C'è una cosa che ti resta addosso e non ti lascia. Parlo di Pamplona. Parlo del suo "odore". Arrivi e ti travolge, ti stupisce. Il primo giorno ti chiedi come farai a stare lì per altri 6 giorni. Poi pian piano ne prendi coscienza, ti avvicini. Passa poco ed è l'assuefazione. Alla fine entri in simbiosi con quell'incrocio di umori e secrezioni (che solo a nominarne le origini, rischieresti di passare direttamente al Wc), che quasi finisci per non poterne fare a meno.
Pamplona è la quint'essenza del surreale: di ciò che non è quotidiano, che non può esserlo, non potrà mai diventarlo, se non in un enorme girone dantesco, dove ogni regola è capovolta. E la trasgressione diventa normalità.
L'immagine che ti cattura la vista il primo giorno (un uomo che dorme in una panchina, completamente privo di sensi piuttosto che un giovane che si lancia da un monumento su un gruppo di coetanei, barcollanti, che cercano di riprenderlo al volo) si trasforma gradualmente in qualcosa di "ordinario". Di già visto.
Vivere e capire Pamplona - dall'ottica di chi certe "sregolatezze" (in proporzione molto ridotta) già le conosce - ha un sapore ancora più speciale. Chi ignora tutto questo, e arriva in questa città da 100 mila anime (che si riempe di 1 milione e mezzo di esseri urlanti in una settimana), si sente in una sorta di "Paese dei Balocchi" dove la legittimazione dell'eccesso è perfino vissuta con banalità. Bere, stare insieme, sorridere senza motivo ad un'esistenza goliardica e lussuriosa, diventa il leit motiv di un'intera giornata.
Non devi chiederti, dove vado: non c'è orario, non c'è sosta nella Fiesta.
Per chi in una certa atmosfera ha già "respirato" - intendo una festa che esce dall'ordinario, che ti proietta in una dimensione diversa, che ti fa sentire diverso - Pamplona è un'esperienza ancor più appassionante. Perché accarezzi un rito che ha silenziosamente analogie con quanto conosci. Perché ti imbatti in emozioni che assapori come qualcosa di straordinariamente familiare. Perché non devi chiederti neppure il perché di quelle sensazioni: la loro origine, la loro ratio (se esiste una ratio di qualcosa assolutamente irrazionale) già di appartiene.
Ho provato a raccontare Pamplona in un video: "Estafeta" (andrà in onda mercoledì 14 luglio, su TRG). Girato nel 2004 e prodotto l'anno dopo, con l'aiuto dell'amico, fotografo professionista, Paolo Tosti. Non ho volutamente descritto nessuna differenza nè analogia con quanto conosco di più appassionante (Festa dei Ceri), lasciando al telespettatore il compito di apprezzare (o meno) tutto questo. Lasciando spazio alle parole della gente. Ai pamplonesi, così come ai tantissimi turisti e forestieri, che magari di quella "fiesta" poco sanno e molto consumano.
Un consiglio a chi volesse andare a Pamplona: vivere ogni istante con la curiosità di chi scopre qualcosa di nuovo, senza perdere la bussola nella lucida follia del divertimento costante, senza rischiare di farsi trascinare in un monotono ripetersi di momenti. Tutto va assaggiato con parsimonia e con intensità.
E anche quell'odore - apparentemente nauseabondo - avrà il suo fascino... Indimenticabile...
ARCHIVIO GMA
Da "Il Sole 24 ore - maggio 2005"
- Si chiama “Estafèta”, dal nome della via principale di Pamplona, lungo la quale si snoda la celebre corsa dei tori che ogni anno, per otto giorni, a luglio, infiamma la capitale della Navarra.
“Estafèta” è il titolo della mostra che si è aperta a Gubbio, presso la sala degli Affreschi di Palazzo Pretorio: una pregevole raccolta di scatti in bianco e nero che ritraggono la corsa dei tori e particolari momenti della festa pamplonese in onore di San Fermìn, patrono della Navarra. Autore della mostra è il fotografo professionista Paolo Tosti che nella stessa occasione ha presentato il libro fotografico “Estafèta” e pubblicato insieme ad un video reportage sulla Festa Pamplonese realizzato dall’emittente televisiva Trg.
Perché Pamplona, perché a Gubbio, perché in prossimità della Festa dei Ceri che come ogni 15 maggio, domenica torna ad accendersi nella cittadina di pietra: “Non è un’operazione di parallelismi e assonanze – spiega l’autore della mostra e del libro fotografico – Ho voluto ritrarre momenti salienti e significativi delle giornate di festa a Pamplona, una manifestazione che richiama un milione di persone, e che genera una partecipazione e un coinvolgimento emotivo molto particolari”.
Una lettura antropologica, prima ancora che storica, quella che emerge dalle foto di Paolo Tosti, già impegnato in passato in diversi lavori di studio e analisi di manifestazioni di popolo, prima fra tutte ovviamente la Festa dei Ceri, momento culminante delle celebrazioni per il patrono S.Ubaldo nella sua Gubbio – accostata da studiosi e ricercatori universitari alla festa di Pamplona quanto meno per la capacità di emozionare e coinvolgere: “Vorrei lavorare anche su altre manifestazioni di grande richiamo popolare, come ad esempio il Palio di Siena – spiega Tosti - Capire quali sensazioni, quali spinte muovono centinaia, migliaia di persone, che ancora nel Duemila sono alla ricerca di emozioni attraverso tradizioni secolari, vissute e sentite in modo unico e profondo”. Da anni attivo professionalmente su tutto il territorio nazionale, Tosti ha partecipato a mostre personali e collettive in Italia, Europa, Stati Uniti, Giappone, Russia. Sin da quando ha scelto la fotografia come professione ha anche scelto che la sua professione non dovesse mai oscurare una pura ricerca creativa. Così ecco la fotografia di Paolo Tosti vista come ricerca e non solo come semplice immagine pubblicitaria o documentativa. -
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Gubbio è una Pamplona eclissata nell 'ultimo millennio, se leggete le "TAVOLE EUGUBINE" c e tutto e descritto chiaramente, sotto chiave pagana ovviamente e resuscitata dal genio di GIACOMO DEVOTO. A Gubbio ci starebbe bene una Pamplona e a Pamplona forse una Gubbio. Non un parallelismo timido, ma una autentica verosimiglianza. la Tauromachia Mediterranea.
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