Devo ricredermi. Lo auspicavo ma sinceramente lo speravo. Anche perchè dopo 15 secondi venerdì scorso ero già ad imprecare contro Di Lorenzo e Spalletti.
L'Italia si è ritrovata. E soprattutto l'Italia del Parco dei Principi ha riacceso sopiti entusiasmi, sciorinando una delle prestazioni migliori dell'ultimo decennio. Paragonabile alle poche sortite esaltanti dell'Europeo 2021. Chè poi questo decennio ha riservato soprattutto maledizioni: per la squadra in campo e per i tifosi in tribuna e dalla poltrona.
Così non è stato in queste prime due apparizioni di Nation League. Una competizione che ancora fa chiedere a qualche attempato telespettatore (seduto al mio fianco) "ma che sarebbe sta Nescion lig?", una rassegna che ha sostituito le inutili amichevoli autunnali o primaverili, modificando il calendario delle qualificazioni senza esasperare il logorio stagionale dei giocatori. Ben più invasivo si rivelerà tra qualche mese il Mondiale per club tra giugno e luglio, che scombussolerà la preparazione di tante squadre e influirà negativamente sulla stagione successiva che porta al Mondiale vero.
L'Italia di Spalletti si è ritrovata ma il primo a farlo è stato proprio il CT. Confesso che dal 29 giugno ho ripetutamente invocato le sue dimissioni (non meno di quelle del presidente federale, auspicio quest'ultimo tutt'ora valido). E' vero che aveva pochi mesi di rodaggio, che un paio di chance si danno a tutti, che in campo ci vanno i giocatori: ma la sensazione di impotenza (della squadra) e soprattutto di supponenza (del CT) palesate in Germania per questo mortificante Europeo aveva pochi precedenti. Pensavamo di aver toccato il fondo nel 2010 uscendo ai Mondiali al primo turno in un girone "difficilissimo" con Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda. Non immaginavamo che per due volte di fila quel girone preliminare non lo avremmo neppure raggiunto. Nonostante tutto questo, Euro 24 mi è davvero andato di traverso.
L'Italia di questi 4 giorni invece è una boccata d'ossigeno dolomitica, dopo i miasmi di giugno. Due boccate rigeneranti, la prima dirompente con la Francia - n.2 del ranking mondiale, se a qualcosa serve - la seconda sostanziale con Israele. Che sarà meno tecnico dei galletti ma correva a velocità doppia. La chiave di svolta è stato il CT: che ha messo da parte ego e giacche inguardabili, e umilmente ha capito di dover fare il CT e non l'allenatore, di dover riporre almeno in questa fase i suoi "credo" filosofici, di anteporre l'interesse della squadra alla volontà egocentrica di "lasciare il segno". Anche perchè il primo, di segni lasciati, non è di quelli memorabili.
E allora difesa a tre, giocatori nei ruoli ricoperti nelle proprie squadre, qualche scommessa ragionata (Tonali) e qualche altra sorprendente (Ricci), un Frattesi che si conferma di statura internazionale (con buona pace della panchina che lo attende ad Appiano), molta qualità sulle corsie laterali (con una condizione fisica rinfrescata) e in attacco quel che passa il convento del calcio italico (al netto dell'unica vera punta centrale al momento schierabile, Scamacca, che rivedremo a primavera). Morale: si è rivista una squadra, un gruppo, capace di sostenere un gioco lineare, di aggredire per riprendere palla, di aiutarsi nei momenti difficili. Eccellente la personalità mostrata in Francia davanti ad una nazionale un po' presuntuosa e autoreferenziale. Sebbene condita da tante individualità che il nostro campionato sfoggia o brama. L'erba del vicino non sempre è più verde.
Due parole finali sugli juventini presenti e non. Molto bene Cambiaso; solido anche se un po' più nervoso che in bianconero, Gatti. Fagioli così così. Resto perplesso della mancata convocazione del miglior Locatelli visto finora alla Juve. Mi compiaccio del ritrovato gol di un ex come Moise Kean che secondo me quest'anno potrà esprimersi al meglio in una piazza che non lo considera terza o quarta scelta. Aspettando i Camarda, per l'attacco azzurro, per ora può bastare.
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