Credo la grandezza di una persona la si veda soprattutto nelle sue sconfitte. E nel modo in cui reagisce.
Lo sport, e il calcio in primis, è una metafora plastica di questo assunto. Che dovrebbe farci compagnia ogni giorno, soprattutto in quei momenti in cui tutto sembra girarti contro. O in cui magari, ad un passo dalla meta, dal traguardo, dal raggiungimento di un obiettivo, qualcosa o qualcuno si mettono di mezzo. E vanificano tutto.
Ecco, quello è il momento di non abbattersi, di rispondere alle avversità. Di sentirsi ancor di più orgoglioso di chi sei, di quello che fai e soprattutto di quello che ancora puoi realizzare. A dispetto delle avversità.
Per qualcuno sembrerà una comoda consolazione. Ma è pur sempre meglio che piangersi addosso, cadere nella facile teoria dei complotti o del vittimismo (quel che va male, è sempre colpa di qualcun'altro) o peggio ancora, considerare irraggiungibile quella meta che è sfuggita di un niente.
Penso a tutto questo con la mente a ieri sera, alla partita della Juve a Monaco. Un 4-2 che ricorderemo per un pezzo. E caso mai ce lo scordassimo, ci penseranno i tifosi delle altre squadre italiane a rinfrescare la memoria: se non altro per lenire la propria carenza ormai cronica di successi negli stadi di casa.
In Germania, come allo Stadium, la Juventus ha dimostrato di essere ancora più grande dello scorso anno. Lo ha fatto contro un avversario che, a questo punto, potrebbe vincere la Champions. Giocando alla pari almeno il 70% dei 210 minuti delle due gare, pareggiando 2-2 i due confronti al 90' e dimostrando di essere competitiva in Europa per il secondo anno di fila, nonostante una squadra largamente rinnovata, in estate, e largamente rimaneggiata nelle ultime 48 ore. Lascio stare poi i due gol viziati all'andata e il gol annullato al ritorno da due terne dimostratesi forse non all'altezza degli altri 22 in campo. Altrimenti ricadrei nel vittimismo tipico di quei tifosi festeggiano solo per le disgrazie bianconere.
La sensazione di questa forza, infine, me l'ha data un dettaglio finale: la capacità di costruire altre due palle gol dal 115' in poi, proprio dopo lo tsunami che aveva travolto i bianconeri tra l'ultimo minuto di gara e i primi 10 del secondo tempo supplementare. Chiunque sarebbe crollato, giocando d'inerzia con il solo obiettivo di finirla prima possibile. Invece, da terra, dopo il doppio ko propiziato dall'ex di turno che non ti aspetti (Coman), la Juve si è rialzata ed è andata vicina a riaprire la contesa.
Quella forza che ha prodotto l'ennesima occasione da gol sfumata ha detto due cose: che la Juventus non arriverà in fondo per un pizzico di fortuna in meno (quella che forse tra sorteggi ed episodi c'era stata lo scorso anno), ma che è pronta a ripresentarsi da settembre ancor più temibile di prima.
Del resto - e questa è la seconda - sul tap in di Mandzukic e la ciabattata di Sturaro c'era scritto tutto: la dea Eupalla - per dirla alla Brera - aveva già deciso.
E non avrebbe lasciato riaprire, neppure per 5', un'ipotetica speranza.
giovedì 17 marzo 2016
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