Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 30 dicembre 2014

Dalla guerra dei nostri nonni, al 2015 che si avvicina...

Sto leggendo Aldo Cazzullo e la storia della "guerra dei nostri nonni", mentre il 2014 sgocciola via lentamente con le sue ultime battute.
In genere, in queste ore, ci si guarda indietro e si ripercorre l'anno che si sta lasciando alle spalle.
L'ho già fatto in questo blog negli anni scorsi. E la tentazione e' forte.
Ma stavolta resisterò. E non perché non abbia bei ricordi di questo 2014, professionali e soprattutto personali.

Penso ad esempio all'intervista a casa di Piero Angela, a febbraio, con un'appassionante visita al museo nazionale dell'emigrazione all'Ara Pacis di Roma. O all'intervista - cotta e mangiata - il pomeriggio della vigilia dei Ceri con Steve Mc Curry niente meno che nel giardino di casa mia: dopo che era rimasto incantato a guardare le foto dei ceri nella mia tavernetta, già imbandita di salumi e assaggi vari in attesa della sera. O alla lunga chiacchierata con Flavio Insinna, a San Pietro, in un pomeriggio estivo prima del suo spettacolo per i 25 anni del "Gubbio Summer Festival". O la cena informale insieme a Gianni Letta a casa di Francobaldo Chiocci, prodigo di consigli e complimenti (che non guastano mai, specie se spontanei, non richiesti e disinteressati) dopo la presentazione del libro "C'era una volta l'inviato speciale".

Bellissime esperienze, ma ancor più coinvolgenti lo sono state le mille emozioni che hanno saputo regalarmi i miei figli, la mia famiglia, ai viaggi, alle sciate o alle nuotate, ai libri letti e a quelli che attendono solo di essere sfogliati. Alle trasmissioni venute bene, e a quelle che mi hanno lasciato amaro in bocca, alle discussioni in redazione come ai complimenti di qualche telespettatore per strada. Alle intuizioni fugaci e ai rimpianti postdatati. Alle chiacchierate davanti ad un aperitivo come agli addii non voluti. Ce ne sarebbe di che scrivere di questo 2014...

Eppure avverto, più che in passato, un crescente formicolìo. Che e' sinonimo, forse, di vecchiaia ma soprattutto di impazienza.
Impazienza per un 2015 che dovrà per forza lasciare qualche segno.
E' un anno carico di aspettative, di ricorrenze, di eventi certi o possibili che meritano questa sensazione un po' nervosa, un po' nevrotica, un po' spasmodica di ansia.
 
Cento anni fa, i nostri nonni - per tornare al libro su cui mi sto immergendo - avevano sogni diversi, ideali lontanissimi da quelli di oggi, e una precarietà che non era fatta di Co.Co.Co ma di moschetti, trincee e assalti alla baionetta.

Mio nonno Stefano aveva 18 anni (classe 1897) quando fu chiamato al fronte. Forse andò con entusiasmo, sicuramente durò poco. Perchè di quella guerra, come dell'altra combattuta in Montenegro 25 anni dopo, non raccontò mai nulla a casa. E non esiste memoria, almeno in ambito familiare, per qualcosa che probabilmente sei costretto a portarti dentro, più come un macigno che come un'esperienza da riportare ai nipoti.
E' passato un secolo e molte di quelle vicende non hanno insegnato nulla.
Il buono che resta, e che può corroborarsi con le pagine del libro di Cazzullo, è la “voglia di Italia” che tanti ragazzi andarono ad esprimere non solo “mettendoci la faccia” (come va di moda dire oggi) ma rimettendoci la vita, con uno spirito che – senza moschetto, baionetta ma con la stessa “voglia di Italia” - dovrebbe essere da esempio ai nipoti e pronipoti di oggi. Per quei 650 mila italiani che nonni non poterono diventare.

Altro dovrà accadere, fortunatamente nel 2015. Altro di cui parlare, di cui scrivere e di cui leggere. E non vedo l'ora di poterlo fare...
Auguri a tutti i 25 lettori del blog. E un 2015 ricco di tutto ciò che vi aspettate.
E anche, perché no, di qualche bella sorpresa...

mercoledì 17 dicembre 2014

Nuovo anno, soliti auspici? Ma la città almeno ha ritrovato una guida...

Come sempre l'arrivo del nuovo anno e' l'occasione per gli auspici.
Ci si sente tutti un po' più buoni, e non si sa bene perché.
Ma soprattutto si spera sempre che il nuovo anno cancelli le scorie di quello che se ne va. Un'illusione? Forse. Ma e' bello che resti così.
Sarebbe curioso andarsi a rileggere gli auspici degli anni passati, una sorta di fact check a ritroso, per vedere se poi tutto e' andato davvero come si sperava... Meglio di no. Meglio guardare avanti.


E Gubbio ha iniziato a guardare avanti, dopo un anno nel quale, quanto meno, si e' restituita una guida amministrativa.
Ecco, intanto il 2015 sarà il primo vero anno operativo per la nuova Giunta. Non un esame (quelli, in fondo, non finiscono mai e lo sa ancor meglio di noi il sindaco, da stimato e navigato docente) ma l'entrata a regime. Che dovrà essere anche una prima importante svolta, un cambio di passo per questa citta': sul piano progettuale, sulla capacita di programmare il futuro, senza dimenticare il "piccolo cabotaggio", le buche o i lampioni che sono il primo termometro di un'attività amministrativa (ma non devono restare l'unico). Un risveglio, soprattutto con un autunno e inverno ricco di eventi di successo, comincia a intravedersi. Non ci si culli sugli allori del momento, ma la strada e' quella giusta.


Sarà anche l'anno delle Regionali, il 2015. E se con 30 seggi si riusciva con qualche acrobazia ad avere un paio di rappresentanti, con i futuri 20 scranni sarà dura che Gubbio e il suo territorio siano adeguatamente rappresentati. Vedremo. Pur sapendo che non basta avere una "bandierina" sul tavolo del Risiko di Palazzo Cesaroni come alcune vicende - che gridano vendetta (tipo Alberghiero) - dimostrano.

Il 2015 sarà l'anno in cui dovrebbero andare a compimento storiche realizzazioni: come la Perugia-Ancona, tratto umbro (alleluia, ma gridiamolo solo a cose fatte...) o come il remake rivisto e corretto del parcheggio di S.Pietro (vedi sopra).
Ma noi ci aspettiamo anche qualche sorpresa (positiva). In fondo, proprio come i regali, gli auspici piu belli sono quelli che non ti aspetti...

GMA



da editoriale "Gubbio oggi" - dicembre 2014

lunedì 15 dicembre 2014

Eugenio Lamanna, l'esordio in A, e quel destino scritto dal dischetto...

Qualche volta il destino si diverte. Si diverte a farci credere in una sorta di predestinazione.
Non sarà così, ma che l'esordio assoluto in serie A di Eugenio Lamanna coincidesse con un rigore parato, neanche lui deve averlo mai sognato.
Timido com'è, introverso e di poche parole, può essergli capitato di pensarlo fugacemente. Ma poi di allontanare subito quella piccola intima illusione. Convincendosi che è meglio allenarsi, restare coi piedi per terra e aspettare il momento giusto.
Perchè davanti c'è uno come Mattia Perin che invece predestinato lo è: a diventare l'erede di Gigi Buffon.

E invece la domenica 14 di dicembre Eugenio Lamanna se la ricorderà per sempre: perchè in un contropiede della Roma a Marassi va a finire che Perin tocca Naingolaan, il belga va giù e l'arbitro Banti indica dischetto e sventola il rosso al portiere genoano.
"Gegè è il tuo turno", deve avergli detto Gasperini, scuotendo la testa e già pensando di dover ripartire con un gol di svantaggio. E lui, in silenzio come sempre, è andato in porta.

Che fare? Niente di paranormale, mi butto a sinistra e prego che sia la parte giusta.

Perchè? Perchè a sinistra Lamanna ha parato 4 dei suoi 5 rigori con il Gubbio, nelle due stagioni dorate della doppia promozione dalla C2 alla B.

Si comincia in C2 nel 2009-2010, in Gubbio-Giacomense. Finirà 2-0 con i gol di Marotta e Farina ma gran parte del merito va anche a Lamanna che dice di no a Perelli dagli undici metri.
Qualche mese dopo il rigore è più pesante: finale di andata play off col San Marino, i rossoblù conducono 2-0 grazie ai gol di Rivaldo su punizione e il raddoppio di Gomez in apertura di ripresa: al 90' Cesca si procura il penalty per riaprire tutto ma dal dischetto il talentuoso Grassi si vede sbarrata la porta da Lamanna. Che a fine playoff, al ritorno, ringrazierà il suo "maestro", l'ex portiere del Perugia e del Genoa, Simone Braglia.


Si sale di categoria ma il copione non cambia. Prima di campionato in casa in C1 col Sudtirol: il Gubbio dimentica i 5 gol di Cremona incassati 7 giorni prima, rifilandone 4 agli altoatesini, ma sul conto c'è anche un rigore neutralizzato da Lamanna a Campo.
Passa qualche mese, Lamanna supera lo choc dell'aggressione subita ad Alessandria e nel match di ritorno proprio con l'Alessandria, e con il Gubbio sopra 1-0 grazie al missile di Daud, è ancora rigore: stavolta c'è Artico sul dischetto, ma Lamanna torna a buttarsi a sinistra, e lo stadio esplode di un boato liberatorio.
Non è finita. Lui comasco deve parare pure un rigore al suo Como: due settimane dopo è Franco ad andare sul dischetto ma Lamanna mette da parte gli affetti e le origini, si butta stavolta dall'altra parte e la porta è ancora salva.

Chissà se ha ripensato a tutto questo Eugenio mentre aveva di fronte Adem Liiajc a Marassi ieri pomeriggio. Forse no, l'importante è che il risultato sia stato il medesimo.
Un record imbattibile, quello di esordire in A parando un rigore. Ora non resta che augurargli, non ce ne voglia Perin, di tornare anche in futuro protagonista nel palcoscenico più ambito.
Da Gubbio, è sicuro, il tifo non gli mancherà mai...
 
 
Rubrica "Il Rosso e il Blu" da "Fuorigioco" - lunedì 15.12.14

sabato 6 dicembre 2014

Basket Gubbio, 40 anni in un ciaf...

Tabelloni di legno, canestri artigianali, un campo di cemento-asfalto, ovviamente all'aperto. Sono lontani i tempi della palestra di San Pietro. Sono passati 40 anni da quando un gruppo di appassionati di basket organizzarono la prima squadra cittadina, il primo quintetto pronto ad incamminarsi in un percorso che allora, forse in pochi, avrebbero immaginato così prolifico.

Il Basket Gubbio ha mosso i primi passi in un piazzale a suo modo storico ed emblematico per la comunità eugubina.

Prima della guerra, davanti a quella palestra, si svolgeva addirittura l'alzata dei Ceri.
Dopo la guerra almeno due generazioni di eugubini hanno giocato, trascorso momenti di ludica spensieratezza o anche semplicemente una ricreazione scolastica.
Oggi sorge un complesso che da solo raffigura plasticamente l'incertezza sul futuro di questa comunità.
Non è incerto invece il cammino che da allora, per 40 anni, ha contraddistinto il Basket Gubbio. Centinaia di ragazzi, innamorati della pallacanestro, hanno potuto abbracciare una disciplina straordinaria, per coinvolgimento, spirito di squadra, aggregazione.
Con un sigillo distintivo da un lato pionieristico, dall'altro fortemente identitario: in 40 anni è stato forse il basket la vera disciplina sportiva che ha contribuito a superare campanilismi e aiutato una aggregazione anche con comunità limitrofe – su tutte Gualdo Tadino – da cui spesso sono arrivati giocatori, ragazzi e amici.

Dall'altra, oggi, a fronte di realtà sportive dove gli eugubini stentano a trovare spazio (calcio ma anche pallavolo), è ancora il basket lo sport principe per esaltare e dare spazio alle migliori risorse giovanili eugubine, con una squadra interamente composta da elementi cresciuti nel vivaio, ancora oggi forte di oltre 200 unità, dal minibasket fino alla Juniores fino ovviamente alla prima squadra.

Non sono mancate, certo, tappe di difficoltà, di crisi, anche di divisione, lungo il cammino quarantennale.
Il superamento di ognuno di essi ha comunque sempre corrisposto ad un salto di qualità, ad una crescita di maturità, ad una maggiore consapevolezza della forza aggregante del pianeta basket a Gubbio: per giovani e anche meno giovani, per praticanti o anche solo per appassionati dediti al tifo dagli spalti.

Molti dei quali ricordano ancora le gradinate di San Pietro, come gli scalini incandescenti della Palestra del Liceo, i gradoni più moderni della palestra dell'Istituto d'arte fino all'attuale “teatro” della Polivalente.
 

Dove gioie sportive e qualche amarezza si sono accavallate, ma sempre con un unico denominatore comune: la passione per la pallacanestro più sana, l'appartenenza ai colori biancazzurri, la voglia di indicare una strada. Nel panorama sportivo e anche sociale della nostra comunità.
Con la forza di un tiro da tre, un “ciaf”, morbido e inesorabile. Capace, però, dopo 40 anni, di lasciare il segno.
 
GMA
 
 
 
Editoriale libro "1973-2013 - 40 anni del Basket Gubbio"

martedì 18 novembre 2014

Il libro di Uliano Vettori... ricordando una partita, anzi LA partita: Gubbio-Poggibonsi


 http://www.trgmedia.it/playYouTube.aspx?id=6356
 

Gubbio-Poggibonsi. Potrebbe sembrare uno dei tanti confronti del calcio di provincia, capitolo anonimo del romanzo pallonaro umbro-toscano. E invece no.
Perchè Gubbio-Poggibonsi è una partita che non passa inosservata per la generazione dei tifosi degli anni 70. Basta recitare i due nomi, e in un attimo il pensiero vola al "Renato Curi". Viene spontaneo immergersi in un salto nel passato, in un viaggio a ritroso che ispira magari una prossima sfida.

Già perché per molti, moltissimi tifosi eugubini Gubbio-Poggibonsi non è una partita, ma LA partita. Ci sarà stata pure la serie B, il biennio dorato della doppia promozione, tanti gol, tanti protagonisti che in questi 30 anni hanno vestito la maglia rossoblù.

Ma quello che accadde il 17 maggio di 27 anni fa ha pochi paragoni nel calcio dilettantistico nazionale. Già perchè in quel "Renato Curi" si giocava soltanto uno spareggio tra le due capoliste di un girone di serie D: eppure sugli spalti c'erano 22 mila tifosi. Altro calcio, altri tempi. Altri protagonisti.

Come Uliano Vettori, che insieme a Giampaolo Landi, era il nocchiero protagonista di quella cavalcata. E se il professore ravennate, insieme al ds Mario Mancini,  aveva plasmato il Gubbio a sua immagine e somiglianza traendo il meglio da quanto già costruito negli anni con Fiorindi e Roscini, Uliano Vettori, toscanaccio purosangue, aveva dato l'impronta ruvida ma solida alla sua squadra. Tutt'altro che spettacolare quel Poggibonsi ma imbattibile, tanto che non perse mai in tutto il campionato, capitolando solo al 113' minuto, sul guizzo letale di Rosario Zoppis, servito al bacio da una girata sopraffina di Bobo Camborata. 27 anni sono passati da quel 1987 che regalò forse la pagina più entusiasmante, trascinante, appassionante della storia sportiva di Gubbio.

E c'è tanto Gubbio anche nei ricordi di Uliano Vettori, che usci' a testa alta da quel confronto sportivamente epico, vincendo l'anno dopo il campionato a mani basse. E diventando qualche anno dopo anche allenatore del Gubbio, ma solo per un mese. In un anno che poi si sarebbe chiuso con una retrocessione.

C'è anche tanto Gubbio nel suo libro ("Per le vittorie c'è sempre tempo"), presentato sabato a Poggibonsi, firmato da Paolo Bartalini: che proprio a Gubbio, dove faceva servizio civile, conobbe Uliano Vettori. In un Gubbio-Poggibonsi vinto dai toscani 2-0 davanti a 5000 spettatori.
Altro calcio, altri tempi. Altra gente, quella come Uliano Vettori.



Copertina de "Il Rosso e il Blu" - in onda venerdì 14 novembre
musica di sottofondo: "Vivere una favola" - Vasco Rossi 1987

sabato 15 novembre 2014

Rileggere il passato? Può servire, ma solo se si resta in piedi...

Quando ti fermi a rileggere il passato, devi farlo in piedi. E' un po' come un messaggio che dai a te stesso. Una terapia inconsapevole.

Se ti guardi indietro, se rileggi i tuoi giorni, i tuoi scritti, i tuoi pensieri che hai lasciato alle spalle, non puoi farlo seduto in poltrona. O sdraiato su un divano - come in questo momento, mentre rielaboro strani fluidi di memoria, mescolati col presente sibillino.

Ieri, un mese fa, un anno fa, sono tutti momenti importanti. E' stato importante viverli, e' importantissimo immortalarli - magari con una foto, con un video, con un pensiero scritto in un blog. Ma e' fondamentale non fermarcisi dentro.
"E' un peccato non leggerti più sul blog" mi dice qualcuno.
E scopri il volto di chi ti segue, di chi condivide quei pensieri. Non e' per questo che lo fai, non e' - o non dovrebbe essere – voyeurismo di se stessi.
Ma forse se in questo cammino ti sei fermato, forse c'e un perché.

Non mancano gli argomenti su cui riflettere, gli spunti, la stessa aneddotica (ad esempio, i 25 anni della caduta del Muro da soli bastavano a suggerire una miriade di collegamenti).
Non mancano i personaggi su cui mi piacerebbe scrivere (uno, anzi Uno, l'avevo pronto da settimane e l'ho postato solo oggi).

Forse il problema e' un altro. C'e una sorta di limbo, di attesa che qualcosa accada, di Forche Caudine da superare, nelle quali si sono arenate molte delle energie che c'erano. O magari le migliori.  Il fermarsi per la verita' e' un concetto teorico.
La quotidianità non ti consente l'immobilismo in giacca a cravatta, almeno quello degli impegni, delle "beghe" da risolvere, dei servizi da prevedere, dei palinsesti da riempire.
C'è però un'altra dimensione che sembra quasi essersi cristallizzata in quella parte di te che stava qui dentro. Che e' ora concentrata in un progetto ambizioso e prezioso. Sul quale si condensano aspettative e silenzi. Potrebbe essere finito, ma forse bisognerà rimetterci le mani. Potrebbe essere piaciuto, ma forse sarà necessario ritoccare qualche sua parte. O intervenire radicalmente. Il dubbio in questo caso, e' un compagno di viaggio che ti ritrovi tuo malgrado. E tutt'altro che gradito.

Un po' come quei tizi che ti si siedono davanti in treno, quelli che fanno cose che ti infastidiscono, invadenti, ingombranti, magari con un cane al seguito o parlando al telefono a voce alta, in malo modo, insomma insopportabili ma dai quali non puoi staccarti: se ti alzi a cercare un altro posto sei tu che finisci per fare la loro stessa figura. E allora te ne stai li'. Silente. A sopportare e sperare che alla prossima fermata quel tipo si alzi e se ne vada.

Ieri una persona, una semplice conoscente, in un convivio dal quale tutto mi sarei aspettato men che di finire a parlare del blog, mi ha confidato che lo segue e gli piace. E indirettamente, che gli manca.
Ed e' un po' come se avesse interpretato, inconsciamente, il desiderio di "ripartire" che covavo dentro. Non so se ci riuscirò. Ma intanto comincio da qui.
Comincio dal ringraziarla. Per le parole che ha riservato ai miei pensieri, per quell'iniezione di stima che, senza neanche saperlo, ha saputo trasmettermi. Con un tempismo eccellente. Perché caduto in una giornata in cui avevo bisogno, come poche altre, di quelle parole.

"Non ti chiedi mai che una persona potrebbe aver bisogno anche solo di una parola, di un "ciao come va?", di un semplice saluto?".
Me lo sono sentito ripetere a iosa. Ma finche' non ci passi, sopra quel sentiero, un po' solitario, un po' disorientante, non lo capisci.
Scrivo ergo sum. Anche solo per il piacere di farlo. Ma se si tratta di farlo al passato, meglio in piedi. Perché non ci si siede, non ci si ferma, non si interrompe quel desiderio di guardare avanti che deve spingerci sempre, crisi o non crisi, sul lavoro, in famiglia, con le persone care. O anche con un semplice conoscente che in pochi secondi riesce a trasmetterti quell'aspirina di motivazioni che mancava.

Sembra quasi di sentirla ancora sciogliersi effervescente nell'acqua. L'ho mandata giù volentieri. Oggi va già meglio...

lunedì 10 novembre 2014

Il coraggio di osare: vale anche per un brand come Gubbio...

Programmare il futuro della citta', imboccare nuove strade. Non per stravolgere il passato ma per fare di quel passato un fiore all'occhiello. E' un po' il filo conduttore di alcune novità che l'autunno anomalo (per le temperature) di questo 2014 ha presentato.

"Il coraggio di osare" e' stato il carburante prolifico di una serie di iniziative destinate a fare da ponte - almeno in questa fase - tra due periodi intensi, come quello della Mostra del Tartufo e della parentesi natalizia con l'attrattivo magnetismo dell'Albero di Natale più grande del mondo, che attende di essere acceso da un secondo Pontefice nel giro di appena 4 anni. Un po' come ogni anno sanno fare gli straordinari campanari dalla torretta di Palazzo dei Consoli.
Osare significa battere nuove strade, intraprendere sentieri che potrebbero apparire improponibili ai piu' scettici. O forse a chi pensa che preservare questa città dai rischi di un deprimente futuro sia semplicemente conservare lo status quo.

Chissà qualche anno fa cosa si sarebbe pensato se qualcuno avesse proposto di distendere per l'intero tracciato di corso Garibaldi un'enorme crescia al testo, farcita addirittura di crema di cioccolato.
L'intuizione lanciata quest'anno nell'ambito di Chocotartufo ha già fatto bingo, riuscendo a riempire il cuore del centro storico come solo gli eventi folcloristici e la stessa Mostra del tartufo erano capaci di garantire.

E in una sorta di passaggio del testimone, la settimana successiva, Gubbio lancia un'altra sfida sempre nell'ambito della promozione eno-gastronomica (che non e' di serie B se si pensa quali risultati siano stati raggiunti altrove): la scommessa dei "Secondi d'Italia" (dopo che i "Primi" sono esplosi a Foligno sulle ceneri della nostra Festa della Pasta) con "Quinto Quarto", il festival dei tagli poveri del vitellone bianco di Chianina, una provocatoria kermesse dedicata a piatti quasi dimenticati per decenni, spariti dalle tavole familiari, soppiantati da surgelati e crocchette ma che ora sono pagati a peso d'oro nei ristoranti degli chef pluristellati.

Valga per tutti l'esempio della "coradella", piatto forte della tradizione locale e sempre piu' apprezzato anche da turisti e forestieri. A Milano, in una minuscola ciotola, lo chiamerebbero finger food: e andrebbe a ruba.
Il coraggio di osare: per fare del brand Gubbio qualcosa di piu' attrattivo. Per fare di semplici ma efficaci idee, qualcosa più che un semplice diversivo.

La citta' ha bisogno di eventi?
Associazioni e privati ci dicono che tentare si puo' e si deve. Osando, coerentemente. Ma osando. Anche a dispetto di chi storce la bocca.
 
 
 
Editoriale "Gubbio Oggi" - novembre 2014




 

mercoledì 15 ottobre 2014

Il mio ricordo di Ermete, quando spuntava alle 5 e tre quarti...


Ho intervistato due volte Ermete Bedini. E in tante altre occasioni abbiamo parlato. Di Cero e non solo. Perchè lui aveva una vita da raccontare. A 20 anni la campagna (e la ritirata) di Russia. Il doloroso rientro, il dramma dell'eccidio dei Quaranta Martiri che lo aveva colpito pesantemente negli affetti. E poi la vita, quella di tutti i giorni, quella più spensierata, condita da aneddoti gustosi. Raccontata con passione, con tenacia, con un incorruttibile senso del dovere.
Solo chi non conosceva Ermete, poteva descriverlo come burbero. La sua era schiettezza distillata, come le migliori grappe venete: bruciano chi non sa apprezzarle, ma vanno già che è un piacere. E danno calore. Punto.

L'immagine che conservo del dottore è speciale. E' personale. Quasi intima, se non fosse che in questo flash ci sono dentro, in realtà, migliaia di persone. Ma tutte (o quasi) ignoravano quello che passava per la nostra testa, per la pelle, per il cuore, in quei momenti. Lui no.

Lo vedevi arrivare alle 5 e tre quarti, in giacca e gilet.
Lui i Ceri li viveva così. Ti guardava negli occhi. E mentre il brusìo che circondava il Corso e penetrava nelle orecchie, finiva per assuefarsi con il respiro impastato e il battito cardiaco intermittente, il dottore ci chiedeva chi fossero le punte, chi i ceppi. E voleva sapere dei bracceri. Li squadrava, in un paio di secondi, e li battezzava a modo suo: "Boni... basta che 'n ampicciono".

Poi, una volta controllato tutto, come fossimo la sua pattuglia speciale, si voltava di nuovo verso di noi e fisso, si scioglieva in un sorriso di incoraggiamento e in un abbraccio, uno ad uno.
Guardavo quel signore, pensando a quante volte mi era apparso in fotografia accanto a mio padre, che a sua volta aveva "battezzato", con Furio braccere, sulle girate della sera parecchi lustri prima.
50 anni di differenza tra noi e lui. Ma in quel momento, a parte il Lei doveroso, era come fossimo coetanei. Era come se il tempo e l'anagrafe non contassero.
Occhi lucidi che incrociavano altri occhi lucidi. E una stretta forte. Meglio di una cintura di sicurezza.
Un'iniezione di coraggio e di fiducia che nessuna bevanda energetica avrebbe saputo eguagliare. Ermete, per la nostra "muta", era qualcosa più che un semplice doping.

Se ci sono degli istanti che conservo incancellabili delle Sei meno Cinque, tra questi c'e la comparsa improvvisa, ma indispensabile, del dottore su da Barbi. Quando arrivava lo sentivi. Sentivi che era ora.
E che quello che avresti dovuto fare (e che fino a quel momento ti angosciava), era trasformato improvvisamente in una sostanza intangibile ma che evidentemente Ermete sapeva trasmettere con qualche sconosciuta formula alchemica: l'orgoglio.
In quel momento sarebbe potuto arrivare anche un tornado. Non ci saremmo spostati di un millimetro.
Perché quello che stavamo per fare, l'avremmo fatto anche per ceraioli come lui...

sabato 4 ottobre 2014

Nella giornata del dono, due poesie che dovremmo imparare a interpretare... ogni giorno

Ogni giorno migliaia di persone donano qualcosa di sé: senza chiedere nulla in cambio.
Può essere il loro tempo, possono essere risorse materiali, può essere un gesto d'affetto o di aiuto concreto, come donare sangue.
Qual è il valore di questo gesto, consapevole, periodico, duraturo?

E' ciò di cui si è parlato alla Biblioteca Sperelliana nel convegno "Io dono, e tu?", promosso da Avis, Aelc e Aido.
Tutto questo nella prima edizione della "Giornata del dono", istituita quest'anno il 4 ottobre, giorno di S.Francesco d'Assisi.

Come per il giorno degli innamorati o la festa del papà, adesso c'è la data per essere tutti solidali e amici, dirà qualcuno: il 4 ottobre di ogni anno sarà il «giorno del dono» ma non si tratta di regalare mimose o cioccolatini.

Giusto per la cronaca, il Senato ha approvato lo scorso anno il disegno di legge bipartisan che istituzionalizza il valore del dono e ricorda il valore dei sentimenti di solidarietà e amicizia tra le persone. 
Due gli articoli contenuti nel testo: il primo evoca per i cittadini «l’opportunità di acquisire una maggiore consapevolezza del contributo che le scelte donative possono recare alla crescita della società italiana». Il secondo stabilisce che in occasione del giorno del dono si possono organizzare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, cerimonie, incontri e momenti comuni di riflessione. Non solo doni materiali, dunque.

Ma il valore di questa giornata non sta certo nel fatto che sia stata "istituzionalizzata". Sta nel fatto che tutti dovremmo ricordare che "donare" rappresenta un pezzo del nostro essere.
Che senso ha avere o anche semplicemente essere, se quello stesso essere non si può trasmettere a qualcuno, non si può offrire, non si può mettere a disposizione per condividerlo?
Parole apparentemente ecumeniche, ma che nascondono anche il cuore della maggior parte dei problemi che quotidianamente viviamo - e di cui parliamo - nella società moderna.

Aspettiamo che qualcuno ci sia la risposta ai problemi ma intanto, spesso, troppo spesso, non si fa nulla per affrontarli. Ognuno nel proprio piccolo.
Ecco, cosa ci dice questo 4 ottobre. Ecco cosa ci insegna "La giornata del dono"
Il cuore dobbiamo provare a mettercelo noi. Possibilmente non un solo giorno all’anno.
 
L'incontro della Sperelliana? Interessante, non solo per le erudite riflessioni del prof. Segatori o della psicoterapeuta Arestìa, ma anche per i numeri e la testimonianza del dott. Lazzarini (anestesista dell'ospedale Gubbio-Gualdo). E soprattutto per le poesie interpretate dal Teatro della Fama. Due in particolare mi hanno colpito.
Ve le propongo. Proprio perchè sia, a loro modo, un dono esse stesse. Per rifletterci. Per farle nostre.
 
 
 
 
Ti auguro tempo

Ti auguro tempo
Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare,
non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.
Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perchè te ne resti
tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guardarlo sull' orologio.
Ti auguro tempo per guardare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno,
ogni tua tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita.

Elli Michler



Un Dono

Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha mai pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell' animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare
scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo.

Gandhi
 
 
 

mercoledì 10 settembre 2014

La ricreazione è finita

La ricreazione e' finita, si torna in classe.
Riaprono le scuole ma la campanella più attesa e' quella della politica: in attesa di sapere quali e quante aziende riapriranno dopo la pausa estiva (forzatamente piu' lunga del solito), prepariamoci ad un'altra lunga stagione pre-elettorale.

Stavolta le urne busseranno in anticipo, a primavera. E toccherà alle Regioni rinnovare i propri ranghi, dal Consiglio di Palazzo Cesaroni alla Giunta di Palazzo Donini. Ci saranno meno consiglieri (20 anziché 30), e sono già partite le grandi manovre, soprattutto nei partiti di punta, per assicurarsi posizioni di garanzia.

Quella garanzia che vorrebbero invece avere i cittadini dal Palazzo. Garanzie ben diverse da quelle che l'attuale consesso ha prodotto, abolendo ad esempio i vitalizi previsti fino ad oggi, ma a partire da coloro che occuperanno gli scranni dal prossimo aprile. "Armiamoci e partite" insomma.
La nostra piccola comunità rischia di ritrovarsi ancora più isolata del solito, con le possibilità risicate di avere uno o più rappresentanti all'assemblea regionale.

Rispetto al passato, ora c'e' un'Amministrazione comunale, dopo 12 mesi di commissariamento, c'e' un'interlocuzione almeno propositiva, dopo 12 anni di "autarchia politica", c'e' un clima di maggiore coinvolgimento nella stessa comunità locale (come dimostrano le sempre piu' numerose e proficue iniziative di volontari).
Ma non basta.
Serve un cambio di passo, deciso, da parte di tutti. Con un presupposto imprescindibile: le rendite di posizione sono finite. Non e' piu' tempo di privilegi, guarentigie, benefit. Non e' piu' tempo di rivendicare cio' che non sara' piu'. Per i cittadini così come per la politica.

Sono anche i messaggi che arrivano da lontano.
Dal Premier come dal Pontefice, dal CT della Nazionale di calcio fino al sindaco di una cittadina di 30 mila anime.
Il monito, insomma, vale per tutti. Anche per ognuno di noi. Nessuno escluso.


Da editoriale "Gubbio oggi" - settembre 2014

lunedì 8 settembre 2014

La Lucchese vorrebbe sempre il Gubbio: ma un precedente insegna...


Probabilmente se potesse scegliere, la Lucchese vorrebbe sempre venire a Gubbio.
Tre partite, tre vittorie, tra Coppa e campionato, nell'ultimo decennio. Il copione magari è stato diverso, ma il risultato alla fine ha sorriso sempre ai colori rossoneri.
Eppure c'è una sconfitta che, a suo modo, è stata determinante per le fortune del Gubbio: non tanto per quel che è successo dopo, piuttosto per quello che non è successo.

Il giorno era il 4 ottobre, San Francesco, l'anno il 2009 ma di mansueto quella domenica non ebbe granchè. Il Gubbio di Torrente, fresco allenatore in prima squadra dopo esperienze nel settore giovanile del Genoa, è reduce da due sconfitte e un pareggio davanti al pubblico amico. E poco conta che quelle sconfitte siano condite da recriminazioni.
Arriva la capolista Lucchese che presenta in attacco tale Biggi, giocatore che già con la maglia del Castelnuovo Garfagnana aveva fatto male ai rossoblù. Finisce 2-1 guarda caso con doppietta di Biggi, che a due minuti dalla fine sigla la rete decisiva dagli undici metri. A poco serve l'acuto di Alessandro Marotta che, segnerà impercettibilmente anche nel match di ritorno al Porta Elisa – quello finito 1-1 – e che l'anno dopo vestirà proprio la maglia Lucchese.

Ebbene nel dopo gara in molti si aspettano l'esonero di Torrente: in 7 partite l'ex capitano genoano ha messo insieme appena 8 punti, frutto di 2 vittorie e un pareggio esterni e uno straccio di punto, con il Bellaria, su 4 gare giocate in casa.
Un clichè neanche nuovo considerando che anche negli anni precedenti il Gubbio aveva viaggiato alla media di due allenatori a stagione.

Stavolta non va a finire così. E' il dg Simoni ad insistere con Torrente, la società lo segue e si fida, la sconfitta con la Lucchese resta presto alle spalle e al termine della stagione a brindare saranno entrambe le squadre: i toscani vittoriosi con promozione diretta e il Gubbio trionfante nella finale play off di San Marino.
Non abbiamo la controprova, ma di certo un esonero nel post-gara con la Lucchese, quel 4 ottobre, avrebbe escluso tutto quanto accaduto nei due anni successivi. E in una sorta di sliding doors, mai scelta societaria fu più lungimirante.
Un precedente, all'insegna della fiducia e della prudenza, che torna buono anche di questi tempi...


Rubrica "Il Rosso e il Blu" in "Fuorigioco" di lunedì 8 settembre 2014

domenica 31 agosto 2014

Acori a Gubbio: dopo 16 anni... per un'altra sfida


A volte ritornano. E a volte non succede per caso.
Leo Acori a Gubbio e' tornato spesso da quel maggio 1999 quando sedette l'ultima volta in panchina a Viterbo. Spesso ma sempre da avversario.
Allora la macchina di S.Rosa non ce l'aveva ancora con la Festa dei Ceri, per le faccende Unesco ma in quei 90' l'undici laziale di patron Gaucci, con Baiocco e Liverani a giostrare a centrocampo, pur già promosso in C1, fece di tutto per impedire ai rossoblù di vincere e agguantare i play off.
Fini 2-2 e a Leonardo da Assisi, alla guida di una matricola terribile, capace un anno prima di vincere il campionato di serie D con 8 turni d anticipo, l'urlo di gioia resto' strozzato in gola. Un conto aperto, una questione che non poteva restare in sospeso.

Leo Acori ha poi incrociato spesso la strada eugubina dalla sponda avversa. Spesso gli andò male ma nell'occasione piu importante e' stato Leo ad esultare. Finalissima play off giugno 2003: il suo Rimini affronta il Gubbio di Alessandrini, dopo un estenuante campionato che di C2 ha ben poco. A vincerlo e' stata la Fiorentina, che si chiama Florentia Viola, che e' passata ai Della Valle, e ha cambiato nome forse per rifarsi il look. In campionato due pareggi, anche rocamboleschi, come a Gubbio dove le due squadre falliscono un rigore a testa dopo il 90'.

L'andata della finale e' a Gubbio: Alessandrini, che ha stravinto col Castelnuovo in semifinale nonostante lo stop imposto a Lazzoni per i troppi caffè, da' fiducia a Zebi, grande protagonista nelle semifinali, oggi ancora sulla breccia a Ravenna e per di piu anche consigliere comuale, e gli affida il temuto Adrian Ricchiuti. Gli sfugge una sola volta, quanto basta per procurare il penalty: Bordacconi con l'aiuto del palo infila Fabbri e resterà l'unico gol della doppia sfida. Al ritorno, infernale, a 30 gradi fuori e 40 negli spogliatoi, il Gubbio sfiorerà piu volte il gol senza trovarlo. E alla fine Leo Acori inizierà la cavalcata riminese culminata nella serie B contro la Juve e in quel debutto su SKY, con la coppia mondiale Caressa-Bergomi dove ancora Ricchiuti regalerà una perla memorabile ai tifosi biancorossi. Quel Rimini avrebbe giocato i playoff per la A se non fosse stato preceduto da tre corazzate come Juve, Napoli e Genoa, in una B geneticamente modificata da Calciopoli.

L'altra pagina clou della carriera di Acori e' a Livorno, dove porta i labronici ai playoff per salire in A prima di essere congedato da patron Spinelli alla vigilia della finale. Quasi fosse su Scherzi a parte.
Benevento, Cremonese, San Marino e Grosseto, a seguire, non sapranno restituirgli le soddisfazioni meritate. E allora Leo Acori decide di tornare. Di saldare quel "conto in sospeso". Ben sapendo la difficoltà della sfida, ma conscio altrettanto del calore e della familiarità dell'ambiente eugubino. Che sa apprezzare chi nelle cose buone ci mette pure l'anima.

Ora non ha i Giacometti, i Bignone, i Cau, o i Lorenzo. Ha Bonura, che aveva lanciato proprio in C2 a Gubbio, che ha voluto al suo fianco. E una nidiata di ragazzi in cerca di un trampolino importante: come lo e' stato Gubbio per Leo Acori.
Bentornato mister!
 
 
Rubrica "Il Rosso e il Blu" poi utilizzato (solo) il 15 settembre 2014 a "Fuorigioco"

giovedì 28 agosto 2014

Lo spezzatino in Lega pro? Meglio quello della nonna...

Lo hanno ribattezzato spezzatino, ma qualche nonna potrebbe giustamente offendersi.
La Lega pro - dopo l'inevitabile cura dimagrante (5 campionati ridotti a 3) e la morìa di società che continua incessante - prepara in rampa di lancio quella che viene definita, con enfasi da Minculpop, la stagione della svolta.

13 orari diversi nelle partite disseminate in ogni fine settimana, dal venerdì alle 19 fino al lunedì sera alle 20.45. Turni infrasettimanali, dirette streaming, un cartellone di appuntamenti da bulimia calcistica. Con seri rischi di anoressia però per il futuro della terza serie.

Già perche' le geniali novità di un calendario frammentato all'inverosimile hanno già prodotto conseguenze pesanti sulle campagne abbonamenti di molte società, Gubbio compreso. In tanti hanno visto bene di aspettare a sottoscrivere la tessera annuale dal momento che solo una minima parte di gare si giocherà di domenica, e che ancora ad oggi si conoscono solo le date delle prime due giornate. Di tutte le altre si sa che forse potranno vedersi su internet - sempre che i disservizi dello streaming testato in Coppa non vengano superati (Ancona-Gubbio non l'ha vista praticamente nessuno). Sportube e' il nuovo partner di Lega pro, in un connubio che potrebbe rivoluzionare il calcio italiano, dicono dalle stanze federali. O farlo saltar definitivamente per aria, teme qualcun'altro.

L'unico botteghino ad esultare per ora e' proprio quello dei vertici federali, che hanno escogitato l'ennesima alchimia per garantirsi introiti certi, stipendi anti-crisi e poltrone inossidabili.
Che gli stadi di Lega pro siano invece destinati a svuotarsi non viene messo nel contro, sempre che interessi davvero a qualcuno. Ci penserà qualche altro rampante dirigente Lega pro, tra qualche anno, a mettere la toppa. Nessuno poi ovviamene pagherà per il buco.
Una storia già vista, e non solo in campo sportivo. Una storia tipicamente italiana. Di quell'Italia borbonica che fatica ad essere rottamata, nel calcio come nelle stanze della politica.

C'e' poco da sorprendersi dunque di un Tavecchio alla guida del calcio - anche se i personaggi piu' insidiosi restano quelli che lo contornano - figura tanto criticata all'unisono su una frase infelice, quanto abile a scegliere come foglia di ficus l'allenatore piu indiscutibile dell'ultimo triennio. C'e' da chiedersi pero che cosa il nuovo corso federale farà per il futuro del calcio di casa nostra, oltre ad Antonio Conte.
Se le premesse sono quelle di Lega pro, teniamoci lo spezzatino. Ma quello della nonna...


Rubrica "Il Rosso e il Blu" in onda a "Fuorigioco" - lunedì 1 settembre 2014

martedì 12 agosto 2014

Un Paese che sa di Tavecchio...

Sembra che Moody's abbia abbassato il rating dell'Italia dopo l'ufficializzazione di Carlo Tavecchio alla guida della Figc. Non tanto per i valori economici del nostro disastrato Paese, ma per la coerenza  della sua classe dirigente.
Per carità - visto quel che accade anche fuori dai nostri confini - sono in pochi a poterci dare lezione. Ma il Belpaese si diverte a fare di tutto per mettersi sotto i riflettori, nelle peggiori tonalità.

Il calcio, che non è più un gioco ormai da decenni, resta un'industria simbolo dell'Italia. Non a caso splendeva di luce propria negli anni Ottanta, riuscendo a rappresentare la faccia opulenta di un Paese "da bere" che stava però cartolarizzando il proprio presente (dopo aver messo in freezer il futuro delle prossime generazioni, almeno quello pensionistico). Dal flop di Italia '90 - sportivo e soprattutto di programmazione e infrastrutture - la parabola è stata una discesa quasi costante e inarrestabile, intervallata da qualche sussulto agonistico (Mondiali 2006, Europei 2012), che a vederla oggi, appare come l'eccezione che conferma l'andazzo.

Oggi il mondo del pallone è lo specchio del vuoto italico: di quello economico-finanziario e soprattutto di quello valoriale.
Carlo Tavecchio, nuovo Presidente Figc, è alla guida della Lega Dilettanti dal 1999: di lui non si ricordano in 15 anni riforme o iniziative epocali, ma neanche spunti o idee tali da perorarne l'improvvisa candidatura alla guida del Calcio italiano, dopo le dimissioni di Abete, abbattuto, insieme a Prandelli, dall'inzuccata di Godin.
Tavecchio è paradossalmente diventato famoso per un infortunio topico nel descrivere un problema reale - empasse tipica di chi ha responsabilità decisionali, capire i problemi ma non essere capace neppure di rappresentarli verbalmente. E la sua ormai mitica scivolata su "optì Poba" ha trasformato quello stesso problema reale (troppi stranieri) in una boutade che ha fatto il giro del mondo, con sberleffi annessi.
Se fosse quello il suo manifesto politico-programmatico somiglierebbe ai cartelli murali "Più tasse per Totti", ideati dal centrosinistra per scalfire la supremazia mediatico-populista del Cavaliere, con risultati - fuori dai Tribunali - sempre modesti.

La vicenda Tavecchio è paradigmatica di un Paese che non solo non sa cambiare, ma preferisce affidarsi al "brizzolato sicuro". E detto da chi scrive (che brizzolato ormai è quasi a tutti gli effetti) non può essere presa come una "pro domo sua". Ma se di un padre si potrebbe aver bisogno, il nonno non serve a dare la sterzata. Tutt'al più la ninna nanna.
La scelta della gran parte del calcio italiano assume piuttosto i connotati della classica scommessa gattopardesca: lasciare nella stanza dei bottoni un signore con l'aria da zio bresciano di secondo grado, da cui ti aspetti una barzelletta o un aneddoto con il suffisso "Ai miei tempi"... più che una strategia risolutiva della crisi atavica di un movimento di milioni di praticanti. Non a caso a votarlo sono stati soprattutto coloro che vogliono cambiare perchè in fondo nulla cambi: buona parte delle società di A, tutta la B e la Legapro. La fantomatica Lega pro.
Un coro così stranamente oceanico da far apparire Demetrio Albertini più affidabile di quanto anche la sua esperienza federale non dica. Se non altro per motivi anagrafici (che pur da soli non dovrebbero bastare).

Pasolini ripeteva fin dagli anni Settanta che l'unica religione ormai praticata domenicalmente, era quella del pallone di cuoio.
Il calcio non è più ormai vicenda domenicale (metà delle partite si giocano negli altri giorni). Ma ora l'Italia ha un suo nuovo "sacerdote". Lasciando stare le sue omelie, speriamo almeno riesca a dire messa fino in fondo. Non saremo nel coro. E caso mai, al rosario penseremo da soli...

lunedì 4 agosto 2014

Aspettando l'effetto-Nibali, un'idea per il (ciclo) turismo locale

Ernst Hemingway scriveva che per conoscere a fondo il fascino di una terra bisogna percorrerla in bici. "Solo sudando per le sue salite ed esaltandosi nelle sue discese, si puo' cogliere la personalita di un luogo".
Sara' che le recenti gesta di Vincenzo Nibali hanno riacceso l'entusiasmo per le due ruote piu' mitiche. Sara' che l'idea di andare alla ricerca di flussi turistici alternativi e legati ad ambiente e patrimonio naturalistico e' quasi un dovere. Sta di fatto che anche dalle nostre parti - in Umbria e perche' no, nel comprensorio Eugubino - i tempi sono piu' che maturi per riflettere sulle opportunità che un turismo di nicchia così in crescita, in Italia come in Europa, potrebbe aprire. E la facilita' relativa con cui potrebbe attecchire. Proprio perché a sua volta si tratta di un circuito che tende a toccare luoghi non facilmente accessibili, lontani dai traffici caotici. Ambienti come i nostri che, almeno per una volta, sono avvantaggiati dall'isolamento viario.

Un recente studio commissionato dal Parlamento Europeo alla European Cyclists' Federation, ci dice che sarebbero 25,6 milioni i cicloturisti pernottanti nel mondo, per un valore complessivo di 54 miliardi di euro all'anno. I casi studio europei mettono in evidenza come lo sviluppo di itinerari cicloturistici possano avere interessanti ricadute sulle economie locali, in termini di creazione di imprese e posti di lavoro.

Gli esempi cui ispirarsi sono quelli delle ciclovie dell’Alto Adige che restano, purtroppo, un unicum in Italia.
E' in auge un interessante progetto che vorrebbe ripercorrere con jna pista ciclabile l'antico itinerario ferroviario da Fossato di Vico ad Arezzo: un'idea a suo modo originale e ambiziosa che - legandosi agi itinerari Francescani e alla Via Francigena (che già godono di una certa pubblicità in ambito ciclo turistico) - potrebbe diventare occasione di richiamo per italiani e stranieri non alternativa ma complementare ai flussi attuali.

Il cicloturismo appare al tempo stesso, uno degli "strumenti" piu' idonei per favorire una piu forte coesione nella proposta turistica di un comprensorio - Eugubino-Gualdese - che non e' mai riuscito a coalizzarsi davvero nella proposta di un pacchetto unico: pur avendo molte "cartucce" da sparare. Ognuno pero ha voluto farlo con la propria doppietta ( con risultati alquanto modesti).

Non e' solo un problema nostro, tanto che Paesi europei con un decimo del nostro patrimonio artistico ci sorpassano pedalando a doppia velocità.
Se e' vero che la crisi ci porta a cambiare abitudini di vita (come quella di lasciare l’auto a casa e optare per la bicicletta) e' altrettanto vero che un pensierino concreto su questo versante andrebbe fatto, da istituzioni regionali e locali.
 
Tra gite domenicali, raduni, escursioni a corto e medio raggio per il weekend o anche veri e propri tour di più giorni on the road, solo considerando le 142 associazioni FIAB (Amici della Bicicletta) presenti in Italia, queste organizzano ciascuna ogni anno una trentina di gite e vacanze sulle due ruote, con una media di trenta partecipanti e 50 km percorsi: un totale di 4.200 escursioni e viaggi l’anno, che muovono quasi 130.000 persone in tutta Italia, per un totale di 6.300.000 km, pari a 157 volte e mezzo il giro del mondo.
La meta sono itinerari selezionati, con un giusto mix di citta' d'arte e ricchezze naturalistico-ambientali: che anche il nostro comprensorio possa aspirare a farne parte sarebbe una novità auspicabile.
GMA
 
editoriale "Gubbio oggi" - agosto 2014