Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 28 gennaio 2016

Ci mancherà Enzino. Anche il fatto che non voleva lo chiamassimo Enzino, ci mancherà...

Era un po' come uno zio. Perchè in fondo, per mio padre, era un fratello.
Enzo Menichelli se ne è andato. In silenzio. Come forse avrebbe voluto.
Come sempre mi chiedeva facessi per le tante iniziative o suggerimenti che era solito fare per un servizio o un'iniziativa a favore della sua Gubbio.
E non perchè non volesse assumersi responsabilità, ma perchè era volutamente schivo e restìo ad apparire.
Credo che perfino i manifesti funebri, se avesse potuto, li avrebbe coperti. Come le statue dei Musei Capitolini al passaggio di Rouhani.
Era anche un ceraiolo di grande fermezza: anche quella silenziosa ma inesauribile.
Faceva parte di quella generazione che con mio padre ha "rianimato" il cero di Sant'Antonio dagli anni Sessanta in poi. E a metà degli anni Ottanta il naturale passaggio generazionale mi ha visto sfiorarli sulla terza girata della sera, loro alle ultime spallate e io ancora acerbo braccere 15enne. E nell'89, quando toccai la spalla per la prima volta sul monte (tra l'altro, era l'anno del diluvio) catechizzò mio padre, con eleganza ma senza remore: "Devo farti un appunto", gli disse. Ritenendo, forse a ragione, che quel ragazzotto di 18 anni (ero io) avrebbe potuto aspettare per il  battesimo del cero.
Per una volta però voglio ricordare una persona con le parole di mio padre: quelle lette in chiesa, il giorno del suo funerale. Un affresco di quel personaggio davvero speciale, che era Enzo.


"Enzo Menichelli ci mancherà. 
L'abbiamo già avvertita in questi giorni la sua mancanza, dopo che se ne è andato in silenzio, in disparte. Forse proprio come desiderava succedesse. 
Ci mancherà vederlo spuntare in fondo al corso, dentro al suo loden, all'inizio di una delle tante passeggiate che prediligeva sempre con le stesse tappe. Gli stessi amici. 
All'apparenza Enzo poteva sembrare burbero e scostante, ma noi amici fraterni da una vita sapevamo che non era così. Era un signore, di un'educazione antica, integerrima, mai volgare. Un signore tutto d'un pezzo, fatto a modo suo. Sono gli altri che non lo capivano.


La terza girata del 1986: Enzo ceppo interno,
io acerbo braccere 15enne a Gianni Casoli
Perché  Enzo era un Eugubino verace e amante della propria città, un appassionato ceraiolo santantoniaro. Semplicemente non amava che si parlasse di lui. E qualche volta neppure che gli si parlasse.
Ecco perché sono certo che anche queste poche parole, oggi, per salutarlo, forse non le avrebbe volute. Ma gliele dobbiamo. Da amici e da eugubini.

Amava la sua città in modo forte, viscerale ma anche discreto. Non voleva mai apparire. Ma c'era.Osservava, criticava ma proponeva. 
Soprattutto quando si faceva interprete di un sentore diffuso o di un volere personale e promuoveva iniziative a favore di un monumento o del recupero di una memoria storica.


Nella sua abitazione - dove gelosamente evitava intrusioni non volute - è stato ritrovato il bozzetto della statua di San Francesco e il Lupo realizzata a fianco della chiesa - di cui era stato tra i promotori. Aveva contribuito al restauro e al recupero di alcuni elementi architettonici del centro storico, che "vigilava" quotidianamente con passeggiate cadenzate da tappe consuete presso amici e conoscenti. 
E grande era anche la passione ceraiola per Sant'Antonio: siamo cresciuti insieme sotto la stanga, sulle mute di Mijarini e poi sulle girate. 
C'era sotto lui, insieme a
E in questi ultimi anni continuavamo a intestardirci anche sulla mostra, risalendo per i Ferranti dove tra tanta gente ci ritrovavamo ogni anno, lui immancabilmente a ceppo. 

Enzo poi non faceva mancare la sua presenza negli appuntamenti più importanti, anche pochi giorni fa non aveva voluto mancare al voto per il capodieci e poi alle celebrazioni del 17 gennaio.
L'iscrizione fatta apporre da Enzo
nel campanile dell'antico convento
di S.Antonio (sopra la piazzetta)
Ora lo vogliamo immaginare insieme agli amici di un tempo, a Nando, Ino, Gioacchino, magari seduto in una tavola imbandita e festante, tra qualche canto, molte risate, gli scherzi che eravamo soliti fare e che lui amabilmente mal sopportava. 
Enzino ci mancherà. Perfino il fatto che non voleva che lo chiamassimo Enzino, ci mancherà. 
Non possiamo farci niente. Enzo, un abbraccio da tutti noi".

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