Non sono mai stato ad Auschwitz, o in qualche altro luogo di dolore: icona di quanto l'uomo possa imbarbarirsi oltre ogni limite ontologico, oltre ogni barriera ideologica, oltre ogni deriva bestiale.
Di Auschwitz l'Europa è piena e non solo in Germania. Per raccontare il Novecento, l'epoca che i nostri nipoti studieranno sui libri di Storia come la più sconvolgente, evoluta ma anche drammatica nell'era moderna. Mai in nessun altro periodo dell'evoluzione umana, si sono compiute scoperte rivoluzionarie come quelle che hanno cambiato la vita nel XX secolo. Al tempo stesso, nessun altra parentesi umana è stata cosi tanto devastata da morti, ingiustizie, stragi di massa.
Verrebbe quasi da chiedersi se l'Uomo abbia bisogno di toccare il fondo, il proprio fondo, per poi vedere davvero la luce, per capire quanto possa essere più elevata, più nobile, più civile la propria esistenza.
Immerso nel monumento alla Shoah di Berlino - agosto 2013 |
All'interno trovi una biblioteca, una serie di aule illuminate, chiare, positive. Che ispirano uno sguardo al futuro. Che fanno respirare, ancor più dei blocchi del monumento di Peter Einseman, l'architetto newyorkese di chiare origini ebraiche che in quel labirinto color cenere sembra fare il verso alle creazioni mastodontiche del nostro Burri, con il suo "Cretto" in terra di Sicilia.
La luce sopravanza le ombre, non c'è dubbio. Grazie anche alle parole di Anna, questa piccola vittima. Perfino inconsapevole di poter fissare, nella memoria dei posteri, una "pietra d'inciampo" così nitida e profonda - la sua testimonianza - da non poter essere più dimenticata.
Di Berlino conservo decine di immagini che mi hanno scolpito nella memoria rilievi indelebili: una città che ci racconta il Novecento come pochi altri luoghi.
Che ci rivela come quello tedesco sia un popolo che ha deciso le sorti drammatiche di un secolo, ma che ne ha pagato appieno le conseguenze. E che non potrà che portarne addosso le cicatrici anche in futuro.
Lo racconto spesso agli alunni a cui parlo del mio libro, della storia di Guglielmina e di Peter, che nella sua vita ha inciso come un tatuaggio, il tortuoso percorso del Novecento teutonico.
Il Nazismo, ma anche il Muro di Berlino, la cortina invalicabile della DDR. Una gita a Berlino varrebbe più di decine di lezioni teoriche per un ragazzo. Lo è stato per me, che non ero neanche più un ragazzo quando nel 2013 ci sono capitato, proprio per andare a trovare Peter Staudacher, conoscerlo, intervistarlo e mettere le prime fondamenta sul lavoro che poi si sarebbe intitolato "Nel segno dei padri",
Oggi, da lontano, quella Germania per molti ha le sembianze di una madre-matrigna per un'Europa che non riesce a trovare un briciolo di identità politica, di posizione strategica, di dialogo comune.
Quasi che il Novecento non sia servito a nulla. Non abbia insegnato cosa fare. E soprattutto cosa evitare.
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