Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 17 luglio 2013

La guerra raccontata con gli occhi di un bambino... Dal capolavoro di Cerami, al libro avvincente di Molesini...

Confesso un altro mio limite. Non avevo "coltivato"  Vincenzo Cerami per quel che avrebbe meritato. E non lo dico perchè in queste ore si sta celebrando il ricordo di un grande autore e scrittore. Lo dico perchè basterebbe un'occhiata, anche fugace, a "La Vita è Bella" o ad "Un borghese piccolo piccolo" per cogliere la statura del personaggio. E trovare le motivazioni giuste per approfondirne la conoscenza, andare a sviscerare altri scritti, romanzi, creazioni, che certo potrebbero rivelarne ancor più fedelmente - proprio perchè meno "commerciali" - la preziosa autenticità.


Ma anche limitando la perlustrazione del personaggio alla semplice visione del film premio Oscar di Benigni si finisce per cogliere uno dei tratti salienti della straordinaria personalità di Cerami. La capacità - di per sè ironica e originale - di far raccontare il dramma in modo quasi giocoso, insolito, inaspettato: attraverso gli occhi e la fantasia di un bambino. Un'operazione che potrebbe apparire banale, riduttiva e invece si rivela gigantesca. Perche' la semplice idea non basta, se non si avesse sensibilità, qualità e capacità di riprodurre un racconto, un insieme di dialoghi, un groviglio di parodie, con il linguaggio giusto e la dinamica perfetta, scelta per "La vita è bella".

Piovani saluta il pubblico eugubino
"Concerto Sotto l'Albero 2008"
Mettiamoci anche le colonne sonore, in particolare l'indimenticabile motivo di Piovani, che ho avuto la fortuna di assaporare dal vivo, eseguito dal maestro al pianoforte, nel "Concerto Sotto l'Albero" di qualche anno fa. Potendo apprezzare anche la relativa semplicità di gesti, atteggiamenti e autoironia del compositore romano.
Un po' come fosse questo l'imprinting che l'esperienza di quella immortale pellicola cinematografica avesse prodotto sui suoi stessi artefici.

Quel motivo musicale apparentemente soave, beffardamente triste è in realtà gioioso. Perchè a rivederlo bene, in fondo, quel film ha un lieto fine, un messaggio positivo. Quel bimbo, che racconta un'avventura spacciata quasi per una gita a Disneyland sotto le reali spoglie di un lager, tornerà a casa. E avrà una vita, anche a costo di doverla vivere senza suo padre. E in fondo anche per il Benigni padre - che saluta con un sorriso tristemente divertito il figlio nella penultima scena - confidare nella salvezza del piccolo diventa consolante.
La guerra non può essere mai motivo di sorriso. Non puo' divertire n'è ispirare ironia. Ma il capolavoro di Cerami ribalta i punti cardinali di questo assunto, ricordandoci che nessuna guerra, per quanto deflagrante possa essere, potra' chiudere le porte e seppellire del tutto l'humanitas. 
Miete le sue vittime, lascia per strada le sue cicatrici. Ma consente di guardare avanti.
"La vita è bella"  - titolo quanto mai intrigante in questo rincorrersi di contraddizioni - è tutto questo.

Sarà puro caso, ma proprio nei giorni in cui si saluta Vincenzo Cerami, sono alle prese - fortunatamente - con un libro che molti versi mi riallaccia al su capolavoro cinematografico. "La primavera del lupo" di Andrea Molesini. In comune apparentemente solo l'ambientazione temporale: ovvero gli ultimi giorni della Seconda Guerra mondiale. Non siamo in un lager, ma nel Nord Italia, che si prepara all'arrivo degli americani. 
La trama avvincente della fuga di un improbabile gruppo di persone - tra cui un bimbo ebreo - viene non solo proposta attraverso gli occhi fanciulleschi di un inconsapevole orfano, ma - e qui sta la peculiarità e l'essenza frizzante del narrare di Molesini - con la sue stesse parole. Con quelle frasi prive di punteggiatura, fatte di pensieri a voce alta, di perifrasi interminabili, di paragoni assurdi, di dialoghi che mescolano la fantasia dei bimbi con la cruda realtà di cui loro stessi diventano vittime coscienti.

E così Dario, l'amichetto di Pietro, e' di "quelli che hanno ucciso Gesù" (la vulgata che in quel tempo bollava gli ebrei) "e forse proprio per questo ha le orecchie a sventola. Sente i numeri".
E Dio "non arriva mai quando lo chiami, ma quando vuole lui". 
La fuga dei due bambini, guidata da una finta suora (un'avvenente donna travestita per scappare dai fascisti) e da un soldato tedesco disertore, custode di un segreto tenuto gelosamente dentro una borsa, appassiona eccezionalmente non solo per il ritmo degli accadimenti, ma proprio per l'effervescenza del racconto. Che alterna il diario di Elvira (suor Elvira che poi nelle pagine finali, tolti i panni della suora, diventa zia Elvira) con il racconto in prima persona di Pietro. 
Un bimbo troppo piccolo per capire fino in fondo l'orrore della guerra, ma già abbastanza grande per trovare la forza, il coraggio e l'energia per sfuggire dal destino della stessa.

La guerra vista dai bambini. Vissuta e pagata cara dai bambini. E che, come bambini, anni dopo, conduce due protagonisti vittime della stessa, ad un gesto spontaneo e straordinariamente grande. Unico ed esemplare.
Stavolta Molesini non c'entra. Sto parlando di un'altra storia. Che spero un giorno di poter (e soprattutto di saper) raccontare...  

2 commenti:

  1. raccontala col cuore....

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  2. Ci proverò. A fine agosto probabilmente ne saprò di più. Intanto il 13 agosto mi farò dare qualche consiglio anche da Molesini, che sarà a Gubbio per presentare il suo "La primavera del Lupo" per Gubbio no borders - al chiostro della Sperelliana.

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