TAGLI ALLE POLTRONE,
MA I VERI SPRECHI STANNO ALTROVE
“Gubbio Oggi” – ottobre 2007
Un po’ la storia dei tagli alla politica. Un po’ la Finanziaria 2007 – alla ricerca di qualche ritocco “popolare” per consentire al Governo di proseguire il proprio “galleggiamento”. Un po’ la necessità effettiva di ottimizzare un sistema oggettivamente ridondante.
E’ così che nei prossimi mesi potremmo assistere ad un consistente ridimensionamento degli enti locali. Nel numero e soprattutto nelle rappresentanze (assessori e consiglieri): quindi, anche nei suoi costi.
Il caso eclatante è quello delle Comunità Montane, sul quale è nata anche una polemica a distanza tra la presidente della Regione, Lorenzetti, ed il Governo (per altro inedita per quanto attiene alla Governatrice, sempre inflessibile verso il governo Berlusconi, decisamente più tollerante nei confronti di Prodi).
La Finanziaria infatti taglia i comuni da inserire nelle Comunità Montane secondo un criterio di altitudine: sotto i 500 metri, tutti resteranno fuori. Una sorta di linea di “galleggiamento” – diverso da quello che vive da mesi il governo stesso – oltre la quale non si prevede alcun inserimento.
Da qui la riduzione di consiglieri e assessori, da qui anche inevitabili proteste. In Italia, in fondo, è sempre così. Si invoca la razionalizzazione, si condannano gli sprechi. Ma se questa politica tocca il proprio orticello allora non va più bene.
Come dire: si va in piazza ad applaudire Grillo, e il giorno dopo si cerca l’ennesima raccomandazione per trovare un “buco” al Ministero o in Regione (o in Comune, che fa sempre brodo).
Per quanto riguarda i nostri lidi, non ci saranno sostanziali variazioni rispetto a quanto non sia stato già deciso da tempo dalla Regione stessa: la cura dimagrante (istituzionale) della Lorenzetti prevede la riduzione delle 9 attuali Comunità Montane, ad appena 5. Non scenderà il numero di dipendenti, ma certamente quello di presidenti e assessori. L’Alto Chiascio sarà “inglobato” con l’Alto Tevere, con un’operazione che segue di una decina d’anni quella già avvenuta a livello sanitario e che – diciamocelo francamente – ha lasciato molto a desiderare sulla sponda eugubina. I Comuni attualmente presenti resteranno tutti (rischia solo Valfabbrica) mentre in Alto Tevere se ne andrebbero C.Castello e Umbertide.
Vedremo come andrà a finire, anche perché spesso le grandi riforme fanno rumore negli annunci, ma vengono edulcorate col passare dei giorni (vedi liberalizzazioni Bersani).
Riduzioni ci saranno comunque anche nel numero di assessori e consiglieri comunali. Non è una notizia tragica.
Un’ultima considerazione: speriamo che, sia a livello nazionale che in quello locale, i “tagli” alla spesa pubblica non si limitino a questo. E’ vero, ci sono troppi parlamentari (e portaborse), troppi consiglieri regionali, provinciali (sempre che le Province restino) e comunali, troppi consiglieri di Cda nelle municipalizzate, troppi benefit e prebende.
Ma i veri sprechi stanno nella precarietà di un servizio pubblico che resta decisamente al di sotto del livello qualitativo giustificabile con le tasse e le imposte che si pagano per lo stesso. Dagli assenteismi, ai premi produttività elargiti a pioggia, dalla burocrazia snervante, all’assenza quasi totale di meritocrazia. Sono questi i veri “soldi buttati” dalla pubblica amministrazione.
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giovedì 4 ottobre 2007
lunedì 1 ottobre 2007
Cesira Carocci, una colf ante litteram
CESIRA CAROCCI, “SUOR SALUTEVOLE”: UNA COLF ANTE LITTERAM PER BENITO MUSSOLINI – ottobre 2007
“Un simbolo di fedeltà, una donna devota, non in prima fila ma proprio per questo di grande spessore in quanto capace di ritagliarsi un ruolo di riferimento nei confronti del Duce”. Sono molteplici le definizioni di Cesira Carocci, governante di Mussolini per 12 anni (dal 1923 al ’34) eugubina e oggi protagonista del libro di Gianni Scipione Rossi “Cesira e Benito” – edito da Rubbettino – presentato ieri a Gubbio, al Centro Servizi S.Spirito su iniziativa di Photolibri. Presenti, oltre a Rossi, già autore di numerose pubblicazioni di ricerca storica sul periodo del fascismo (ultima delle quali sul diario di Serafino Mazzolini, ministro degli esteri a Salò e di origini eugubine) il prof.Giovanni Belardelli, dell’Università di Perugia e il giornalista Francobaldo Chiocci (autore della biografia di donna Rachele), coordinati da Italo Cicci, ex parlamentarista Rai.
Il libro di Rossi è dedicato ad una figura non politica e nemmeno funzionale al partito e all’ideologia del Ventennio, tanto da far dire allo stesso autore: “Non credo che la Carocci sia stata fascista, ma di sicuro era mussoliniana. Nel senso di una vocazione a seguire il leader che prescindeva dalla situazione politica del momento. Come del resto avvenne anche per tanti italiani”. Quella di Cecilia Carocci è una storia minore, di un personaggio tutto d’un pezzo (ribattezzata “Suor Salutevole” da D’Annunzio, per la cura amorevole con cui alleviava le patologie del Duce) che però è lontana anni luce da altri “cortigiani” di Mussolini e ancor di più dai tanti “portaborse” di oggi, pronti a rivelare o vendere a suon di euro insignificanti curiosità di bottega legate al personaggio di turno. “E’ morta in povertà a Gubbio, rifiutandosi sempre di rivelare o vendere la sua memoria – ricorda Rossi – ma se dopo 12 anni dal suo licenziamento (i rapporti con donna Rachele non erano idilliaci) ancora Mussolini le scriveva e le inviava denaro, pur essendo nel ’44 agli sgoccioli, qualcosa di importante questa donna rappresentava per il Duce”.
Quelli che oggi chiameremmo gossippari, le attribuiscono da sempre anche una relazione andata oltre la semplice platonica venerazione per Mussolini. Ipotesi non esclusa da Rossi, ma da Chiocci per il quale anzi “Cesira è forse l’unica donna ad aver rifatto il letto del Duce senza essercisi mai infilata dentro”. Il valore di questa figura femminile, secondo il prof. Belardelli, è tale proprio perché “prescinde dal fascismo, ma appartiene a quel mondo sconfinato di persone anonime, che svolgono lavori umili, ma la cui esperienza ci permette di conoscere meglio il mondo di allora, l’atmosfera di quegli anni”. Anche Belardelli sottolinea l’indole parca della Carocci, “sottrattasi sempre negli anni ’50 all’avidità dei rotocalchi che cercavano rivelazioni o testimonianze dirette sul Duce”. Nella sua conclusione Gianni Scipione Rossi ha spiegato anche il titolo “Cesira e Benito” (e non viceversa) in quanto “per una volta è il personaggio apparentemente minore a mettere in secondo piano la figura di più alta valenza storica”. Ma Rossi ha anche evidenziato, su sollecitazione di Chiocci, come dal libro emerga positivamente anche la figura dell’allora podestà Lamberto Marchetti che “per vent’anni si è speso per Gubbio, adoperandosi per molteplici progetti e chiedendo ausilio a deputati, ministri e anche alla Carocci, cui forse si deve, parimenti al podestà, il finanziamento di 1,2 milioni di lire di allora, per la costruzione dell’attuale edificio scolastico di via Perugina. E’ curioso – ha commentato - come un regime teutonico come quello di allora potesse elargire fondi e risorse anche sulla spinta di una governante. Era una donna che ha avuto un ruolo importante e meritava di essere ricordata”.
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“Un simbolo di fedeltà, una donna devota, non in prima fila ma proprio per questo di grande spessore in quanto capace di ritagliarsi un ruolo di riferimento nei confronti del Duce”. Sono molteplici le definizioni di Cesira Carocci, governante di Mussolini per 12 anni (dal 1923 al ’34) eugubina e oggi protagonista del libro di Gianni Scipione Rossi “Cesira e Benito” – edito da Rubbettino – presentato ieri a Gubbio, al Centro Servizi S.Spirito su iniziativa di Photolibri. Presenti, oltre a Rossi, già autore di numerose pubblicazioni di ricerca storica sul periodo del fascismo (ultima delle quali sul diario di Serafino Mazzolini, ministro degli esteri a Salò e di origini eugubine) il prof.Giovanni Belardelli, dell’Università di Perugia e il giornalista Francobaldo Chiocci (autore della biografia di donna Rachele), coordinati da Italo Cicci, ex parlamentarista Rai.
Il libro di Rossi è dedicato ad una figura non politica e nemmeno funzionale al partito e all’ideologia del Ventennio, tanto da far dire allo stesso autore: “Non credo che la Carocci sia stata fascista, ma di sicuro era mussoliniana. Nel senso di una vocazione a seguire il leader che prescindeva dalla situazione politica del momento. Come del resto avvenne anche per tanti italiani”. Quella di Cecilia Carocci è una storia minore, di un personaggio tutto d’un pezzo (ribattezzata “Suor Salutevole” da D’Annunzio, per la cura amorevole con cui alleviava le patologie del Duce) che però è lontana anni luce da altri “cortigiani” di Mussolini e ancor di più dai tanti “portaborse” di oggi, pronti a rivelare o vendere a suon di euro insignificanti curiosità di bottega legate al personaggio di turno. “E’ morta in povertà a Gubbio, rifiutandosi sempre di rivelare o vendere la sua memoria – ricorda Rossi – ma se dopo 12 anni dal suo licenziamento (i rapporti con donna Rachele non erano idilliaci) ancora Mussolini le scriveva e le inviava denaro, pur essendo nel ’44 agli sgoccioli, qualcosa di importante questa donna rappresentava per il Duce”.
Quelli che oggi chiameremmo gossippari, le attribuiscono da sempre anche una relazione andata oltre la semplice platonica venerazione per Mussolini. Ipotesi non esclusa da Rossi, ma da Chiocci per il quale anzi “Cesira è forse l’unica donna ad aver rifatto il letto del Duce senza essercisi mai infilata dentro”. Il valore di questa figura femminile, secondo il prof. Belardelli, è tale proprio perché “prescinde dal fascismo, ma appartiene a quel mondo sconfinato di persone anonime, che svolgono lavori umili, ma la cui esperienza ci permette di conoscere meglio il mondo di allora, l’atmosfera di quegli anni”. Anche Belardelli sottolinea l’indole parca della Carocci, “sottrattasi sempre negli anni ’50 all’avidità dei rotocalchi che cercavano rivelazioni o testimonianze dirette sul Duce”. Nella sua conclusione Gianni Scipione Rossi ha spiegato anche il titolo “Cesira e Benito” (e non viceversa) in quanto “per una volta è il personaggio apparentemente minore a mettere in secondo piano la figura di più alta valenza storica”. Ma Rossi ha anche evidenziato, su sollecitazione di Chiocci, come dal libro emerga positivamente anche la figura dell’allora podestà Lamberto Marchetti che “per vent’anni si è speso per Gubbio, adoperandosi per molteplici progetti e chiedendo ausilio a deputati, ministri e anche alla Carocci, cui forse si deve, parimenti al podestà, il finanziamento di 1,2 milioni di lire di allora, per la costruzione dell’attuale edificio scolastico di via Perugina. E’ curioso – ha commentato - come un regime teutonico come quello di allora potesse elargire fondi e risorse anche sulla spinta di una governante. Era una donna che ha avuto un ruolo importante e meritava di essere ricordata”.
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Libro e dvd su Campanari
UN LIBRO E DVD SUI CAMPANARI DI GUBBIO
Da Il Sole 24 ore – Centro nord – ottobre 2007
Per alcuni sono temerari acrobati, per altri sapienti musicisti. Ma c’è anche chi, con aulica definizione, li considera “autentici interpreti” della tradizione eugubina. La Compagnia dei Campanari di Gubbio può considerarsi a pieno titolo una delle istituzioni della secolare città umbra: a loro il compito di muovere e dare vita, con la sola forza delle braccia e delle gambe, all’enorme Campanone – uno dei rari esemplari rimasti in Italia ad essere azionato manualmente - che dal 1380 scandisce, dalla torretta del trecentesco Palazzo dei Consoli, le ricorrenze civili e religiose.
Oggi un volume artistico e un pregevole dvd raccontano l’arte dei Campanari eugubini: “I Maestri del Silenzio” è il titolo della produzione, presentata nella saletta dei Campanari (per il 234mo anniversario dalla fusione dell’attuale campana), un’intima taverna a pochi passi dalla torretta che sovrasta a 80 metri da terra una delle più suggestive piazze pensili del mondo, Piazza Grande.
Il volume – edito da L’Arte Grafica – raccoglie immagini d’epoca, un’iconografia di diverse opere che riguardano il Campanone, poesie, frasi, versi, mescolati a suggestive foto realizzate da Paolo Tosti, abile a cogliere attimi fuggenti, volti, espressioni che imprimono le emozioni della “sonata”.
Appassionante e coinvolgente il video, per la regia e i testi di Giuliano Traversini e le immagini di Giampaolo Pauselli. Un ideale viaggio nelle sensazioni, che parte da Gubbio e sale – anche visivamente – come in una liturgia, fino in cima alla torretta del Palazzo dei Consoli, dando spazio preciso allo sforzo silente con il quale i Campanari “alzano” il Campanone, con il movimento delle proprie gambe, fino a farlo suonare, attraverso il potente “batoccolo” (che da solo ha il peso di 1 quintale, sui 21 complessivi). In appena 18 minuti si narra un “rito” che per la comunità Eugubina ha il sapore di un intimo ritrovarsi e riconoscersi, di un comune sentire, irrinunciabile. E chi eugubino non è, avverte in questo gesto dapprima l’esteriore spettacolarità ma al tempo stesso la profondità e l’attaccamento alle tradizione che in essa si riassume.
Straordinari alcuni scorci visivi realizzati attraverso sistemi di ripresa di alta qualità. Con immagini che raccontano l’atmosfera della sonata, dall’alba, come al tramonto, di notte come con qualsiasi condizione atmosferica.
Oggi la Compagnia dei Campanari di Gubbio vede 12 componenti effettivi. Custodi di una tradizione secolare che la pubblicazione ed il video in dvd – finanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia – contribuiscono ad immortalare nelle sue più profonde e impalpabili emozioni.
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Da Il Sole 24 ore – Centro nord – ottobre 2007
Per alcuni sono temerari acrobati, per altri sapienti musicisti. Ma c’è anche chi, con aulica definizione, li considera “autentici interpreti” della tradizione eugubina. La Compagnia dei Campanari di Gubbio può considerarsi a pieno titolo una delle istituzioni della secolare città umbra: a loro il compito di muovere e dare vita, con la sola forza delle braccia e delle gambe, all’enorme Campanone – uno dei rari esemplari rimasti in Italia ad essere azionato manualmente - che dal 1380 scandisce, dalla torretta del trecentesco Palazzo dei Consoli, le ricorrenze civili e religiose.
Oggi un volume artistico e un pregevole dvd raccontano l’arte dei Campanari eugubini: “I Maestri del Silenzio” è il titolo della produzione, presentata nella saletta dei Campanari (per il 234mo anniversario dalla fusione dell’attuale campana), un’intima taverna a pochi passi dalla torretta che sovrasta a 80 metri da terra una delle più suggestive piazze pensili del mondo, Piazza Grande.
Il volume – edito da L’Arte Grafica – raccoglie immagini d’epoca, un’iconografia di diverse opere che riguardano il Campanone, poesie, frasi, versi, mescolati a suggestive foto realizzate da Paolo Tosti, abile a cogliere attimi fuggenti, volti, espressioni che imprimono le emozioni della “sonata”.
Appassionante e coinvolgente il video, per la regia e i testi di Giuliano Traversini e le immagini di Giampaolo Pauselli. Un ideale viaggio nelle sensazioni, che parte da Gubbio e sale – anche visivamente – come in una liturgia, fino in cima alla torretta del Palazzo dei Consoli, dando spazio preciso allo sforzo silente con il quale i Campanari “alzano” il Campanone, con il movimento delle proprie gambe, fino a farlo suonare, attraverso il potente “batoccolo” (che da solo ha il peso di 1 quintale, sui 21 complessivi). In appena 18 minuti si narra un “rito” che per la comunità Eugubina ha il sapore di un intimo ritrovarsi e riconoscersi, di un comune sentire, irrinunciabile. E chi eugubino non è, avverte in questo gesto dapprima l’esteriore spettacolarità ma al tempo stesso la profondità e l’attaccamento alle tradizione che in essa si riassume.
Straordinari alcuni scorci visivi realizzati attraverso sistemi di ripresa di alta qualità. Con immagini che raccontano l’atmosfera della sonata, dall’alba, come al tramonto, di notte come con qualsiasi condizione atmosferica.
Oggi la Compagnia dei Campanari di Gubbio vede 12 componenti effettivi. Custodi di una tradizione secolare che la pubblicazione ed il video in dvd – finanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia – contribuiscono ad immortalare nelle sue più profonde e impalpabili emozioni.
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