Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 4 luglio 2013

L'Italia non e' tutta escremento. Ma quando e' ora, la memoria può aiutarci...

Il Quirinale: tra i pochi luoghi ancora credibili?
La buona notizia del giorno e' che e' un reato dire che "l'Italia e' un paese di merda". 
Ci rifletto su e concludo che con una perifrasi - come gli studi giurisprudenziali (altrimenti inutili) mi hanno suggerito - si può schivare qualsiasi rischio. "Il nostro Paese, a ben guardare e a ben sentire, emette un'irresistibile esalazione nauseabonda". Specie quando a rappresentarlo sono personaggi che con un briciolo di etica, prima ancora che di estetica, si sarebbero dovute ritirare in disparte per manifesta "impresentabilita'".
Tranquilli, non ammorberò la giornata estiva con altri sermoni politici. Perché in fondo, in quella definizione di "impresentabile" potrebbero finirci in tanti, di ogni colore e risma, da Roma a Milano, giù giù fino non dico all'Equatore... Ma anche Perugia e perfino la nostra Gubbio.

Cosa rende impresentabile una persona?
La sua impudenza, la sua straordinaria capacita' di ritenersi indispensabile per le sorti del genere umano (locale o nazionale poco cambia), la sua ostinata pervicacia a rimanere nei ruoli e nei luoghi che ha offeso con il proprio comportamento, la sua supponente sicumera che la gente dimentichi tutto e si beva le frasi scolpite di vittimismo, qualunquismo, perbenismo e populismo... come fossero una lemonsoda da sorseggiare in uno dei chioschetti bordo spiaggia qui a Tortoreto.

La riflessione e' oziosa e prettamente estiva ma figlia del mio pigro vagare tra siti, blog, pagine di quotidiani nazionali e spifferi (travestiti da dispacci) di notizie locali provenienti dai borghi natii selvaggi della mia Umbria.
Oggi ho conosciuto un tizio che a pochi chilometri da qui coltiva 40 ettari di cachi e una ventina di prugne (mi ha spiegato che danno meno rischi per le grandinate fine estate, perché c'e mercato anche per le prugne destinate all'essicazione). Uno che crede ancora oggi fortemente nel ruolo dell'agricoltura, di quel settore non a caso definito Primario, di cui l'Italia - e tutte le sue conglomerate articolazioni istituzionali (il più delle quali poco lungimiranti) - sembra essersi dimenticata.
Mi ha raccontato la sua storia, l'impresa che ogni giorno compie nel condurre la sua impresa, nel districarsi tra banche asfittiche, istituzioni ingolfate, normative illeggibili, fornitori e clienti morosi. E perfino l'incognita grandine ad agosto. 
Sono gli eroi silenziosi di un paese che se non e' "nauseabondo" del tutto lo si deve a chi ancora ogni mattina si alza e crede in quello che fa. Senza pretendere un monumento. Ma pretendendo, quello si, di poter lavorare. Contando sulle proprie capacita', senza bisogno di spintarelle, ma senza intralci. E senza dover assistere ad amici degli amici che quando serve, ottengono la via preferenziale.
Un Paese che intanto sappia riconoscere gli "impresentabili". Non perché  c'e una corte o un giudice che li definisce tali, così come ha dichiarato reato definire questo stato alla stregua di un escremento.
Ma perché la memoria faccia semplicemente il suo dovere. Permettendoci di ricordare - quando sarà il momento - chi ha contribuito a farci avvertire delle esalazioni nauseabonde, da Roma a Gubbio (poco cambia) e con quale ipocrisia si ripresenti confidando in qualche operazione di maquillage politico-partitico. 
Un po' come l'abbronzatura che si riporta da due settimane di vacanze (magari con meno pioggia di quella vista quest'anno): ti fanno sentire bene, ti fanno sembrare in gran forma. 
Ma prima o poi la pelle tornerà a schiarirsi...

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