In genere, in queste ore,
ci si guarda indietro e si ripercorre l'anno che si sta lasciando
alle spalle.
L'ho già fatto in questo
blog negli anni scorsi. E la tentazione e' forte.
Ma stavolta resisterò. E
non perché non abbia bei ricordi di questo 2014, professionali e
soprattutto personali.
Penso ad esempio
all'intervista a casa di Piero Angela, a febbraio, con
un'appassionante visita al museo nazionale dell'emigrazione all'Ara
Pacis di Roma. O all'intervista - cotta e mangiata - il pomeriggio
della vigilia dei Ceri con Steve Mc Curry niente meno che nel
giardino di casa mia: dopo che era rimasto incantato a guardare le
foto dei ceri nella mia tavernetta, già imbandita di salumi e
assaggi vari in attesa della sera. O alla lunga chiacchierata con Flavio Insinna, a San Pietro, in un pomeriggio estivo prima del suo spettacolo per i 25 anni del "Gubbio Summer Festival". O la cena informale insieme a
Gianni Letta a casa di Francobaldo Chiocci, prodigo di consigli e
complimenti (che non guastano mai, specie se spontanei, non richiesti
e disinteressati) dopo la presentazione del libro "C'era una volta l'inviato speciale".
Bellissime esperienze, ma ancor più coinvolgenti lo sono state le mille emozioni
che hanno saputo regalarmi i miei figli, la mia famiglia, ai viaggi,
alle sciate o alle nuotate, ai libri letti e a quelli che attendono
solo di essere sfogliati. Alle trasmissioni venute bene, e a quelle
che mi hanno lasciato amaro in bocca, alle discussioni in redazione
come ai complimenti di qualche telespettatore per strada. Alle
intuizioni fugaci e ai rimpianti postdatati. Alle chiacchierate
davanti ad un aperitivo come agli addii non voluti. Ce ne sarebbe di
che scrivere di questo 2014...
Eppure avverto, più che
in passato, un crescente formicolìo. Che e' sinonimo, forse, di
vecchiaia ma soprattutto di impazienza.
Impazienza per un 2015 che
dovrà per forza lasciare qualche segno.
E' un anno carico di
aspettative, di ricorrenze, di eventi certi o possibili che meritano
questa sensazione un po' nervosa, un po' nevrotica, un po' spasmodica
di ansia.
Cento anni fa, i nostri
nonni - per tornare al libro su cui mi sto immergendo - avevano sogni
diversi, ideali lontanissimi da quelli di oggi, e una precarietà che
non era fatta di Co.Co.Co ma di moschetti, trincee e assalti alla
baionetta.
Mio nonno Stefano aveva 18
anni (classe 1897) quando fu chiamato al fronte. Forse andò con entusiasmo,
sicuramente durò poco. Perchè di quella guerra, come dell'altra
combattuta in Montenegro 25 anni dopo, non raccontò mai nulla a casa. E non
esiste memoria, almeno in ambito familiare, per qualcosa che probabilmente sei costretto a
portarti dentro, più come un macigno che come un'esperienza da
riportare ai nipoti.
E' passato un secolo e
molte di quelle vicende non hanno insegnato nulla.
Il buono che resta, e che
può corroborarsi con le pagine del libro di Cazzullo, è la “voglia
di Italia” che tanti ragazzi andarono ad esprimere non solo “mettendoci la
faccia” (come va di moda dire oggi) ma rimettendoci la vita, con uno spirito che – senza
moschetto, baionetta ma con la stessa “voglia di Italia” -
dovrebbe essere da esempio ai nipoti e pronipoti di oggi. Per quei 650 mila italiani che nonni non poterono diventare.
Altro dovrà accadere,
fortunatamente nel 2015. Altro di cui parlare, di cui scrivere e di
cui leggere. E non vedo l'ora di poterlo fare...
Auguri a tutti i 25
lettori del blog. E un 2015 ricco di tutto ciò che vi aspettate.
E
anche, perché no, di qualche bella sorpresa...
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