Ci volevi tu. Per farmi riscrivere dopo quasi un mese.
Che vuoi che ti dica? E' un 2015 silente. Forse un giorno saprò anche perché. Per ora e' così. Ed e' giusto che sia ciò che vuol essere.
Sono passati dieci anni da quel pomeriggio. Da quella telefonata fredda e inconsapevole che mi faceva il tuo nome, chiedendomi se eri proprio tu, il pilota d'aereo, quella persona.
Sono passati dieci anni e in fondo non e' cambiato molto.
Io ad esempio, arrivo sempre in ritardo.
Anche oggi, alla tua messa, nella cappella del cimitero. Sono arrivato alla fine, quando gli altri se ne erano andati.
Per fortuna c'erano ancora Donatella e Walter. Gia' sapevo che Paolo era stato costretto a Perugia. Per parlare del "suo" volo.
Perché in fondo - come abbiamo detto nella intervista di quest'anno su "L'Attesa" (scommetto che t'e' piaciuta...) - il volo e' nel destino della tua famiglia.
C'e chi lo ha fatto in aereo. C'e chi oggi lo fa con un drone. E se volessimo "cojonarci" un po', come facevamo una volta, diremmo che in comune abbiamo un po' tutti anche un altro tipo di volo... C'e capitato un 15 maggio di qualche anno fa. Ma in fondo si può andar fieri anche di quello.
E' stato bello rivederci. In quella foto, la stessa che campeggiava il tappeto verde della Madonna del Prato, 10 anni fa, per il nostro ultimo saluto. Quella dove hai il tuo sorriso accennato. Ne' sguaiato, ne' banale. Peccato che in una foto, una sola foto, non possa esserci tutto il resto.
Ad esempio, la risata simpatica e irresistibile che seguiva sempre quel sorriso. Magari a corollario di una battuta, di un pensiero.
E' quella stessa foto che ho con me in una stanza. Un giorno mio figlio mi ha chiesto "chi e' quel signore col cappello che sta vicino ai nostri libri?". E gli ho raccontato la tua storia. La nostra piccola grande storia.
Finita troppo presto. Ma senza "se".
Basta, mi sono detto che e' ora di riporre in un cassetto tutti i "se" della nostra esistenza. E chiudere a doppia mandata.
Quanti "se" ci siamo detti o ripetuti in questi 10 anni?
Quanti "se" ci rincorrono nostalgicamente nella nostra vita?
Quanti "se" si travestono da ricordo e nascondono un alibi?
Non ci sono "se". Neanche per te Lucio.
Mi tengo stretta l'amicizia che c'e' stata e l'affetto profondo che ancora oggi ci lega, attraverso Donatella, Paolo e Walter.
Ieri sera, uscendo dal cimitero, gli ho raccontato per la prima volta un particolare che mi e' tornato in mente, come quei flash improvvisi a distanza di tempo. Un frammento mnemonico cui non avevo dato importanza ma che oggi forse mi da' la cifra di come il destino si diverta talvolta, cinicamente, non solo a segnare le nostre vite. Ma a farlo con la spietata meticolosità di un killer. Non tralasciando neanche i dettagli.
Uscendo dal cortile di casa, quel pomeriggio, dopo aver ricevuto quella telefonata, che mi chiedeva se fossi tu quel ragazzo in via Paruccini, con l'angoscia di chi si precipita in un posto sperando che non sia davvero successo quel che e' successo, illudendosi quasi di poter riavvolgere il nastro, una volta sopraggiunto, ho incrociato -ignara ancora di tutto- tua nipote Stefania. E' la prima persona che ho visto fuori dalle colonne. Era a passeggio con il suo fidanzato, oggi suo marito. Evidentemente non sapeva nulla.
Non mi ha sfiorato nemmeno l'idea di fermarmi e dirLe qualcosa. Non potevo, non dovevo. Ma in quell'istante, giusto il tempo di inforcare con lo scooter la curva del bar Padeletti e scendere contro mano per via Maffei - a proposito, in barba ai divieti e con rischi che solo dopo ho calcolato come incoscienti - ho avvertito quasi il sogghigno crudele di quel fato che aveva gia disegnato la sua opera piu' cattiva. Ma non pago, si divertiva pure a scolpire la cornice.
Dopo 10 anni, ho poco altro da dirti. Quello che siamo stati e quello che siamo, lo ha visto anche tu.
In fondo, siamo solo piu' vecchi di 10 anni. Abbiamo fatto tante cose. Non troppe di cui serbare un vero ricordo, Alcune, quelle si', nel tuo ricordo. Nella tua memoria.
Sfogliavo ieri sera il libro delle firme, dei pensieri, dei sentimenti dedicati, che ti siedono accanto, dentro la cappella.
E sono sempre piu certo che ognuno di noi non e' cio' che la vita ha la fortuna di dargli. Ma ciò che con la vita sia ha la possibilità di lasciare agli altri. Non siamo ciò che otteniamo, ma ciò che diamo.
Non conta quanto vivi, ma come vivi.
Senza "se".
Sono passati 10 anni, Lucio. Ma restiamo tutti "di passaggio", come scrivevi tu. Siamo come il tuo aereo.
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