Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 31 luglio 2024

Il "mio Diario Olimpico": il sapore dell'impresa da "uno contro tutti" nel Tempio della scherma. Tra qualche delusione su terra rossa e ring...

Ci sono sfide che sembrano impari. Non solo per il valore dell'avversario, ma soprattutto per il contesto nel quale si disputano. Lo sport è pieno di pronostici ribaltati - il più celebre venne ribattezzato "Maracanazo" ed è datato 1950 - ma per chi quelle sfide le vince il sapore è davvero di un'impresa incredibile.


Quel sapore che arricchisce la terza medaglia d'oro di queste Olimpiadi azzurre. Perchè ottenuto nel Tempio della Scherma - quel Grand Palais a Parigi, che è uno dei teatri più suggestivi di tutta la rassegna, con una gradinata infinita, una scalinata sensazionale dalla quale scendono i protagonisti dopo essersi affacciati da un balcone davvero olimpico e in un clima irripetibile (se non nelle polverose distese della stessa Olimpia). E lo sceneggiatore di questa pagina di sport azzurro ha deciso di renderla immortale per la dinamica, la collocazione temporale e anche la sua unicità tecnica. 


Un confronto, Italia-Francia, che assegna la medaglia d'oro della Spada femminile a squadre: l'Italia non ha mai vinto questa medaglia alle Olimpiadi (la specialità è stata introdotta "solo" nel 1996), se la gioca sul campo delle proprie avversarie, le Francesi a Parigi. Se la gioca a 24 ore da uno dei più clamorosi "errori arbitrali" della storia olimpica della scherma, proprio ai danni di un atleta azzurro. Con un pubblico di oltre 8.000 tifosi che le remano contro. Le quattro protagoniste azzurre (tirano in tre ma la riserva Navarria entrerà a gara in corso al posto della deludente Fiamingo, rivelandosi decisiva) partono bene, vanno sotto di 4 stoccate, riescono a ricucire lungo la strada, e si ritrovano addirittura in vantaggio di uno stoccata all'ultimo assalto. Finisce in parità nel boato generale e si va al minuto supplementare: tutto lascia pensare che se c'era una chance di prendersi quell'oro, il treno era quello appena passato. E invece no, si comincia l'overtime, per altro con il fardello ulteriore che in caso di parità la vittoria sarebbe andata alle francesi (da regolamento, pensate un po', per sorteggio... assurdità del regolamento olimpico). C'è la catanese Alberta Santuccio in pedana che prima infila due tiri contemporanei alla dirimpettaia francese. Poi indovina il colpo della vita, andando a lambire l'avambraccio dell'avversaria, in un frangente impercettibile, tanto basta da far accendere quella luce verde che segnala la stoccata. 30-29, un risultato surreale


Ammutolisce il Grand Palais e le uniche urla che rieccheggiano sono quelle della eroica spadista siciliana che impazzisce in ginocchio, mentre una addetta dell'organizzazione impedisce - anche qui da regolamento inetto e insensibile - alle altre tre di catapultarsi in pedana a gioire. Questioni di formalità - che nella scherma ancora è dominante - e una volta dichiarata la vittoria, l'abbraccio può sciogliersi nel tripudio di milioni di persone rimaste incollate davanti alla tv per una gara che in qualsiasi altro mese dell'anno avrebbero beatamente ignorato nello stanco zapping di fine luglio.


Un'impresa che mi ha ricordato altre pagine dello sport azzurro, fatte di "vittorie contro tutto e contro tutti": ne ricordo un paio a memoria, per averle viste dal tubo catodico. Lo strepitoso 3-2 in semifinale Mondiale nel 1990 che l'Italia di Velasco stampò in faccia al Brasile nella bolgia di Rio de Janeiro (preludio al primo Mondiale della generazione di fenomeni, vinto poi contro Cuba). Qualche anno dopo, nel 2006, l'esaltante 2-0 degli Azzurri di Lippi nel catino di Dortmund, con le due reti nei supplementari di Grosso e Del Piero - anche qui preludio al trionfo di Berlino dagli 11 metri (fino a quel giorno maledetti) contro la Francia. Tanti altri capitoli si potrebbero rispolverare. Ma vincere nel Tempio della Scherma una finale olimpica contro la Francia, assume quella stessa inebriante sensazione di impresa titanica. Che raggiungi quando con la forza di volontà, la desiderio di superare te stesso prima ancora che gli stessi avversari, ti porta a compiere qualcosa in più di quanto avresti mai immaginato.


L'impresa delle spadiste incornicia una giornata già entusiasmante per lo storico argento delle Fate (le ginnaste) che mancava appena da 96 anni nella bacheca azzurra, e il bronzo di un intramontabile Greg Paltrinieri, che sa parlare non solo della Senna ma soprattutto in vasca, sulle lunghe distanze, diventando il primo atleta azzurro del Nuoto a vincere una medaglia in 3 edizioni olimpiche (cosa mai riuscita neanche alla divina Federica Pellegrini).


Peccato le eliminazioni di Jasmine Paolini e Irma Testa, quest'ultima ancora per decisioni arbitrali molto discutibili: due possibili atlete da medaglia, fermate praticamente all'inizio del loro percorso. Le Olimpiadi sono anche in questi sguardi abbassati, ancora increduli di fronte ad un verdetto avverso. Perchè come sempre accanto agli allori, ai successi scolpiti nella memoria, alle imprese memorabili, convivono anche infinite delusioni di chi - esattamente come chi trionfa - ci mette giorni, mesi, o addirittura anni di preparazione e di sacrifici. Sognando di indossare al collo una medaglia. E piombando, d'un colpo, per terra...

martedì 30 luglio 2024

Il mio "Diario Olimpico": il presagio della Gioconda sulla Senna e quella piscina umbra portafortuna...


Si è discusso molto della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi. Pochi hanno notato un'immagine che si è ripetuta tra le scintillanti intuizioni (banchetto dionisiaco o leonardesco a parte) create da monsier Jolly: la proiezione di Monna Lisa sulla Senna. Quasi a significare - come triste presagio - che quel "ratto" di Napoleonica memoria, sarebbe stato il refrain di questi primi (e speriamo solo di questi) giorni della kermesse sportiva per eccellenza per i colori azzurri.
"Abituatevi a subire", sembra preannunciare l'iconico affresco di luci della Gioconda: e certo che di bocconi amari la bandiera tricolore ne ha già dovuti digerire parecchi dopo appena 3 giornate di gare.


Non sono bastate le pantomime arbitrali nel judo (reiterate anche sul povero Lombardo), nè gli enigmatici verdetti della boxe. E' la scherma italiana a gridare vendetta come non mai, pur in una edizione avara rispetto alle altre a cui - dobbiamo ammetterlo - questa disciplina troppo bistrattata e ignorata nel resto degli anni non Olimpici, ci aveva abituato con bottini sempre robusti. Soprattutto nel Fioretto, che appena 12 anni fa a Londra vide un podio tutto azzurro (Di Francisca oro, Errigo argento e la recordman di medaglie Vezzali all'ultimo sprint di bronzo). Quanto accaduto al povero Filippo Macchi, emergente talento toscano, in una drammatica finale contro l'oro di Tokyo tale Cheung da Hong Kong (dove di fioretto si tira da poco più di un lustro), ha del beffardo. La coppia di arbitri asiatici ha ricordato le gesta di Byron Moreno - l'insopportabile giacchetta nera sudamericana che estromesse l'Italia dai mondiali di calcio 2002 in Corea (si va sempre a finire da quelle parti). Le urla isteriche del CT Cerioni hanno rammentato il celebre calcio del Trap alla bottiglietta di acqua a bordo campo, di fronte lo sguardo ebete di un addetto Fifa. E a rimetterci è stato il sorprendente fiorettista di Pontedera che per un argento avrebbe firmato alla vigilia, ma la cui espressione incredula di fronte a reiterate decisioni contrarie (e inspiegabili), resterà una delle immagini simbolo di questa Olimpiade. 


Tanto da indispettire (alleluia) perfino l'algido Giovanni Malagò che fino a ieri sera aveva assistito quasi impassibile alla sequenza di "decisioni discutibili" (alias furti sportivi) subiti puntualmente da un atleta azzurro. Sarà protesta formale della Federazione scherma attraverso il CONI al CIO, cosa che non cambierà le sorti di questa sfida ma almeno non si passerà del tutto per fessi - anche in vista delle sfide a squadre. La Senna si sarà pure inghiottita la fede del nostro portabandiera, ma almeno il silenzio codardo che talvolta caratterizza le nostre istituzioni (sportive e non) non le sarà complice.


A proposito di scherma, la storia più toccante ci porta sul gradino più basso del podio, nella sciabola. Occupato nel giro di 48 ore prima dal foggiano Gigi Samele, e quindi in campo femminile, dalla sua compagna, l'ucraina Olga Kharlan, alla sua terza medaglia olimpica. Ma la prima conquistata dopo lo scoppio della guerra. Quella guerra, datata 24 febbraio 2022, che l'ha portata a rifiutare di dare la mano pochi mesi dopo ad una avversaria russa. Quella guerra che non ha rotto la loro unione all'insegna della Sciabola. 

Anzi ha indotto Gigi Samele da Foggia ad un gesto quasi eroico: prendere l'auto, pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto, e andare a Kiev a riprendersi l'amata scibolatrice, per riportarla a Bologna, in acque sicure. Dove oggi vivono e si allenano insieme.  I due bronzi suggellano, oltre che il gesto sportivo, anche un'esperienza di vita che solo la pedana Olimpica riesce a consacrare.


Chiusura con il secondo oro azzurro, ancora dalla vasca dell'Aquatics Centre: un impianto faraonico, ben più ridodante della piccola Piscina comunale di Gubbio - per altro chiusa in questi giorni: ma il comun denominatore dei due vincitori dell'oro azzurro - Nicolò Martinenghi e lo splendido Thomas Ceccon (campione del mondo, detentore del record del mondo e ora anche sesto azzurro di sempre oro nel nuoto) - è che hanno iniziato la stagione in tandem incontrando i giovani appassionati delle arti natatorie della TVN proprio nell'impianto umbro nel settembre scorso. Se non altro, pur con tutte le problematiche della struttura, non si può dire che non porti fortuna: chissà che non possa ispirare di nuovo il ritorno degli Assoluti di nuoto che si disputarono proprio nelle vasche in via Leonardo da Vinci una ventina di anni fa...

lunedì 29 luglio 2024

Il mio "Diario Olimpico": Il primo è un oro nei capelli. Ma gli arbitraggi hanno lo stesso colore della Senna...


Finalmente è arrivato. E non poteva che nascere dall'acqua il primo oro azzurro delle Olimpiadi 2024: in una serata di fine luglio Nicolò Martinenghi da Varese mette la manona 2 centesimi prima di una coppia anglosassone sulla fatidica mattonella del traguardo, nei 100 metri rana. E sbuca fuori dalle corsie con l'aria di chi vuol sapere giusto che ore sono e se il tempo domani sarà sereno. Il tempo è bellissimo, e non importa il cronometraggio, il fatto che in una finale olimpica nessuno dei partecipanti sia andato sotto i 59 secondi, che la prestazione del nostro atleta non sia di quelle eccellenti. E' davanti a tutti gli altri, è oro olimpico - il sesto della storia dal 1896 ad oggi. E Nicolò - che appena 9 mesi fa sorrideva a bordo vasca nella Piscina comunale di Gubbio insieme all'amico Ceccon in uno stage targato TVN - se la ride alla grande sotto il flash di mezzo mondo con quel viso da putto alato, dai capelli spudoratamente dorati, innestato in un fisico da Atleta di Lisippo. Come ti cambia la vita un oro olimpico (tra poco Martinenghi se ne accorgerà). Come ti cambia il medagliere il primo alloro, che fa balzare l'Italia d'un colpo al settimo posto.


La prima domenica dei Giochi ci regala altre tre medaglie, in tutto sono sei, che come media non è male (l'Australia, seconda nel medagliere con 4 ori, ne ha appena 1 in più). Ma ne mancano clamorosamente almeno due (se non tre) all'appello di questa domenica di luci e ombre, che consacra l'avvio promettente del volley - poderosi i maschietti che schiantano il presuntuono Brasile - della ginnastica e del Settebello. E' un colore ocra quello con cui si presenta la Senna in questi giorni. Ed è il colore che vien da abbinare alle performance arbitrali nella scherma, nella boxe e nel judo, vittime altrettante stelle azzurre predestinate ad un gradino del podio: Errigo, Giuffirda e il quasi impronunciabile Mouhiidine si vedono "scippato" un sogno coltivato da mesi o addirittura da anni, da decisioni arbitrali definite assurde dagli addetti ai lavori. E nel caso di Giuffrida - che perde semifinale e finale 3o posto senza che le avversarie facciano 1 punto - pure con i fischi del pubblico francese (non certo generoso verso i colori italici) rivolto ad una direzione di gara indecifrabile. Al di là di visioni complottistiche, che respingiamo, appare sullo sfondo probabilmente il problema di un "peso specifico" del CONI non proprio carismatico agli occhi del CIO. E non per le decisioni in sè, pur cervellotiche, ma ad esempio per designazioni inspiegabili come qualle di spedire lo stesso arbitro "killer" alla judoka romana anche nella finalina di consolazione. 


Arbitraggi color ocra. Lo stesso della Senna, nuova protagonista sul banco degli imputati di questi primi giorni di Olimpiade. Il fiume simbolo di Parigi è una pozzanghera, nonostante i tentativi messianici della sindaca Hidalgo, che nei giorni scorsi si era immersa per dimostrarne la purezza. Di lei non si ha più traccia (mediatica), magari ancora è sotto la doccia a togliere i segni dell'incauto tuffo. Chi non ci sta è il portacolori azzurro Paltrinieri che lamenta non solo le condizioni insalubri delle acque parigine ma soprattutto l'impossibilità di potervisi allenare prima della gara dei cinque cerchi. Dilettantismo o tatticismo? Non sappiamo, Quel che è certo è che una situazione del genere in una Olimpiade romana sul fiume Tevere sarebbe stata nell'occhio del ciclone planetario. A Parigi invece cercano di minimizzare. Speriamo di vederci più chiaro nelle prossime ore...

domenica 28 luglio 2024

Il mio "Diario Olimpico": Gli auspici, un mercy a Virginia e una certezza: je suis Leonardo!

 Le XXXIII Olimpiadi dell'era moderna sono entrate nel vivo. Ma il nervosismo delle ore della vigilia di Zeus Olimpio sembra essersi protratto anche durante e dopo la cerimonia di apertura.




Il meteo ci mette lo zampino a condizionare queste prime ore. E dopo aver inzuppato tutti i lieti partecipanti alla cerimonia di apertura, comincia ad incidere anche su alcune delle gare: qualche partita di tennis rinviata ma soprattutto il ciclismo, con le prime medaglie a cronometro che sembrano assegnate a Roubaix più che a Paris. Chissà se col sole Top Ganna al secolo Filippo avrebbe potuto fare meglio. Un argento olimpico è sempre una medaglia..ma viva l'onesta' se a fine gara ammette che non era ciò a cui puntava. Ma un argento non è mai la medaglia migliore degli sconfitti. Specie se ti ritrovi davanti un missile incontenibile come il cronoman belga. Di sicuro in pista non pioverà. E Top Ganna potrà dire la sua anche lì. 



Piccola riflessione sulla cerimonia di apertura. Un potpuorri di coreografie e musiche varie. Belle, suggestive, in uno scenario originale, al di fuori di uno stadio olimpico. Specchio di una Francia cosmopolita e moderna, da grandeur ma senza nostalgie che non appartiene più al cliché di un tempo. Ma che resta un faro culturale (basti pensare a quante parole francesi abbia dovuto utilizzare solo nella frase precedente). Poi c'è l'audience, la necessità di far parlare il mondo di sé. E forse Thomas Jolly, nomen omen, direttore artistico della cerimonia, ha giocato se stesso puntando sull'Ultima Cena di Leonardo e sull'ennesima parodia nei confronti di una religione che non fa più notizia (al di fuori di quanto venga fuori dal Vaticano) se non in questi casi. Bontà sua, si è difeso parlando di inclusione, la cui massima espressione nella storia dell'Umanita' sta proprio in quella scena. Dove il protagonista fu così inclusivo da lasciare a tavola colui che da lì a 2 ore l'avrebbe tradito.
A quando una cerimonia sul buongusto?
Molti hanno bacchettato i bacchettoni richiamando  il celebre "Je suis Charlie Hebdo" (frase rieccheggiata dopo la strage nella redazione del periodico satirico che oso' ironizzare su Maometto). Nel dubbio Jolly ha giocato sul sicuro: sbeffeggiare Gesù Cristo e quei pochi milioni di suoi follower non costa la vita a nessuno. Almeno da 5 secoli. Ci fosse stata altra immagine religiosa in versione drag queen dietro quella tavola, il buon Jolly starebbe già bello nascosto in un'isola polinesiana. A scanso di equivoci. Je suis Leonardo da Vinci.




Cattiveria del giorno. Un grazie - anzi un mercy- è mancato durante la cerimonia: mercy Virginia. Al secolo Virgina Raggi ex sindaco (o sindaca come pure Mattarella ci invita a dire in sintonia con il sempre più imperante main stream) di Roma. Se non fosse stato per lei, e per il suo movimento giacobino, forse oggi staremmo raccontando queste Olimpiadi dalla Citta' Eterna. Che con il delirante passo indietro alla candidatura di Roma 24 da parte della giunta capitolina in pieno clima da bigottismo pentastellato, lascio' 7 anni fa via libera alla opzione parigina. Con buona pace del CONI (che si è rifatto con le Olimpiadi invernali milanesi) e di una Roma che ha visto forse sfuggire un'occasione irripetibile per un make up totale da Terzo millennio. Virginia è passata - e ora sembra voler voler "guerreggare" con il suo segretario nazionale - i cinque cerchi restano. Si' ma sotto la torre Eiffel. E lontani chissa ancora per quanto, dal Colosse
o.



L'auspicio nell'Antica Grecia - quella che partorì le Olimpiadi - era una delle principali funzioni del collegio degli auguri, sacerdoti pubblici, incaricati di stabilire il consenso o il dissenso divino per un'azione intrapresa dallo Stato o dai suoi rappresentanti.
Val la pena ricordarlo leggendo le previsioni mirabolanti sulle possibili medaglie azzurre (41 il record di Tokyo 2021). Pensando che nella cerimonia inaugurale il portabandiera italiano ha perso nella Senna la sua fede nuziale, non immagino cosa avrebbero presagito gli antichi sacerdoti ellenici: speriamo sia solo una favola di Esopo.




giovedì 25 luglio 2024

Il mio "Diario Olimpico": da Zeus che maledice il Var, alla Santa Inquisizione dei social...

Zeus Olimpio non deve essere di buonumore in questi giorni. La fiamma sotto la Torre Eiffel non è ancora accesa e già divampano le polemiche intorno a Parigi 2024.


Il
black out delle linee ferroviarie a poche ore dalla cermonia di apertura accende il primo allarme su una edizione dei Giochi Olimpici su cui torna a gravare l'ombra di sabotaggi in un clima di dissidi internazionali. Non tanto per l'assenza forzata della Russia, quanto per la presenza di Israele. Nessuno ne parla chiaramente, ma quanto accadde nel 1972 a Monaco rappresenta un precedente oggi ancora più preoccupante. In un contesto di conflitto allora diverso ma non dissimile da quello attuale.


La
prima figuraccia di questa XXXIII Olimpiade dell'era moderna si chiama VAR . E verrebbe da dire, non poteva essere altrimenti. Nella prima gara del torneo di calcio (che da 20 anni non vede più qualificata l'Italia, medaglia di bronzo ad Atene con Gentile in panca) Marocco-Argentina si conclude in modo surreale: recupero da record planetario, di 16 minuti, gol del pareggio argentino al 106', disordini sugli spalti, ripresa del gioco dopo un paio d'ore, tempo nel quale gli addetti alla revisione elettronica del gioco, devono aver maturato la decisione di annullare. Notizia di cui la Albiceleste allenata da Mascherano è venuta a conoscenza praticamente in albergo. Dopo Collina a Perugia nel 2000, pensavamo di averle viste tutte (e li non c'era nemmeno la scusa del Var). Anche Zeus deve aver lanciato uno dei suoi fulmini sullo schermo a bordo campo...


La
prima delusione in casa azzurra invece si chiama Jannik Sinner : a poche ore dall'apertura dei Giochi il giocatore numero 1 al mondo annuncia di dare forfait per una tonsillite. Non mancano letture dietrologiche, che tornano a mettere in cattiva luce l'immagine del ragazzo di San Candido. Secondo alcuni, poco sensibile al fascino della bandiera tricolore - giudizio viziato anche dalle sue origini altoatesine e dall'immancabile accento teutonico che appartiene ad ogni essere vivente che venga al mondo da quelle parti. Peccato che in 3 anni sia già alla seconda Olimpiade saltata. Uno sforzo in più - per esserci e rappresentare l'Italia - ce lo saremmo aspettato. Ma fare "caciara" intorno a Sinner sembra diventato uno sport parallelo a quello del tennis (soprattutto per molti che scambiano questa disciplina con la racchetta agitata un paio di volte in riva al mare). Già perchè nel frattempo questo sport ci sta regalando un periodo senza precedenti, con 6 giocatori nei primi 50 al mondo, un ritrovato Berrettini (che però a Parigi non ci sarà, nonostante l' assenza di Sinner) e una insalatiera da difendere il prossimo autunno. Se non arriverà la medaglia d'oro, pazienza. E non è detto che senza Sinner non possa accadere lo stesso qualcosa di prezioso: in fondo, uscito lui, sul prato verde di Wimbledon altri due azzurri hanno raggiunto la semifinale. E nessuno si è scandalizzato. Preoccupano di più gli haters in costante delirio sui social : che sembrano dimenticare i traguardi impensabili, solo qualche anno fa, toccati dal nostro tennis negli ultimi 12 mesi. E sparano a zero come parlassero di Ocleppo qualsiasi. Zeus direbbe: vi meritate il padel...


A proposito di Alto Adige, il pensiero finale, prima ancora che la fiamma si accenda e senza ancora sapere chi sarà il tedoforo finale, va ad un grande assente:
si chiama Alex Schwarzer , ha appena concluso la squalifica per una provetta di doping di cui si è dimostrata la manomissione, 8 anni fa. La giustizia sportiva internazionale - con la stessa sensibilità e capacità autocritica di un Bernardo Gui, Inquisitore del "Nome della Rosa" - non ne ha voluto sapere. Negando di fatto 3 edizioni dei Giochi al marciatore altoatesino. Che qualche giorno fa, in condizioni di salute precarie, è tornato a concorrere ma solo per veder sorridere i suoi figli. Un caso di "errore giudiziario" clamoroso e che grida vendetta, anche per il silenzio del mondo CONI di cui è stato circondato. E un po' come accadde a Marco Pantani - lasciato solo sotto il diluvio di delegittimazione dell'opinione pubblica ipocrita e belante - anche a Schwarzer servirà tempo per riacquisire dignità e riconoscimento delle proprie vittorie. Fortunatamente da vivo.


Tra poche ore i Giochi Olimpici saranno aperti: e questa piccola modesta finestra vuol essere un giocoso diversivo per raccontare trionfi, delusioni, storie, personaggi destinati ad entusiasmarci in queste due settimane per poi, come in ogni post Olimpiade, ad affievolirsi nel giro di qualche fine settimana. Tornando a lasciare spazio al Re Football. Fino ad allora però godiamoci questa raccolta di storie a cinque cerchi.
Non sarà la settima Meraviglia del mondo antico - come quella statua di 12 metri in oro e avorio dedicata proprio a Zeus Olimpio. Ma ci appassionerà come pochi altri momenti di questo straordinario evento agonistico: chiamato Sport.