"Un allenatore in Italia
che finisce la stagione non solo è un bravo tecnico: è un eroe".
La
frase è di Jose Mourinho, uno che in Italia si è trovato piuttosto
bene. Ora da Londra, sponda Chelsea, non seguirà di certo le vicende
pallonare della sperduta Umbria. Saprebbe altrimenti che la sua
massima da queste parti avrebbe scarsa applicazione.
Con quella di Cristian
Bucchi, infatti, sono finite per saltare, una dopo l'altra, tutte le
panchine delle squadre professionistiche della nostra regione.
La
prima è stata a Perugia, quando il campionato non era neppure
iniziato: fuori Lucarelli, che come prima esperienza ha subito
masticato il tabacco più amaro. Per poi ritrovarsi in Versiglia da
avversario dei grifoni e di Santopadre. Forse neanche Camplone a
inizio agosto avrebbe pensato di tornarci su quella panca, dopo aver
sfiorato la B, ed essere stato punito da Favasuli, nella semifinale
col Pisa.
Di seguito è toccato al
neofita Cucinelli confezionare l'esonero su misura ad un altro ex
grifone, Di Loreto, addirittura dopo una vittoria. Qui il cambio,
come al Curi, ha sortito effetti taumaturgici, perchè Luca Fusi, ex
Toro e Juve da giocatore, ex Foligno da tecnico, ha redento una
squadra che sembrava ancora non essere atterrata nel pianeta
professionistico: ora il Castel Rigone non fa parlare di sé solo per
l'assenza di barriere allo stadio, per il calcio etico ed anche un
po' estetico predicato dal suo celebre patron. La squadra si segnala
anche tra le protagoniste del girone B di II Divisione e scommettere
su una sua promozione (ovvero la salvezza, che significa però salire
in terza serie il prossimo anno) non è affatto azzardato. In attesa
del probabile derby col Gubbio e del possibile, salvo scongiuri,
storico confronto col Perugia, le altre panchine saltate sono a
Terni, dove perfino il cannibale Toscano, autore del miglior calcio
visto alla Conca negli ultimi anni, ha pagato dazio e appunto a
Gubbio.
Il capitolo rossoblù meriterebbe un libro a parte.
Bucchi era la scommessa,
come tante ne sono state giocate in questi anni. I 5 gol patiti nel
derby hanno fatto traboccare un vaso che è parso già colmo dopo le
dichiarazioni del mister nel post gara col Pontedera.
Cambiare tecnico, nella stagione in cui non ci sono retrocessioni e in cui gli obiettivi non sono categorici come per Perugia, Lecce o Frosinone, sembra paradossale. Ma in fondo a ben guardare, in casa rossoblù, si è tornati alla normalità. Nelle ultime 8 stagioni, quelle a guida Fioriti, sono 14 gli allenatori che si sono avvicendati su una panchina che, a questo punto definire scottante è un eufemismo.
Nell'ordine: Cuttone, De Petrillo – Marino, Alessandrini – Beoni, Tumiatti (affiancato da Simoni) – il biennio Torrente, a fare da linea di confine prima del tripudio in B con Pecchia, Simoni, Alessandrini e Apolloni. Infine Sottil, altro "eroe" di un intero campionato, quello passato, ed ora il tandem Bucchi-Roselli.
La storia calcistica rossoblù ci dice che spesso, troppo spesso, il cambio al timone non ha sortito gli effetti sperati. Tra le rare eccezioni, proprio 10 anni fa, quella di Beppe Galderisi.
Arrivò a sostituire Cannito, a
marzo inoltrato: sembrava un'altra annata di quelle da buttare e
invece la svolta regalò vittorie memorabili, come il derby di
Gualdo, e i playoff persi solo contro la Sangiovannese di Ciccio
Baiano.
Per qualcuno, un'eccezione
a confermare la regola.
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