Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 31 luglio 2014

"Il colore è una variabile dell'infinito": in un libro... come nella vita

Basterebbe l'entusiasmo contagioso di una nipote nel raccontare la storia straordinaria di suo nonno. Basterebbe l'energia adrenalinica di quel nonno, capace di inventare i piu evoluti motori aeronautici, e pochi anni dopo di progettare quel fenomeno di tecnologia e costume chiamato "lambretta", per entusiasiarmi dell'italica creatività.
Basterebbe leggere e fare proprio questo libro, per innamorarsi di una vicenda umana grondante tenerezza, orgoglio e passione di rara purezza.
"Il colore e' una variabile dell'infinito".
E' il libro di Roberta Torre. Il libro che negli ultimi tempi mi ha contaminato maggiormente di quella permeante emozione che ogni libro - ogni bel libro - ha il potere di donarti.
Un viaggio. In fondo il libro, altro non è che un viaggio. Un viaggio nell'anima. Di chi lo interpreta. E di chi lo scrive. Specie quando si tratta di una biografia (che essendo biografia di un nonno diventa anche un po' autobiografia).

Quello che all'apparenza sembra perfino un libricino (poco piu di 120 pagine in una edizione grafica minuta) si rivela uno scrigno di sensazioni: la storia avvince, perché scorre via tumultuosa con l'impeto e la frenesia con cui il suo protagonista, Pierluigi Torre (nonno di Roberta, l'autrice) originario della Puglia ma trasferitosi presto al Nord per studiare, cresce la sua passione viscerale per la scienza, la tecnologia, l'evoluzione ingegneristica degli anni 20-30 del secolo scorso.

Prorompente e incessante e' la parabola che vede salirlo alla ribalta con scoperte e invenzioni sempre piu straordinarie in campo meccanico e tecnologico applicati all'aeronautica. Tanto da giungere perfino ad ideare un involucro particolare, capace di registrare tutti i movimenti di un aereo, e di ricostruirne dinamiche ed evoluzioni, perfino dopo la sua distruzione: la scatola nera.
Fino a quando non deve accettare il triste destino: quegli aerei, quel volo, che apparteneva al sogno cullato fin da bambino, erano diventati strumenti di guerra, veicoli di morte, apparecchi di enfasi propagandistica per il regime. Ma la scienza veniva prima, veniva avanti a tutto: anche al fascismo, anche all'ineluttabile futuro bellico.

Un racconto delicato, quasi che sua nipote, l'autrice - che e' per altro autrice televisiva non poco eccentrica e originale - ne abbia potuto spiare dal buco della serratura i capitoli che uno ad uno vanno a comporre il puzzle di una vita all'insegna dell'inseguimento. Di una nuova sperimentazione, di nuova nuova scoperta, di un nuovo traguardo scientifico, da donare, da offrire, da condividere con la propria Patria. Come l'invenzione della lambretta, fenomeno tecnologico prima e di costume poi, capace di coinvolgere e contagiare felicemente milioni di italiani: ideata, realizzata e collaudata dall'ing. Torre e dalla sua squadra di fedelissimi, nell'industria della Innocenti - quelli dei tubi, che si chiamano così per il loro produttore - capaci di portare la due ruote italiana, in competizione con la Vespa della Piaggio, alla velocità record di 202 km/h in Germania.
 
Una vita, quella di suo nonno, che è il prototipo dell'epopea di una generazione di avventurieri della scienza, capaci di procreare straordinarie novità e di assistere, al tempo stesso, ad un declino - alla fine degli anni 60 - che da generazione diventa anche interiore.
E che, nel caso dell'ingegner Torre, culmina nella ricerca ossessiva, stavolta, di una invenzione botanica, floreale, nella ricerca spasmodica di un colore. Frutto di esperimenti indefessi condotti notte e giorno per ottenere dalla propria serra, la nascita spontanea... di una rosa blu. Quella che adorava sua moglie, malata, e che lui, Pierluigi avrebbe voluto donarle, prima che fosse troppo tardi.
In fondo, per uno scienziato, cambia poco sapere che il destino della propria ricerca e' il futuro del mondo o il sorriso della persona più cara. L'obiettivo comune e' che la ricerca abbia un punto d'arrivo. E che quel punto, prima o poi arrivi a destinazione. Se per la persona più cara, ancora meglio.

Roberta Torre
Il finale... Il finale va letto. Perchè è un turbinìo violento e schizofrenico di interrogativi. Che catturano, trascinano, opprimono e angustiano. Il protagonista, quanto il lettore.
E che non tolgono un centimetro dell'empatia naturale che un personaggio come il Torre riesce a costruirsi, inconsapevolmente, lungo il cammino. Che poi altro non e' che la sua vita.
Il colore - in questo caso è il blu - e' una variabile dell'infinito. Proprio come le emozioni che sa ispirare... Proprio come il profumo di quella rosa...

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