un paletto della Gran Risa. Dietro poi i corazzieri centrali Briganti e Radi continuano a dare garanzie, coperti ottimamente da un Venturi sempre più sicuro.

Esultanza a fine gara sotto i tifosi (foto Gavirati)
Il 2-1 sul Pisa è ancora più prezioso perché il Gubbio se lo è difeso strenuamente fino al triplice fischio finale: rimettendo in corsa i nerazzurri di Pane con il doppio rigore al 35’, e soffrendo come ormai è caratteristica della squadra, e come sarà necessario fare fino alla fine. Il reparto cardiologia dei rossoblù però funziona, e la stessa grinta incontenibile di Coppola in panchina ne è dimostrazione. Il primario tornerà operativo da domenica prossima a Pagani.

Sta tornando il rossoblù... (foto Gavirati)
La vittoria però non deve offuscare un’analisi attenta della prestazione: restano ampi margini di crescita, sia atletica – nel secondo tempo i giri continuano ad essere più bassi – sia tattica, con il gioco sulle fasce che invoca decisamente maggiore vivacità. Il ritorno di Bartolucci a destra e l’esordio di Pacheco a sinistra potrebbero dare qualche risorsa in più.
Intanto prendiamo per buono, anzi per ottimo, il bottino di queste prime 4 gare: 7 punti sono un bilancio lusinghiero, e il messaggio che si lancia al campionato, senza inutili proclami, è comunque chiaro: chi viene a Gubbio dovrà sudare e parecchio con una squadra che in fatto di cuore e determinazione potrebbe rivelarsi dal minutaggio illimitato…

Copertina di "Fuorigioco" - 24.9.12
musica di sottofondo "Harden my heart" - Quarterflash (1980)


domenica 23 settembre 2012

Con l'alfiere Galabinov e il re Sandreani, il Gubbio fa scacco alla Torre (di Pisa)...

da www.tuttolegapro.com

Come guidare una gara per 75' e ritrovarsi a sudare freddo nei 4' di recupero per condurla in porto. Gubbio-Pisa racconta anche questo. I rossoblù colgono la seconda vittoria su due gare davanti al pubblico amico ma il 2-1 finale costringe la squadra di Coppola - chiamato a sostituire per la quarta e ultima gara lo squalificato Sottil - a stringere i denti fino al 94'.

La vittoria dei rossoblù è più che legittima.
Il Gubbio, in campo con un 4-3-3 forte di un tridente inedito (Galabinov, Caccavallo, Scardina) domina la prima frazione che potrebbe chiudere con più di un gol di scarto. Va a riposo invece con uno striminzito 1-0 firmato da Galabinov su rigore, dopo 10': il bulgaro ringrazia Sbraga che lo tocca da dietro ai bordi dell'area, su azione quasi innocua, e spiazza dal dischetto Sepe.
Il Pisa, schierato da Pane con un 4-5-1 e il solo Perez, ex di turno, a infastidire la retroguardia di casa, potrebbe impattare subito: proprio Perez al 14' arriva a tu per tu con Venturi che gli chiude lo specchio in uscita. La partita però la fa il Gubbio, che con Sandreani e Boisfer dirige a metà campo le operazioni e sull'asse Galabinov-Scardina, fisicità e piedi buoni, confeziona altre palle gol: l'ex romanista (26') prima ha la palla del raddoppio sulla testa ma incorna centrale, poi cerca di chiudere un triangolo ancora con il compagno di reparto (33') ma viene oscurato in uscita da Sepe.

Ripresa con un Pisa più vivace, anche se è Sandreani a provarci al 58' dalla lunga distanza, palla di poco a lato. Pane gioca la carta Gatto e l'azione dei nerazzurri se ne giova sulla destra. Mingazzini è pericoloso al 70' dai 25 metri, risponde Venturi in corner. Passano 8' e il Gubbio raddoppia in contropiede, sull'asse Boisfer-Sandreani con il capitano che entra in area e fulmina in uscita Sepe. Sembra fatta ma prima l'arbitro assegna un penalty al Pisa su un cross di Gatto deviato in corner da Palermo, salvo cambiare idea su indicazione dell'assistente. Dall'azione di calcio d'angolo, ci riprova Scappini che trova il braccio di Semeraro: stavolta è rigore vero che Favasuli realizza (79'). Negli ultimi 10' Coppola tenta le carte Bazzoffia e Guerri per tenere la palla lontano dall'area, ma il Gubbio soffre e rischia al 93' quando ancora da corner, Buscè ciabatta alto il pallone del possibile pareggio.
Al fischio finale fanno festa i 2.000 del "Barbetti": il derby di Perugia è alle spalle, per la squadra rossoblù che ritrova i 3 punti e l'alta classifica. Pisa che inizia male la settimana in Umbria: venerdì sera al "Curi" sarà ancora più dura.
GMA

TOP & FLOP di GUBBIO-PISA - di Giacomo Marinelli Andreoli
Il Gubbio batte il Pisa 2-1 al "Barbetti" dove coglie il secondo successo consecutivo. Nerazzurri sotto tono per almeno un'ora, nel finale hanno sfiorato la clamorosa rimonta.


TOP:

Galabinov (Gubbio) - Esordisce dal 1', ha una voglia matta di segnare e lo si capisce dopo 10' quando prende la palla per metterla sul dischetto e insacca il vantaggio. Per il resto gran lavoro, tecnico, tattico e atletico, fa reparto da solo. MARCANTONIO.
Mingazzini (Pisa) - Si infortuna alla testa dopo pochi minuti in un contrasto aereo, bendato guida la squadra alla rimonta nella ripresa. Sfiora anche il gol dalla distanza ed è l'ultimo ad arrendersi. INFATICABILE.

FLOP:

Il gioco sulle fasce (Gubbio) - Se funziona la difesa e il tridente offensivo, deve ancora crescere, e tanto, il gioco sulle fasce. Cercasi laterale in grado di andare al cross sul fondo, in attesa del ritorno di Bartolucci (a destra) e l'esordio del portoghese Pacheco di cui si dice molto bene (a sinistra). NO FLY ZONE.
Sbraga (Pisa) - Ne combina più di Bertoldo. Procura il penalty dopo 10', con un fallo evitabile a cavallo della linea dell'area. Patisce tremendamente il movimento degli attaccanti eugubini, che lo mettono sovente in ambascia. Alla distanza prende le misure ma quando esce sembra tirare un sospiro di sollievo. FRASTORNATO.



venerdì 21 settembre 2012

Caso mense scolastiche: l'idea di un blog... ma per confrontarsi su proposte costruttive

L'indirizzo è il seguente: http://gubbioscuola.blogspot.it/
E' il blog che l'amico e collega Daniele Morini ha creato, al volo, in merito alla vicenda delle polemiche sui costi (aumentati) delle mense e dei trasporti scolastici a Gubbio. Una questione incandescente finita "fisicamente" in Consiglio comunale - nel senso che numerosi genitori preoccupati si sono recati in occasione dell'ultima seduta, a Palazzo Pretorio - e proseguita in sede di commissione.
Approfitto per dare un mio personalissimo parere in materia, ma voglio precisare subito che lo faccio da genitore. E dunque, nel ruolo di direttore di testata a Trg, cercherò di mantenere una sufficiente imparzialità, avendo già dato spazio sia all'amministrazione comunale, con un'intervista al Sindaco, sia al comitato di genitori, con un'intervista al portavoce, l'amico e collega Daniele Morini (in questo caso doppio collega, di penna e di pater familias).

Il problema dei costi della Pubblica amministrazione ormai è imperante. Ce lo ritroviamo quotidianamente in tutto quel che ci succede, quel che ci gira attorno. Comuni, Province, Regioni non hanno un euro.
Non ce l'hanno soprattutto quando si tratta di erogare servizi. Purtroppo i casi, eclatanti, di Lazio, Sicilia e Lombardia (ma anche dalle nostre parti, non si scherza) ci dicono che nei ritagli di bilancio delle Pubbliche amministrazioni, per altre destinazioni, spesso i denari escono fuori come le monete dell'albero di Pinocchio. Solo che i burattini finiamo per essere noi. Ma non voglio cadere nella tentazione qualunquistica di dire che "è tutto un magna magna...".

Non penso - e non voglio credere - che anche la vicenda dell'aumento delle spese scolastiche a Gubbio rientri in questo meccanismo. Sta di fatto che una famiglia media, per dire due stipendi da dipendenti, niente di eclatante, si ritrova inserita in una fascia di costo medio-alta, che comporta il raddoppio netto delle tariffe dello scorso anno. Delle due l'una: o si pagava troppo poco (ma per quale standard qualitativo?) o si paga troppo d'ora in poi (e la domanda è: per lo stesso standard di offerta?).

Capisco perfettamente le esigenze di bilancio di un Comune come il nostro, ma la scuola e i servizi connessi sono tra le aree più "sensibili", non solo per quanto concerne la delicatezza del servizio e l'importanza dello stesso, ma anche - se vogliamo buttarla in politica - della qualità del "consenso" verso un'amministrazione.
Anche per questo ritengo che sarebbe auspicabile da parte del governo cittadino dimostrare buon senso rivedendo alcuni parametri che oggettivamente sembrano esorbitanti. Non chiamiamolo passo indietro: ma passo avanti lungimirante.

Non servono i bracci di ferro. Men che meno le strumentalizzazioni politiche o di chi magari vuol cogliere la palla al balzo per innescare qualche battibecco o incassare qualche applauso estemporaneo.
E anche il blog ideato da Daniele dovrebbe essere uno strumento utile a dare un contributo di idee per trovare una soluzione ai problemi: sapendo che da un lato vanno cercate e trovate risorse, ma dall'altro è giusto garantire servizi e costi parametrati agli stessi. Senza prendersi in giro.
Idee costruttive, non lo "sfogatoio" utile solo per scaricare un po' d'adrenalina repressa senza alcuna possibilità di uscire dal labirinto attuale.
Non lo richiede la situazione, alquanto complicata. Non lo meritano i nostri figli.

giovedì 20 settembre 2012

Dalla "sonata" del 20 settembre... ad un'idea per il 4 ottobre

Forse non tutti  sanno che Gubbio e' l'ultima citta' che ancora oggi fa suonare la campana civica per ricordare la ''breccia'' di Porta Pia del 20 settembre 1870, con la presa di Roma e la fine del potere temporale del papato per completare l'unita' d'Italia.
E cosi' anche quest'anno il ''Campanone'' non ha mancato oggi all'appuntamento per celebrare l'evento. I rintocchi della suonata ''a distesa'' si sono diffusi in mattinata ed a mezzogiorno.
E' dal 1870 che il ''Campanone'' di Gubbio celebra la ricorrenza. Gli storici riferiscono che aveva suonato a distesa nel settembre del 1870 gia' qualche giorno prima dell'ingresso delle truppe piemontesi (ops... italiane) attraverso Porta Pia, quando si era saputo in citta' della caduta di Civitavecchia e della sorte ormai prossima di Roma, anche per rendere omaggio ai 15 eugubini che partecipavano alla spedizione.
Da allora la ricorrenza non e' mai mancata nel calendario delle 27 suonate ''ufficiali'' annuali del ''Campanone'' di Gubbio, anche nei momenti piu' difficili delle due guerre mondiali.
Singolare la coincidenza di eventi 5 anni fa, quando proprio nei giorni dell'ultima decade di settembre, Gubbio ospitava la mostra fotografica "Totus tuus", evento dedicato alla figura di Giovanni Paolo II.
E quel 20 settembre, mentre la città onorava la figura di uno dei Pontefici più importanti della storia, il Campanone omaggiava ugualmente, come sempre, la memorabile battaglia che chiudeva "a doppia mandata" la parentesi storica del potere temporale della Chiesa.
Cosa che accadono a Gubbio. Cose che, nella città della sana follia, possono starci tranquillamente...

Un ultimo spunto, a proposito di Campanone. La campana laica e religiosa della città di Gubbio solennizza le ricorrenze e gli eventi legati alla storia di questa comunità. E allora alla vigilia dell'inizio di ottobre, da questo piccolo spazio riflessivo, mi permetto di lanciare un sasso nello stagno, una proposta, neanche troppo provocatoria, in questi giorni in cui viene ancora una volta richiamata la figura di Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia (per tutti tranne che per Corrado Augias) e la parabola dell'ammansimento del lupo, talmente simbolica dell'intera esperienza del Poverello, da essere invocata perfino da Vinicio Capossela.

Perchè non aggiungere al calendario degli appuntamenti canonici, una 28ma sonata il 4 ottobre?
Nel giorno di San Francesco non sarebbe insensato pensare che Gubbio renda omaggio con uno dei suoi "protagonisti sonori" alla figura eterna di un personaggio che proprio in questa terra - riduttivo definirla "seconda patria" - ha conosciuto la vocazione, ha indossato il saio per la prima volta, ha incontrato i lebbrosi (nel lebbrosario che sorgeva alla Vittorina dove oggi non a caso c'è ancora via San Lazzaro) e soprattutto ha ammansito il lupo.
E il 2013 è anche l'anno dell'Ottavo Centenario dell'affidamento della chiesa della Vittorina all'ordine Francescano (vedi link alla notizia di trgmedia.it) , una data e una ricorrenza non insignificante se si pensa che l'Ordine minore degli stessi si appresta a salutare la Basilica di S.Ubaldo.
http://www.trgmedia.it/n.aspx?id=48841

Una sonata del Campanone per il 4 ottobre, festa di San Francesco. Non sarebbe un'invenzione, nè un'innovazione: ma una "riappropriazione" della comunità Eugubina di qualcosa di profondo che gli è proprio.
Che gli appartiene. San Francesco.

martedì 18 settembre 2012

Ancora la Festa dei Ceri scimmiottata. A quando una vera tutela dell'immagine?

"Una risata vi seppellirà". L'antico adagio di origine latina e applicazione anarchica, si staglia perfettamente per commentare le immagini che da ieri vengono diffuse via e-mail e che hanno fatto infuriare qualche eugubino. La Festa dei Ceri è ancora nel mirino. Ma stavolta non ci sono spot pubblicitari o pseudo manifestazioni a sfondo marketing sul banco degli imputati. Diamo un'occhiata a queste immagini e poi ci riflettiamo insieme...



Che cosa vi ricordano? Domanda troppo facile. Siamo a Pietralacroce, piccolo borgo nei pressi di Ancona. È un sabato di settembre, sabato scorso per la precisione, e la comunità si appresta a festeggiare la festa della santa croce, parrocchia di Pietralacroce.
Un programma come quelli di tante feste rionali, dal mercoledì alla domenica: briscola serata danzante, ricchi premi e cotillon. E il sabato, per la prima volta quest’anno, una curiosa corsa con tre cilindri bianchi sormontati da una croce.
I "portantini", li chiamano così sperando di non sbagliare nè offendere nessuno, indossano tre costumi diversi, a seconda delle tre contrade: Borgo, con la verde, Chiesola color giallo e Scalaccia color azzurro. Per il resto pantaloni bianchi, fusciacca e fazzoletto rosso.

Affinità che non sono sfuggite ad un’ eugubina che si trovava per caso da quelle parti e che ha segnalato l’incredibile somiglianza di vesti e dinamiche all’ Associazione "Maggio Eugubino", che dalla sua con una nota ha puntualizzato: “E' evidente il rifarsi alla nostra festa”, mentre la signora eugubina si è detta arrabbiata e sconcertata.
Intanto si mobilitano anche le modifiche ceraiole per capire se si tratti più di una goliardata, destinata ad esaurirsi da sola o qualcosa di più serio, mentre nelle ultime ore il tam tam su internet e social network si fa più diffuso.

Per quanto mi riguarda, mi verrebbe da dire "nulla di nuovo sotto il sole". L'assenza di un organismo di tutela della Festa dei Ceri risulta lampante anche in questo caso, che forse è più appariscente per il carattere pacchiano e vistoso della "copiatura". Ma innumerevoli sarebbero i casi da citare nei quali la Festa dei Ceri è stata scimmiottata quando non addirittura derisa (dalla corsa dei Baci nel 2004 a Eurochocolate allo spot della Magnesia S.Pellegrino di qualche anno prima, solo per citare i più eclatanti...).
Il problema è che ogniqualvolta questo accade, qualcuno si "straccia le vesti". Anzichè chiedersi, molto più semplicemente, cosa si potrebbe concretamente fare per tutelate l'immagine di una Festa che ormai ha varcato da tempo i confini nazionali e internazionali.

Ultima dimostrazione, in ordine di tempo, la scelta dell'Associazione Stampa Estera di inserire una foto della Festa dei Ceri tra gli eventi simbolo del nostro Paese nella mostra "L'Italia vista dal mondo" di scena all'Ara Pacis di Roma. Un attestato di prestigio e di fama che vale molto più di un titolo onorifico teorico. E che dovrebbe piuttosto suggerire alle istituzioni civiche e ceraiole di adoperarsi una volta per tutte e in modo concreto, per preservare l'immagine della Festa, che un tempo, tutt'al più, rischiava di finire su un francobollo di 300 lire (motivo di prestigio notevole) . Oggi, con  il marketing imperante e le nuove tecnologie, i rischi di contaminazione e danno sono esponenziali.


Eppure a Gubbio ora ci si "mobilita" per scrivere e rispondere ai simpatici "omini anconetani", che trasportano faticosamente i propri baldacchini con tanto di incitamento al seguito (esilarante il tizio in camicia azzurra che "detta i tempi del cambio"). Non capendo - o fingendo di non capire - che lasciando così le cose, la bizzarra pantomima marchigiana potrebbe rivelarsi il male minore tra quelli che potenzialmente una totale assenza di tutela, può indirettamente trovarsi a dover sopportare.
In ogni caso, rivedendo queste immagini, e lasciando alle istituzioni il proprio compito di verificare, ci può scappare anche una salutare e innocente risata ...



Per chi vuol divertirsi a conoscere un po' meglio il Palio di Santa Croce a Pietralacroce, basta cliccare qui (ma dovete avere un quarto d'ora libero... molto libero...).

lunedì 17 settembre 2012

Quel che resta del derby: oltre il risultato, nonostante il risultato, una scia di ottimismo...

La curva sud con gli oltre 1.500 tifosi rossoblù
arrivati al "Curi" (foto Settonce)
Comunque sia andata, è stato un successo. Perugia-Gubbio non finirà negli annali del calcio come la partita più spettacolare, e men che meno nell’albo d’oro emozionale dei tifosi eugubini, costretti a digerire un 2-0 per altro ingeneroso nelle proporzioni.

Ma alzi la mano chi non è rimasto affascinato dal clima e dall’atmosfera di un “Renato Curi” che ha varcato la soglia degli 11.000 presenti dopo 9 anni. Che ha accompagnato i 90’ di gara con incitamento da una parte e dall’altra incessante. Che ha applaudito, alla fine, le due squadre, protagoniste di un confronto vero ma leale, corretto ma senza risparmiarsi, ben arbitrato e straordinariamente contorniato. Un plauso speciale va poi ai tifosi rossoblù, tornati agli standard della B quanto a partecipazione e pathos. Purtroppo anche il risultato ricorda molti bocconi amari ingoiati la scorsa stagione, ma fermarsi al 2-0 senza una riflessione ulteriore sarebbe superficiale.

Politano-Bartolucci: un duello che ha inciso
sull'esito del derby (foto Settonce)
La squadra c’è, e il “Curi” ha dato una risposta netta. Sa stare in campo, sa imbrigliare tatticamente anche il più dotato degli avversari – la classifica dice che il Perugia è e forse resterà la squadra da battere. Poi in queste gare sono gli episodi che fanno la differenza, che segnano il confine tra il potrei e il vorrei.
E la squadra di Battistini ha nel suo plotone cecchini che farebbero la fortuna di ogni squadre di I Divisione, ma anche di B. A cominciare da Re Mida Clemente, 34 primavere e non avvertirne neanche l’ombra, per concludere con baby Politano, un ’93 che probabilmente vedremo molto presto calcare l’Olimpico, come stanno facendo di questi tempi Florenzi e Tatcshidis.

Andrea Sottil, ancora costretto in gradinata, insieme
a Giammarioli e Barilari (foto Settonce)
Il Gubbio dalla sua c’ha messo il carattere, la personalità, la capacità di coprire gli spazi e tenere palla, nel primo tempo, con Boisfer padrone di metà campo e Palermo onnipresente davanti e in ripiego. Salvo però trovarsi in imbarazzo quando si è trattato di tradurre il possesso in pericolosità effettiva negli ultimi 18 metri. Caccavallo è estroso ma talvolta predica solitario, Scardina non si tira indietro ma la porta gli resta lontana. E nella ripresa gli innesti di un Bazzoffia ancora giù di giri e di un Galabinov un po’ triste per la panchina forzata causa legge dei 92, non hanno inciso. E neppure la fortuna – che ha assistito i grifoni nel gol del vantaggio del tutto casuale rispetto a quanto visto nel primo tempo – ha aiutato i rossoblù nella ripresa, quando su azione simile, da corner, Politano ha respinto sulla linea l’inzuccata bulgara del possibile pareggio.

La palla girata da Di Tacchio si infila in rete: è il 44'
del primo tempo e il Perugia sblocca
Episodi, che però scrivono il risultato. Lo stesso Politano, pur con i crampi, ha procurato il rosso a Bartolucci – che sportivamente ha stretto la mano ad arbitro e avversario. E il 2-0 è servito solo a fare beffe di chi pronosticava gol degli ex, e invece ha dovuto annotare che l’unico ex a referto era un passato attaccante ternano.
Curiosità da derby, che va agli archivi con una squadra gasata a mille e un’altra che non esce ridimensionata. Non ci sarà sempre il Perugia di fronte, ma dovrà esserci un Gubbio più concreto d’ora in poi in avanti. Sottil avrà il suo da fare, a centellinare i 92 da schierare e a dipingere uno schieramento che dia garanzie, non solo dietro e in mezzo ma soprattutto in attacco. Il tempo non manca. E la squadra dà l’impressione di avere maturità e personalità per proseguire il cammino di crescita, seguendo il suo allenatore.

  Copertina di "Fuorigioco" - 17.9.12 musica di sottofondo: "Stop crying to heart out" - Oasis - 2002


 

domenica 16 settembre 2012

"Io sono il libanese". E De Cataldo ammette di aver "inventato" un nuovo mito...

De Cataldo alla Sperelliana (foto Marco Signoretti)
Non è detto che la letteratura noir non sia in fondo più etica della realtà stessa”.
E’ uno dei passaggi più significativi dell’incontro pubblico di presentazione del libro “Io sono il libanese”, svoltosi alla Biblioteca Sperelliana di Gubbio con l’autore, Giancarlo De Cataldo, scrittore, autore e magistrato.
Un libro che rappresenta il pre-quel del fortunato “Romanzo criminale”, la storia ispirata ai fatti e ai personaggi della banda della Magliana che ha dato poi il tema all’omonimo film, firmato da Michele Placido e alla serie televisiva in onda su Sky diretta da Stefano Sollima. Il “Libanese” è il leader del gruppo criminale, una figura quella di Pietro Proietti, che viene dipinta con un contorno carismatico tale da generare il sogno di un gruppo di sbandati di impadronirsi del territorio della Capitale nei suoi principali traffici malavitosi. Un intreccio di storie, di intrighi e di soprusi nei quali la figura del "Libanese" si staglia, come quella del capo: colui che in ogni circostanza raccoglie energie e volontà finalizzate ad un sogno: "Piàmose Roma!" sarà una delle sue frasi più emblematiche, rivolta di fronte ad un tavolo da biliardo ai suoi amici.


Nel corso della conversazione (foto Marco Signoretti)
De Cataldo, stimolato nella conversazione pubblica, oltre che dal sottoscritto, anche dal collega Alvaro Fiorucci (caporedattore Tg3 regione) e dall’avv. Giuseppe Caforio, ha parlato dei suoi libri, dell’enfasi che “Romanzo criminale” ha generato soprattutto tra i più giovani, ma ha anche ribadito che non c’è il rischio di creare eroi negativi: “I miei personaggi muoiono o finiscono per marcire in carcere. Nella realtà ex leader della banda della Magliana hanno avuto un futuro ben più roseo che quello dietro le sbarre”.
Prima della presentazione, organizzata dalla libreria Fotolibri e introdotta dalla curatrice di eventi letterari, Anna Maria Romano, Giancarlo De Cataldo ha ricevuto la patente da matto dall’associazione “Maggio Eugubino”: un riconoscimento, ha dichiarato lui stesso, di cui andrò orgoglioso certamente in futuro. E almeno saprò come giustificare qualche mio libro incomprensibile. In fondo un po' matto mi ci sono sempre sentito...".

Un magistrato - per la precisione della Corte d'Assise d'Appello di Roma - cui non piace sentirsi definito così. L'ho incontrato ai "Cappuccini" prima della conferenza per un'intervista approfondita - che andrà in onda nella nuova serie di trasmissioni "Link" in onda da ottobre. "Quando parlo di libri mi piace essere solo Giancarlo De Cataldo, e non un magistrato. Non perchè siamo due persone diverse, ma perchè la lettura che do delle mie storie è quella di un semplice narratore. Non presento giudizi nè emetto sentenze. Lo stesso con "Romanzo Criminale": non giudico i miei protagonisti, ne racconto la vita, i sogni, le malefatte, anche i sentimenti. Ma non do spazio a nessuna forma di moralismo nè di pregiudizio. E non perchè voglia attenuare la gravità delle loro azioni. Ma perchè il magistrato lo faccio in Tribunale. E poi, se andiamo a vedere, il destino cui sono lasciati i protagonisti di "Romanzo Criminale" è tutt'altro che felice. La bella vita che sognano di guadagnarsi in eterno si scioglie di fronte alle diatribe interne, alle faide personali, a omicidi e uccisioni che finiscono per estinguere la banda. Non è un giudizio ma è anche un messaggio. La realtà purtroppo ci dice invece che alcuni di loro, in un modo o nell'altro, se la sono cavata...".

Il "Libanese" a capo della sua banda - dalla serie Sky

E' attratto molto più dai terroristi di destra che di sinistra ("troppo noiosi, scrivono pile di teorie e poi sparano alle spalle di un disgraziato"), ma soprattutto De Cataldo crede che in fondo la storia della criminalità sia anche un po' la storia del nostro Paese: "C'è un processo di identificazione, nei personaggi come nelle storie. Gli anni Settanta e il noir degli anni Settanta è accattivante proprio perchè ancora nasconde misteri, perchè quell'epoca fu di pesante contrasto tra mondi diversi, perchè le ideologie convivevano con istinti molto più prosaici, come il prendersi la rete di traffici di droga della Capitale. E comunque il nero tira sempre. Sarà che il nero sfina...".

Un dialogo gustoso, piacevole e mai banale. Che mi rivela un personaggio poliedrico, la cui brillantezza non farebbe pensare ad un professionista delle aule di Tribunale (che per quel poco che ho frequentato da misero praticante forense, mi son parse tutto fuorchè ambienti che ispirassero un pizzico di fantasia e buonumore).
Per l'intervista integrale l'appuntamento è ad ottobre su TRG. Di sicuro - dopo "Romanzo Criminale" e "Io sono il libanese" - non mancherò al suo prossimo libro. Che sia su Dandi, Bufalo o il Freddo?
"Spero di no - mi confida sorridendo - ma non posso escludere che la logica felicemente perversa di "Romanzo Criminale", da cui speravo di essermi affrancato da tempo, torni a prevalere...".
Mai dire mai...

venerdì 14 settembre 2012

E venne il weekend in cui ripartì... il fantacalcio!

Asta Fantacalcio 1996 (c/o Relais Tosti in loc. S.Marco)
L'unico modo per vincere una tentazione... è cedervi. L'antico adagio si sposa mirabilmente con uno dei vizi che da quasi vent'anni mi trascino miseramente, senza alcuna possibilità di redenzione o medicina terapeutica.
Il fantacalcio. Ci risiamo ed è l'anno numero 18 per l'esattezza...
Era il lontano 1994-95 quando da un... sì, ora ricordo, da un negozio di noleggio videocassette (giuro, è così, in zona Shangai) partimmo con la prima asta di questo misterioso ma sempre più dilagante nuovo gioco legato al calcio.
L'uovo di Colombo, come spesso si può definire ogni geniale intuizione che nasce dalla semplicità.
E chi ha inventato il fantacalcio - per altro senza brevettarlo... ahi ahi ahi - ha risposto ad una banalissima serie di domande. Qual è il gioco più popolare in Italia? (risposta, calcio). Qual è il sogno di ogni appassionato di questo gioco? (risposta, fare l'allenatore, costruire una propria squadra, giocare un proprio campionato di fantasia). Qual è il meccanismo più automatico per disputare questa nuova disciplina? (giocare con i voti delle pagelle dei quotidiani, una delle rubriche più seguite e discusse).
Tre indizi che fanno la prova della longevità del fantacalcio, materia nella quale ormai si dilettano già un paio di generazione di malati (alcuni, come il sottoscritto, praticamente incurabili).

La mia prima rosa, ricordo vagamente, vantava tra le sue fila Zenga in porta (ma era della Samp), Deschamps a centrocampo e in attacco il trio Balbo, Mancini, Signori. Non andò malaccio anche se non vinsi. E per la verità di vincere un campionato m'è capitato pure raramente, anche perchè spesso la dea bendata ci mette lo zampino. Nel bene o nel male. Ma che gusto arrivare al weekend aspettando di vedere se i tuoi "pupilli" la mettono dentro o procurano un assist. E il ricordo della frenesia con cui i primi anni si sfogliava la Gazzetta per andare a divorarsi i voti delle pagelle, le ammonizioni, i mezzi punti che significavano vittoria o sconfitta.
Diletti di piccolo cabotaggio, dirà qualcuno. Ma di qualche idiozia bisogna pure evadere (e in giro non ne vedo di molto più esaltanti... a parte il bungee jumping una sera all'anno...).

Anche stavolta si parte con grandi aspettative, però. "Jack in the box" - il nome della mia squadra, ormai storico, risalente ad una catena di fast food scoperti in California nel lontano 1992 (facevano hamburger ma anche pizze che per essere a 9 ore di fuso orario da Michelino a Napoli, non erano neanche malvagie...) conferma un trittico di portieri (non ho mai amato averne uno con le rispettive riserve, è monotono e ti toglie l'adrenalina di azzeccare quello giusto), un'ottima difesa (credo la migliore che abbia mai avuto, avendo evitato dopo molti anni di riservarmi gli ultimi spiccioli per i difensori), un centrocampo importante (molti incursori, gente che vede la porta o ci deve mirare dal dischetto) e un attacco meno appariscente di molte altre volte (ma potrei non aver bisogno del tridente, visto quel che mi propone il resto).

Ma il segreto di questo gioco è che alla fine dei conti, le chiacchiere "stanno a zero". Posso dire di avere la squadra migliore del mondo, posso denigrare i miei avversari (come facciamo periodicamente in modo goliardico tra noi, via e-mail, ogni settimana), ma alla fine è il lunedì, i suoi voti, le sue sentenze, a dare la risposta definitiva. Aspettiamo, lasciando ai pochi lettori di questo blog (meno ancora, su questo capitolo, immagino), in dote la mia rosa. Non disdegno i vostri commenti, anche sarcastici. Ma sappiate che in tempi di crisi non potevo spendere 115 milioni per prendere Cavani (che magari s'azzoppa dopo 2 giornate...). Non avrei il coraggio di riaprire il sito della gazzetta senza arrossire...

PORTIERI - Stekelemburg, Romero, Brkic
DIFENSORI - Basta, Liechsteiner, Marchese, Britos, Burdisso, Astori, Peluso, Aronica.
CENTROCAMPISTI - Lijaic, Hamsik, Moralez, Lazzari, Barrientos, Isla, Lulic, Schelotto.
ATTACCANTI - Pazzini, Palacio, El Sharawy, Pozzi, Sansone, Muriel (già rotto, wow!).

mercoledì 12 settembre 2012

Quando il diritto alla privacy va di pari passo con quello alla salute...

Per una volta voglio dedicare uno spazio, un pensiero, una semplice riflessione ad un caso. Un caso in Umbria. Una storia che nasconde il conflitto e il dramma di una malattia, ma anche la contraddittoria e paradossale ricaduta negativa della sua conoscibilità all'esterno. Tanto da far pensare che ancor più che la salute, sia la privacy, talvolta, il bene più prezioso di un essere umano. Specie di fronte alla malattia.

La testimonianza mi è arrivata da una associazione. Si tratta di ANLAIDS ONLUS (Associazione Nazionale per la lotta contro l’AIDS) sez. Umbria che segue attentamente la vicenda processuale che si protrae da decenni (i tempi ordinari della nostra giustizia!) di un cittadino umbro, vicino all'associazione, che ha subìto un danno di elevatissimo valore economico ma soprattutto esistenziale.
Sono trascorsi più dodici anni da quando, ricoverato in ospedale, è stato sottoposto ad esami diagnostici senza il suo consenso. La conseguenza è stata che i suoi dati sensibili sono stati usati non correttamente e la notizia del suo stato sierologico (positivo all'HIV) è circolata a macchia d’olio nel contesto sociale dove viveva e vive tutt’ora.
Si tratta, e lo sottolinea la Suprema Corte di Cassazione con una sentenza del 2009, di una violazione dei diritti della personalità e più in dettaglio del diritto alla riservatezza, in considerazione del fatto che nessuna precauzione fu presa affinché i dati estremamente sensibili venissero mantenuti nella massima tutela.
La legge n. 135/1990 prevede che "nessuno può essere sottoposto a test anti HIV senza il suo consenso, “se non per motivi di necessità clinica, nel suo interesse”. Dunque questa norma è stata palesemente violata. La Corte d’Appello non potrà non tener conto del danno da cenestesi lavorativa, danno di matrice esistenziale, provocato dalla condotta dell’Ospedale presso il quale a suo tempo il ricorrente era stato ricoverato. Allo stesso modo la perdita di chance, determinata dal discrimine sociale che la notizia circa lo stato sierologico del ricorrente aveva provocato, nonché degli altri danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

Immaginiamo che una vicenda come questa colpisca uno di noi. O una persona a noi vicina. In un contesto o in una comunità come la nostra, dove ci si conosce tutti, la "morte civile" sopraggiungerebbe immediatamente, prim'ancora di capire se ci sono buone possibilità di rimandare il più possibile quella naturale.

Sono drammi silenziosi, quelli che si consumano dietro le quinte. E di cui si occupa questa associazione. Anlaids Umbria, ancora oggi si trova di fronte a domande della popolazione relativa a quando, come e dove fare il test per la ricerca di anticorpi anti HIV. La gente ha diritto alla propria riservatezza, ed è più consapevole rispetto al passato dei propri diritti.

Una campagna di sensibilizzazione per l'utilizzo
del profilattico tra i più giovani
"A quanto ne risulta per via informale, scrive l'avv. Demetrio Pellicano, presidente di Analaids Umbria - ancora oggi non viene rispettato in regime di ricovero ospedaliero, il diritto del paziente ad acconsentire all’effettuazione del test HIV. I medici tendono a prescrivere gli esami includendo quello HIV, ma dimenticando, che per questo una legge dello Stato richiede un espresso assenso del paziente".
Non si tratta di una questione riservata pochi casi isolati: sarebbero circa 60 i casi di Aids conclamato che ogni anno compaiono nella sola Perugia, mentre in forte aumento risulterebbero le malattie sessualmente trasmissibili, quali sifilide, gonorrea, ed epatiti B, C, E. Questo secondo i dati forniti dal Dott. Claudio Sfara, dirigente medico del reparto Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera di Perugia e Vicepresidente della sezione umbra dell’Anlaids

Nell’attesa della decisione della Corte d’Appello di Roma sulla definizione del quantum del risarcimento per il cittadino umbro, ANLAIDS UMBRIA ONLUS auspica che possa ricevere il massimo ristoro dopo anni di traversie giudiziarie e soprattutto che simili vicende non si ripresentino più in futuro: esiste l’uomo, esistono i suoi diritti in quanto tale, i diritti della “personalità”, frutto di progresso nella elaborazione giurisprudenziale e pertanto non è conveniente né legittimo tornare al medioevo...

martedì 11 settembre 2012

Perugia-Gubbio: quanta acqua sotto i ponti in questi 24 anni passati senza incontrarsi...

Il Gubbio sceso in campo al "Curi" il 21.2.1988
Perugia-Gubbio. Sono passati 24 anni e mezzo dall’ultima volta. Da quel 2-1 al “Renato Curi” firmato Pagliari e Ravanelli, punte di diamante del grifo di Colautti destinato alla promozione, dopo che Ciucarelli, nel primo tempo, aveva illuso i tifosi rossoblù.

Quasi un quarto di secolo nel corso del quale Perugia da una parte e Gubbio dall’altra hanno vissuto percorsi differenti, quasi paralleli anche se talvolta tangenti, ma che mai sono riusciti ad incrociarsi. E in questi 5 lustri è successo di tutto da una sponda all’altra.

Il Perugia, tornato in C1 proprio al termine di quella stagione 87-88, ha iniziato l’era Gaucci, molto più che una parentesi societaria: perché Perugia e il Perugia con Gaucci sono stati tutto e il contrario di tutto, nel mondo del calcio. Arrivando a toccare per due volte la serie A, prima con l’apoteosi di Galeone e il calcio champagne dettato da Allegri e finalizzato da Negri. Poi con il fenomeno Cosmi, una delle tante felici intuizioni del patron romano, che ha lanciato il tecnico di Ponte San Giovanni nell’olimpo del calcio, dove ancora oggi merita di ritagliarsi il suo spazio. E con Cosmi altre scommesse vinte, i Materazzi, i Grosso, poi campioni del mondo, i Baiocco e Tedesco padroni di metà campo, le scoperte esotiche tra Giappone e Corea, fino alla Coppa Uefa, massimo traguardo e apice prima del triste tracollo. Il dopo Gaucci è un rincorrersi di cordate e fallimenti che Perugia e i suoi tifosi hanno voglia di mettersi alle spalle. L’impressione è che i due campionati vinti sotto la guida Battistini siano solo l’inizio dell’operazione riscossa.

Ma di acqua sotto i ponti, in questi 25 anni, ne è scorsa copiosa anche a Gubbio. Dove, dopo la caduta libera dell’era Mosca-Drago, è stata la rinascita targata Tasso e suggellata dai due sponsor cementieri a garantire il ritorno tra i professionisti e il verbo continuità. Dal 1998 il Gubbio è l’unica squadra della provincia ad aver militato ininterrottamente nei campionati prof.
Con gli acuti del duo Alessandrini-Crespini, una finale play off e una semifinale in due anni. Ma proprio quando sembrava che la C2 fosse destino perenne, l’inattesa impennata, l’arrivo di Simoni, l’intuizione Torrente, la scoperta fatta in casa di nome Stefano Giammarioli. E in due anni la favola della B, una sorta di Champions per queste latitudini.

Il resto è storia recente. Ma il percorso di questi 25 anni, per certi versi si somiglia. E per molti motivi rende ancora più gustoso il ritrovarsi uno di fronte all’altro. Non senza qualche ex, come lo sono stati in passato, da ambo le parti, Davide Baiocco e Fabrizio Nofri, come lo saranno domenica Ciofani e Anania da una parte, Radi e Boisfer dall'altra.

Forse è troppo presto, per questo derby. O forse arriva proprio al momento giusto: all’inizio di una stagione che per le due squadre e i rispettivi diversi obiettivi vuol dire tanto. Tanto quanto un derby che manca da 24 anni. Quasi 25...

      Copertina rubrica "Il Rosso e il Blu" - da "Fuorigioco" del 10.9.12 musica di sottofondo: "Cosa resterà" - Raf (1989) ù