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lunedì 26 maggio 2014

Europee 2014: finisce l'era del voto ideologico... Renzi fa "capotto" ma ora dovrà governare davvero

Almeno stavolta non potranno dirlo tutti. Di aver vinto le elezioni.
Perchè queste Europee 2014 ce le ricorderemo, da qualunque angolazione le si guardino.
Per il trionfo indiscutibile del partito del premier (sopra il 40% come forse una o due volte era riuscita la sola Dc e Berlusconi con tanto di coalizione).
Per il mancato boom di Grillo e dei 5 Stelle, rimasti a bocca asciutta rispetto ai roboanti proclami della vigilia (seppur con un notevole 21% nazionale che resta uno zoccolo importante).
Per l'ormai irreversibile strada dell'estinzione imboccata dal Cavaliere e dal Berlusconismo di centro destra (quello di centro sinistra sopravvive ancora nell'attuale Presidente del Consiglio) cui non possono far da contraltare i risultati a cavallo della soglia di sbarramento di Alfaniani e Meloniani.

Insomma, le urne Europee consegnano l'Italia al teorizzatore del "dolce stil novo" politico. Una legittimazione ex post della scalata vertiginosa operata in pochi mesi prima sul PD e poi sul governo del Paese. Di gente come Bersani, D'Alema o Fassino non si vede più l'ombra e lo stesso elettorato sembra aver percepito l'antifona. Segnando di fatto la fine del voto ideologico in Italia.
Non si sente parlare più di ex comunisti e di ex fascisti (con i nostalgici dei due fronti confinati nelle riserve elettorali di Tsipras e dei Fratelli d'Italia): e non è detto che sia un male.
Nel senso che in quel 40% e rotti messo a segno da Renzi solo una parte (la gran parte, ma non tutto) è un elettorato tradizionale di centrosinistra. Il resto sono gli italiani che hanno preferito sperare piuttosto che ribellarsi, che hanno investito nel sindaco di Firenze piuttosto che nell'avventura dell'ex comico di Genova. Chi per fiducia vera, chi perchè non vedeva alternative. E tra questi ultimi, non pochi moderati che fino a qualche anno fa non avrebbero lontanamente preso in considerazione di mettere una croce sul PD.

La scommessa di Matteo Renzi, al momento, è vinta. Nel senso che - in sede di primarie - aveva dichiarato che avrebbe prosciugato l'elettorato di centro e intaccato anche quello moderato ex Forza Italia: morale, Scelta Civica è scomparsa, il Nuovo Centro Destra galleggia appena e Forza Italia è ormai ai livelli dell'ex PSI craxiano. In un percorso di riforme continuerà ad avere peso, ma parlare di alternativa politica futura autonoma è pura utopia.

Per qualche giorno il premier potrà godersi questi numeri, magari seduto e sorridente al centro della Sala dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio. Ma la "luna di miele" con gli italiani è destinata a durare poco.

Ora ha gli strumenti e la legittimazione a fare quello che ha promesso: "cambiare verso" al Paese, a cominciare dalle riforme e dalla Pubblica Amministrazione.
Se riuscirà a farlo, con abilità politica e pragmatismo da statista, quel 40% si consoliderà nel tempo e non sarà più frutto di una "mancanza altrui".
Se le sue resteranno promesse - per incapacità o per impossibilità dovuta al fatto che restiamo pur sempre la patria del Gattopardo - quel 40% tornerà a risfaldarsi in tanti rivoli inconcludenti.
Come già scrissi, ahimè, per Monti e per Letta, comunque la vedano, gli italiani saranno costretti a fare il tifo.
Prossimo step, Regionali 2015: si voterà per le 20 regioni (in attesa di sapere se chiuderanno anche quelle), ma di fatto sarà un altro referendum sul governo Renzi.
Ad maiora...

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