Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

lunedì 30 settembre 2013

"Voti a rendere" della domenica: dal 7 a Camplone al 4 per... Giove Pluvio

VOTI A RENDERE... di domenica 30 settembre 2013






Camplone 7 –

Rimettere il grifo in carreggiata sembra diventato ormai il suo mestiere. Dopo la scoppola di Grosseto e i malumori conseguenti, non era facile per Camplone tenere a bada un Lecce ancora a zero punti e col trainer nuovo di zecca: Perugia aggressivo e pratica archiviata in 35'. Concreto.






Porricelli 7,5 –

E' l'emblema di un Foligno che continua a stupire, e gioca indistintamente in casa fuori con lo stesso atteggiamento. Porricelli, umbro tornato a segnare nella terra natìa, firma il successo di Ponte San Giovanni che regala il primato in coabitazione con la Pianese. Con Urbanelli è tra le coppie d'oro offensive della D. Implacabile.






Francioni 5 – Stavolta dietro la lavagna finisce il Gualdo Casacastalda: difficile individuare un unico responsabile, visto che la squadra a Scandicci sembra vedere in faccia il mostro e si squaglia in 10 minuti dopo l'iniziale vantaggio di Bellucci. A Francioni tocca l'onere di prendere questa insufficienza, simbolicamente parlando, ma soprattutto il compito di risollevare il morale di una squadra che sembra non essersi ancora sintonizzata con l'onda radiofonica di questa nuova stagione. Altalenante.






Giove Pluvio 4 – Il diluvio su Gubbio scatenatosi a ora di pranzo sembrava quasi programmato col timer. I 5' disputati su un terreno ridotto a piscina scoperta sono stati un eccesso di zelo di Mainardi da Bergamo. Più calcio, sembrava una prova dei Giochi senza frontiere, senza i giudici Olivieri e Pancaldi a fischiare da bordo campo. Improvvido Giove Pluvio che costringerà la squadra rossoblù ad un tour de force: 5 partite, Coppa compresa, nei prossimi 20 giorni. Forse anche a Bucchi toccherà fare turn over.

venerdì 27 settembre 2013

Due o tre domande, dopo la visita della Presidente della Regione alla troupe di "Don Matteo"...


Le foto che vedete in questo post sono quelle ufficiali, diramate dall'Ufficio stampa della Regione. Titolo: "Visita ufficiale della Presidente della Regione Catiuscia Marini al set di "Don Matteo" a Spoleto".
Risparmiando i dettagli dell'incontro, va notato dalle foto, che l'iniziativa ha visto la presenza dei personaggi "storici" della fiction, da Terence Hill a Nino Frassica fino a Simone Montedoro.

Quando ho visto queste foto, mi sono fatto qualche domanda: come mai in 13 anni (tredici) di ciak a Gubbio, con 8 edizioni tutte fortunate e prolifiche in fatto di telespettatori (e dunque di visibilità non solo per Gubbio ma anche per l'Umbria), nessun rappresentante regionale ha mai pensato (neanche sotto elezioni, 2005 - 2010) di fare questa simpatica "compassata"?
Altro quesito: cosa si saranno detti Terence Hill o Frassica quando si sono visti comparire lo stato maggiore della Regione, come se in questa regione, loro che ci bazzicano dal lontano 1998, fossero arrivati solo ieri?

Ultima domanda (tra quelle che sorgono spontanee senza troppo rifletterci, diciamo istintive e anche un po' inquietanti):
sarà un caso che la visita della Governatrice dell'Umbria cade proprio nei giorni in cui il Palazzo Municipale di Spoleto ha qualche problema in fatto di bilancio (si parla di un "buco" consistente, circa 10 milioni) e di dimissioni di alcuni assessori?

Ci può stare tutto, intendiamoci. Il "pane et circenses" e' una massima che dai tempi di Tiberio regna incontrastata nella mente di ogni amministratore pubblico, almeno quanto il "divide et impera". E Gubbio ne sa qualcosa.

Se così fosse, tutto pero' lascia pensare anche ad un ulteriore scenario, tutt'altro che peregrino. Che riconduce ad un filo sottile, diretto e neanche troppo velato, tra Palazzo Donini e il Municipio di Spoleto.
Che potrebbe aver avuto anche un suo "peso" - chissà - o anche un ruolo o comunque si sarebbe potuto "non sapere" cosa stesse succedendo tra Spoleto e Gubbio nella febbrile e sotterranea trattativa che poco meno di un anno fa ha portato la Lux Vide a decidere di fare le valigie e salutare la città che l'aveva ospitata dopo oltre un decennio di felice connubio.

Certo, non sarebbe tutto questo neppure un alibi per la Gubbio che nel frattempo si e' accartocciata su se stessa, vittima di un quindicennio di cui solo oggi ci si capacita in fatto di "macerie amministrative" e lacerazioni. Culminato nel bienno più contraddittorio e autolesionista che si potesse immaginare.
Forse per sciogliere questo enigma ci vorrebbe proprio "Don Matteo". Magari glielo chiediamo domenica mattina in Piazza Grande (visto che tornerà per la "Run for you")...





mercoledì 25 settembre 2013

Dal vuoto politico... ai vuoti di memoria

Una città senza governo, senza assise consiliare, senza possibilità di progettare il futuro. In due parole, una città senza voce.
E con il rischio di ritrovarsi anche senza memoria. Caso mai qualcuno avesse scordato gli ultimi 15 anni di vita eugubina, ci ha pensato indirettamente la Presidente della Regione, Catiuscia Marini, a rinfrescare la meningi al termine del suo incontro con il Commissario D’Alessandro a Palazzo Pretorio.

A Gubbio non si programma e non si decide da troppo tempo” ha dichiarato testualmente la Governatrice umbra, respingendo al mittente non solo presunte responsabilità regionali sulla situazione attuale ma anche insinuazioni che volevano coinvolgere Palazzo Donini nella strana e ancora oggi subdola vicenda della fuga di “Don Matteo” a Spoleto.
Gubbio Cenerentola? No, più che altro una Gubbio da Bertoldo. Una città che ha finito per giocare sul proprio destino prima con un decennio improntato prevalentemente ad una “politica del consenso”, poi con un biennio gravido di conflitti e contraddizioni – prima fra tutte l’abbandono del timoniere da parte delle truppe che lo avevano sostenuto.

Quella stampata dalla Presidente regionale non è solo una fotografia dell'attualità, somiglia più ad uno schiaffo politico alla classe dirigente di questa città (del suo partito e non solo). Il quindicennio di lotte intestine, alleanze trasversali, conflitti economici, battaglie disputate su più fronti, non solo politici, ha lasciato molte macerie. Il risultato? Una città che si è autoesclusa dalla geografia della programmazione regionale. Una comunità senza più bussole.
Gubbio è l’unico comune in Umbria – ha rivelato la Marini - a non aver presentato il cosiddetto Qsv (documento sul quadro strategico di valorizzazione del centro storico), perdendo così l’opportunità di attingere a risorse economiche che di questi tempi sarebbero tanto preziose per quanto sono rare.

L’ultimo decennio, al di là di alcuni interventi, la città ha partorito due mega progetti (Puc 1 a San Pietro e Puc 2 nell’ex ospedale) che dovevano rappresentare una svolta epocale per il centro storico. Entrambi hanno vegetato prima ed ora restano in incubatrice, con il parcheggio a San Pietro che ha qualche chance in più di vedere la luce (se non altro per far sparire l’eco-mostro attuale) e con l’ex ospedale che invece si candida a diventare “cattedrale nel deserto”, con l’aggravante di aver fatto trascorrere quasi 10 anni (dalla firma per il nuovo ospedale di Branca risalente all’anno 2000 all’inaugurazione del marzo 2008) senza un progetto di credibile fattibilità.

Il Commissario D'Alessandro con l'ormai ex Comandante
dei Carabinieri di Gubbio, Iannicca
Piangersi addosso, a questo punto, è esercizio perfino beffardo, oltre che dannoso. Non potrà essere il Commissario del resto ad usare la bacchetta magica e risolvere d’incanto i problemi: sarà un mezzo miracolo già far tornare i conti, dopo il taglio “brutale” di circa 4 milioni dei fondi provenienti dal Governo, che imporranno una manovra rigorosa e inevitabilmente pesante.
C’è un vuoto politico, che faticosamente da alcune sponde, politiche e civiche, si cerca di affrontare con qualche primo timido dibattito. L’attualità e l’emergenza richiamano anche la cittadinanza ad un maggiore impegno e ad una partecipazione diretta senza precedenti. Lo stesso appello del Commissario alle associazioni locali, a farsi artefici della gestione di alcune aree per garantirne una più decorosa manutenzione, va colto come stimolo ad una fase nuova di responsabilità da parte dei cittadini.
 
Anche se, la responsabilità più importante resterà comunque, tra meno di 12 mesi, quella delle urne. Sarà pure prematuro, ma è bene auspicare fin d’ora che se il vuoto politico sarà colmato dalla campagna elettorale, non siano poi i “vuoti di memoria” a fare la differenza.


Dall'editoriale di "Gubbio oggi" - settembre 2013

martedì 24 settembre 2013

Lamberto Magrini... e una vita da mediano. In rossoblù...





Una vita da mediano. Un quinquennio abbondante da colonna del centrocampo rossoblù. Colonna granitica, di quelle che non devi tremare, anche nei momenti più difficili.

Lamberto Magrini ha vestito la maglia del Gubbio per 5 stagioni, un lustro









che è stato tale in tutti i sensi: perché un giocatore con le sue caratteristiche, umane e agonistiche prima ancora che tecniche, non ha semplicemente messo addosso il rossoblù. Lo ha interpretato, vissuto, difeso entrando subito in simbiosi con i tifosi e con la città.


La "muraglia" rossoblù al Curi il 17 maggio 1987
Un centrocampista di sostanza, col vizio del gol e soprattutto col carisma di chi sapeva trascinare la squadra sulle ali di un entusiasmo, che forse, alla fine degli anni Ottanta, ha vissuto una pagina di coinvolgimento e passione mai più ripetuti. Culminato nello spareggio del “Curi” che, ironia della sorte, lui, Magrini da Magione, non ha giocato perchè squalificato, col prof. Landi a inventarsi nell'occasione Tito Bonifazi in marcatura sul temutissimo Di Prete e a conquistare quella maledetta fantastica promozione al 113' minuto, 8 del secondo tempo supplementare con Rosario Zoppis.

Il ds Mancini e il presidente Vispi, artefici
dei trionfi del Gubbio fine anni 80
L'avventura di Magrini con il rossoblù comincia nel 1984: è Piero Fiorindi che insieme all'inossidabile ds Mancini, lo porta a Gubbio con un gruppo di giocatori che segneranno quell'epoca. Italo Franceschini, Fabrizio Ciucarelli, Roberto Camborata. Insieme a Magrini formano quell'ossatura su cui poi Roscini prima e Landi poi cementeranno il Gubbio più coinvolgente di sempre.
Sono gli anni in cui il San Biagio, ancora si chiamava così, si riempie a vista d'occhio: dai soliti 1.000 ai 2.000 spettatori il passo è breve, con Roscini che porterà i rossoblù agli spareggi di Senigallia. Sono anni in cui Magrini segna gol pesanti e a loro modo memorabili. Il suo primo acuto è anomalo, di domenica mattina, a Roma contro l'Almas, un gol che regalerà i 2 punti. L'anno dopo sblocca la gara con la Falconarese a Cantiano, giocata in campo neutro dopo le baruffe casalinghe con il Cattolica. L'Assisi è una sua vittima prediletta, gli segnerà ben due reti, ma Magrini finisce anche nel tabellino di una delle trasferte più convulse e concitate di quegli anni, a Colle Val d'Elsa, con un bolide da 30 metri in una gara finita 2-2 che vedrà la squadra uscire dallo stadio scortata dai Carabinieri, con Camborata abbattuto in campo da un jeb diretto e i nostri cronisti chiusi a chiave in una specie di tribuna stampa sotto assedio.
Ma il gol più importante il buon Lamberto lo segna a Senigallia nella vittoria più pesante e improbabile di quel 1987: una settimana prima il Gubbio ha perso in casa il big match col Poggibonsi davanti oltre 5000 spettatori. Sembra fatta, i toscani hanno agguantato la squadra di Landi e tutto lascia pensare che voleranno in C2. Ma il Gubbio, falcidiato da infortuni e squalifiche, riesce a vincere subito proprio a Senigallia, campo ostico, nel quale Zoppis e Magrini fanno ripartire la marcia trionfale.

La formazione del Gubbio vittoriosa sulla Ternana
di D'Amico (1-0 gol di Cocciari)
In C2 Magrini andrà a formare un centrocampo indimenticabile, con Luiu, Cocciari e Di Felice, roba che oggi forse neanche in serie B. Due stagioni da protagonista, come il Gubbio, matricola terribile, capace di spaventare il Perugia, di battere sonoramente la Ternana, di mettere sotto l'Andria, il Martinafranca, il Chieti, le big di quel periodo.

Magrini da allenatore, poi, avrà con Grosseto il rapporto più frequente, con una promozione di fatto conquistata sul campo, in coppia con Mancini, e a Gubbio, da avversario, in un pirotecnico 2-2, finì perfino per rischiare il contatto con tifosi immemori delle gesta rossoblù da giocatore. Forse loro non c'erano, sugli spalti, ad esaltarsi in quel quinquennio.

Era C2 ma era come se fosse stata una serie cadetta. Per la città, per i tifosi, per quel Gubbio.

E Magrini, di quel Gubbio, era un simbolo. Di tenacia, attaccamento, caparbietà. Un po' come lo sarà Sandreani negli anni Duemila. Stesso numero, l'8, stessa voglia di sentirsi addosso il rossoblù. Tanto da esclamare, a distanza di quasi 30 anni da quell'esperienza, “Ad allenare a Gubbio? Verrei anche a piedi...”.



Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" nella trasmissione "Fuorigioco" di lunedì 22.9.13
musica di sottofondo: "Una vita da mediano" - Ligabue

lunedì 23 settembre 2013

"Voti a rendere": i più e i meno del weekend... da Radi a Mazzeo, fino al campo di Prato

VOTI A RENDERE... di domenica 22 settembre 2013


 
Radi 6,5 –
Il “Lungobisenzio” di Prato sembra essere nel suo destino. Dopo il gol vittoria dell'anno scorso con un tiro da 3 punti stile Datome, si guadagna la wild card da titolare nell'inedito ruolo di centromediano, cavandosela benone. In attesa del rientro di Boisfer, Bucchi risolve l'enigma di come fare per averlo in campo 90'. Poliedrico.



L'ex rossoblù Coresi, colonna del Castel Rigone

Castel Rigone 7 –

La simpatica squadra lacustre vince la sua prima partita da professionista contro un mostro sacro come il Messina che 10 anni fa vinceva con Zampagna, Di Napoli e Storari. Un modello di società, un modello di stadio, senza barriere, vigilato alacremente dagli steward eugubini, con l'hospitality vera anche per i tifosi ospiti, e adesso anche una squadra che comincia a farsi rispettare. Esemplare.



Mazzeo, sorriso amaro dopo il penalty fallito

Mazzeo 5 -

E' vero, segnare rigori non è facile in nessuna categoria. Ora che anche Balotelli ha fallito il suo primo penalty da professionista, l'amaro è relativo, ma l'errore di Mazzeo a Grosseto pesa perchè in caso contrario la partita per i grifoni sarebbe stata molto diversa. E forse anche risultato e classifica. Calimero.



Il "Lungobisenzio" di Prato

Campo di Prato 4,5 –

Il nome dovrebbe essere una garanzia. Invece quello di Prato, apparentemente verde, sembrava tutto meno che un campo di calcio. Forse ne troveremo altri così malridotti, ma oltre che fare i complimenti al nostro Bettega per come lustra il Barbetti, sarebbe da chiedersi – tra tante burocrazie, impellenze e sanzioni amministrative che pendono come spada di Damocle sulle società – se non fosse il caso che la fiscalissima Lega pro prenda provvedimenti anche su questo fronte. Perchè in fondo a calcio si dovrebbe giocare proprio su un Prato. Enigmatico.


Dalla rubrica "Voti a rendere" in onda stasera 23.9.13 in "Fuorigioco"

sabato 21 settembre 2013

La settimana del Costa Concordia. Del videomessaggio del Cavaliere. E del contratto di Totti... e un filo comune

E' stata la settimana del miracolo Costa Concordia. La settimana del videomessaggio di Berlusconi. La settimana del rinnovo contrattuale di Totti.
Tre vicende tra loro scollegate e parallele, che in qualche modo rimandano al ventennio precedente.

Il premier Letta ha parlato orgogliosamente di un'Italia che "ha dato il meglio di sè" nell'operazione di riassestamento della Costa Concordia, durata lo spazio di 19 ore, 1 in meno dei mesi trascorsi dall'incidente costato la vita a oltre 30 persone. Tecnologia e ingegneria italiane hanno colpito nel segno.
Di tecnologia si potrebbe parlare anche nel caso del videomessaggio dell'ex premier, lanciato urbi ed orbi, a pochi giorni dal primo verdetto della Giunta delle elezioni del Senato sulla sua decadenza da parlamentare.

Sono passati quasi 20 anni dalla sua "discesa in campo" (gennaio 1994) annunciata anche allora da un videomessaggio. Cosa c'entra la tecnologia?
C'entra eccome. Allora il videomessaggio venne diffuso tramite una cassetta VHS, duplicata in molteplici copie con le apparecchiature che l'epoca consentiva: non esistevano dvd, ma solo cd; non esisteva internet ma solo spedizioni via posta; il mezzo più diffuso per trasmettere notizie era il fax. E ancora qualche redazione funzionava con i mitici "dimafoni" (dettatura pezzo al telefono).
Ecco, di tutta questa "preistoria" comunicativa, è rimasto ben poco. Con gli apparecchi citati, oggi, potremmo allestire un museo. Perchè sulla galassia della comunicazione, 20 anni, gli ultimi 20 anni, equivalgono ad un paio di eree geologiche.

Settembre 2013: il videomessaggio di Berlusconi, dopo qualche istante, è già in rete. E' visibile su internet, scaricabile da youtube, non c'è timore di perderlo con il tg acceso qualche minuto in ritardo. Del resto, il XXI secolo, non dà più spazio nè alla carta nè al tempo: oggi tutto si può ritrovare, basta sapere cercare nell'universo interplanetario di internet.
Oggi, a distanza di qualche giorno, il videomessaggio di Berlusconi è ancora tra le clip più cliccate, accanto alla parodia di Crozza, che gli fa il verso, contendendogli anche la leadership dei "mi piace".

Dopo 20 anni tutto è cambiato. Tranne il contenuto del videomessaggio: un Berlusconi più vecchio - ed è forse il peggior difetto che riesce a intravedersi - e politicamente più stanco ribadisce le proprie innocenze, invoca la reazione del suo elettorato a quella che definisce "ennesima ingiustizia", torna a identificare le sorti del Paese con quelle dei suoi conti personali. Un dejavù.
Per coerenza, quel videomessaggio - che non a caso proclama la ricostituzione di "Forza Italia" a distanza di 20 anni (praticamente come riprendere un giocatore di calcio che 10 anni fa era al top, ma oggi potrebbe essere solo una preziosa figurina Panini, tipo Kaka) - Berlusconi l'avrebbe dovuto diffondere nuovamente in VHS.
Avremmo tutti capito che in fondo, in 20 anni, il nostro Paese non ha fatto passi avanti. E' sempre più uno Stato in mano ad una generazione "anziana" che non dà spazio ai più giovani. E sicuramente non solo per colpa di Berlusconi.

Lui continua a stare lì, vecchio e stanco, ma sufficientemente tenace dal polarizzare ancora una volta l'attenzione della politica italiana intorno alla sua figura.
Intorno non c'è un successore, non c'è nemmeno un "delfino" degno della fiducia che potrebbe riporsi su un qualsiasi cambio generazionale. Intorno a lui, all'uomo bandiera del centrodestra italiana - cui si deve se non altro l'aver saputo "sdoganare" il concetto di destra politica dall'omologazione allo stereotipo fascista - solo falchi, pitonesse e "specie" varie, un quadro triste, quasi da Fogazzaro. Tutti uniti a pregare che il leader viva, e continui a pulsare di energia contagiante: unica garanzia, questa, di sopravvivenza politica dell'attuale centrodestra.

20 anni fa, tanto per spostarci in un ambiente poco meno serio e in fondo molto simile, il calcio, faceva il suo esordio con la Roma, Francesco Totti. E segnava il suo primo gol, in maglia Juventus, Alessandro Del Piero. Due ragazzi, cresciuti anagraficamente a braccetto ma caratterialmente in modo diametralmente opposto, che oggi sintetizzano cosa significhi "essere o non essere" bandiera.
Totti, alla veneranda età di 37 anni, ha rinnovato il suo contratto con la Roma: "Mi hanno trattato da bandiera, non come Alex alla Juve" ha dichiarato malinconicamente er Pupone, dicendo in fondo una nuda e cruda verità. Con Del Piero forse non si amava, ma la stima reciproca è ed è sempre stata indiscussa.

Totti, calcisticamente parlando, è un talento sopraffino. Di quelli che nascono rari ogni due generazioni. Sportivamente parlando è un "vecchio", un veterano (se non si vuole offendere). In questi due decenni, il leader della maglia giallorossa ha fatto di tutti (fesserie comprese): tatticamente è stato seconda punta, trequartista, unica punta inventato da Spalletti. Oggi tornato perno dell'attacco con Garcia. Si è rinnovato, ha cercato nuove soluzioni tattiche, ha inventato continuamente, magari senza bisogno di ricerca scientifica). E ha perfino fatto vendere libri (anche se in questo caso, va steso un velo pietoso sulle sue barzellette).

Ecco, i 20 anni di Totti, sono stati ricchi di novità.
I 20 anni della politica italiana, quell'era che un giorno sui libri di storia chiameremo "Berlusconismo", sono stati ricchi di polemiche, di contrasti, di nomi nuovi (sigle partito) ma di sostanza inizialmente accattivante, poi scontata e oggi, forse, ormai un po' ammuffita.
Un giorno qualcuno ci spiegherà anche che la responsabilità di tutto questo non può essere solo di Berlusconi. Che in fondo non ha minacciato nessuno alle urne - e non più tardi di 6 mesi fa è tornato a prendere 10 milioni di voti. Ma che ha potuto felicemente contare sull'assenza costante di un'alternativa politica credibile e su uno stuolo di "yes man" a fargli da contorno nel partito.

Cosa accomuna queste vicende di cui ho oziosamente trattato oggi?
Semplice, tutto questo è l'Italia. Un po' Costa Concordia, nelle disavventure e nella capacità di rialzarsi. Un po' Berlusconi, nella capacità di restare in auge a dispetto del tempo e a dei detrattori (incapace di proporsi come alternativa). Un po' Totti, nella svogliata ma inimitabile capacità di inventare, di dosare e talvolta sprecare talento. Ma di voler essere e sentirsi anche "bandiera". Fino in fondo.
Superando quella dicotomia classica che distingue i pregi dai difetti, tanto è labile il confine degli uni e degli altri.
Proprio come il nostro Paese.

venerdì 20 settembre 2013

Il silenzio intorno alla "regina": il caso Lorenzetti

Maria Rita Lorenzetti, classe 1953, segno zodiacale Pesci, rione Spada.
Foligno, la sua città.

Qualcuno direbbe il suo "regno", visto che dopo 40 anni di attività politica vissuta a sinistra e in primissima fila, e' indiscusso il suo ruolo autorevole e polarizzante nella vita politico istituzionale della terza città dell'Umbria. E in fondo dell'Umbria stessa.

Inizia l'attivita politica da consigliere comunale Pci a Foligno nel 1975, poi viene eletta prima assessore comunale quindi sindaco, primo sindaco donna a Foligno, nel 1984. La scalata istituzionale e' celere e importante perché la Lorenzetti mostra subito le sue qualità: grande intelligenza, sagacia, tenacia e quegli attributi, prendete il termine un po' come volete, che ne fanno una leader fin da subito. Nel 1987 e' a Montecitorio dove sarà eletta per tre legislature e sarà anche Presidente della commissione lavori pubblici proprio nel periodo del terremoto di fine anni 90 che sconvolge l'Umbria e ha in Foligno tra le aree più colpite.

Quindi il doppio mandato a Palazzo Donini. Nel 2000 viene eletta con il 53% nel PDS raccogliendo le redini lasciate dal più mite prof. Bracalente, nel 2000 viene confermata praticamente con un plebiscito, il 63%, unica donna presidente di regione. Fosse per lei e per l'area Pd a lei più vicina, quella dalemiana, ci sarebbe anche un terzo mandato, ma i maligni dicono che il triplete le viene negato proprio dagli alleati di altra corrente. Uscita di scena dal Palazzo regionale nel 2010 diviene presidente di Italferr, società del gruppo Ferrovie dello Stato che opera nel settore dell’ingegneria dei trasporti ferroviari e dell'Alta Velocità.

La lontananza non le nega di restare vicino alla sua città e alle tradizioni a cui e' sempre stata legata, prima fra tutte la Quintana. E' vice presidente dell'Ente Giostra e sfila regolarmente ogni anno in costume nel Corteo Storico, come e' avvenuto anche sabato scorso.



Gli arresti domiciliari per l'inchiesta sulla Tav fiorentina - che vede indagate complessivamente 31 persone di cui 6 sotto custodia cautelare, per associazione a delinquere - e' un fulmine a ciel sereno ma non e' la prima grana giudiziaria per l'ex Governatrice.
Figura infatti anche tra gli indagati dell'inchiesta Sanitopoli, che da due anni tiene sotto tiro quanto avvenuto in seno alla Asl 3 folignate negli anni scorsi.

In queste ore Foligno tace. Un segnale che può essere interpretato in tanti modi.
Incredulità, prudenza, timore. In attesa di sapere cosa ne sarà di Maria Rita Lorenzetti, la primadonna della politica folignate ed umbra degli ultimi 20 anni. Comunque la si veda...

 
Editoriale scheda da "speciale LINK" - il caso Lorenzetti - 20.9.13 su TRG
 

lunedì 16 settembre 2013

"Voti a rendere": i più e i meno del weekend... non solo per Gubbio-Salernitana

VOTI A RENDERE... di domenica 15 settembre 2013


 
Moroni 7,5 –

Senza dubbio il migliore in campo in Gubbio-Salernitana. Non gli pesa il numero 8 sulle spalle, e forse Sandreani se lo coccola come il vero erede naturale. Lui, classe 1994, padroneggia da veterano il centrocampo, corre e dà qualità, si fa notare in copertura, e si libera in fase conclusiva: l'incornata dell'1-1 è precisa e fredda come non direbbero i suoi 19 anni. Con Malaccari è il trascinatore di questo bel Gubbio. Da blindare.



 
Federico Nofri 7 –

Tre partite, tre vittorie, di cui due in trasferta sui campi insidiosi di Ostia e Sansepolcro. E' un Foligno sorprendente ma anche meritevole delle lodi. Trascinato da Urbanelli, ha in Federico Nofri l'artefice di questo avvio scoppiettante: merito del mister l'aver ridato fiducia e coraggio ad un ambiente tramortito da due retrocessioni di fila. Taumaturgico.


 

 
Portieri Gualdo Casacastalda 5 -

E' una bella gara a chi la combina più grossa a Pistoia tra Di Nardo e Lenzi. Il portiere titolare del Gualdo Casacastalda inscena un piagnisteo da Tata Lucia sul rigore del vantaggio degli orange e riesce nella non facile impresa di farsi espellere per proteste lasciando i suoi in 10 per mezz'ora. Il sostituto dopo appena 2' dal pareggio di Marri, si fa uccellare da una ciabattata di Bigoni. Francioni attapirato.
 



 
Mangialardi di Pistoia 4,5 –

C'è un pistoiese indigesto anche per il Gubbio. E' l'arbitro Mangialardi. Sicuramente il peggiore in campo in Gubbio-Salernitana. Non aiutato dagli schemi pallavolistici della difesa eugubina, con i primi tempi di Bartolucci e Briganti che lo lasciano interdetto, si abbaglia clamorosamente sul fallo in uscita di Iannarilli ai danni di Di Francesco: né rigore né rosso al portiere ma neanche giallo all'eugubino che semmai – secondo la cervellotica interpretazione dell'arbitro – avrebbe dovuto simulare. In compenso viene ammonito per simulazione a fine tempo Gustavo che invece era inciampato sull'uscita di Pisseri. Stralunato.

domenica 15 settembre 2013

E se un sorriso ci seppellisse... con la decrescita felice?

La decrescita felice. Era la bandiera sventolata dagli ambientalisti anni Ottanta (quelli del referendum sul nucleare che ha congelato lo sviluppo energetico del nostro Paese mentre oltre le Alpi pullulavano centrali francesi). Più di recente è diventato un "mantra" per Grillo e i suoi adepti on line. Oggi è diventata una triste prospettiva per il nostro Paese.
La vicenda Ilva - che in queste ore sfocia nel paradosso della Riva - un colosso metallurgico che avrebbe mercato, qualità, know how e che invece chiude a tutto vantaggio dei competitors europei e mondiali che se la ridono sotto i baffi - è il nuovo volto dell'Italia che fa harakiri.

L'industria che provoca disastri ambientali viene fermata quando è troppo tardi, senza un piano di "ripartenza", senza un progetto imprenditoriale in grado di evitare che con l'acqua sporca (molto sporca) se ne vada anche la produzione e il lavoro. Il barometro dell'economia italiana rischia di passare anche attraverso le aule di tribunale - e questo non è un bel segnale.
Inconsapevolmente l'industria del nostro Paese sta affogando, con un suo protagonista fondamentale, la siderurgia (guardiamo cosa accade a Terni) proprio nelle ore in cui - grazie alla tecnologie e alle intelligenze che ancora oggi l'Italia riesce a vantare - riemerge miracolosamente il pachiderma della Costa Concordia dalle acque dell'isola del Giglio.

Illuminante in questo senso la riflessione che ci impone oggi Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. http://www.corriere.it/editoriali/13_settembre_15/tanti-saluti-industria_a1759114-1dcd-11e3-a7f1-b3455c27218c.shtml

L'editorialista del Corsera individua nella decrescita felice del nostro Paese il risultato di almeno due decenni nei quali il diritto penale si è troppo spesso sostituito al buon senso, l'ecologismo estremista ha imbavagliato la crescita, l'ottusità politica di chi ha curato solo i propri orticelli (e il consenso) ha fatto il resto.
Come dargli torto?
Senza la manifattura, senza l'industria, l'Italia non ha futuro. Con buona pace di chi vorrebbe si puntasse tutto su risorse alternative (turismo, energia verde) quando è palese che questi settori potrebbero aiutare solo se trainati dall'unica vera locomotiva economica italiana. Che invece, a differenza della Costa Concordia nelle prossime ore, sta lentamente affondando...


sabato 14 settembre 2013

Si ricomincia con le campane... E per il Gubbio la tradizione dice che sarà dura...



La sfida con la Salernitana, esordio stagionale dei rossoblù al Barbetti, ha riaperto la serie di confronti tra la squadra eugubina e le avversarie campane.
Una regione sostanzialmente indigesta per tradizione alle sorti del Gubbio, che ha dovuto attendere l'anno d'oro della promozione in B per togliersi qualche soddisfazione.

In C2 bisogna attendere il 2005/2006 per vedere all'opera i rossoblù, allenati da Castellucci prima e Cuttone poi, conm due avversarie tutt'altro che facili. La Cavese vincerà in carrozza il campionato anche se il Gubbio riuscirà ad impattare i due confronti, una battaglia quella di Cava finita 0-0 con Fabbri autore di una prodezza con rigore parato, e l'1-1 del ritorno firmato da Tafani, terzino nell'occasione goleador. Più pirotecnica la doppia sfida al Benevento, con un poker dei giallorossi rifilato all'andata in anticipo notturno del venerdì, e l'inutile gol di Chafer ad addolcire la pillola amara.
 
Al ritorno il Gubbio si rifà, infliggendo un secco 3-1 ai sanniti, passati in vantaggio con Girardi: in gol per i rossoblù Tarpani, in uno dei pochi acuti stagionali, Lazzoni e Sandreani, colonne del centrocampo e nell'occasione anche in zona gol. In quella stagione a salire in C1, con la Cavese, sarà il sorprendente Sassuolo di Remondina, battuto 1-0 dai rossoblù con gol di Fusseini, ma al primo grande salto di categoria, solo l'inizio della storica parabola culminata il giugno scorso con la massima serie. Capocannoniere di quel campionto Juan Martin Turchi, bomber del Gualdo.

Le campane cambiano, con Paganese e Giugliano, l'anno dopo, ma non cambiano le difficoltà a batterle. Tra gli azzurrostellati spicca un certo Alessandro Corallo, vero mattatore delle due sfide 2006/2007: suo uno dei gol della vittoria campana al San Biagio, suo il marchio sugli assist per il poker rifilato al ritorno, con la Paganese che a fine stagione conquisterà la C1 ai play off, alle spalle del trascendentale Foligno di Marini, capace di salire conquistando il primo posto.
 
Per ritrovare una campana servirà attendere il 2009-2010 con il primo di una lunga serie di confronti contro la Nocerina. Due lampi, firmati Marotta e Casoli decideranno l'andata, un'inzuccata a tempo scaduto – la prima di una serie di beffe tutte molto simili nel minuto e nell'esito – segnerà il match di ritorno in diretta satellitare. Particolarità di quella stagione l'epilogo dei rossoneri: salvi solo all'ultima giornata con un sudato 0-0 a Fano, si ritroveranno ripescati in C1 l'anno dopo, arrivando a dominare il campionato nel girone B, come farà il Gubbio nel girone A, e incrociando di nuovo la propria strada con i rossoblù nella finale di Supercoppa Lega pro.
 
E la Salernitana? L'unico vero precedente è del dicembre 2010. Il Gubbio sta costruendo silenziosamente la propria rincorsa impossibile alla serie B, ha appena battuto nello scontro diretto il Sorrento – la campana più insidiosa di quella stagione – e con strani incroci di calendario, gioca la seconda di tre gare casalinghe consecutive contro gli amaranto di Breda. Finirà 3-1 con un'irripetibile doppietta di Marco Briganti, entrambi i gol sugli sviluppi di un corner e una perla di Juanito Gomez che sintetizza in una sola azione i segreti del Gubbio più bello di sempre. Palla a terra, triangolo in velocità con Donnarumma, e mezza girata al volo in fondo al sacco. La gara di ritorno non se la ricorda nessuno. Giocata un 15 maggio 2011, una settimana dopo la festa per la serie B già acquisita: sarà l'ultima di tanti protagonisti, sarà anche l'ultimo gol di Juanito Gomez. Che almeno per qualche minuto ammutolì lo stadio Arechi.

L'ultimo precedente vittorioso con una campana è deciso dal dischetto: è un ex, Alessandro Radi, a freddare la Paganese in una delle fasi più delicata della scorsa stagione.
E per quest'anno, la sfida alle campane – ce ne sono ben 4 di avversarie - è appena cominciata.


Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" - in onda in "Fuorigioco" del 16.9.13
Musica sottofondo: "Tu vo fa l'americano" remix (2010)

giovedì 12 settembre 2013

Un tranquillo giovedì sera di... Fantacalcio

In occasione del ventennale della più antica e logeva "lega" fantacalcistica eugubina (nata forse ancor prima della Lega nord), brindiamo in anticipo al prestigioso traguardo con un succulento antipasto confezionato dall'intramontabile, immarcescibile, inimitabile Ceccio, autore di alcuni tra i più irresistibili commenti diramati via e-mail tra i baldi concorrenti.
Che la "guerra" (e la cojonarella) abbia inizio.
E per cominciare, in attesa dell'asta, il programma della serata, nell'affresco griffato Cieccio.

PROGRAMMA DELLA SERATA DELL’ASTA DEL FANTACALCIO:

1-      Arrivo partecipanti 15 minuti prima dell’inizio dell’asta belli carichi. Manca Giacomo.

2-      Chiacchiere da bar

3-      Cojonarella del Calda al Barzi (che gli chiederà stavolta: “Hai studiato? No, perché stavolta non ti aiuto…” oppure “Per partecipare all’asta devi conoscere ALMENO il nome del canarino del massaggiatore del Sassuolo” oppure “Non te sede’ nemmeno se non me dichi  la formazione della Berretti del Livorno”)

4-      Risposta piccata del Barzi che afferma di aver studiato e pure parecchio anche se non ne aveva bisogno, e di essere preparatissimo
 
5-      Subito dopo il  Barzi chiede in giro  la lista dei giocatori della Gazzetta.. e ne sbircia quelli segnati..!

6-      Il Dada distribuisce i premi trattenendo i soldi per il Fantacalcio sennò li deve anticipare sempre lui

7-      Aloia dice che pagherà in seguito
 
8-      Dopo mezz’ora di ritardo abbondante arriva Giacomo

9-      Inizio asta

10-   Il Teo compra i giocatori che ha nell’altro fantacalcio sennò se sbaja

11-   Il Ceccio chiama o rilancia a 100 milioni tutti i primi 20 “bovi” facendo scannare Dada, Solle, Giacomo, Davide e pure sé stesso

12-   Il Calda prima ci fa scannare sui Bovi, poi  compra quelli che ha scelto lui e che sa solo lui  ma si lamenta se qualcuno gli tira su l’asta, visto che, a suo insindacabile giudizio, lui stabilisce quelli che sono suoi visto che  li ha scoperti lui, li ha sempre comprati lui e valorizzati solo lui…

13-   Il Ceccio chiama o rilancia a 60 milioni tutti i secondi 20 “bovi” facendo scannare ecc.ecc.

14-   Sosta per magnata, beuta e fare qualche Orinoco… nella stalla del somaro dal Calda o negli spogliatoi dell’AmsterdamDarena

15-   Aloia finisce la squadra due ore prima di tutti e saluta, ritornando al talamo nuziale (in tempo per pelletta vespertina?)

16-   I soliti disperati finiscono a grattare via dal fondo della lista gli ultimi sette difensori a 1, il terzo portiere del Sassuolo, il massaggiatore del Cagliari scambiato per il secondo rincalzo del terzino del Catania e quell’infortunato lungo degente che prima o poi rientra “è ‘na scommessa!!

17-   Fine asta
 
18-   Commenti entusiastici del Calda perchè ha comprato quelli che aveva pre-scelto e sempre avuto

19-   Commenti delusi/sconfortati di tutti gli altri perché, gira gira,  non hanno comprato quelli che avevano pre-scelto
 
20-   Rientro a casa alle ore 1 ante lucane

21-   Picchetto davanti casa di moglie e parenti vari con cappucci del Ku Klux Klan con tanto di cappi, croci infuocate e pali del supplizio per il ritardo clamoroso  ed illuse dalla solita consolatoria rassicurazione “Nooo..,’nte preoccupà:  stasera torno presto…!!!

mercoledì 11 settembre 2013

Quando la differenza la fanno... le motivazioni

Per certe partite non servono le motivazioni. Quelle vengono da sole. Ma per certe partite sono le motivazioni a fare la differenza. E spesso a ribaltare il gap tecnico o le differenze sulla carta.
Si dice così alla vigilia di un derby o di un match di cartello. Non semplici frasi di circostanza.
Ma vicende che si tramandano attraverso aneddoti di sport e personaggi, di cui è ricca, ricchissima anche la storia del calcio umbro.
I derby poi fanno storia a sé. Da qualunque angolazione li si guardi.

Prendete Fabrizio Nofri. Lui, perugino purosangue, nel 1987 è capitano del Perugia di Colautti alla ricerca disperata di tornare nel calcio che conta, è il leader di un gruppo che diventerà protagonista di lì a poco. Con gente come Angelo Di Livio e Fabrizio Ravanelli che in meno di 10 anni finirà per alzare la Coppa dei Campioni in maglia bianconera.
E' lui, Fabrizio Nofri, a portare in vantaggio il Perugia in mezzo ad un acquazzone di inizio ottobre, 25 anni fa, davanti a 7000 spettatori. Sulla carta sembra una vittoria scontata. Il Perugia è il Perugia, il neopromosso Gubbio ne ha già presi 3 al debutto col Lanciano, ha battuto il Riccione e sembra spacciato. E invece. Invece la partita si rivela una battaglia ad armi pari, complice forse il terreno allentato, il tempo inclemente, complice sicuramente il carattere della squadra di Landi, clima da derby, derby vero, sugli spalti e in campo. Derby che mancava agli eugubini da decenni.
Chissà quel giorno dov'era Santopadre. Di sicuro Fabrizio Nofri era in campo, e fu lui, difensore roccioso ma anche abile a sfruttare il momento giusto in area avversaria, a spedire in rete la corta respinta di Cacciatori sull'inzuccata da due passi di Pagliari. Partita finita? Tutt'altro. Il Gubbio reagisce, reclama un rigore, sfiora il pareggio, e a pochi minuti dalla fine trova un'altra incornata, stavolta vincente, di un altro difensore, Giovannico.

Contano le motivazioni. Quando un pareggio vale come una vittoria. Quando un gol vale una stagione. Quando l'esperienza è la bussola per guidare un gruppo di ragazzi sbarbati che diventano protagonisti. Come accadde sempre Fabrizio Nofri, qualche anno dopo, 1993, stavolta in maglia rossoblù: in panchina un altro ex grifone, Massimo Roscini, uno con il Gubbio nel cuore. E il Gubbio, una nidiata di ragazzi cresciuti nella formazione allievi di Gianni Francioni, finalista nazionale, parte incerto ma poi diventa la sorpresa della stagione. Fino a battere l'ambiziosa Fermana di Colantuono e Brini, venuta al S.Biagio per far un sol boccone dei rossoblù e ripartita con un gol nel groppone, quello del perugino naturalizzato eugubino Mirko Cernicchi, un Chiellini ante litteram. L'anno dopo saranno due i fratelli Nofri in maglia rossoblù, Fabrizio e Federico, anche se la stagione – quella della fantomatica sostituzione dei portieri dopo 1' di gioco per norme federali già incomprensibile allora – non avrebbe regalato le stesse sensazioni.

Non tutte le annate vengono con il botto. E proprio quelle in cui meno te l'aspetti, finiscono per sorprenderti.
Come non pensarlo a 7 giorni da Gubbio-Salernitana. Con la memoria che danza sulle note di una doppietta, firmata niente meno che Marco Briganti – altro naturalizzato eugubino di origini tifernati – che si ritaglia la domenica di gloria in zona gol, insieme ad un capolavoro griffato Gomez, su preziosa assistenza del Donnarumma migliore. Era un Gubbio caterpillar, felice di sorprendersi e di sorprendere, in quel dicembre 2010. Un Gubbio torrenziale, l'avrebbe definito il senatore Stirati. Quando pensare in grande, ancora, sembrava quasi un azzardo.
Quando sognare pareva impensabile. Ma anche allora le motivazioni avrebbero fatto la differenza. Una differenza che a maggio si sarebbe chiamata serie B...

Da rubrica "Il Rosso e il Blu" in Fuorigioco di lunedì 9.9.13