Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 27 gennaio 2013

Il rosa al comando. Un altro mondo, un altro passo...

A qualcuno sembrerà una "sviolinata" ruffiana e disinvolta. Ma non vuol esserlo.
E' solo una riflessione domenicale, zampillata fuori tra lo sfogliare di un quotidiano e l'osservazione di ciò che mi circonda. E con esso, anche di chi mi circonda.
Le donne hanno un altro passo. Questo lo si dice spesso. Se non lo si dice, lo si pensa (ancora più spesso). Se non lo si pensa, è solo per uno sciovinismo serpeggiante che impedisce persino ai pensieri silenziosi di trovare cittadinanza.

C'ho pensato vedendo le splendide Sara Errani e Roberta Vinci prendersi la coppa degli Australian open di doppio. Un'insalatiera che non è la Davis, ma che è pur sempre uno Slam.


Lo sport, si dice anche, è la metafora del termometro di un Paese. Non tanto e non solo nei successi (talvolta aleatori, il più delle volte effimeri), ma nelle tendenze. Le discipline che ad esempio figurano tra le emergenti (o riemergenti, come il tennis) sono lo specchio di un'evoluzione sociale, o forse anche sociologica. Ogni quadriennio poi ci sono quelle passioni che si rianimano "a gettone", come in un juke box di passioni, che scatta automaticamente con l'apertura delle Olimpiadi (scherma, su tutte).
A parte il solito "balòn" che alle nostre latitudini sopravviverebbe anche all'estinzione umana (immagino un meteorite che piombi a dividere lo stivale, tutti sommersi e alla fine, nel polverone generale, un pallone di cuoio sopravvissuto in mezzo ad un campo verde...).

Quante donne tengono oggi, come in passato, alta la bandiera e la dignità del nostro Paese. Qualche giorno fa se ne è andata Rita Levi Montalcini. Migliaia però sono le donne che nella ricerca, come nella scienza, nella cultura come nell'arte, o molto più semplicemente, nella famiglia, offrono del nostro Paese, del nostro presente, il volto più gradevole. E ricco di speranza.
Quante donne, nell'ombra, rappresentano in realtà il "segreto" del carisma di un uomo? Tante, forse tutte.
Più pragmatiche, meno disposte al compromesso, probabilmente più esigenti ma anche intransigenti, spesso con un semplice consiglio, o un'opinione, riescono a fare la differenza.
E la farebbero, magari, anche nelle stanze che contano, all'interno del Palazzo, dove forse avrebbero potuto e saputo fare meglio dei tanti, troppi "maschietti" che si sono avvicendati. E che in fondo, pur con etichette diverse, hanno propinato al Paese e al suo futuro, le stesse medicine. Amare e poco reattive.

Non è questione di "quote rosa" - che solo al pensiero, fanno sorridere (fossi una donna, mi sentirei offesa ogni volta che questo "principio" viene richiamato). E' questione di cultura. Cultura e sensibilità. All'inizio del secolo scorso l'emancipazione femminile era un concetto assente perfino nel vocabolario di lingua italiana.
Ciò non impediva a Luisa Spagnoli - per restare nelle nostre terre - di essere donna, madre e imprenditrice.
Un'eccezione? Era pur sempre l'inizio del Novecento.
Oggi potremmo dirlo di Maria Grazia Marchetti Lungarotti, che ha raccontato amabilmente la felice parabola del Museo del Vino e dell'Olio di Torgiano, o di Maria Carmela Colaiacovo, che, vedova, con la forza e l'energia di chi si è trovata a dover crescere i propri figli da sola, ha saputo creare e condurre un'impresa importante.


O non impediva, in altri lidi, a Rosa Tiefenthaler, protagonista del libro "Eredità" di Lilli Gruber - che ho avuto piacere di intervistare giovedì scorso per "Link" - donna di fine Ottocento, costretta a vivere sulla propria pelle le durezze della guerra e del trapasso di una terra dall'impero austriaco all'Italia, di raccontare la propria vita in un diario, di scrivere e trasmettere l'amore per la lettura e la scrittura ai suoi figli e nipoti, in un'epoca in cui ancora alle donne veniva sì e no concesso di chiudersi in bagno.

Oggi serve ancora più coraggio. Coraggio di dare spazio, di dare voce, di evitare luoghi comuni o facili etichette. Di discernere, anche, chi della femminilità fa un uso distorto (nel privato ma soprattutto nel Pubblico, come esempi di ogni latitudine e colore politico quotidianamente ci confermano).

Postilla. Alle prossime elezioni politiche non ci sarà una donna candidata premier. Neanche una Bonino, intesa non come "desaparecida" della politica, ma come esponente anche di un piccolo, minuscolo movimento di opinione.
Non è una buona notizia. E non perchè si debba votare una donna solo per il fatto di essere tale (torniamo al discorso dell'inutilità offensiva delle quote rosa). Ma perchè, probabilmente, quel gap, quel retaggio, quello scalino che ancora manca per lasciarsi alle spalle certe ruggini, non è stato del tutto superato.

In Europa due premier, forse, saranno un giorno ricordati per aver cambiato volto al proprio Paese: si chiamano Margaret Thatcher nel Regno Unito, anni 80, e Angela Merkel nella Germania del XXI secolo.
Non dovevano essere simpatiche, e non hanno fatto nulla per diventarlo, ma sono state leader come la stragrande maggioranza dei loro colleghi non ha avuto nemmeno cognizione di poter essere.
Un altro passo, verrebbe da dire. Un'altra storia...

giovedì 24 gennaio 2013

Un incontro al "Mazzatinti": in programma... un salto nel passato liceale


Il ritorno al Liceo, al mio Liceo "Mazzatinti", ha sempre qualcosa di speciale. Sarà che in queste aule ho trascorso gli anni più belli, vissuto le amicizie più spontanee, gli amori, le delusioni, i capricci, le sfide, le gratificazioni più appaganti.
Sarà che proprio intorno ai 18 anni - compiuti poche settimane prima della maturità scolastica, strappata con un onesto 56 in un sabato estivo del luglio '89 - si polarizzano le emozioni più forti; si ha come la sensazione di camminare sul crinale, si sta border line, tra l'incoscienza di fesserie commesse per l'ingenuità congenita e anagrafica e il senso di responsabilità di chi ti impartisce (e insegna) certe "lezioni" da portarsi dietro poi tutta la vita.

Sarà per tutto questo, ma anche per molto altro, che tornare a parlare con gli studenti del Liceo, del mio Liceo, ha sempre un sapore unico. Non solo per gli interlocutori occasionali (che, per altro, non conosco bene), non per l'occasione in se' ( potrebbe essere una qualsiasi), ma per il semplice fatto di essere lì.

Ecco sabato ce n'e' stata una di occasione di cui mi ha fatto piacere essere parte. Un incontro con gli studenti di quello che ora si chiama Istituto di Istruzione superiore, una di quelle denominazioni post moderne, burocratiche e anonime come lo e'  "dirigente scolastico" - che sembra trasformare la figura mitologica del preside in una sorta di quadro aziendale - o "personale non docente" - termine ipocritamente ritenuto più politically correct che non il piu' comune e paterno "bidello".

Il tavolo degli occasionali relatori, all'aula magna del Liceo
Per la verità l'incontro mi vedeva presente in modo un po' defilato. Nel senso che non ero l'ospite di spicco, lo era - giustamente - l'amico e collega Simone Filippetti, da 10 anni firma del "Sole 24 ore". Per me semplicemente "Pino" il soprannome che sempre ha avuto, fin da ragazzo, come la stragrande maggioranza degli abitanti della mia strana enclave, chiamata Gubbio. Dove se non hai un soprannome, quasi "non sei" , ti ritrovi in una sorta di limbo identitario tipico degli apolidi. Sei come uno dei personaggi di Malvaldi, per definire l'estraneità del quale, la gente diceva "non viene neanche al bar"... E lui, Simone Filippetti - ormai abituato a maneggiare temi scottanti che vanno dai mutui subprime alle scalate finanziarie milanesi - quando torna nel borgo natìo selvaggio e varca il confine delle mura eugubine, torna a chiamarsi "Pino" (valente capo cinque della curva di S.Lorenzo).

In realtà la chiacchierata coi ragazzi è stata fluida e carica di energia, perchè la presentazione e i ricordi personali di Simone - che ha anche raccontato come è riuscito ad approdare sulle scrivanie del quotidiano economico più importante d'Europa - sono andati di pari passo con una passeggiata nel passato del "Mazzatinti".
Di una scuola profondamente diversa e distante dal moderno complesso attuale: nuovo e funzionale non solo sul piano degli spazi - solo pensando all'ingresso che ora fa bella mostra di sè con un'enorme bandiera e un mezzo busto di ottocentesca memoria. La stessa aula magna che oggi ci ospitava, 20 anni fa era ancora una "catapecchia di palestra" dall'improbabile vocazione sportiva. Di quell'impianto ho ancora forte e acre, nelle narici, l'odore del pavimento, nero di colore e aspro nell'olfatto: strofinarlo con le scarpe era micidiale, ne usciva fuori un suono stridulo e fastidioso, e appena aprivi bocca l'eco e il rimbombo finivano per frastornarti. Insomma se avevi qualche chance di diventare un cestista, era quasi matematico un principio di sordità...
Quella era la palestra piccola, perchè quella grande, si fa per dire, era la Palestra che ospitava niente meno che i campionati di basket e volley e che oggi è trasformata in un campo di calcio a cinque. In quel semi parquet gommato color mattone abbiamo consumato centimetri di scarpe nelle partite di calcetto, basket o nelle fughe disperate per evitare qualche rimbrotto del prof. Pelicci (che insegnava all'Itc ma usufruiva dell'impianto) che giustamente non ci soffriva e al quale puntualmente recapitavamo qualche "dispetto" (il peggiore, un'enorme pneumatico di trattore, pieno d'acqua piovana, sbucato fuori non so da dove, e fatto rotolare dentro la palestra...).

L'ospite dell'incontro, Simone Filippetti
Poi, nel corso dell'incontro, son venuti a galla anche gli aneddoti, quelli almeno raccontabili, quelli che la storiografia ufficiale del Liceo può tollerare. Piano piano sono riemersi i file, ancora conservati nitidamente nel desktop della mia mente, anche grazie all'imput lanciato dal conduttore (e docente dei liceali) il collega Massimo Boccucci e allo stesso Simone. Come quando ho rispolverato il boato che aveva accompagnato l'uscita delle materie per la maturità (sbucò a sorpresa storia, al posto di filosofia, e per me fu come vincere al Superenalotto, per la passione che nutrivo per la storia), o la severità di alcuni professori, che con piccole e sane lezioni mi inculcarono insegnamenti fondamentali (tipo il 5 al compito di italiano rifilatomi dal sen. Stirati che però mi fece capire che quando ci si firma non bisogna mai anteporre il cognome al nome). O lo stupore che suscitai nel membro esterno della commissione di Maturità, quando al termine della prova orale, vedendomi fremere mi chiese cosa avessi, e gli risposi che avevo fretta perchè dovevo andare a spedire la pagina del "Corriere dell'Umbria"...
Ho lasciato in disparte altre memorabili gag, come l'epopea della Gino Soccio Jazz band (un fantomatico clan composto da quattro studentelli, tra cui il sottoscritto, che oggi ricoprono, ognuno nel proprio ambito, ruoli per i quali sarebbe sconsigliabile parlare di tutto quanto veniva architettato e messo in atto - rigorosamente in orario scolastico...).

Gocce di memoria, mescolate ad un'altra infinità di ricordi che ho evitato di sbandierare ai ragazzi e mi sono tenuto gelosamente dentro.
Ripenso, ad esempio, al primo giorno di scuola del 1989/90, l'anno scolastico successivo alla maturità: erano passati appena 2 mesi dall'orale ed eravamo ancora mentalmente e fisicamente in vacanza (l'Università sarebbe iniziata solo ad ottobre). Ma quel primo giorno di scuola ci ritrovammo all'ingresso del Liceo in 5-6 ragazzi della ex III A. Non c'eravamo messi d'accordo, ma ci ritrovammo lì, fuori, nel piazzale del Liceo, solo per sentire quella campanella che non sarebbe più stata nostra...
Vedevamo entrare i giovinastri del IV Ginnasio (ancora ignari di quello che li aspettava...), un po' imbranati e un po' timidi. Li distinguevi bene, non solo perchè erano facce nuove, ma soprattutto erano volti "inconsapevoli".
Inconsapevoli che quelli sarebbero stati i migliori anni della loro vita scolastica, della loro giovinezza. Chissà, forse anche della loro vita...


martedì 22 gennaio 2013

Corsi e ricorsi di un derby... che forse non dovremo attendere altri 25 anni...



L'autogol di Galabinov al 1': già si doveva capire
che non sarebbe stata giornata... (foto M.Signoretti)
Corsi e ricorsi storici. Come ogni derby che si rispetti, anche a distanza di 5 lustri, non mancano spunti e riferimenti per rispolverare la memoria, per rimembrare antichi ricordi. 
E se la gara di andata, tra Perugia e Gubbio, non aveva dato adito ad alcuna analogia – gara piatta, un classico delle sfide sentite, sbloccata da un episodio e capitalizzata nella ripresa – questo Gubbio-Perugia match di ritorno offre più di un’ispirazione per tornare indietro di 25 anni e ricordare la sfide che furono.
A cominciare dalla pioggia, grande protagonista nell’87, e anche domenica tornata a condizionare soprattutto l’ultima mezz’ora di gara, finendo per appesantire il campo e le gambe dei giocatori, che già nei primi 45’ avevano speso tantissimo.

La curva del derby nell'ottobre 1987 (c'ero anch'io...)
Più che analogia, una differenza siderale è quella del contorno: i 7.000 spettatori dell’ottobre 1987 sono un pallido ricordo del calcio che fu, lontano anni luce dalle pay per view, dal touch screen sull’i-phone, dai tornelli, dalla tessera del tifoso. I 3.000 di ieri, nell’era dell’euro, valgono più della metà del calore profuso, ma forse qualcosa in più sul fronte della coreografia ci si poteva attendere. La crisi evidentemente ci mette lo zampino, speriamo che non finisca per annebbiare anche la passione.

Il derby dell'ottobre 1987, sotto una pioggia battente
E poi la partita, che non è finita come 25 anni fa, quando Giovannico a 5’ dalla fine incornò di testa su cross di Cocciari il gol dell’1-1 finale, al termine di una gara giocata ai limiti della regolarità, su un campo risaia, e portata al termine dall’arbitro Chiesa di Livorno solo per esigenze di schedina Totocalcio.
Stavolta l’inzuccata in zona Cesarini, firmata Baccolo, non è bastata a raddrizzare una partita che il Gubbio ha cercato affannosamente di recuperare, finendo naufrago dei suoi stessi difetti, primo fra tutti la difficoltà ad andare a rete.

La terna arbitrale con i due capitani
(foto M.Signoretti)
Un’ultima analogia, però consentitela: si chiama Ghersini di Genova, che non ha saputo rompere del tutto la tradizione di arbitraggi poco felici cui il Gubbio si è dovuto adeguare ai tempi di Landi. E così dopo il penalty negato da Chiesa in quel derby d’andata 1987, su mani di Gori, dopo la contestatissima direzione di Manfredini di Modena nel derby di ritorno febbraio 88, con due espulsi, l’entrata killer su Morbiducci e il rigore con volo "d’angelo" di Livio, anche il fischietto genovese ha voluto segnare qualche tacca dalla sua: ad esempio la punizione dell’1-0 fulmineo, generosamente accordata su un innocuo spalla a spalla Palermo-Politano. Lo stesso penalty, ingenuamente procurato da Briganti, è parso interpretazione fiscale pro-Perugia. Per non parlare infine della punizione cercata e trovata astutamente da Tozzi Borsoi su un Baccolo che ha fatto di tutto per evitare il contrasto, finalizzata con l’eurogol sontuoso di Rantier.

Episodi, si dirà. Episodi che hanno scritto il 3-2 di questa sfida. L’appuntamento è per la prossima puntata. La sensazione è che non sarà necessario attendere altri 25 anni…



Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" di lunedì 21.1.13

lunedì 21 gennaio 2013

Il bello e il brutto del derby: in campo e fuori. Ma ora è il momento di tenere sangue freddo...

Il capitano esce dal campo, mesto. L'immagine
della partita e del suo esito sfortunato (foto M.Signoretti)
Il bello e il brutto del derby. 
Prima 97’ minuti giocati allo spasimo, senza risparmio, senza riserve di energia da parte delle due squadre. Una gara sempre in bilico, anche quando il risultato sembrava dire il contrario. Dopo il fischio finale l’epilogo che avremmo volentieri evitato di vedere, con una zuffa in campo, figlia di vecchie ruggini e della trans agonistica, e con i momenti concitati in tribuna, subito riportati con tanto di accento nelle dichiarazioni post gara.
Gubbio-Perugia è stato questo, ma non solo questo. E per chi ancora pensa che non sia un derby, la partita ha riservato emozioni a non finire, gioie e amarezze, illusioni e rimorsi, come in poche altre occasioni quest’anno.


Una delle mischie furibonde a fine gara in area perugina,
risolta con un nulla di fatto (foto M.Signoretti)
Un match che è anche la fotografia della situazione attuale delle due squadre. Il Gubbio è l’ombra di se stesso, stando ai soli numeri, 1 punto nelle ultime 6 gare. Ma chi ha visto la partita non potrà certo dire che quella rossoblù non sia una squadra e non sia una squadra viva. Che poi si fatichi maledettamente a metterla dentro è altra storia, una storia di cui dovranno occuparsi in fretta sia lo staff tecnico che la società, perché la classifica non dà più alternative. L’unica tregua è la sosta di campionato, ma tra 2 settimane all’”Arena Garibaldi” comincia una serie di confronti che il Gubbio non potrà sbagliare. Per non ritrovarsi a giocare un campionato – quello della salvezza – con le complicanze di chi si ritrova sbattuto all’inferno nonostante un rosario di buone intenzioni.


La rete di gonfia, Rantier ha appena insaccato
il gol che risulterà alla fine decisivo (foto M.Signoretti)
Sta decisamente meglio il Perugia, che vince un derby – pardon, una partita come le altre – senza meritarlo fino in fondo, sfrutta cinicamente tre calci piazzati (di cui almeno due da rivedere con attenzione) e si regala un successo di platino in una domenica in cui steccano Pisa e Frosinone e la classifica torna improvvisamente a sorridere. Ma Camplone sa che c’è poco di cui bearsi, soprattutto pensando a come la squadra è messa in difesa. Non tutte le domeniche gli avversari sbaglieranno come ha fatto il Gubbio in attacco, non tutte le domeniche qualche direzione generosa elargirà punizioni o rigori che poi si riveleranno episodi chiave.


Sottil-Giammarioli: consulto a fine derby...
(foto M.Signoretti)
Tornando al Gubbio, vien da pensare che saranno proprio questi i giorni in cui società e squadra dovranno dimostrare compattezza e sangue freddo. Capire cosa c’è da migliorare, senza buttare via il bimbo con l’acqua sporca. Capire che cosa non funziona più rispetto alle prime 10 giornate, che fino al 30 novembre, Gubbio-Nocerina, stavano disegnando un campionato completamente diverso.
Una squadra come quella vista ieri, con lo spirito e la capacità di stringere i denti mostrata, può tirarsi fuori dalle sabbie mobili: ma la più antica regola del calcio, spietata e inesorabile, è che se non la butti dentro ogni chiacchiera, anche questi 2 minuti musicati, conta zero.
E a poco servono, purtroppo, i 12 angoli a 4, le 11 occasioni a 7, l’ardore di Sandreani, il movimento continuo di Palermo, il buon esordio di Belfasti e Cancellotti, la verve e la prodezza balistica di Caccavallo, l’acuto di testa di Baccolo. Se poi gli avversari ne fanno uno in più. E ti tocca pure digerire il magone…


Dalla copertina in apertura di "Fuorigioco" di stasera - lunedì 21.1.13
Musica di sottofondo: "Io no" - Vasco Rossi (1998)


domenica 20 gennaio 2013

Top & Flop di Gubbio-Perugia


La squadra rossoblù schierata prima del via - foto Gavirati
Il Perugia fa suo il derby del "Barbetti" al fotofinish: decidono gli episodi a favore dei grifoni, già in gol dopo 1' su autorete e su rigore al 35', con il Gubbio costretto sempre ad inseguire, che ha pagato cara la scarsa precisione davanti alla porta. Perle di Caccavallo e Rantier, agonismo per tutti i 97', e alla fine tre punti pesanti per i grifoni. Per il Gubbio la consolazione magra di aver dato tutto ma ora la classifica si fa difficile.



Top
La parabola di Caccavallo si infila nel sette:
è l'1-2 della speranza (foto Gavirati)
Caccavallo (Gubbio) - E' un furetto per tutta la gara, l'unico davvero in grado di saltare l'uomo e mettere in seria difficoltà l'impacciata difesa perugina. Splendida la voleè con cui riapre il match a inizio ripresa (primo gol stagionale), meriterebbe anche il raddoppio 5' dopo ma Koprivec si supera. Distribuisce palloni su palloni e tira a rete almeno 6 volte. Di più è difficile chiederli.
Politano (Perugia) - Apre la gara guadagnandosi un fallo su azione quasi persa e inventando un tiro teso e insidioso su cui Galabinov infila la sua porta. Ma è incontenibile anche per il resto della gara, calando nella ripresa come tutta la sua squadra. Resta comunque l'unico vero top player di questo Perugia.

Flop
Galabinov spizza la punizione di Politano segnando
nella propria porta (foto Gavirati)
Galabinov (Gubbio) - Il "corazziere" stavolta stecca clamorosamente. Infila il suo ottavo gol stagionale in apertura, peccato che sia nella sua porta. Si trova bene sulle sponde ma in area quando si tratta di finalizzare si incarta clamorosamente in almeno 2 occasioni. Lotta ma un numero 9 deve anche buttarla dentro. E senza i suoi gol il Gubbio annaspa.
Reparto difensivo (Perugia) - In vantaggio praticamente dal calcio d'inizio, il Perugia concede fin troppo alla squadra di casa, che chiude il match con uno score di 12-4 nei corner e il doppio dei tiri in porta. Buon per i grifoni che la confidenza degli avanti rossoblù con la rete sia modesta, altrimenti staremmo a commentare un altro risultato. Dei tre reparti è quello su cui Camplone deve lavorare di più per il salto di categoria.
GMA


Da www.tuttolegapro.com -

Il Gubbio gioca il derby. Il Perugia lo vince. Ma se non segni, c'è poco da recriminare...

Il volto di Sottil parla da solo, accanto ad un
Cancellotti esausto (foto Gavirati)
Finisce con i grifoni ad esultare sotto la curva dei tifosi biancorossi e i rossoblù a raccogliere comunque l'applauso del pubblico di casa. 
Il Perugia vince il derby al "Barbetti" di Gubbio al termine di 97' intensi, giocato a gran ritmo nel primo tempo, con una fiammata che ha riaperto la gara nella ripresa e con un finale al cardiopalma.
Ha vinto la squadra più concreta, dotata di individualità più importanti e capace di approfittare degli episodi a proprio favore. Ha perso la squadra che, pur mettendo in campo cuore e agonismo, è mancata in zona gol. 
In avvio due speculari 4-3-3 in campo: da un lato Sottil recupera Briganti al centro della difesa, e faceva esordire sulle fasce Cancellotti e Belfasti. In mezzo rientravano in tre, Sandreani e Palermo dall'infortunio, Guerri dalla squalifica. In attacco Galabinov si trovava Bazzoffia a sinistra e Caccavallo a destra. Camplone risponde con lo stesso schieramento di domenica scorsa, preferendo Fabinho a Rantier sulla corsia di sinistra avanzata, con l'ex Ciofani a fare da boa e Politano a scorrazzare sulla destra. In mezzo al campo Esposito metodista, dietro difesa a quattro.


L'autogol di Galabinov al 1' (foto Gavirati)
Pronti via e subito Politano "spacca" il match: guadagna fallo sulla trequarti, batte a rete forte e teso, incontrando l'inzuccata improvvida di Galabinov che anzichè spazzare, fa schizzare il cuoio dentro la propria porta. L'1-0 potrebbe uccidere i padroni di casa che invece cominciano a macinare gioco, trascinati dall'esempio del capitano Sandreani. Proprio lui all'11' conclude a rete una sponda di Galabinov, ma il tiro è deviato in corner. Il primo di 12 tiri dalla bandierina che sottolineano a fine gara l'intensità della prestazione dei rossoblù. Non c'è un attimo di sosta, con le squadre che a tratti paiono lunghe e lasciano metri di spazio ai rispettivi attaccanti. Prima al 15' Venturi deve uscire dall'area per murare Fabinho, poi Palermo si divora di testa al 21' il pari da due passi incornando alto. 


Il rigore "artico" di Ciofani fa il 2-0 (foto Gavirati)
E' Caccavallo uno dei più ispirati: al 24' chiama Koprivec alla parata in due tempi, e alla mezz'ora su sponda di Galabinov, mette a fil di palo. Il Perugia non sfrutta le praterie che talvolta si aprono di rimessa, e su una delle sortite ancora Fabinho (33') incrocia alto da ottima posizione. E' il preludio al raddoppio che arriva su rigore, ingenuo e generoso al tempo stesso. L'ingenuità è di Briganti che in vantaggio su Fabinho si fa bruciare per difendere palla, la generosità è del direttore di gara che indica il dischetto punendo l'ostruzione di corpo veniale del difensore rossoblù. Dagli 11 metri l'ex Ciofani non fa impietosire e spiazza Venturi. Sembra fatta ma il Gubbio avverte che non è così: lo dicono le occasioni a ripetizione di Galabinov (38') che ciabatta fuori da due passi, di Bazzoffia (39') che incorna abbondantemente a lato ancora da ottima posizione a tu per tu e infine il solito Caccavallo che da lontano impegna Koprivec al 42'.


Caccavallo ha appena scoccato il lob del 1-2
(foto Gavirati)
E nella ripresa è un Gubbio ancor più rabbioso quello che entra in campo. Due minuti e i rossoblù accorciano: Bazzoffia se ne va sulla sinistra, si accentra e serve Caccavallo che da 25 metri inventa un lob sinistro millimetrico. Koprivec è due metri fuori dai pali, quanto basta per restare uccellato. 1-2 e gara riaperta. E ci vuole una prodezza del portiere perugino al 50' per deviare un'altra velenosa conclusione a girare del numero 10 rossoblù. Sottil si sbilancia, mette dentro Baccolo per Guerri ma il Gubbio non capitalizza la scia dell'entusiasmo. Il Perugia ha uomini ed esperienza per congelare la partita e ci riesce, almeno per un quarto d'ora, nel momento più difficile. Solo Sandreani spezza l'equilibrio al 66' concludendo di poco a lato, prima di uscire, esausto, per Nappello. 


L'esultanza di Rantier, primo tiro, eurogol del 3-1
(foto Gavirati)
Il primo tiro in porta dei grifoni nella ripresa è datato 78', con Nicco, che spara di poco alto. Il Gubbio non ha più birra ma solo orgoglio, Briganti non è fortunato all'83' in un rimpallo in area. Lebran trova il modo di farsi espellere durante il riscaldamento. Poco male perchè Camplone mette dentro prima Tozzi Borsoi e quindi Rantier. Mossa azzeccata perchè il primo guadagna d'esperienza una punizione dai 25 metri, e il secondo tocca il suo primo pallone inventando una parabola che si infila sotto l'incrocio per il 3-1


Baccolo di testa infila il 2-3. Ma ormai è il 90'
(foto Gavirati)
Partita chiusa? Macchè! C'è ancora tempo per Caccavallo, inesauribile, per sparare alto all'87', per Galabinov per divorarsi un'altra chance da due passi all'89' e per Baccolo proprio allo scadere per inzuccare in rete il gol della speranza. Con 5' di recupero però il Gubbio non trova modo di tirare in porta, il Perugia "nasconde" la palla e porta a casa tre punti di platino e un'iniezione di fiducia incommensurabile per il futuro. Direttamente proporzionale alla "botta" ai danni del Gubbio che ora si ritrova a 1 solo punto dai play out, dopo un derby giocato senza risparmio, perso immeritatamente ma con la conferma di una difficoltà ad andare a rete che è costante dall'inizio della stagione.
GMA


dal sito www.tuttolegapro.com

venerdì 18 gennaio 2013

Una e-mail vista per caso: e la consapevolezza di come riconoscere i sintomi di un ictus...

Mi è giunta questa e-mail, tra le tante che si ricevono ogni giorno. La posta elettronica è un'incredibile giungla di dati e informazioni. 
Spesso la scorro velocemente, quasi in modo distratto, abbinando questo approssimativo esame a 2-3 altre cose da fare contemporaneamente (se tutti quelli con cui parlo al telefono mentre la consulto, lo sapessero, credo non ne sarebbero granchè felici...).
Tra la congerie di e-mail che mi tengono una buona mezz'ora mattutina attaccato alla casella di posta (quella di redazione, perchè poi ce ne sarebbero anche altre due personali), mi è spuntata all'improvviso questa lettera, giratami da una persona (fidata) di mia conoscenza. Niente roba da spam, insomma.
Lì per lì l'ho sottovalutata, come faccio per altre: un po' come quando si sfoglia il giornale, leggi il titolo, l'occhiello, uno sguardo fugace alla foto (se c'è), ai richiami, all'attacco del pezzo, e via avanti un altro.

Stavolta mi sono fermato. E l'ho letta attentamente. Come spero troviate il tempo di fare anche voi. 
Perchè potrebbe salvare una vita...



"Durante una grigliata Federica cade. Qualcuno vuole chiamare l'ambulanza ma Federica rialzandosi dice di essere inciampata con le scarpe nuove.
Siccome era pallida e tremante la aiutammo a rialzarsi. Federica trascorse il resto della serata serena ed in allegria.
Il marito di Federica mi telefonò la sera stessa dicendomi che aveva sua moglie in ospedale.
Verso le 23.00 mi richiama e mi dice che Federica è deceduta.

Federica ha avuto un'ictus cerebrale durante la grigliata. Se gli amici avessero saputo riconoscere i segni di un 'ictus, Federica sarebbe ancora viva.
La maggior parte delle persone non muoiono immediatamente.


Il neurologo sostiene che se si riesce ad intervenire entro tre ore dall'attacco si può più facilmente porvi rimedio. Il segreto però è tutto nel riconoscere per tempo l'ictus ! 
Riuscire a diagnosticarlo e portare il paziente entro tre ore in terapia.
Cosa che non è facile.

Nei prossimi 4 punti vi è il segreto per riconoscere se qualcuno ha
avuto un'ictus cerebrale:

* Chiedete alla persona di sorridere (non ce la farà);

* Chiedete alla persona di pronunciare una frase completa (esempio: oggi è una bella giornata) e non ce la farà;

* Chiedete alla persona di alzare le braccia (non ce la farà o ci riuscirà solo parzialmente);

* Chiedete alla persona di mostrarvi la lingua (se la lingua è gonfia o la muove solo lateralmente è un segno di allarme).


Nel caso si verifichino uno o più dei sovraccitati punti chiamate immediatamente il pronto soccorso.
Descrivete i sintomi della persona per telefono.

Un medico sostiene che se mandate questa è- mail ad almeno 10 persone, si può essere certi che avremmo salvato la vita di Federica, ed eventualmente anche la nostra.

Quotidianamente mandiamo tanta spazzatura per il globo, e altrettanta ce ne arriva via e-mail, costringendoci spesso a trascorrere tempo prezioso solo per cancellarla.

Stavolta usiamo i collegamenti per essere d'aiuto a noi ed agli altri. E rendiamo il tempo - impiegato per capirla - ancora più prezioso...

giovedì 17 gennaio 2013

Gigi Agnolin: e se diventasse il Simoni di Perugia?


Prima direttore generale della Roma, quindi di Venezia e Verona, da due anni Pierluigi Agnolin e' seduto dietro la scrivania del Perugia calcio. 
Classe 1943, la stessa di Rivera e Lucio Dalla, Agnolin e' stato uno dei massimi esponenti del mondo arbitrale italiano e internazionale fino al 1992. Veneto purosangue di Bassano del Grappa, ha irrobustito la tradizione dei fischietti italici nel mondo, essendo tra i pochissimi ad aver diretto in due diverse edizioni della Coppa del Mondo, a Messico 1986 - dirigendo la semifinale Germania-Francia - e nei Mondiali italiani del 1990 insieme a Casarin. 

Con l'indimenticato Di Bartolomei
Per lui la bellezza di 226 gare in Serie A dove esordi nel lontano 18 marzo 1973 in Fiorentina-Cagliari (3-0), mentre in Serie B il suo esordio fu in Como-Monza nel 1968. Nella sua fulgida carriera anche una finale di Coppa delle Coppe, vinta dalla'Ajax di Van Basten e una finale di Coppa de Campioni, vinta ai rigori dal Psv Eindoven di Guus Hiddink. 
 Ma sono lr innumerevoli "classiche" del campionato italiano, le sfide scudetto, i derby di Torino, Milano, Roma ad aver rivelato la tempra, la classe e la professionalita' di Agnolin, che ha incarnato il prototipo dell'arbitro impermeabile a qualsiasi situazione calda in campo e infuocata nei dibattiti post partita. 

Semifinale Mondiali 86: Platini e Rumenigge
avranno parlato in italiano?
A far da contraltare un personaggio tutto d'un pezzo, netto, senza fronzoli, l'antidivo - come dovrebbe effettivamente essere chi svolge un ruolo di terzietà ma come non sempre si e' riscontrato in molti da esponenti del mondo arbitrale negli anni a venire. Al tempo stesso un personaggio che non ha accettato compromessi o magari intromissioni, finendo per cozzare anche con i vertici del calcio nazionale, Matarrese, quando a inizio anni 90 fu per due ani designatore arbitrale, o addirittura su scala mondiale, come monsiuer Blatter proprio in occasione dei Mondiali in Italia.
Un arbitro con la barba, capace di andare oltre le convenzione e i protocolli - come nel 1983 quando proprio la sua barba incolta fu motivo di richiamo da parte dei vertici federali - un uomo, prima di tutto, che ha saputo interpretare il proprio ruolo con sobrietà ma non con debolezza, con determinazione senza mai sconfinare nell'arroganza. Beccandosi per qualche anno l'appellativo di anti-Juve, per uno scambio verbale molto acceso con Bettega nel 1980, ma senza dare modo di poter gettare alcuna ombra sul suo operato.
Oggi Agnolin vive la sua ennesima sfida. 

Un po' come Gigi Simoni a Gubbio. Trovare in provincia l'ambiente adatto per esprimere la propria professionalita'. E nello specifiso, riportare in alto il Perugia, non solo con le vittorie sul campo ma anche con una gestione e un'immagine sana in una piazza che deve ancora definitivamente riaversi di due fallimenti nel giro di appena un quinquennio.
Una sfida importante, che pero' ha anche  i suoi stimoli con un pizzico di nostalgia: perché anche il Curi del mitico Perugia di Castagner e' stato teatro delle direzioni arbitrali di Agnolin.
Ora, non più in giacchetta nera, con la consueta professionalita' e con lo stile sempre apprezzato in campo, può anche permettersi di fare il tifo per i Grifoni...


Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" tratta dalla puntata di "Fuorigioco" di lunedì 14.1.13

martedì 15 gennaio 2013

Gubbio: da Frosinone la conferma, sarà un inverno lungo e difficile...


Sarà un inverno lungo e difficile. Anche se la neve è attesa solo per metà settimana.
Il Gubbio torna da Frosinone con un altro cerotto addosso: 2-0, un gol per tempo, un’altra espulsione sul groppone e tutti a casa.
E’ la terza sconfitta di fila, la quarta nelle ultime 5 gare, la vittoria manca dall’anticipo del 30 novembre e il passo falso al Matusa frusinate sembra quasi voler dire ai rossoblù che da soffrire ci sarà ancora tanto. Contro gli avversari tosti come si è confermata la squadra di Stellone, contro il peso delle assenze  - ieri ancora 9 tra infortuni e squalifiche – contro l’incapacità di tradurre in rete le poche occasioni create e contro gli abbagli delle terne arbitrali, che possono pesare ma che non sono certo la causa prima del black out dei rossoblù in classifica.

Quella quota 22 che sembra non volersi schiodare e che ora è appena a 2 linee di galleggiamento sopra dalla soglia play out. Come dire che gli orizzonti della stagione in un mese e poco più sono radicalmente mutati, ed è bene pensare a raggranellare quella 15ina di punti sufficienti forse alla salvezza diretta.
Si parla di mercato e pare che già da domani i volti nuovi che ai aggiungeranno a quello di Carroccio ce ne saranno.
Ma sui miracoli è anche opportuno non confidare. Per non ritrovarsi poi troppa delusione addosso.

Certo è che dopo la scoppola di Frosinone – dove la squadra non ha demeritato nella prima mezz’ora ma poi, subito il gol di Cesaretti, non ha trovato la forza per reagire – la partita peggiore che potesse capitare era un derby, atteso da 25 anni, contro un Perugia per giunta arrabbiato per la sconfitta inattesa e pesante contro il Barletta al Curi.
La peggiore delle gatte da pelare, ma forse l’unica delle partite possibili nella quale non c’è bisogno di cercare stimoli, di guardarsi in faccia, di capire che non c’è più spazio né per sbagliare né per cercare alibi. Dovesse persino andare in campo la Berretti, domenica prossima il pubblico eugubino si aspetta la prestazione gagliarda, volitiva, generosa e determinata che ha caratterizzato il Gubbio dei primi 3 mesi di torneo. 
Galabinov esulta sul 2-1 alla Nocerina...
l'ultima gioia in ordine di tempo...

Quello che aveva messo sotto le prime della classe, che si era meritato la seconda piazza in classifica. Che non lasciava pensare che nel giro di qualche settimana sarebbe stata l’ombra dei play out a gravare su questa sfida: Gubbio-Perugia, sarà anche questo. Tempo permettendo, visto che il bollettino meteo prevede neve da giovedì sera. E chissà che la coltre bianca non diventi un inatteso alleato dei rossoblù…


Dalla copertina di "Fuorigioco" del 14.1.13
musica sottofondo: "Walter il mago" - Ligabue (1997)


domenica 13 gennaio 2013

Oscar Giannino: al di là del look, contenuti, numeri e un programma vero. Per ora anche l'unico...

Giannino a Perugia (foto Umbria 24)
L'ingresso la dice già lunga sul personaggio. 
Oscar Giannino arriva all'hotel Gio Jazz di Perugia, colmo ben oltre le aspettative, ed entra, cappotto appoggiato sull'avambraccio sinistro e valigia di lavoro imbracciata con il destro. Come a dire, qui non c'è bisogno di portaborse...

Look meno eccentrico del solito, se si eccettua un paio di scarpe affilate ed esuberanti, che spiccano ai piedi di un doppio petto avana con cravatta arancio (ma abbiamo visto gessati a tinte più accese). Avanza con un sorriso appena accennato. La camminata e' risoluta anche se non spedita, complice un atavico problema fisico per il quale e' stato costretto anche a camminare col bastone (come confiderà più tardi durante un caffè davanti ad una platea più ristretta ma sempre molto attenta).
Le idee pero', quelle, non danno alcuna sensazione di zoppicare. E bastano le prime frasi e i primi applausi, per accorgersene.
Oscar Giannino non ha bisogno di un identikit di presentazione. Tra i massimi esperti di economia, e' giornalista di lungo corso (consulente e docente universitario) sui temi della finanza e può districarsi come pochi nella giungla di numeri che spesso vengono sbandierati in modo improprio e approssimativo da molti aspiranti leader. Che li trovano magari scarabocchiati su brogliacci e appunti senza conoscerne a fondo il significato. La sensazione, con Giannino, e' invece di assistere ad una lezione di Economia pubblica (senza per altro il timore di dover essere poi interrogati).

Il Giò Jazz di Perugia gremito per ascoltare Giannino
A colpire di Oscar Giannino e della sua scommessa politica intitolata "Fare per fermare il declino" non e' solo la chiarezza del programma - sintetizzato in 10 punti e che non starò qui a ripetere (anche perché basta consultare il sito di "Fare") - ma la lucidità con la quale dipinge il quadro economico del Paese e l'energia con la quale spiega le motivazioni che lo hanno spinto a "scendere in campo". Anzi Giannino rifugge la definizione storicamente "berlusconiana", ne' si accoda al "salire in politica" di più recente coniazione (Monti): "Qui non si tratta di salire o di scendere, ma di mettersi in discussione, rimboccassi le maniche e darsi da fare per il nostro Paese. Che nonostante quello che ci viene raccontato negli ultimi giorni, continua ad essere in una situazione tragica. Un terzo della nostra produzione si e' volatilizzato nel giro di 6 anni. E' come se avessimo perso una guerra ed ora, senza risorse, dovessimo cominciare a ricostruire il Paese".

Queste solo alcune delle battute che ho raccolto in un'intervista a tu per tu che senza alcun problema ha concesso a fine incontro - con la felice mediazione di Eugenio Guarducci, patron di "Eurochocolate" e capolista alla Camera per il movimento "Fare". Intervista che, par condicio permettendo, andrà in onda giovedì prossimo su Trg ( a scanso di problemi, la linkero' a breve su questo post).
Giannino si rammarica "di aver perso troppo tempo, lo scorso anno, prima di lanciare la sfida". Che diventerà movimento politico subito dopo le elezioni "qualunque sia il risultato finale. Il nostro lavoro comincerà il giorno dopo il voto, se saremo in Parlamemto o se resteremo fuori, romperemo le scatole a chi avra' le chiavi del Paese". 
Rompere le scatole: non con il fare "grillino", fatto soprattutto di rancore scandalistico (assolutamente comprensibile ma forse poco costruttivo). "Voglio stanare i nostri competitori elettorali sui temi, sui numeri, che non vedo negli altri programmi, sulle questioni, sui progetti per risolvere i problemi di imprese e famiglie. In Italia oggi ci sono imprenditori che si suicidano, e questo non può essere il prezzo da pagare per risanare il debito pubblico".
Il continuo ricorso ai dati e alle statistiche, nel monologo di Giannino, e' quasi assillante ma emblematico della straordinaria preparazione dell' ex direttore di "Libero Mercato". Talvolta si scusa pure per l'eccesso di riferimenti tecnici, o se la cava con un "non voglio tediarvi con una esposizione accademica", ma e' certo che la conoscenza della "patologia" del Belpaese gli e' propria come a pochi altri.

E allora qualche battuta in anteprima dall'intervista realizzata per "Link".
"Capisco che anche il cristianesimo ha avuto bisogno di martiri e forse il fatto di andare da soli con la nostra lista potrebbe apparire qualcosa di simile. Ma se si analizza il quadro politico generale, si capisce perché".

"Il centrodestra non può essere affidabile finché sarà in campo Berlusconi. Per capire cosa vuol dire, dovreste chiedere agli imprenditori che fanno export che cosa sono costretti a sentire quando dicono che sono italiani, grazie a Berlusconi".

"Il centrosinistra non può risollevare il Paese dato che ha già preannunciato l'introduzione di una patrimoniale che andrà certamente a deprimere imprese e famiglie più di quanto non abbia già fatto Monti".

"Monti e la sua lista sono addirittura una delusione più cocente rispetto agli alti due schieramenti: se e' vero infatti che centrodestra e centrosinistra altro non sono che due facce di una stessa politica di Finanza pubblica, che ha platealmente fallito in questi 20 anni, e' altrettanto vero che le ricette del prof.Monti hanno affossato ulteriormente la nostra impresa. Il debito pubblico netto nel 2012 e' cresciuto più che nel 2011 e dunque anche quando questi signori parlano di risanamento ci vorrebbe qualcuno in grado di controbattere. A Monti contesto di non aver inserito una sola cifra nel suo programma, di aver imbarcato vecchi politici, come Fini, e di non essere immune da certo vizi della vecchia politica".

Giannino infatti ha rivelato di essere stato contattato da tutti gli schieramenti che gli hanno offerto un seggio sicuro. Tutti, compresa la lista Monti. "Ma io non mi faccio comprare". Nel caso della lista centrista ci sono stati dei veti, rivela ancora Giannino: "Qualcuno voleva restare con la mani libere ma ricordate, ha ammonito, se i politici vogliono restare con le mani libere e' solo per metterle nelle tasche dei cittadini come avvenuto indistintamente con ognuno di questi schieramenti nell'ultimo ventennio".
Quanto ai numeri, quelli li snocciola con proprietà e cognizione disarmanti (per i suoi avversari e per la situazione oggettiva del Paese). 
Per un attimo immagino a quale figura barbina rischierebbero di esporsi gli ipotetici competitors di Oscar Giannino in un confronto televisivo su temi economici...

Non manca la verve, neppure il carisma, all'ex direttore di "Libero Mercato". E nemmeno il coraggio e la capacita di guardare lontano: "Noi cominceremo a lavorare subito dopo il voto, anche perché tutto mi lascia pensare che il possibile pareggio al Senato renderà l'Italia ingovernabile e si potrebbe tornare a votare presto. Magari con la presenza di un Renzi che per il Pd ha rappresentato l'occasione di un grande rinnovamento mancato. Se avessero evitato le liste chiuse, avrebbe vinto le Primarie. Confesso che ci fosse stato Renzi, avrei potuto affiancarlo...". 

Non manca l'audacia ad Oscar Giannino. E neppure l'orizzonte di vedute sufficientemente lontano.
Forse manca in partenza uno "zoccolo duro" di voti e la certezza di scavalcare la barriera del 4% alla Camera e dell'8% al Senato per entrare in  Parlamento. "Ma statene certi - rassicura - non ci tireremo indietro di fronte a temi e confronti che, chiunque vincerà , non potrà evitare almeno con noi".
In una campagna elettorale finora condita prevalentemente da slogan e show, non è poco...

mercoledì 9 gennaio 2013

Campagna elettorale 2013? Il Presidenzialista, lo Scacchista e l'Abatino... Ma l'unica novità si chiama Giannino...

Il Presidenzialista, lo Scacchista e l'Abatino. Non e' un film di Vanzina, e' il teatrino che in questi giorni va in scena sui media, principalmente quelli televisivi. E siamo solo all'inizio della campagna elettorale.

Il Presidenzialista non puo' essere che lui, Silvio. Presidente, di qualcosa e anche di qualcuno, lo restera' sempre. Presenzialista lo e' tornato ad essere non appena ha deciso, con quel meccanismo sottile e pregiudicato quali sono le "primarie del centrodestra" (decide chi paga per primo) di tornare in trincea. In campo, Berlusconi, c'e sempre rimasto, sapendo che è l'arena il terreno nel quale riesce ad esprimersi al meglio. Per un po' se ne è stato in un angolino - una sorta di Aventino mediatico - almeno un 13 mesi. Il tempo di far smaltire l'onda emotiva dei suoi scandali rosa, di assistere a quel che accadeva con il governo Monti, con i principali indicatori economici, con l'umore degli italiani, e di far cuocere nel loro brodo nemici e alleati. Una tattica anche questa. Ora e' tornato all'attacco e non solo non vuol saperne di abbandonare la scena (restando Presidente di tutto e di tutti) ma e' presente come non ma sul piccolo schermo e in rete: da qui il neologismo "Presidenzialista". Domani sera (giovedì) me lo ritroverò concorrente nella stessa fascia oraria addirittura da Santoro (non ho scampo ovviamente), e credo che per la storia televisiva dell'ultimo ventennio sarà una serata... insolita.

Lo Scacchista e' l'unico vincitore delle uniche Primarie vere che si siano disputate. Ed e' anche l'unico a sapere con quasi matematica certezza ( ma mai dire mai col Pd) che vincerà anche le prossime, quelle importanti, a fine febbraio. Non so se Gigi Bersani da Piacenza sia un amante degli scacchi. Di sicuro sta collaudando l'antica disciplina nell'agone politico. Lo ha fatto con Renzi, più aggressivo e anche applaudito dei suoi attuali competitors, ma superato grazie a diversi km di vantaggio da cui partiva (nomenclatura e sindacati a fianco sono ancora un bel tesoretto). Lo sta ripetendo con Berlusconi e Monti, con Ingroia e Grillo. Come il giocatore di scacchi navigato, muove accuratamente e senza fretta le sue pedine. Anzi, talvolta gli basta muovere un pedone (alleanza con Vendola senza dare nell'occhio, senza tante spiegazioni) e aspettare che gli altri si scannino tra loro. I sondaggi lo premiano, le schermaglie tra Centro e Destra - se ha ancora un senso questa distinzione - gli giovano. Attende semplicemente che gli eventi si compiano. Per taluni, più che a scacchi, sta giocando a" nascondino". Per i maligni, gli conviene perché avrebbe pochi argomenti vincenti (tra patrimoniale paventata e governo Monti sostenuto ed ora contrastato con imbarazzo) oltre ad un gap nell'appeal che gli pesava persino nelle Primarie del Pd. Comunque la si veda, di sicuro gli piace il motto "tattica che vince non si cambia". Più che il programma, per ora, vince la strategia.

L'Abatino infine e' proprio il premier uscente. La definizione e' di nobile firma, Gianni Brera, con cui aveva appellato niente meno che Gianni Rivera, il più talentoso calciatore italiano tra gli anni Sessanta e Settanta, cui pero' spesso facevano difetto grinta e determinazione. Uno che difficilmente lasciava la gamba in un contrasto, che non sapeva cosa significasse sporcarsi di malta in mezzo al campo, ma che col sinistro poteva decidere un'intera partita, o un campionato. Mario Monti ha dimostrato di aver quello stesso sinistro - sostantivo in questo caso, anche se per molti diventa pure aggettivo - ma la "salita all'agone" come lui stesso l' ha definita, sembra aver offuscato un po' le idee. Se la sobrietà e la compostezza del personaggio restano, impassibili anche di fronte agli attacchi più pesanti, e' la linearità delle idee avanzate che lascia un po' perplessi. Nel programma finora profilato mancano i numeri, una lacuna grave per chi sui numeri (specialmente quelli dello spread) poggia la propria credibilità a Bruxelles come agli occhi degli italiani. Promettere poi che Imu e IRPEF possono essere ridotte - senza spiegare come ricavare il mancato introito per le fagocitanti casse statali - non e' molto diverso da chi prometteva 1 milione di posti di lavoro 18 anni fa e oggi se la cava, come ho sentito stasera, dicendo che "gli italiani potrebbero farsi i lavori in casa da soli, poi un controllo ex post verificherebbe se sono stati corretti" (non voglio pensare cosa accadrebbe lungo la costiera amalfitana...). Forse l'Abatino manca di esperienza elettorale, l'indole non è quella del gladiatore, anche se l'handicap maggiore agli occhi di un certo elettorato moderato (ma inferocito) resta la strana triplice formata con Casini e Fini (e in disparte, Montezemolo).

Il Presidenzialista, lo Scacchista e l'Abatino. La fiction uscita in questi giorni in tv si potrebbe titolare così, i palinsesti non passano di meglio. In attesa dell'outsider Ingroia - il cui avvento, affiancato da Di Pietro, però rischia di avvalorare la tesi berlusconiana di un "partito dei giudici" - e in attesa di capire se l'effetto-Grillo (che si è autoimbavagliato in tv) sia destinato a smorzarsi.
Peccato che nell'ombra restino altre "pellicole", un po' più concrete e chiare, che potrebbero essere apprezzate ma che per ora godono di pochissimi spazi visivi e ancor minor interesse nei sondaggi.


Parlo ad esempio del programma di "Fare per fermare il declino", firmato da Oscar Giannino, giornalista ed editorialista, il cui sapere in campo economico- finanziario ha pochi pari.
Nel mio piccolo suggerisco uno sguardo, anche fugace, al sito di "Fare per fermare il declino" e al programma in 10 punti, la cui chiarezza di obiettivi e modalità fa impallidire il teatrino cui siamo costati ad assister sul piccolo schermo.
http://www.fermareildeclino.it/10proposte

Sabato ho in mente di intervistarlo a Perugia. 
Per capire se anche nel suo caso va trovata una definizione caricaturale. 
O e',come sembra, qualcosa di molto piu' serio di quanto la fiction elettorale ci stia proponendo in questi giorni in tv...