Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 7 agosto 2013

Mestieri in via d'estizione? Aboliamogli tutte le tasse...

Sono tanti gli antichi mestieri che lentamente, ma progressivamente, vengono spazzati via dalla società moderna. Senza tirare in ballo la "cantilena" del consumismo, dell'usa e getta, dell'hi-tech che ha appiattito tutto, dai cellulari al cervello.
Ci ripensavo nei giorni scorsi quando si è parlato a Gubbio dell'Arte della Liuteria, presente un artigiano modenese che ha portato la sua testimonianza di come, l'attività che ha appreso proprio nelle nostre mura grazie ai preziosi insegnamenti e ai consigli del mai dimenticato maestro Spataffi, siano stati la base di una formazione professionale e artistica che oggi gli permettono di vivere, guadagnare e, quel che più conta, svolgere il lavoro che si ama di più (vedi servizio da Trg, nel link in basso).
http://www.trgmedia.it/playYouTube.aspx?id=4550

Quello che era un semplice pensiero - coltivato nei ritagli di tempo di un'estate soffocante - è diventato qualcosa di più concreto quando mi sono imbattuto in una e-mail tra il provocatorio e il propositivo. L'estensore è un avvocato leccese, Giovanni D'Agata, fondatore di uno "Sportello dei diritti" con cui avanza campagne di informazione e sensibilizzazione alla legalità. Ma offre anche spunti interessanti e intelligenti, come quello di cui vi parlerò.
Che spero qualche amministratore - a partire dai parlamentari, ma andrebbe bene anche un consigliere regionale o provinciale - possa fare proprio.

La proposta provocatoria è semplice. Non esistono più i mestieri di una volta. Sempre più rari gli artigiani, certosini creatori di una manualità sempre più rara, con i polpastrelli nostri e dei nostri figli quasi indelebilmente condannati ad essere semplice pertinenza di un touch screen.
E allora, per incentivarne il recupero, direi quasi il risveglio, si potrebbe puntare ad una politica di defiscalizzazione totale per quegli operatori che - attraverso l'impegno a conservare e tramandare l'arte antica - tengano anche in vita un centro storico.

Pensiamo a Gubbio: non esiste più uno scalpellino - e parliamo di una tradizione legata ad una Università di Arti e Mestieri plurisecolare - di ciabattini, calzolai, sarti, se ne contano sulle dita di una mano. E siamo sempre nel campo di Antiche Università. Resiste qualche falegname in più e per fortuna, l'Arte Muraria, la regina almeno nella comunità eugubina, sopravvive - salvo in questo caso i fendenti pesanti della crisi economica.
Il D'Agata in questione porta dalla sua l'esempio dei calzolai.

"La categoria presa in considerazione, scrive il fondatore dello Sportello dei Diritti, si é più che dimezzata negli ultimi anni ed attualmente alcune statistiche parlano di solo due calzolai ogni cinque comuni. La colpa sta ovviamente, come già detto nella mentalità "usa e getta" che ha prevalso da tempo, provocando inevitabilmente un netto declino della professione. Anche i corsi di formazione per un mestiere che in passato si tramandava di padre in figlio, da maestro ad apprendista, sono rarissimi. Un aspetto che sorprende però é che la crisi, paradossalmente, potrebbe portare anche maggior lavoro ai calzolai che ancora resistono ad abbassare definitivamente le saracinesche anche perché la gente ci pensa due volte prima di buttare le proprie calzature danneggiate o che hanno bisogno di una revisione".

Se la crisi globale potrebbe essere un toccasana per questo tipo di artigianalità, sono altre le cause che incidono sul declino della professione: il caro – affitti che sino a poco fa imperversava nei centri urbani aveva reso, un sistema bancario ormai chiuso e sempre meno flessibile. Per non parlare poi del costo del lavoro, della difficoltà ad assumere apprendisti ed in genere personale e del proporzionale aumento della tassazione negli ultimi anni, sia centrale che degli enti locali, ma, soprattutto, di un sistema economico ultra- consumeristico che ha favorito la grande distribuzione e produzione, a discapito della piccola impresa, e che ha progressivamente allontanato la piccola produzione ed il piccolo commercio al di fuori dei centri urbani sino a quasi cancellarlo.

Una serie di concause che, dovrebbero essere arginate con interventi mirati del Governo centrale ma anche delle Amministrazioni locali (a cominciare dalla Regione) che dovrebbero, in questo momento di grave crisi, detassare le attività di quegli artigiani che hanno scelto o che sceglieranno i centri urbani quale loro sede e che contribuiscono, in questo modo a ravvivare il tessuto economico e sociale dei Comuni spogliati dalle antiche tradizioni.
Ma anche i Comuni potrebbero contribuire con una generale riduzione o sospensione della tassazione locale nei confronti di quelle aziende artigiane che abbiano individuato nei centri urbani la sede della propria attività.

Il sogno? Quello di veder rivivere una vera e propria Via dei Mestieri - o Palazzo dei Mestieri - che in una città gravida di storia, arte e architettura come Gubbio sarebbe straordinariamente coerente. A suggerirmela proprio uno dei pochi calzolai rimasti attivi nella nostra città, con la sua mini bottega suggestiva e profumata, sotto l'arco di S.Lucia.
Se pensiamo che per 10 anni - nonostante si sapesse che se ne sarebbe andato in quel di Branca - nessuno ha avuto la bontà di pensare cosa fare del contenitore dell'ex ospedale (ad oggi ignoriamo cosa ne sarà, con il Puc2 destinato a finire nel cestino come un paio di ciabatte consumate) si può capire come la lungimiranza non appartenga a chi ha amministrato negli ultimi anni da queste parti.

Questo è un modesto imput. Chi avrà la bontà di raccoglierlo, magari per migliorarlo - penso al neo presidente del Rotary Club, sensibile come pochi a questi temi, l'amico Giampietro Rampini - può star sereno: non chiederò voti di scambio nè copyright...

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