Quella materia prima che secondo qualche ministro non dava da mangiare, ma che in tempi di crisi e riconversione metodica dei sistemi economici anche nostrani, torna ad essere un ingrediente essenziale per il rilancio.
Ed
ecco che l'opportunità della candidatura di Perugia 2019 e dei
luoghi di Francesco, rappresenta una tappa fondamentale: con Lecce,
Cagliari, Matera, Siena e Ravenna, la nostra regione si gioca la
possibilità di un riconoscimento non solo formale, ma di sostanza e
di immagine irripetibili. Intanto per smacchiare quei luoghi comuni
che nell'ultimo decennio hanno dipinto il capoluogo umbro e in
generale la nostra regione come una novella Sodoma e Gomorra del
traffico stupefacenti, del disagio sociale, dell'invivibilità. I
problemi di Perugia sono comuni a tante altre città italiane, dove
forse lo zoom di telecamere e l'occhiello di qualche testata
giornalistica ha invece indugiato di meno in mancanza delle Amanda
Knox e dei Sollecito di turno.
Ma
il rilancio culturale della nostra regione – che è anche rilancio
sociale ed economico dei nostri centri storici – passa attraverso
la valorizzazione dei patrimoni culturali dell'Umbria: tra questi
l'Università degli Studi di Perugia, un ateneo che ha pagato più di
altri soggetti la decadenza di immagine del capoluogo ma che ora
lancia la sfida di un riscatto in termini numerici ma soprattutto di
qualità dell'offerta formativa. Che passa attraverso il dialogo tra
le tante realtà culturali di Perugia e dell'Umbria: due atenei,
un'Accademia Belle Arti, un Conservatorio, musei di arte
contemporanea, musei di storia, dell'emigrazione e perfino una scuola
di giornalismo radiotelevisivo. Quanto basta per dire che in Umbria
fare cultura non è un semplice slogan. Ma bisogna crederci di più.
Proprio perchè non sembri e non resti come tale...
Da "scheda" di "Link" - puntata del 3.4.14
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