Penitenziari in Umbria – ovvero alto regime di vigilanza
Il Sole 24 Ore – Centro Nord – 15 ottobre 2004
In Umbria la parola carcere significa soprattutto “alto regime di vigilanza”. Un detenuto su quattro appartiene infatti alle categorie di maggiore pericolosità, cui corrispondono misure di controllo più complesse. Sono 1.068 i detenuti ad inizio ottobre 2004, dei quali il 25% è sottoposto ai regimi particolari di “Alta Sicurezza”, “Elevato Indice di Vigilanza” e soprattutto ex art 41 bis (in Umbria si trova il 18% di quelli presenti su tutto il territorio nazionale).
Un fattore che incide in modo non secondario nell’organizzazione del sistema carcerario regionale. “Il numero di queste tipologie di detenuti è alto in Umbria e questo richiede la presenza di personale altamente specializzato – spiega Ilse Runsteni, Provveditore alla Giustizia per l’Umbria – sebbene in regione il numero totale dei detenuti sia complessivamente basso, vi sono due strutture di massima sicurezza, Spoleto, sede “storica” e una sezione a Terni”.
Formalmente vi figurano cinque strutture, ma in realtà sono quattro. Le carceri in Umbria vanno dalla Casa Circondariale di Perugia (suddivisa nel sito ottocentesco per la sezione maschile e in un ex convento per la femminile), alla Casa Circondariale di Terni (in località Sabbione) attiva dal ’92, alla Casa di reclusione di Spoleto – che opera dal 1982 – a quella di Orvieto, in un ex convento, ubicata dall’epoca fascista.
A queste si aggiungerà tra pochi mesi il carcere di Capanne, nell’immediata periferia perugina, i cui lavori - iniziati negli anni ’80 e attardati da lungaggini burocratiche – attendono solo gli ultimi interventi integrativi (arredi). Il complesso è stato consegnato provvisoriamente e parzialmente all’Amministrazione Penitenziaria il 6 aprile scorso. L’incognita resta l’organizzazione del personale: se anche Capanne sostituirà il carcere di Piazza Partigiani, sarà necessario un corposo innesto agli attuali 805 addetti di polizia penitenziaria operanti in Umbria (sugli 850 previsti).
La questione-sovraffollamento è comune a molte altre realtà nazionali, anche se in misura contenuta. A fine 2003 si è registrato in Umbria il più basso numero di presenze degli ultimi quattro anni (905 detenuti), ma già nel 2004 la presenza media si è attestata sulle 1.017 unità, oltre il limite della capienza regolamentare (958) ma comunque al di sotto di quella “tollerabile” complessiva (1216 posti). Ma non sempre i numeri riflettono in modo globale la realtà dei fatti: “Va considerato – spiega Settimio Monetini, dell’ufficio gestione detenuti del Provveditorato – che il dato di capienza tollerabile non tiene conto della riduzione di posti dovuta alla chiusura temporanea per lavori dell’ex reparto giudiziario della Casa di Reclusione di Spoleto e comprende invece anche la capienza dei due Centri Diagnostici Terapeutici di Perugia (27 posti al maschile e 18 al femminile) e del raddoppio delle celle singole del carcere di Terni”. Proprio da Terni però, è arrivata negli ultimi giorni la protesta firmata Fps-Cisl: “Ci sono 350 detenuti in una struttura che ne dovrebbe ospitare molti meno (teoricamente 223), anche per la carenza di personale specializzato nella rieducazione”. Un’alta porzione dei carcerati a Terni sono extracomunitari e tossicodipendenti, “profili” che richiedono attenzioni mirate.
Se dipendesse invece dai detenuti di origine umbra, le strutture respirerebbero molto di più (sono 158, il 2% del totale nazionale). Alta invece la percentuale di stranieri (in media il 30%) che rende ancora più gravosi i compiti degli operatori penitenziari in conseguenza delle notevoli problematiche di gestione e di attivazione di adeguate iniziative trattamentali: “Le problematiche sono particolarmente accentuate negli istituti di Perugia e Terni – spiega Monetini - dove la presenza degli stranieri è più massiccia (rispettivamente 35,8% e 48,6% dei presenti)”. In alcuni periodi è salita al 50%-60%.
E non ha certo aiutato il cosiddetto “indultino” (L.207/03) di cui hanno beneficiato solo 44 detenuti in Umbria (16 nel primo semestre 2004) – di cui 2 stranieri – su un totale di 151 domande presentate.
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venerdì 15 ottobre 2004
lunedì 11 ottobre 2004
Un tributo di passione al rugby attraverso l’arte della fotografia
Lo ha descritto così, con parole semplici ma molto profonde, il suo piccolo grande capolavoro. Paolo Tosti, fotografo professionista di Gubbio, da alcuni anni già protagonista di esposizioni e mostre in Italia e all’estero, è l’autore del Calendario ufficiale della Federazione Italiana Rugby per il Torneo “Sei Nazioni”, la più prestigiosa manifestazione internazionale apertasi con l’attesa sfida dell’Italia contro i campioni del mondo dell’Inghilterra al “Flaminio” di Roma.
Proprio un flash di questa sfida fa da sfondo alla copertina del calendario, in pregevole veste grafica: e proprio al “Flaminio”, in occasione della gara con gli inglesi, è stata allestita una mostra delle immagini che corredano il calendario, suggestive istantanee in bianco e nero che raccolgono alcuni momenti tratti dalle precedenti apparizioni degli azzurri nel “Sei Nazioni”.
Il calendario – con 12 flash che partono da febbraio 2004 a febbraio 2005, proprio in sintonia con il Torneo - è stato realizzato in sole 900 copie, non in vendita. Saranno infatti distribuite quale omaggio ufficiale dalla Federazione Italiana Rugby alle altre nazionali e ad istituzioni dello sport e non solo. “Un calendario che riassume gli alti contenuti morali e di spirito di questa splendida disciplina – ha commentato il vice presidente della Federazione Rugby, Nino Saccà, in occasione della presentazione del calendario a Gubbio.E lo stesso team manager della Nazionale azzurra, Marco Bollesan (ex gloria del rugby italico) ha evidenziato: “Queste foto sono scattate da una persona che mastica di rugby, perché sanno cogliere attimi fuggenti di quella passione straordinaria che è propria di chi ama la palla ovale”.
Paolo Tosti, l’autore, più semplicemente ha spiegato che il calendario vuole essere un tributo ai giocatori della nazionale azzurra con una dedica speciale a Luca, giovane mascotte dell’Italia, che accompagna in ogni gara i propri beniamini anche durante l’inno nazionale.
Proprio un flash di questa sfida fa da sfondo alla copertina del calendario, in pregevole veste grafica: e proprio al “Flaminio”, in occasione della gara con gli inglesi, è stata allestita una mostra delle immagini che corredano il calendario, suggestive istantanee in bianco e nero che raccolgono alcuni momenti tratti dalle precedenti apparizioni degli azzurri nel “Sei Nazioni”.
Il calendario – con 12 flash che partono da febbraio 2004 a febbraio 2005, proprio in sintonia con il Torneo - è stato realizzato in sole 900 copie, non in vendita. Saranno infatti distribuite quale omaggio ufficiale dalla Federazione Italiana Rugby alle altre nazionali e ad istituzioni dello sport e non solo. “Un calendario che riassume gli alti contenuti morali e di spirito di questa splendida disciplina – ha commentato il vice presidente della Federazione Rugby, Nino Saccà, in occasione della presentazione del calendario a Gubbio.E lo stesso team manager della Nazionale azzurra, Marco Bollesan (ex gloria del rugby italico) ha evidenziato: “Queste foto sono scattate da una persona che mastica di rugby, perché sanno cogliere attimi fuggenti di quella passione straordinaria che è propria di chi ama la palla ovale”.
Paolo Tosti, l’autore, più semplicemente ha spiegato che il calendario vuole essere un tributo ai giocatori della nazionale azzurra con una dedica speciale a Luca, giovane mascotte dell’Italia, che accompagna in ogni gara i propri beniamini anche durante l’inno nazionale.
giovedì 1 gennaio 2004
Studiolo Federico Montefeltro
STUDIOLO del Duca di Montefeltro: il sogno è “ricostruirlo”
Il Sole 24 ore – gennaio 2004
L’idea era ambiziosa: riprodurre fedelmente lo straordinario miracolo di intarsi e di geometria lignea dello Studiolo di Gubbio di Federico da Montefeltro, un gioiello di scultura lignea datato 1482, originariamente realizzato nel Palazzo Ducale eugubino e finito, dopo varie vicissitudini dall’inizio degli anni ’40, al Metropolitan Museum di New York. Solo dai primi anni ‘90, con un accurato restauro che ha seguito un lungo oblìo, lo Studiolo di Gubbio è una delle perle della sterminata collezione newyorkese, alla quale la direttrice del dipartimento sculture europee del Metropolitan, Olga Raggio, ha dedicato una certosina ricerca e analisi storico-artistica raccolta nel volume “The Gubbio Studiolo and its conservation”.
La proposta di riprodurre fedelmente lo Studiolo - con le stesse tecniche utilizzate nel XV secolo dagli artigiani della bottega fiorentina di Giuliano da Maiano, su incarico dell’architetto del Palazzo Ducale, Francesco di Giorgio – ha trovato seguito grazie all’iniziativa dell’Associazione “Maggio Eugubino”, del Rotary Club Gubbio, del Comune, attraverso il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. E’ stata così commissionata la realizzazione della complessa struttura ad uno staff di sapienti artigiani eugubini del legno – Giuseppe e Marcello Minelli – custodi di una tradizione artistica che a Gubbio ha avuto anche in passato interpreti eccellenti.
Non un “fratello minore” dello studiolo che tuttora fa bella mostra di sé al Palazzo Ducale di Urbino. Ma un esemplare di straordinario fascino, sul quale poco si sapeva anche perché finito oltreoceano e che la stragrande maggioranza degli umbri non ha mai potuto apprezzare, se non attraverso un’immagine fotografica.
Lo Studiolo di Gubbio comprende un totale di tredici pannelli, che presentano una miriade di intarsi e giochi cromatici capaci di regalare inattese profondità prospettiche, un flash illusionistico favorito anche dall’utilizzo di qualità diverse di legno (noce e quercia). Dei tredici pannelli ne sono stati riprodotti due (il primo è esposto a Perugia, a Palazzo Baldeschi), giudicati dalla critica straordinari per qualità tecnico-artistiche e fedeltà all’originale.
Quel che resta dello studiolo oggi a Palazzo Ducale di Gubbio, invece, e' una piccola stanza vuota (5 metri per 4, altezza 5,30) priva di testimonianze significative su questo eccezionale documento rinascimentale.
Immaginare di riportarlo da New York alla sua iniziale ubicazione è utopistico. Ricrearne la fisicità e l’incredibile suggestione si è rivelata intuizione felice: destinata a restituire fedelmente – perché no, anche nel suo ambiente più naturale del Palazzo Ducale - l’incredibile impatto visivo dello Studiolo.
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Il Sole 24 ore – gennaio 2004
L’idea era ambiziosa: riprodurre fedelmente lo straordinario miracolo di intarsi e di geometria lignea dello Studiolo di Gubbio di Federico da Montefeltro, un gioiello di scultura lignea datato 1482, originariamente realizzato nel Palazzo Ducale eugubino e finito, dopo varie vicissitudini dall’inizio degli anni ’40, al Metropolitan Museum di New York. Solo dai primi anni ‘90, con un accurato restauro che ha seguito un lungo oblìo, lo Studiolo di Gubbio è una delle perle della sterminata collezione newyorkese, alla quale la direttrice del dipartimento sculture europee del Metropolitan, Olga Raggio, ha dedicato una certosina ricerca e analisi storico-artistica raccolta nel volume “The Gubbio Studiolo and its conservation”.
La proposta di riprodurre fedelmente lo Studiolo - con le stesse tecniche utilizzate nel XV secolo dagli artigiani della bottega fiorentina di Giuliano da Maiano, su incarico dell’architetto del Palazzo Ducale, Francesco di Giorgio – ha trovato seguito grazie all’iniziativa dell’Associazione “Maggio Eugubino”, del Rotary Club Gubbio, del Comune, attraverso il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. E’ stata così commissionata la realizzazione della complessa struttura ad uno staff di sapienti artigiani eugubini del legno – Giuseppe e Marcello Minelli – custodi di una tradizione artistica che a Gubbio ha avuto anche in passato interpreti eccellenti.
Non un “fratello minore” dello studiolo che tuttora fa bella mostra di sé al Palazzo Ducale di Urbino. Ma un esemplare di straordinario fascino, sul quale poco si sapeva anche perché finito oltreoceano e che la stragrande maggioranza degli umbri non ha mai potuto apprezzare, se non attraverso un’immagine fotografica.
Lo Studiolo di Gubbio comprende un totale di tredici pannelli, che presentano una miriade di intarsi e giochi cromatici capaci di regalare inattese profondità prospettiche, un flash illusionistico favorito anche dall’utilizzo di qualità diverse di legno (noce e quercia). Dei tredici pannelli ne sono stati riprodotti due (il primo è esposto a Perugia, a Palazzo Baldeschi), giudicati dalla critica straordinari per qualità tecnico-artistiche e fedeltà all’originale.
Quel che resta dello studiolo oggi a Palazzo Ducale di Gubbio, invece, e' una piccola stanza vuota (5 metri per 4, altezza 5,30) priva di testimonianze significative su questo eccezionale documento rinascimentale.
Immaginare di riportarlo da New York alla sua iniziale ubicazione è utopistico. Ricrearne la fisicità e l’incredibile suggestione si è rivelata intuizione felice: destinata a restituire fedelmente – perché no, anche nel suo ambiente più naturale del Palazzo Ducale - l’incredibile impatto visivo dello Studiolo.
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