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lunedì 28 aprile 2014

Il calcio con leggerezza ed ironia: il calcio di Vujadin Boskov...

Rigore è quando arbitro fischia”.
Chissà, tra qualche secolo gli appassionati, di quel che resta del calcio, non solo ricorderanno i tempi in cui milioni di persone di accanivano ancora intorno al destino di un pallone di cuoio. Ma anche qualche suo indimenticabile interprete.
E magari ricorderanno frasi come questa. Che ci raccontano non solo di un uomo diventato allenatore, ma che in questa veste ha rappresentato un'icona inconfondibile. Quella di un padre per i giocatori, di uno zio affettuoso per i tifosi, di un irresistibile fonte di aneddoti per un giornalista.

Vujadin Boskov se ne è andato a quasi 83 anni. In punta di piedi, perchè non era solito alzare la voce. E certamente con quel sorriso ironico e quella leggerezza con cui aveva interpretato lo schizofrenico mondo pallonaro. Una mosca bianca in una giungla fatta di arrivismo e risultati a tutti i costi, logiche che spesso anche lui ha finito per pagare. Ma certamente lo ha fatto ridendoci su. "Perchè l'allenatore è padre ma anche poliziotto".

Il tecnico di Novi Sad – che oggi viene pianto soprattutto a Genova, sponda Samp - è legato anche al calcio di casa nostra, per i 5 mesi trascorsi sulla panchina del Perugia nella stagione 1998-99, in piena era Gaucci. Dopo aver vinto lo scudetto alla guida dei blucerchiati guidati dalla coppia d'attacco Vialli - Mancini, dopo aver guidato anche Napoli e Roma, Boskov viene chiamato alla guida del grifo nel marzo del 99 al posto del dimissionario Castagner, dopo una delle tante liti con il vulcanico patron biancorosso. Boskov non riuscirà a invertire la rotta di una stagione anonima, ma si toglierà qualche bella soddisfazione, come battere l'Inter di Moratti – che appena qualche mese prima aveva liquidato Gigi Simoni, fresco vincitore sul Real Madrid – come lanciare qualche giovane promessa, come Cristian Bucchi e come quella di portare in salvo il Perugia, vincendo nella penultima di campionato a Udine.
Poi nell'ultima gara gli mancò il colpo memorabile, ai danni del Milan di Zaccheroni, che invece vinse al Curi, con un Abbiati strepitoso proprio nel finale su Bucchi, e si cucì addosso lo scudetto numero 16.
Fu un passaggio veloce, repentino, quello di Boskov in Umbria, ma che lasciò traccia, perchè ancora oggi quei giocatori, i Giovanni Tedesco, i Cristian Bucchi, gli Ze Maria, ne ricordano il carisma, la simpatia irresistibile, le gag, come le frasi indimenticabili.

 
Pallone entra quando Dio vuole” ripeteva dopo le azioni più sfortunate. Arrivò due volte in finale di Coppa Campioni, con Real Madrid e Sampdoria, ma perse in entrambe. Ora forse lassù qualcuno starà sorridendo. Certo che non solo le vittorie, o almeno non solo quelle, a rendere indimenticabili gli uomini.
A rendere memorabile uno come Vujaidin Boskov.

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