Solo chi non conosceva Ermete, poteva descriverlo come burbero. La sua era schiettezza distillata, come le migliori grappe venete: bruciano chi non sa apprezzarle, ma vanno già che è un piacere. E danno calore. Punto.
L'immagine che conservo del dottore è speciale. E' personale. Quasi intima, se non fosse che in questo flash ci sono dentro, in realtà, migliaia di persone. Ma tutte (o quasi) ignoravano quello che passava per la nostra testa, per la pelle, per il cuore, in quei momenti. Lui no.
Lo
vedevi arrivare alle 5 e tre quarti, in giacca e gilet.
Lui
i Ceri li viveva così. Ti guardava negli occhi. E mentre il brusìo
che circondava il Corso e penetrava nelle orecchie, finiva per
assuefarsi con il respiro impastato e il battito cardiaco
intermittente, il dottore ci chiedeva chi fossero le punte, chi i ceppi.
E voleva sapere dei bracceri. Li squadrava, in un paio di secondi, e li battezzava a modo suo: "Boni... basta che 'n ampicciono".
Poi,
una volta controllato tutto, come fossimo la sua pattuglia speciale, si voltava di nuovo verso di noi e fisso, si
scioglieva in un sorriso di incoraggiamento e in un abbraccio, uno ad uno.
Guardavo quel signore, pensando a quante volte mi era apparso in fotografia accanto a mio padre, che a sua volta aveva "battezzato", con Furio braccere, sulle girate della sera parecchi lustri prima.
50
anni di differenza tra noi e lui. Ma in quel momento, a parte il Lei doveroso, era come fossimo
coetanei. Era come se il tempo e l'anagrafe non contassero.
Occhi
lucidi che incrociavano altri occhi lucidi. E una stretta forte.
Meglio di una cintura di sicurezza.
Un'iniezione di coraggio e di fiducia che nessuna bevanda energetica
avrebbe saputo eguagliare. Ermete, per la nostra "muta", era qualcosa più che un semplice
doping.
Se
ci sono degli istanti che conservo incancellabili delle Sei meno Cinque,
tra questi c'e la comparsa improvvisa, ma indispensabile, del dottore su da Barbi. Quando arrivava lo
sentivi. Sentivi che era ora.
E che quello che avresti dovuto fare (e
che fino a quel momento ti angosciava), era trasformato improvvisamente in
una sostanza intangibile ma che evidentemente Ermete sapeva trasmettere con qualche sconosciuta formula alchemica: l'orgoglio.
In quel momento sarebbe potuto arrivare anche un tornado.
Non ci saremmo spostati di un millimetro.
Perché quello che stavamo
per fare, l'avremmo fatto anche per ceraioli come lui...
Un bel ritratto, complimenti Giacomo
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