C'è un momento nel quale l'emozione, interiore e contenuta per quanto possibile, può avere il sopravvento.
Giovedì scorso ero a Perugia, nella prima delle tante sortite di questi ultimi 10 giorni (c'è chi dice che dovrò abituarmici... Vedremo).
Di sicuro è stata la più intensa e coinvolgente.
Un intero pomeriggio al Residence Chianelli, a due passi dall'ospedale del capoluogo. Dove Franco e Luciana da 25 anni accolgono e sostengono le famiglie costrette a combattere una propria guerra: quella contro la malattia peggiore.
Una guerra in cui la paura maggiore non è nel nemico - che purtroppo si conosce - ma nel rischio della solitudine, nel timore di non essere abbastanza forti, nell'angoscia di non sapere cosa di aspetta. Insomma una di quelle condizioni che se non ci passi, non serve neanche provare a descriverle.
E allora via con interviste e testimonianze, dall'appassionata narrazione di Franco Chianelli, artefice di un cammino di solidarietà che per un quarto di secolo ha reso possibile quel che forse neanche le istituzioni preposte avrebbero fatto; agli straordinari protagonisti del mondo scientifico, il prof. Brunangelo Falini, un premio Nobel in pectore per le storiche conquiste nella ricerca sulle leucemie, e il dr. Maurizio Caniglia, del reparto di oncoematologia pediatrica (uno di quei posti che ti fanno piombare addosso diversi punti interrogativi parecchie sul perchè un bambino debba subìre destini così truci). E poi le assistenti, psicologhe, psicoterapeute dello staff interdisciplinare, affiatate ed entusiaste di lavorare "in un luogo unico, per umanità e calore".
Se ci sono però delle parole che mi hanno lasciato scolpito qualcosa di unico, quelle sono di Teresa.
Non so quanti anni abbia. Non l'ho potuto neppure capire, nascosta com'era dietro una mascherina che è la sua corazza antibatterica dopo che ha subito il trapianto del midollo, donato da sua madre Belinda. Viene dal Lazio, credo Ciociaria. Ma in fondo che importa da dove viene?
E' magra, il colore della pelle dice tutto della battaglia che sta combattendo, i capelli corti e in fase di ricrescita sono la cifra estetica del delicato iter di decorso della terapia che sta attraversando.
Quando Luciana, infaticabile animatrice di tante iniziative di volontariato legate al Comitato, mi ha accompagnato nella sua stanza, un mini appartamento di una trentina di metri quadri, diviso in due piccoli vani, non sapevo francamente come muovermi. E neanche da dove cominciare.
In queste situazioni il timore è di usare le parole sbagliate. E perfino i silenzi sbagliati.
Come spesso mi accade, ho lasciato fare a loro: all'istinto - che dopo quasi 30 anni di interviste comincia ad incresparsi lungo il versante dell'esperienza - e la sensibilità - o quel che interpreto come tale, che è quell'insieme di sensazioni che ti fanno procedere in punta di piedi, tra migliaia di uova disseminate per terra, con l'abilità di chi riesce a schivarle senza incrinare neppure un guscio.
Poi ha fatto tutto lei, Teresa. Con le sue parole, il suo spirito, la sua energia, la sua voglia.
Già, la voglia di farcela, di reagire, di giocarsela fino in fondo. Fino ai supplementari, e se dovessero servire, anche ai rigori. Lei sì che ce l'ha questa forza.
Qualche sua frase mi è rimasta tatuata nell'anima: perchè spesso sono le persone che attraversano il guado della lotta per l'esistenza, quelle che ti fanno capire quanta energia puoi avere e puoi dare (e
magari sottovaluti per primo).
"Lottare sempre, tutti i giorni - mi ha confidato all'inizio dell'intervista - Ho vissuto bene la mia malattia, e per la verità' non mi sono mai sentita una persona malata. Mi sono sempre definita una paziente non malata, sempre consapevole del mio stato.
Quando sono arrivata qui ho potuto capire che stavo reagendo bene e questo mi ha dato sempre più forza per affrontare la fase del percorso più dura. Non è stata una passeggiata, lo so, ma grazie al supporto di mia mamma ho riscoperto ad esempio la voglia di colorare, dipingere, l'avevo sotterrata da quando avevo 11 anni. Quando ero ricoverata, invece, non vedevo neppure l'arteterapista ma guardavo i colori. Non vedevo l'ora di colorare. E ho cercato di dipingere la mia storia. E mi piace. Mi piace stare qui, ormai questa è la mia casa.
E' fondamentale una persona che ti stia vicino. Quando si vive una situazione del genere, ti scatta qualcosa dentro che ti cambia tutto, una rivoluzione.
Si apprezza la semplicità delle piccole cose, anche vivere in un piccolo appartamento. Ma a me va bene così, non abbiamo bisogno di avere tante cose. Ci sono io, c'è la mamma, ci sono gli amici del Chianelli. C'è la mia nuova vita".
Teresa ce la può fare. Sa che dipende dalle persone che la circondano, prima di tutto i medici. Sa che
ci vorrà anche fortuna, e per chi la sente, anche fede. Ma sa che dipende anche da lei.
Un viso sottile ma tenace, due occhi che raccontano il suo volto. E un sorriso che non potuto vedere, per quella mascherina, ma che Teresa mi ha trasmesso. Il sorriso di chi ama la vita. E riesce a dirtelo, sorprendendoti.
È' stato un pomeriggio speciale. Dove le tante litanie quotidiane per le quali dedichiamo fin troppi pensieri, hanno lasciato spazio alle cose semplici. Alle cose belle. Alle cose vere.
giovedì 25 febbraio 2016
sabato 20 febbraio 2016
Dalla "sanità tellurica" alla lezione di papà. Passando per un tapis roulant...
Di tutto un blog...
SANITA'
TELLURICA
Il
mese di febbraio è appena a metà strada che rischia già di
lasciare il segno per il quinquennio del Marini bis. Le dimissioni
dell'assessore alla Sanità, Luca Barberini è il prezzo pagato dalla
Governatrice nel braccio di ferro sulle nomine dei direttori
sanitari. Con buona pace di chi pensa che dietro queste scelte – al
di là della competenza ed esperienza indubitabili dei diretti
interessati – non si consumino anche battaglie politiche aspre.
Questa
è una disfida tutta interna al Pd, con Marini e fedelissimi da un
lato, Barberini (o meglio, Bocci) e fedelissimi dall'altro. La scossa
dei giorni scorsi avrà conseguenze anche sulla tenuta di
maggioranza?
Dei 13 consiglieri regionali del Pd (compresa la Presidente), 5 sono gli
“aventiniani” (con Barberini, l'eugubino Smacchi, Brega,
Guasticchi e la Porzi). Che la maggioranza esca più forte e solida
di prima è difficile dimostrarlo. Perchè la politica è l'arte del
possibile, ma anche la matematica non è un'opinione.
Cosa
debbano pensare poi gli elettori, i cittadini, che poi sono anche i
pazienti di Asl e ospedali umbri, dopo tutto questo bailamme, è
ancora altra cosa.
UN
GIORNO A SPOLETO
Dici
Spoleto e pensi a “Don
Matteo”.
Se si fa un giro per la città dei Due Mondi in realtà ci si accorge
di come, senza fare centinaia di chilometri, si possa cogliere
qualche buona idea in fatto di mobilità alternativa.
Ad esempio,
arrivando nella zona dell'ospedale nel parcheggio Posterna, si può
imboccare la scala mobile (tapis roulant) – una delle tre strutture di mobilità
pedonale – che conduce fino in cima al centro storico, a poche
decine di metri dal Duomo.
Non è una scoperta straordinaria, ma la
consapevolezza di come troppo spesso la politica e l'opinione
pubblica di una città come Gubbio finisca per incupirsi e
fossilizzarsi su “crociate” tutte cittadine, senza alzare la
testa e dare uno sguardo al futuro.
Ad esempio, a come immaginare la
mobilità nella Gubbio del 2020 o del 2030. Se vi si potrà
passeggiare, o fare zig zag tra le auto parcheggiate e ambulanti, con
una residenzialità ancora viva e un tessuto commerciale e artigiano
ancora esistente.
O se sarà destinata ad un mero presepe che di
naturale avrà solo la dimensione, che si accende a intermittenza, a
Natale e a maggio, per poi spegnersi negli altri 10 mesi.
LA
LEZIONE DI PAPA'
Pensierino
finale a babbi e mamme che domenicalmente danno il “meglio di sè”
dagli spalti di una tribuna (di calcio e non): non per incoraggiare
il proprio pargolo, ma per insultare avversari, genitori degli
avversari, arbitri, allenatore e quanto di deambulante gravita
attorno (ultimo caso, nel Ternano, un paio di domeniche fa).
Non sanno, costoro, quanti danni possa causare tutto questo,
principalmente a loro figlio. Negandogli la gioia di giocare ma anche
il valore educativo che lo sport (anche con le sue sconfitte) sa
offrire.
Un consiglio? Leggersi la storia di Giuseppe Abbagnale, ex
olimpionico di canottaggio e oggi presidente della Federazione. A
pochi mesi dalle Olimpiadi, da presidente prima ancora che da padre, ha sospeso il figlio,
Vincenzo, che aveva saltato tre controlli antidoping. Ora rischia di
saltare anche Rio 2016. Una possibile medaglia in meno, per gli Azzurri e
per casa Abbagnale.
Ma una lezione straordinaria che resta impressa
per tutta la vita.
GMA
editoriale da "Gubbio oggi" - febbraio 2016
Etichette:
Politica locale,
Riflessioni
sabato 13 febbraio 2016
Quando sembra solo un mozzicone per terra... e invece è pura inciviltà
Ne ho contate 287 stamattina. Sono le cicche schiacciate per terra dalla pioggia e dall'incuria di chi le ha aspirate fino a poco prima. 287 sigarette che compongono, come un sentiero sacro della nicotina, il breve tragitto che va da casa mia alla redazione.
Più o meno 800 passi (così mi dà il telefono) che corrispondono a poco più di 500 metri.
E ho contato solo quelle che giacevano lungo il metro, metro e mezzo di perimetro che attraverso scendendo da via Aquilante a San Pietro, giu' per la Piaggiola.
Se mi fossi spostato dall'altra parte della strada, stesso identico percorso, probabilmente ne avrei contate altrettante.
Considerando che la multa è di 300 euro, al Comune sarebbe bastato tenere un addetto lungo questi 500 metri di strada, neanche troppo complicata da vigilare, per incassare in un paio di giorni, più o meno 86.000 euro di multe. Che non risolverebbe certo il problema, anche se come deterrente, 3 banconote verdognole con il portale in stile barocco stampato sopra, secondo me, funzionano.
Ho fatto questo piccolo calcolo dopo che è entrata in vigore la legge che punisce chi getta sigarette (o anche rifiuti generici) per strada.
"Con tutti i problemi che abbiamo..." dirà qualcuno, c'era bisogno di questa legge?
Purtroppo sì anche se non sarà facile scardinare l'incivile usanza.
In fondo anche quando entrò in azione la legge Sirchia - l'unico ministro della Salute che abbia davvero inciso nella qualità della Salute più tangibile - ci volle un po' per non vedere più le sigarette accese in un locale chiuso. Ma la goccia scava la pietra, ripetevano già i latini. E questo vale anche per chi fuma (sostanzialmente buggerandosi della salute propria così come di quella di chi gli sta vicino).
Comunque se fumare resta esercizio discutibile - almeno in fatto di salute - adesso buttare la cicca per terra non è più soltanto sintomo di apatia e menefreghismo civico (basterebbero pochi passi per schiacciare una sigaretta in un portacenere o spegnerla e quindi gettarla in un cestino) ma è anche un atto punibile per legge.
Quel che purtroppo non è punibile è la stupidità: che fa dell'uomo, con sigaretta o senza, un essere incapace di custodire il suolo pubblico con la cura che riserverebbe, che ne so, alle proprie mutande (già saremmo molto avanti). E allora quel che è Pubblico è semplicemente "di nessuno", traduzione molto impropria di ciò che invece significherebbe "di tutti". E quindi anche mio.
Ho un senso di ripulsione per la sciatteria con cui la maggior parte delle persone "tratta" il suolo e in generale l'ornato pubblico. Mi innervosisce vedere le cartacce per terra, mi indispettisce assistere al variopinto spettacolo circense dei cassonetti dell'immondizia ricolmi di tutto, compreso quello che dovrebbe finire nel cassonetto accanto.
Non riusciamo proprio a differenziare. Perchè non riusciamo a differenziarci.
Chi butta la cicca per terra non fa eccezione. Probabilmente, dopo il varo di questa legge, continuerà a farlo. Anche perchè ci vorrà del tempo prima che un vigile urbano ti venga a multare (rischiando di passare lui per un irremovibile figlio di buona donna).
Ma gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra. Anche quella dell'inciviltà diffusa. E' già un bene che la pietra abbia iniziato a inumidirsi...
Più o meno 800 passi (così mi dà il telefono) che corrispondono a poco più di 500 metri.
E ho contato solo quelle che giacevano lungo il metro, metro e mezzo di perimetro che attraverso scendendo da via Aquilante a San Pietro, giu' per la Piaggiola.
Se mi fossi spostato dall'altra parte della strada, stesso identico percorso, probabilmente ne avrei contate altrettante.
Considerando che la multa è di 300 euro, al Comune sarebbe bastato tenere un addetto lungo questi 500 metri di strada, neanche troppo complicata da vigilare, per incassare in un paio di giorni, più o meno 86.000 euro di multe. Che non risolverebbe certo il problema, anche se come deterrente, 3 banconote verdognole con il portale in stile barocco stampato sopra, secondo me, funzionano.
Ho fatto questo piccolo calcolo dopo che è entrata in vigore la legge che punisce chi getta sigarette (o anche rifiuti generici) per strada.
"Con tutti i problemi che abbiamo..." dirà qualcuno, c'era bisogno di questa legge?
Purtroppo sì anche se non sarà facile scardinare l'incivile usanza.
In fondo anche quando entrò in azione la legge Sirchia - l'unico ministro della Salute che abbia davvero inciso nella qualità della Salute più tangibile - ci volle un po' per non vedere più le sigarette accese in un locale chiuso. Ma la goccia scava la pietra, ripetevano già i latini. E questo vale anche per chi fuma (sostanzialmente buggerandosi della salute propria così come di quella di chi gli sta vicino).
Comunque se fumare resta esercizio discutibile - almeno in fatto di salute - adesso buttare la cicca per terra non è più soltanto sintomo di apatia e menefreghismo civico (basterebbero pochi passi per schiacciare una sigaretta in un portacenere o spegnerla e quindi gettarla in un cestino) ma è anche un atto punibile per legge.
Quel che purtroppo non è punibile è la stupidità: che fa dell'uomo, con sigaretta o senza, un essere incapace di custodire il suolo pubblico con la cura che riserverebbe, che ne so, alle proprie mutande (già saremmo molto avanti). E allora quel che è Pubblico è semplicemente "di nessuno", traduzione molto impropria di ciò che invece significherebbe "di tutti". E quindi anche mio.
Ho un senso di ripulsione per la sciatteria con cui la maggior parte delle persone "tratta" il suolo e in generale l'ornato pubblico. Mi innervosisce vedere le cartacce per terra, mi indispettisce assistere al variopinto spettacolo circense dei cassonetti dell'immondizia ricolmi di tutto, compreso quello che dovrebbe finire nel cassonetto accanto.
Non riusciamo proprio a differenziare. Perchè non riusciamo a differenziarci.
Chi butta la cicca per terra non fa eccezione. Probabilmente, dopo il varo di questa legge, continuerà a farlo. Anche perchè ci vorrà del tempo prima che un vigile urbano ti venga a multare (rischiando di passare lui per un irremovibile figlio di buona donna).
Ma gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra. Anche quella dell'inciviltà diffusa. E' già un bene che la pietra abbia iniziato a inumidirsi...
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