Complice l'aria del mare ( anche se funestata da temporali di cui avrei fatto volentieri a meno), complice la rottura del caricatore batteria dell'i-pad (altro motivo per odiare intimamente qualsiasi tecnologia leggermente più avanzata del ferro da stiro), complice un momento di apatia. Dovuta più all'attesa di qualcosa che dovrebbe accadere che non ad una fase di stanca.
Tutt'altro.
Pero' la riflessione di oggi mi viene ispirata da una e-mail ricevuta nella quale si riflette sull'ormai inevitabile e ineludibile senso di necessita' che ognuno di noi vive nei confronti della tecnologia.
Ovunque siamo, qualunuque cosa dovessimo fare, abbiamo con noi uno dei seguenti "aggeggi" (uso la terminologia che sarebbe stata di mio nonno, ma qualche volta la semplicità dei saggi rende l'idea): telefono cellulare (nelle varie versioni), macchina fotografica digitale, i-pad. Sapremmo stare senza di loro, che ne so, un paio di giorni di fila?
La domanda non e' peregrina, se e' vero che nel bel mezzo di una mattinata di trekking nel cuore dell'Appennino, la mia amica mi confida che la guida oltre a descrivere il fascino straordinario dei luoghi, non perdeva occasione e istante per scattare una foto e postarla su facebook.
Il meccanismo cartesiano e' chiaro per quanto perverso.
Posto ergo sum.
Non si tratta solo di documentare nel senso antico del termine: scatto un flash e un giorno mi ricorderò di questa splendida esperienza. No. C'e qualcosa in più. Di evidentemente necessario. E non e' detto che sia negativo.
Non solo ho voglia di documentare - e la tecnologia mi permette di farlo ovunque anche con un "aggeggio" che posso tranquillamente tenermi nella tasca dei jeans - ma ho voglia anche di condividere. Con chi?
Che domande, con l'universo dei social. Dove tutti i miei amici - o meglio, quelli che si professano tali con la schiettezza di un clic - possono vedere dove ero, con chi ero, a fare cosa e anche come.
Un altro mio amico, qualche anno fa, quando ancora la rete di comunicazione non andava oltre il gettone della cabina telefonica, mi avrebbe detto: "Ma perché tutta sta gente dovrebbe farsi gli affari tuoi?".
Quesito legittimo. Il fatto e' che 30 anni fa non c'era la tecnologia e dunque neanche si sentiva il bisogno di tutto questo.
Oggi l'occasione fa l'homo social, ovvero la facilita quotidiana di connettersi, condividere, comunicare e... Perché no, farsi gli affari degli altri, rende tutto molto più semplice e immediato. Nonché necessario.
Ma accanto al ruolo di social network e connessioni, c'e anche un antico adagio che ci aiuta a capire la psicologia di questo fenomeno.
Io lo definisco il "teorema di Claudia Schiffer", dal nome della celebre modella tedesca anni 90 e della ancor più celebre barzelletta a lei collegata dell'omino panciuto e sfigato che si ritrova da solo con la Schiffer in un'isola deserta dopo un naufragio.
Se la barzelletta non la sapete, fatevela raccontare. La morale e' che non conta quel che fai, ma molto di più conta farlo sapere. Magari con un pizzico di fantasia in più.
Vale anche per i blog, direte voi. Penso di si. I blog non fanno eccezione. Neanche questo.
Ma come ho detto, e' il piacere di condividere.
E poi... Se ogni tanto si stacca, per una settimana, non e' mica un delitto? Claudia Schiffer può aspettare (tanto siamo in un'isola deserta...).
Nessun commento:
Posta un commento