La
corsa finisce ma la strada non lo farà mai: the race ends, the
road never does.
Ho ritrovato un vecchio aforisma inglese, che sembra scritto apposta per raccontare Leonardo Cenci.
Un ragazzo che non
conoscevamo fino a 6 anni fa e che 6 anni fa, come purtroppo molti
altri, si è trovato un giorno di fronte ad una diagnosi: pochi mesi
di vita e nessuna speranza di tornare come prima.
E
invece no, deve essersi detto Leonardo: il destino che ci colpisce non lo possiamo governare, è vero, ma
come reagire a quel destino dipende da noi.
Ed è proprio questo il messaggio più forte, straordinario, per certi versi più immortale
che ci lascia Leonardo Cenci: questo è quello che ha fatto, non a
parole ma con la sua esistenza, negli ultimi 6 anni.
Non
solo si può convivere con la malattia (celando i quotidiani momenti di durezza che ti infligge), non solo la si può irridere
con quella linguaccia che spesso Leonardo sceglieva per essere
immortalato, tanto fosse con gli amici di "Avanti tutta", con una scolaresca vociante, piuttosto che con il
Capo dello Stato o il numero 1 del Coni.
Ma si può e si deve trovare
la forza e anche la leggerezza di guardare avanti, con quello
spirito, quell'energia, quella voglia di essere, più ancora che di
vivere, di cui Leonardo Cenci si è rivelato un Maestro.
Essere
una persona speciale perchè ci si sente in fondo "normali", se questo è aggettivo declinabile per un malato di cancro: facile a dirsi, finchè non lo si vive, finchè non ci si accorge di aver imboccato una strada. E lungo quella strada, di lasciare un'impronta. Quell'impronta, come tutte le sue parole, le iniziative, i messaggi, resterà qualcosa di prezioso, per questa comunità.
Che lo ha adottato idealmente nelle piazze, come negli stadi, nelle conferenze come negli ambulatori, nei palazzetti come nelle aule scolastiche, nelle tombolate come nelle maratone. Un'impronta indelebile per chi ha la sfortuna di imbattersi nella malattia ma anche per chi ha la fortuna di non sapere cosa sia. E spesso non lo sa neppure apprezzare.
Che lo ha adottato idealmente nelle piazze, come negli stadi, nelle conferenze come negli ambulatori, nei palazzetti come nelle aule scolastiche, nelle tombolate come nelle maratone. Un'impronta indelebile per chi ha la sfortuna di imbattersi nella malattia ma anche per chi ha la fortuna di non sapere cosa sia. E spesso non lo sa neppure apprezzare.
Da chi gli ha voluto bene, da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo o semplicemente, come me, da chi lo ha potuto apprezzare e stimare a distanza.
Portando, ognuno con sè, quel sorriso e quell'energia che ci ricorderanno sempre cosa
vuol dire essere speciali.
Saper
trasmettere e donare, qualcosa di speciale.