Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

lunedì 6 marzo 2017

Perché è bello anche rileggersi... attraverso una recensione che non t'aspetti


Comincio ad affezionarmi a leggere le recensioni sul mio libro. Un'altra delle novità cui questa esperienza mi predispone, aprendomi parentesi inedite, conoscenze nuove e lo stimolo, perché no, a rileggere anche in forma critica il mio lavoro. Ma al tempo stesso a pensare, sempre perché no, ad una "nuova avventura".

Intanto però mi piace conservare una delle recensioni a margine del mio libro. Che, a quanto pare, viene letto nel giro di 2-3 giorni dalla maggior parte di chi mi chiama o mi confida le proprie sensazioni. Il che è già un ottimo riscontro, considerando che ho sempre misurato con questa speciale bilancia temporale la qualità e la "scorrevolezza" di un manoscritto: se finisce un libro in pochi giorni vuol dire che ti ha rapito, vuole dire che ti ha coinvolto, vuol dire che è un bel libro.

Ed ora la recensione. Che come spesso mi capita, finisce per farmi notare aspetti, particolari e dettagli
che neanch'io, fino in fondo, avevo considerato...

"Ogni scelta che facciamo è figlia di mille spinte, emozionali e razionali. Non sempre vince la più corretta e non sempre la più corretta è la migliore.
Nel libro "Nel segno dei padri" ci sono due scelte. 
La prima è quella che ha dato inizio a tutto e ha spinto la protagonista del libro ad affidare all’autore la sua storia e il suo vissuto. “Non possiamo starcene seduti a fissare le nostre ferite per sempre”, scrive lo scrittore giapponese Haruki Murakami. “Dobbiamo alzarci e passare all’azione successiva”. Sarà stata forse questa la sua personale motivazione.
La seconda è quella dell’autore, che forse spinto dall’ineludibilità del destino assegnatogli dalla ferma decisione della protagonista, si è trovato coinvolto in una storia che sentiva il bisogno di raccontare.
La novità tuttavia sta nella maniera in cui l’autore, conterraneo della protagonista, racconta la storia. 
“Quando guardo un tramonto, non dico: ‘Ci vorrebbe un po’ meno arancione nell’angolo a destra e un po’ più di viola nelle nuvole’”, diceva lo psicologo Carl Rogers a proposito del modo in cui osservava il mondo. “Non cerco di controllare il tramonto”, proseguiva. “Lo guardo con soggezione”. E pensava la stessa cosa delle persone. “Una delle esperienze più gratificanti”, diceva, “è contemplare un individuo come contemplo un tramonto”. 
Ecco, nel suo libro Giacomo ha brillantemente sperimentato il metodo di Rogers: si è astenuto dal cercare di “migliorare” le persone, limitandosi a vederle e apprezzarle per quello che sono, senza giudizi.
Mi sentirei di dire che il viaggio cambia l'uomo e il punto di arrivo sembra così lontano. Ma la meta non è' un posto ma quello che proviamo e non sappiamo dove né quando ci arriviamo".

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