Ippodromo di Spoleto: l’araba fenice dell’Umbria
Il Sole 24 ore – 5 dicembre 2003
Dicono che tra tre anni sarà pronto. Chissà se i bookmakers se la sentirebbero di “quotare” questa previsione. L’ippodromo regionale di Spoleto assomiglia sempre più ad un’odissea amministrativa. Un complesso avveniristico che ha mosso i primi passi nel 1997, ma che covava nei sogni degli spoletini almeno dagli anni Ottanta. Da allora però i passi avanti sono stati compiuti solo sulla carta. In mezzo, una ridda di polemiche - unico fattore in crescita esponenziale – e perfino azioni giudiziarie.
Poreta, la pianura dove è stata individuata l’ubicazione dell’impianto, sembrava un’area predestinata: molti anni fa ospitava un crossodromo, avrebbe dovuto ambire a diventare autodromo, poi è emersa l’idea dell’ippodromo. La velocità come comun denominatore ma non certo nei tempi di realizzazione.
Serie complicazioni infatti sono venute a galla: dopo l’espletamento del bando regionale (l’area è di proprietà dell’ex Apt e concessa in comodato d’uso dalla Regione), il Comune ha concesso la licenza per realizzare l’ippodromo. I lavori sono partiti, è iniziato lo sbancamento di un’ampia porzione di terreno, ma è intervenuta la Magistratura.
Il cantiere del futuro complesso ippico negli ultimi mesi è stato per due volte posto sotto sequestro, l’ultima il 17 agosto dal Gip del Tribunale di Spoleto, su richiesta del Procuratore, Salvatore Medoro. Con l’accusa di truffa e danno ambientale, sono scattati quattordici avvisi di garanzia, distribuiti tra tecnici, titolari d’impresa e amministratori pubblici. Nell’occhio del ciclone l’attività estrattiva posta in essere dall’impresa, che avrebbe fatto della pianura di Poreta – sito di elevato valore ambientale – soltanto una sorta di “cava”: per la quale attività estrattiva è stato anche definito dal Comune un prezzo fisso di vendita. Su questo aspetto ha puntato il dito anche la Commissione regionale di Vigilanza e Controllo, presieduta dallo spoletino Franco Zaffini.
In entrambe i casi, dopo l’apposizione dei sigilli, il Tribunale del Riesame di Perugia ha approfondito la questione e disposto il dissequestro. Da fine ottobre il cantiere è di nuovo operativo. Di tempo, però, ne è passato e l’indagine resta aperta.
Due gli imprenditori edili che si sono succeduti alla guida dell’impresa aggiudicataria durante questi anni, società ora guidata da Giuseppe Mannaioli (nel frattempo divenuto anche patron di una delle due squadre di calcio cittadine, la Fortis).
All’indomani del provvedimento di dissequestro i legali dell’impresa (gli avvocati Finocchi e Ghirga) hanno dichiarato che “la concessione rilasciata aveva avuto il parere favorevole di tutti gli enti deputati all’esame della domanda della concessione edilizia. Per quanto riguarda la valutazione dell’impatto ambientale è stato allegato il parere favorevole della Regione che riteneva il progetto, per tutte le opere che erano state richieste, da non assoggettarsi alla cosiddetta Via”.
E due sono anche i sindaci che si sono idealmente passati di mano la “patata bollente”, Alessandro Laureti, che nel ’97 diede via al progetto, e l’attuale sindaco Massimo Brunini.
“Il Comune ha concesso la licenza su un progetto di ippodromo che prevede determinati interventi. Dato che nell’area interessata viene estratto materiale inerte – spiega Brunini - il consiglio comunale ha approvato un percorso contrattuale con l’azienda per disciplinare l’utilizzo di questo materiale”.
I ritardi accumulati sono un problema risolvibile?
“Il vero e proprio sbancamento dell’area è iniziato un anno fa – sintetizza Brunini – Ritengo che l’ipotesi profilata dall’impresa di concludere i lavori entro tre anni sia raggiungibile. Vigileremo attentamente perché l’iter non abbia altri intoppi, attenendoci anche ai passi della Magistratura”.
Nelle ultime ore ha fatto discutere perfino un sopralluogo della Commissione di Vigilanza e Controllo della Regione, prima annunciata ma poi rinviata di una settimana per l’assenza di tecnici comunali (ufficialmente avvertiti della sortita solo poche ore prima).
“Non abbiamo competenza né per intervenire sugli atti del comune di Spoleto, né su quelli condotti dalla Magistratura – precisa Zaffini - intendiamo verificare però la rispondenza degli interventi compiuti nell’area rispetto al deliberato della Regione. Abbiamo chiesto delucidazioni sul piano operativo e sul preventivo dei costi futuri per poter monitorare attentamente l’iter dei lavori”.
Dall’ultimo sopralluogo non sono mancate sorprese: l’impresa costruttrice ad esempio ha annunciato che l’ippodromo potrebbe avere una pista di 1.600 metri (invece che gli iniziali 1.200) e dunque diventare una delle più grandi d’Europa, con strutture di ricovero degli equini, tribune, impianti sportivi collaterali e perfino un teatro all’aperto. Una seconda parte del piano, resa nota solo in questa occasione, ma ancora senza il placet della Regione, prevede anche la costruzione di un albergo e di un centro commerciale, progetti che però dovranno superare il vaglio dell’impatto ambientale. L’impresa edile ribadisce che si tratta di tempi brevi, non oltre 3 anni. Ma i precedenti della contesa spoletina suggeriscono prudenza.
La vicenda insegna che i buoni propositi non sono finora bastati. Se è vero che dopo 7 anni l’ippodromo è ancora sulla carta, Poreta è un vistoso sbancamento, e la questione ha assunto i caratteri di una singolare “corsa a ostacoli”. Non certo al galoppo.
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venerdì 5 dicembre 2003
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