Sarà dura metabolizzare
la batosta, rialzarsi dallo tsunami sportivo di un 5-0 casalingo.
Per
di più in un derby, in una gara sentita come poche altre dai tifosi
rossoblù.
Il calcio insegna che ci vorrà tempo, che serviranno
vittorie ma soprattutto prestazioni di intensità e di cuore
infinitamente superiori al poco visto in campo contro il Perugia di
Camplone. Squadra forte, molto forte, ma i cui valori tecnici sono
stati amplificati in stereo dall'inconsistenza agonistica del Gubbio.
Insigne avvistato da Almici in Gubbio-Pescara - aprile 2012 |
Nemmeno in B, nemmeno con
avversari nettamente superiori – si pensi al Pescara di Zeman –
capaci di dominare 90', la debacle era stata così cocente. Di tonfi
ce n'erano stati parecchi quell'anno ma almeno con la schiena dritta.
Nella sconfitta memorabile
di questa domenica di gennaio, si può leggere anche la metafora di
una città che – proprio sotto gli occhi delle istituzioni
regionali, nei giorni in cui anche la polemica sui soldi per “Don
Matteo” hanno fatto sentire questa comunità più lontana e
bistrattata dai palazzi perugini – si ritrova quasi nuda, e
certamente spogliata persino del suo elemento più caratteristico,
l'orgoglio.
La grande illusione: l'occasione in apertura per Ferrari salvata a due passi dalla linea da Comotto |
La delusione dei tifosi,
che abbandonano il settore gradinata per spostarsi alle spalle della
porta e rifiutare idealmente il saluto della squadra, è la rabbia e
l'insofferenza ad accettare un verdetto. Che nel calcio è il 5-0
subito dal Perugia, ma nella vita di tutti i giorni rappresenta
l'incapacità attuale di questa comunità di rialzare la testa. E di
ritrovare una dimensione, un'identità, un'energia che dovrebbe
essere parte integrante del proprio dna.
La speranza è che dopo la
rabbia e l'insofferenza, in campo come fuori dal campo, non subentri
la rassegnazione. Questa sì sarebbe la sconfitta più irrimediabile.
Ma tornando al calcio, per
gli amanti della statistica, bisogna fare un salto indietro di 13
anni per ripescare l'ultimo capitombolo casalingo con 5 gol al
passivo – un 5-1 di fine stagione il 12 maggio 2001 contro il San
Marino, ma con la squadra di Dal Fiume ampiamente rimaneggiata e con
la testa già alle vacanze. Fu il commiato peggiore anche per il
tecnico, altro ex grifone, nell'annata che aveva regalato la prima
vittoria in un altro derby, forse quello vero, quello con il Gualdo.
Ma proprio dopo questo 0-5
– un po' mesta un po' paradossale - ci piace in ricordare un altro
precedente, che dovrebbe invece dare spunto e stimolo quanto basta
almeno a rialzarsi in piedi: 12 dicembre 1993, poco più di 20 anni
fa, un Gubbio-Riccione in serie D che pochi probabilmente
rammenteranno.
Mirko Cernicchi nell'inedita veste di portiere Gubbio-Riccione 2-1 - dicembre 1993 |
In campo la giovane banda di Massimo Roscini, una
nidiata tirata su da Francioni con il gruppo allievi finalista
nazionale, che aveva come gioiello di centrocampo tale Davide Baiocco
ma anche un gruppo di ragazzi aitanti che sull'1-1 a 10' dalla fine
si ritrova senza portiere, espulso Flavoni: in porta finisce Mirko
Cernicchi, eugubino di origine ma perugino di nascita, cuore
rossoblù, in campo il cuore lo mettono gli altri, a cominciare da
capitan Alessandro Nicchi, figlio d'arte e trascinatore della
squadra, che a tempo scaduto firma addirittura il gol della vittoria.
Finisce 2-1, il Gubbio vince in 10. Non è la Coppa Campioni, non
sarà un trofeo memorabile, ma da onorare c'era la maglia rossoblù.
Quanto basta per dare tutto in campo, per giocare come fosse la
partita della vita, a prescindere dal nome dell'avversario, a
prescindere dall'età dei protagonisti, giovani anche allora ma
certamente attaccati come pochi altri a quei colori.
Per sentirsi e farsi
sentire, dai tifosi, uno da Gubbio.
Da "Il Rosso e il Blu" - lunedì 13.1.14 in "Fuorigioco"
musica di sottofondo: "Pride" - U2
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