Ci sono i Mondiali di calcio a catalizzare l’attenzione mediatica di tutto il mondo. Meno clamore, ma sicuramente più sostanza per il nostro futuro, avevano invece i “Mondiali” dei governi di scena in questo weekend in Canada: il G8, che poi è ormai diventato G20, con i paesi più industrializzati – la vecchia economia tra Europa, Usa e Giappone – a fianco delle cosiddette economie emergenti.
Chiamato a decidere su alcuni punti nodali della crisi internazionale, però, il Mondiale dei Governi si è chiuso con un nulla di fatto.
Al di fuori di un generico impegno (anzi, peggio ancora, auspicio) a ridurre i deficit entro il 2013, il livello di concretezza registrato dal summit canadese è pari a zero. In euro o in dollari, che dir si voglia. Ad esempio, in molti spingevano perché i governi occidentali iniziassero ad applicare una tassazione sul sistema del credito (far pagare alle banche il conto della crisi, che in fondo ha proprio origine finanziaria): niente da fare. Le banche, come spesso avviene, non si toccano. Ed è singolare come la parabola delle dinamiche socio-economico-politiche emerse da questo vertice – atteso da tutti con impazienza per le importanti decisioni cui era chiamato – si incroci, e in qualche modo ripeta, le evoluzioni agonistiche dell’evento sportivo dell’anno, appunto i Mondiali di calcio sudafricani.
lunedì 28 giugno 2010
venerdì 25 giugno 2010
Flop azzurro: il giorno dopo la riflessione è ancora più dura... Ma anche le batoste possono essere salutari...
Il day after forse è anche peggio della delusione a caldo. L'Italia è fuori. Punto.
E dopo lo scatenarsi di reazioni più o meno scomposte, tra delusione e rabbia, tra sarcasmo e ironie, è il momento di guardare già avanti. Non senza però voltarsi indietro, per capire come la massima espressione di un fenomeno "globale" come il calcio - nella nostra società - possa portare spesso a considerazioni e riflessioni che vanno anche al di là dei confini possibili.
Premessa: se c'è una persona delusa, quella sono io. Se non altro perché quando gioca la Nazionale - sarà per quello specie di "spirito patriottico" che ormai si rispolvera solo dopo il fischio di un arbitro - per me non c'è altro. Ieri non è stato così. Tant'è che sul 2-0 per gli audaci slovacchi, me ne sono andato di casa. Problemi ben più importanti richiedevano la mia attenzione e in quella squadra ormai non credevo più. Mi sono perso la quasi rimonta, il gol annullato, la doccia fredda del 3-1, l'invenzione di Quagliarella (l'unico a salvarsi dal naufragio totale), e la buca di Pepe (neo juventino... mamma mia...). Meglio. Mi sono perso tutto questo e ci ho guadagnato sicuramente in salute e in mancata erosione del fegato.
Il giorno dopo però si leggono analisi e critiche che forse eccedono anche la dimensione stessa del calcio.
Sarà che vincere un Mondiale dà alla testa, ma focalizzare la sconfitta di ieri come "lo specchio del declino dell'Italia" mi sembra proprio esagerato.
E dopo lo scatenarsi di reazioni più o meno scomposte, tra delusione e rabbia, tra sarcasmo e ironie, è il momento di guardare già avanti. Non senza però voltarsi indietro, per capire come la massima espressione di un fenomeno "globale" come il calcio - nella nostra società - possa portare spesso a considerazioni e riflessioni che vanno anche al di là dei confini possibili.
Premessa: se c'è una persona delusa, quella sono io. Se non altro perché quando gioca la Nazionale - sarà per quello specie di "spirito patriottico" che ormai si rispolvera solo dopo il fischio di un arbitro - per me non c'è altro. Ieri non è stato così. Tant'è che sul 2-0 per gli audaci slovacchi, me ne sono andato di casa. Problemi ben più importanti richiedevano la mia attenzione e in quella squadra ormai non credevo più. Mi sono perso la quasi rimonta, il gol annullato, la doccia fredda del 3-1, l'invenzione di Quagliarella (l'unico a salvarsi dal naufragio totale), e la buca di Pepe (neo juventino... mamma mia...). Meglio. Mi sono perso tutto questo e ci ho guadagnato sicuramente in salute e in mancata erosione del fegato.
Il giorno dopo però si leggono analisi e critiche che forse eccedono anche la dimensione stessa del calcio.
Sarà che vincere un Mondiale dà alla testa, ma focalizzare la sconfitta di ieri come "lo specchio del declino dell'Italia" mi sembra proprio esagerato.
mercoledì 23 giugno 2010
Un pensiero per Lucio...
Mi piace ricordarti così. A suonare la chitarra, in una giornata di primavera, insieme ai Santantoniari. I tuoi amici Santantoniari. Tra una cantata, un brindisi, una pacca sulla spalla, un abbraccio. Immersi nell'atmosfera di attesa del mese di maggio, sicuramente il periodo più intenso dell'anno di un ceraiolo.
(qui eravamo a casa Cancellotti, zona Vignoli, credo il 25 aprile del 2004).
Da 5 anni Lucio non c'è più. O meglio, non lo vediamo. Perché lui c'è.
E' nei nostri ricordi, nei nostri pensieri. In quello che, non solo nel periodo dei Ceri, la mente e l'affetto ci sanno riproporre. Sotto forma di flash. Un'istantanea nitida ed efficace, come quelle che Giampaolo, suo fratello, sa immortalare inimitabilmente con la sua Canon.
(qui eravamo a casa Cancellotti, zona Vignoli, credo il 25 aprile del 2004).
Da 5 anni Lucio non c'è più. O meglio, non lo vediamo. Perché lui c'è.
E' nei nostri ricordi, nei nostri pensieri. In quello che, non solo nel periodo dei Ceri, la mente e l'affetto ci sanno riproporre. Sotto forma di flash. Un'istantanea nitida ed efficace, come quelle che Giampaolo, suo fratello, sa immortalare inimitabilmente con la sua Canon.
martedì 22 giugno 2010
22 giugno, un giorno triste. Ma la storia e il lutto lasciano spazio ad un messaggio di straordinaria attualità...
Un suono cupo, sordo. Tetro e inquietante. Come la ricorrenza che voleva scandire.
E’ quello che mi ha svegliato stamattina. Il Campanone di Gubbio, uno spettacolare miracolo sonoro, che di solito è sinonimo di festa, di gioia, di aggregazione.
Oggi no.
Il suo lento rintocco a lutto – erano più o meno le 6.30 – segnava la ricorrenza più triste e cruda della storia di questa comunità: il 22 giugno. Una voce quasi soffocata. Come il ricordo di quella tragedia.
Sono trascorsi 66 anni da quella mattina. Straziata dalle raffiche di mitra di un plotone d’esecuzione della Wermacht. E un senso di angoscia continua a perseguitarmi, ogni anno, in questa giornata.
Ogni tanto, quando passo per la via del Mausoleo, getto lo sguardo a quel muro, crivellato di colpi. Penso alle vite trapassate, alle famiglie distrutte, agli orfani che la guerra, ogni guerra, produce. Senza senso.
Da quando sono padre, poi, la sensazione di drammatica consapevolezza è cresciuta in modo esponenziale.
Si dirà che il mondo è pieno di queste storie. Ieri come oggi. Tragedie vicine e lontane, nel tempo come nello spazio. Che ti toccano come non mai, però, quando è il vicino di casa, l’amico, il conoscente, ad esserne coinvolto.
La storia dei 40 Martiri (una definizione ormai immodificabile, ma che più propriamente andrebbe corretta in 40 Vittime) per mia fortuna, non ha coinvolto familiari (anche se un giorno ho saputo che mi ha sfiorato). Ma ne conosco tante di persone che da quel 22 giugno hanno visto cambiata, lacerata, travolta la propria esistenza.
E’ quello che mi ha svegliato stamattina. Il Campanone di Gubbio, uno spettacolare miracolo sonoro, che di solito è sinonimo di festa, di gioia, di aggregazione.
Oggi no.
Il suo lento rintocco a lutto – erano più o meno le 6.30 – segnava la ricorrenza più triste e cruda della storia di questa comunità: il 22 giugno. Una voce quasi soffocata. Come il ricordo di quella tragedia.
Sono trascorsi 66 anni da quella mattina. Straziata dalle raffiche di mitra di un plotone d’esecuzione della Wermacht. E un senso di angoscia continua a perseguitarmi, ogni anno, in questa giornata.
Ogni tanto, quando passo per la via del Mausoleo, getto lo sguardo a quel muro, crivellato di colpi. Penso alle vite trapassate, alle famiglie distrutte, agli orfani che la guerra, ogni guerra, produce. Senza senso.
Da quando sono padre, poi, la sensazione di drammatica consapevolezza è cresciuta in modo esponenziale.
Si dirà che il mondo è pieno di queste storie. Ieri come oggi. Tragedie vicine e lontane, nel tempo come nello spazio. Che ti toccano come non mai, però, quando è il vicino di casa, l’amico, il conoscente, ad esserne coinvolto.
La storia dei 40 Martiri (una definizione ormai immodificabile, ma che più propriamente andrebbe corretta in 40 Vittime) per mia fortuna, non ha coinvolto familiari (anche se un giorno ho saputo che mi ha sfiorato). Ma ne conosco tante di persone che da quel 22 giugno hanno visto cambiata, lacerata, travolta la propria esistenza.
lunedì 21 giugno 2010
Mondiali: ci aggrappiamo alla cabala... ma siamo già vittime della sindrome da flop
Non ci resta che la cabala. Il Mondiale in Sudafrica ha preso una brutta piega. Inutile nasconderlo. Il pareggio con i volonterosi ma modesti neo-zelandesi (una squadretta ben messa in campo ma che in Italia forse non giocherebbe neanche in I Divisione) non solo crea difficoltà al passaggio del turno, ma compromette il futuro cammino degli azzurri.
Ce la siamo un po' cercata, diciamo la verità. E non mi riferisco alla solita litania degli "orfani di Cassano e Balotelli" - si sa, i salvatori della Patria sono sempre rimasti in Patria - anzi, mi trovo d'accordo con Lippi quando dice che quelli rimasti in vacanza non sono fenomeni. Per di più, averli in Sudafrica avrebbe dato sicuramente molti spunti per servizi e polemiche ai colleghi della carta stampata, radio e tv, ma avrebbe creato enormi grande al CT nel caso in cui i suddetti sarebbe rimasti in panca. Del resto Cassano era agli Europei in Portogallo (2004) e in Svizzera (2008) ma non è che abbia fatto sfraceli. Quanto a Balotelli, gli ultimi Europei under 21 ne hanno certificato l'ingestibilità (espulsione e impalpabilità nelle gare che contavano).
venerdì 18 giugno 2010
Nel trionfo rossoblù spunta un episodio di goliardia davvero unico: un "buzzo RSU" portafortuna allo stadio, con tanto di biglietto nominativo pagato....
La goliardia non ha mai fatto difetto agli eugubini. E in particolare lo stadio è stato spesso teatro di iniziative o trovate particolarmente gustose, che al di fuori di qualsiasi volgarità - spesso urlata o scritta su striscioni che si leggono un po' in tutti gli stadi italiani - danno la cifra dell'humor tipico di questa città.
La goliardata in questione è legata niente meno che ad un contenitore di raccolta differenziata (a Gubbio li chiamiamo più impropriamente "buzzi"), nello specifico un "buzzo" della RSU (rifiuti solidi urbani), di cui ormai sono piene le nostre strade da un paio d'anni, con la campagna di raccolta differenziata lanciata dal Comune.
Protagonista della trovata un giovane tifoso, Daniel Barbacci, che dopo averlo fatto "esordire" nella vittoriosa partita casalinga di finale contro il San Marino, portandolo allo stadio, ha pensato bene di portarselo anche in trasferta. Cosa? Un "buzzo RSU", un vero e proprio contenitore della raccolta differenziata, con tanto di scritta (indicante comune di Gubbio) e perfino, udite udite, di biglietto.
Sì, perché per non rischiare problemi con gli irreprensibili ispettori di Lega, il buon Daniel ha comprato il biglietto per sè e anche per il "buzzo": incredibile - se non fosse che l'abbiamo visto con i nostri occhi - il fatto che sul biglietto, rigorosamente nominativo, ci fosse scritto "Buzzo RSU".
Nel raccontare questa sua matteria, Daniel ha ricordato che qualche problemino al momento dell'ingresso allo stadio c'è stato: "Non volevano far passare il "buzzo", ma io ho esibito il biglietto, ho spiegato di averglielo pagato e che dunque aveva tutto il diritto di stare in tribuna insieme ai tifosi".
E così anche il "buzzo RSU" ha passato le forche caudine dei tornelli sanmarinesi e si è posizionato sulle gradinate della tribuna ospiti (chissà forse per accogliere idealmente quello che rimaneva della squadra di Mendo).
Uno smacco anche ai rigidi dispositivi della Lega che ha dovuto fare buon viso di fronte all'ironia irresistibile del gesto.
Un tifoso speciale - Daniel - e un portafortuna davvero originale - il "buzzo" - che scommettiamo avrà fatto festa poi, a suo modo, domenica sera, per la promozione del Gubbio.
Nella foto li vediamo immortalati negli studi di TRG poco prima della trasmissione conclusiva di "Fuorigioco", mercoledì sera, tra l'ilarità di tutti i presenti.
Anche in fatto di goliardia, insomma, il tifo eugubino si dimostra da... categoria superiore.
La goliardata in questione è legata niente meno che ad un contenitore di raccolta differenziata (a Gubbio li chiamiamo più impropriamente "buzzi"), nello specifico un "buzzo" della RSU (rifiuti solidi urbani), di cui ormai sono piene le nostre strade da un paio d'anni, con la campagna di raccolta differenziata lanciata dal Comune.
Protagonista della trovata un giovane tifoso, Daniel Barbacci, che dopo averlo fatto "esordire" nella vittoriosa partita casalinga di finale contro il San Marino, portandolo allo stadio, ha pensato bene di portarselo anche in trasferta. Cosa? Un "buzzo RSU", un vero e proprio contenitore della raccolta differenziata, con tanto di scritta (indicante comune di Gubbio) e perfino, udite udite, di biglietto.
Sì, perché per non rischiare problemi con gli irreprensibili ispettori di Lega, il buon Daniel ha comprato il biglietto per sè e anche per il "buzzo": incredibile - se non fosse che l'abbiamo visto con i nostri occhi - il fatto che sul biglietto, rigorosamente nominativo, ci fosse scritto "Buzzo RSU".
Nel raccontare questa sua matteria, Daniel ha ricordato che qualche problemino al momento dell'ingresso allo stadio c'è stato: "Non volevano far passare il "buzzo", ma io ho esibito il biglietto, ho spiegato di averglielo pagato e che dunque aveva tutto il diritto di stare in tribuna insieme ai tifosi".
E così anche il "buzzo RSU" ha passato le forche caudine dei tornelli sanmarinesi e si è posizionato sulle gradinate della tribuna ospiti (chissà forse per accogliere idealmente quello che rimaneva della squadra di Mendo).
Uno smacco anche ai rigidi dispositivi della Lega che ha dovuto fare buon viso di fronte all'ironia irresistibile del gesto.
Un tifoso speciale - Daniel - e un portafortuna davvero originale - il "buzzo" - che scommettiamo avrà fatto festa poi, a suo modo, domenica sera, per la promozione del Gubbio.
Nella foto li vediamo immortalati negli studi di TRG poco prima della trasmissione conclusiva di "Fuorigioco", mercoledì sera, tra l'ilarità di tutti i presenti.
Anche in fatto di goliardia, insomma, il tifo eugubino si dimostra da... categoria superiore.
mercoledì 16 giugno 2010
Una vittoria sportiva per un salto di qualità di un'intera città: Gubbio esempio per l'Umbria in declino
Un’intera città in festa. Non accadeva da anni, e in queste proporzioni, forse, bisogna risalire al mitico spareggio del Curi datato 1987.
E invece questo 13 giugno 2010 resterà nella memoria della comunità eugubina, per la festa, i colori, la partecipazione, il coinvolgimento che una città come Gubbio sa realizzare nei momenti di grande comunità.
Una giornata di sport che trascende anche i 90’ di calcio giocato: perché la sensazione, netta, fin dal mattino, è che si stesse preparando una giornata indimenticabile su tutti i fronti.
Dalle prime ore della giornata, con la carovana di 18 pulman partiti da piazza 40 Martiri, e con almeno 500 autovetture, destinazione Olimpico di San Marino: 2.900 eugubini in trasferta, numeri da capogiro per una città che – hinterland compreso – conta 30.000 anime. Eppure il calcio fa di questi miracoli, e a Gubbio non è la prima volta.
Il clima di festa, goliardico e appassionato, si è vissuto in ogni tappa della trasferta, non lunga ma certamente intensa: dagli autogrill, presi d’assalto ma senza alcun episodio negativo, all’arrivo allo stadio. E soprattutto il calore e il colore delle scenografie realizzate dalla tifoseria rossoblù, uno spettacolo da palcoscenici di caratura superiore che ha emozionato per primi proprio i protagonisti in campo.
Una tribuna interamente dipinta di rossoblù, con volti abituali, nelle gradinate del Barbetti ma anche tanti eugubini avvicinatisi magari per la prima volta in questa stagione, ad assaporare le emozioni di una squadra giovane e sbarazzina, audace e lucida, anche un po’ pazza, come il rigore col cucchiaio di bomber Marotta ha felicemente sintetizzato. Una squadra targata Gubbio anche in alcuni suoi elementi determinanti, come quel Giacomo Casoli, autentico mattatore dei play off, che ha chiuso la partita e idealmente ha dato il via ai festeggiamenti per la C1.
E invece questo 13 giugno 2010 resterà nella memoria della comunità eugubina, per la festa, i colori, la partecipazione, il coinvolgimento che una città come Gubbio sa realizzare nei momenti di grande comunità.
Una giornata di sport che trascende anche i 90’ di calcio giocato: perché la sensazione, netta, fin dal mattino, è che si stesse preparando una giornata indimenticabile su tutti i fronti.
Dalle prime ore della giornata, con la carovana di 18 pulman partiti da piazza 40 Martiri, e con almeno 500 autovetture, destinazione Olimpico di San Marino: 2.900 eugubini in trasferta, numeri da capogiro per una città che – hinterland compreso – conta 30.000 anime. Eppure il calcio fa di questi miracoli, e a Gubbio non è la prima volta.
Il clima di festa, goliardico e appassionato, si è vissuto in ogni tappa della trasferta, non lunga ma certamente intensa: dagli autogrill, presi d’assalto ma senza alcun episodio negativo, all’arrivo allo stadio. E soprattutto il calore e il colore delle scenografie realizzate dalla tifoseria rossoblù, uno spettacolo da palcoscenici di caratura superiore che ha emozionato per primi proprio i protagonisti in campo.
Una tribuna interamente dipinta di rossoblù, con volti abituali, nelle gradinate del Barbetti ma anche tanti eugubini avvicinatisi magari per la prima volta in questa stagione, ad assaporare le emozioni di una squadra giovane e sbarazzina, audace e lucida, anche un po’ pazza, come il rigore col cucchiaio di bomber Marotta ha felicemente sintetizzato. Una squadra targata Gubbio anche in alcuni suoi elementi determinanti, come quel Giacomo Casoli, autentico mattatore dei play off, che ha chiuso la partita e idealmente ha dato il via ai festeggiamenti per la C1.
lunedì 14 giugno 2010
Ricordi di questo 13 giugno indimenticabile... dipinto di rossoblù...
Di questo 13 giugno ricorderemo tanto. Quasi tutto. Saranno migliaia i flash che, accavallati alla rinfusa, uno sull’altro, come i giocatori rossoblù dopo il 2-0, si snodano nella nostra memoria.
Ci vorrebbe una di quelle opzioni automatiche del computer, che ti rimettono in sesto, e in ordine cronologico, un po’ tutti i file. Ma quel tasto ci manca, il ricordo confuso resta. E forse è anche meglio.
E allora scorriamoli, come vengono, questi flash. Di un 13 giugno che sarà consegnato alla memoria di 3.000 tifosi del Gubbio in trasferta oceanica e festosa sulle rampe sanmarinesi. Regalato al ricordo di un’intera città che rivive fasti di 23 anni fa – spareggio Gubbio-Poggibonsi, roba da scrivere sugli annali non solo calcistici.
Con un delirio in piazza che dista appena 4 anni dall’apoteosi azzurra. Ma quella era la Nazionale, che proprio oggi tornerà, speriamo, a farci esultare.
In attesa di questo, il primo ricordo, proprio legato alla Nazionale, è quell’inno cantato all'Olimpico sanmarinese un po’ per ironia, un po’ per orgoglio, un po’ per solennizzare un evento. Che si voleva già pregustare.
E l’ingresso in campo delle squadre, il boato di una tribuna interamente dipinta di rossoblù, come mai era accaduto in una trasferta fuori regione.
In serie C solo Genoa e Fiorentina hanno fatto di meglio. Mica storie.
Ci vorrebbe una di quelle opzioni automatiche del computer, che ti rimettono in sesto, e in ordine cronologico, un po’ tutti i file. Ma quel tasto ci manca, il ricordo confuso resta. E forse è anche meglio.
E allora scorriamoli, come vengono, questi flash. Di un 13 giugno che sarà consegnato alla memoria di 3.000 tifosi del Gubbio in trasferta oceanica e festosa sulle rampe sanmarinesi. Regalato al ricordo di un’intera città che rivive fasti di 23 anni fa – spareggio Gubbio-Poggibonsi, roba da scrivere sugli annali non solo calcistici.
Con un delirio in piazza che dista appena 4 anni dall’apoteosi azzurra. Ma quella era la Nazionale, che proprio oggi tornerà, speriamo, a farci esultare.
In attesa di questo, il primo ricordo, proprio legato alla Nazionale, è quell’inno cantato all'Olimpico sanmarinese un po’ per ironia, un po’ per orgoglio, un po’ per solennizzare un evento. Che si voleva già pregustare.
E l’ingresso in campo delle squadre, il boato di una tribuna interamente dipinta di rossoblù, come mai era accaduto in una trasferta fuori regione.
In serie C solo Genoa e Fiorentina hanno fatto di meglio. Mica storie.
giovedì 10 giugno 2010
ITS Cassata magazine: il frutto del lavoro giornalistico dietro i banchi di scuola
Lo spunto me lo offre la trasmissione che va in onda stasera su TRG (ore 21.20): è il video "ITS Cassata magazine", realizzato da alcuni studenti dell'istituto superiore eugubino nell'ambito del progetto didattico “A scuola di giornalismo”, che l’Istituto diretto dal prof. Chianelli ha adottato nell’anno scolastico che si è appena concluso: un progetto che ha coinvolto una classe, il III informatico, che ha seguito una serie di lezioni propedeutiche al giornalismo di carta stampata e televisivo. Il corso, coordinato dal vice preside Baldoni e dalla prof.ssa Pallucca, è stato condotto dal collega Massimo Boccucci insieme al sottoscritto.Il risultato del corso – un giornalino dal titolo “Itis per tutti” e il video dal titolo “ITS Cassata magazine” - è stato presentato in un incontro svoltosi all’aula magna dell’Istituto Cassata, alla presenza del dirigente scolastico, Carlo Chianelli, che ha fortemente sollecitato un’esperienza di questo tipo. Non solo per l’importanza che ormai l’informazione riveste nel vivere quotidiano, ma anche per consentire ai giovani studenti di formarsi uno spirito critico nel valutare notizie su giornali e tg.
L’incontro ha visto ospite il direttore del Giornale dell’Umbria, Giuseppe Castellini, che ha parlato ai ragazzi di vizi e virtù dell’attività giornalistica, evidenziando la bontà dell’iniziativa e la meritoria volontà di un istituto tecnico come il Cassata di non dimenticare attività indispensabili a formare una consapevolezza critica nei giovani d’oggi: un’esperienza che senz’altro potranno trovare utile nella loro formazione professionale, a prescindere dall’attività che andranno a svolgere. Intanto, le iniziative già messe in campo, saranno valorizzate all’interno del sito internet della scuola, con la pubblicazione dei testi del giornalino e dei servizi del magazine televisivo, che appunto andrà in onda stasera ore 21.20 (replica domenica ore 20.30).
L’incontro ha visto ospite il direttore del Giornale dell’Umbria, Giuseppe Castellini, che ha parlato ai ragazzi di vizi e virtù dell’attività giornalistica, evidenziando la bontà dell’iniziativa e la meritoria volontà di un istituto tecnico come il Cassata di non dimenticare attività indispensabili a formare una consapevolezza critica nei giovani d’oggi: un’esperienza che senz’altro potranno trovare utile nella loro formazione professionale, a prescindere dall’attività che andranno a svolgere. Intanto, le iniziative già messe in campo, saranno valorizzate all’interno del sito internet della scuola, con la pubblicazione dei testi del giornalino e dei servizi del magazine televisivo, che appunto andrà in onda stasera ore 21.20 (replica domenica ore 20.30).
mercoledì 9 giugno 2010
Il Perugia calcio è fallito: non è una buona notizia per l'Umbria... e non solo per quella calcistica...
Sono le ore 12 del 9 giugno 2010. Il Perugia calcio, come in un elettrocardiogramma ormai da settimane ai limiti del "piatto", ha smesso di pulsare.
Fallimento per la società più gloriosa del calcio umbro, il secondo a distanza di appena 6 anni. E per ricordare le glorie dei grifoni non bisogna andare troppo indietro: estate 2003, il Perugia di Serse Cosmi vince l'Intertoto e si qualifica per la Coppa Uefa, a distanza di 24 anni dal memorabile Perugia di Ilario Castagner.
Sembra un secolo fa. Eppure non ne è passata poi così tanta di acqua sotto i ponti.
Conosco diversi tifosi del Perugia. E cerco di comprendere lo stato di delusione, amarezza e scoramento che stanno provando in questa giornata.
Ricordo le parole di un saggio (ma focoso e passionale) come Serse Cosmi. Uno che con il calcio post-moderno - quello dei tira e molla sugli ingaggi, degli spot con le veline, dei capricci nello spogliatoio - non ha nulla a che vedere. Ma che a questo calcio ha sicuramente insegnato qualcosa.
Ebbene il buon Serse, al microfono di TRG, ha mestamente commentato: "Dispiace vedere il Perugia ridotto così. Non solo per la città, ma soprattutto per i tifosi. E' umiliante, pensare che una città come Perugia non riesca a rialzarsi, non trovi le energie per stare in 3a serie. Ma dalle delusioni profondo poi si rinasce: e si torna più forti di prima".
Fallimento per la società più gloriosa del calcio umbro, il secondo a distanza di appena 6 anni. E per ricordare le glorie dei grifoni non bisogna andare troppo indietro: estate 2003, il Perugia di Serse Cosmi vince l'Intertoto e si qualifica per la Coppa Uefa, a distanza di 24 anni dal memorabile Perugia di Ilario Castagner.
Sembra un secolo fa. Eppure non ne è passata poi così tanta di acqua sotto i ponti.
Conosco diversi tifosi del Perugia. E cerco di comprendere lo stato di delusione, amarezza e scoramento che stanno provando in questa giornata.
Ricordo le parole di un saggio (ma focoso e passionale) come Serse Cosmi. Uno che con il calcio post-moderno - quello dei tira e molla sugli ingaggi, degli spot con le veline, dei capricci nello spogliatoio - non ha nulla a che vedere. Ma che a questo calcio ha sicuramente insegnato qualcosa.
Ebbene il buon Serse, al microfono di TRG, ha mestamente commentato: "Dispiace vedere il Perugia ridotto così. Non solo per la città, ma soprattutto per i tifosi. E' umiliante, pensare che una città come Perugia non riesca a rialzarsi, non trovi le energie per stare in 3a serie. Ma dalle delusioni profondo poi si rinasce: e si torna più forti di prima".
martedì 8 giugno 2010
Una vicenda tragicomica: la Gubbio calcio multata per la presenza della banda musicale sugli spalti... E la Lega Pro si copre di ridicolo...
Se non l'avessimo visto con i nostri occhi - e non avessimo dovuto commentarlo in diretta radiofonica - probabilmente avremmo creduto ad uno scherzo. Una di quelle gag guareschiane, da "Don Camillo e Peppone", teatrino goliardico dell'Italia del dopoguerra, divisa tra comunisti e cattolici che di giorno se le davano e di notte, in fondo in fondo, finivano per perdonarsi.
Invece abbiamo dovuto constatare che era tutto vero: la Banda musicale di Gubbio (nella foto, a bordo campo durante il pre-partita, ma poi dispostasi in gradinata, in mezzo ai tifosi) è stata allontanata dai dirigenti della società rossoblù, costretta all'estemporanea "espulsione" dall'irremovibile minaccia dell'arbitro Cervellara di Taranto.
Niente banda sugli spalti, niente musica a sollecitare e affiancare i tifosi eugubini: altrimenti la partita (Gubbio-San Marino, finale di andata dei play off di II divisione Lega Pro, l'ex C2) sarebbe stata addirittura sospesa.
Che l'avvertimento non fosse uno scherzo, lo si è capito dalla concitazione con cui il ds eugubino Giammarioli e il team manager Ramacci (loro malgrado) si sono precipitati a bordo campo ad invitare la banda a smettere di suonare e defilare su un lato della gradinata. Tra lo stupore e l'incredulità generale.
Secondo una normativa federale, infatti, una situazione del genere creerebbe una sorta di "incitamento eccessivo" del pubblico, tale da alterare il normale equilibrio della gara.
Confesso di non conoscere nel dettaglio la normativa: non ce n'è bisogno per definire, eventualmente, "stupida" questa norma (esattamente come quella che prevede l'ammonizione di un giocatore che va ad esultare sotto la curva dei tifosi, magari togliendosi la maglia: si punisce con un "giallo" un gesto spontaneo, di esultanza, gioia e felicità. Lo stesso metro che magari l'arbitro utilizza per interventi violenti, anti-sportivi e sleali... complimenti al legislatore sportivo, un vero genio...).
Invece abbiamo dovuto constatare che era tutto vero: la Banda musicale di Gubbio (nella foto, a bordo campo durante il pre-partita, ma poi dispostasi in gradinata, in mezzo ai tifosi) è stata allontanata dai dirigenti della società rossoblù, costretta all'estemporanea "espulsione" dall'irremovibile minaccia dell'arbitro Cervellara di Taranto.
Niente banda sugli spalti, niente musica a sollecitare e affiancare i tifosi eugubini: altrimenti la partita (Gubbio-San Marino, finale di andata dei play off di II divisione Lega Pro, l'ex C2) sarebbe stata addirittura sospesa.
Che l'avvertimento non fosse uno scherzo, lo si è capito dalla concitazione con cui il ds eugubino Giammarioli e il team manager Ramacci (loro malgrado) si sono precipitati a bordo campo ad invitare la banda a smettere di suonare e defilare su un lato della gradinata. Tra lo stupore e l'incredulità generale.
Secondo una normativa federale, infatti, una situazione del genere creerebbe una sorta di "incitamento eccessivo" del pubblico, tale da alterare il normale equilibrio della gara.
Confesso di non conoscere nel dettaglio la normativa: non ce n'è bisogno per definire, eventualmente, "stupida" questa norma (esattamente come quella che prevede l'ammonizione di un giocatore che va ad esultare sotto la curva dei tifosi, magari togliendosi la maglia: si punisce con un "giallo" un gesto spontaneo, di esultanza, gioia e felicità. Lo stesso metro che magari l'arbitro utilizza per interventi violenti, anti-sportivi e sleali... complimenti al legislatore sportivo, un vero genio...).
domenica 6 giugno 2010
Gubbio calcio: la prima finale è in cassaforte (2-0). Restano 90' al sogno C1...
Due a zero e la C1 è davvero più vicina. Chi c’avrebbe scommesso prima del fischio d’inizio di Gubbio-S.Marino? E soprattutto chi l’avrebbe fatto al 45’, dopo un primo tempo dove, nonostante il gol di Rivaldo, i romagnoli avevano dominato le fasce e dettato i ritmi della partita?
Ma il calcio è fatto di gol. E chi la butta dentro – o impedisce agli altri di farlo – ha comunque e sempre ragione.
E allora chapeau per l’eurogol di Gonzales Rivaldo: nella stessa porta dove aveva segnato l’unica rete della stagione, al Fano, in campionato. Stavolta la botta non è di fioretto ma una sciabolata quasi rabbiosa per la respinta iniziale della barriera. Ma basta a piegare le mani a Scotti e fa esplodere il S.Biagio. E poi chapeau per la combinazione Gomez, Casoli, Gomez, e la fucilata dell’argentino che si infila sotto la traversa. Un 2-0 tutto sudamericano che ha il sapore della resurrezione per la squadra di Torrente. E infine chapeau per la straordinaria parata di Lamanna, capace di neutralizzare dagli 11 metri a 2’ dalla fine il penalty di Grassi, guadagnato con mestiere dal temuto Cesca, il bomber che dovrà guardarsi dalla tribuna il match di ritorno per squalifica.
Tre episodi, tre boati del pubblico eugubino. Fin troppo penalizzato ieri da una interpretazione del regolamento da parte dei delegati Lega e dell’arbitro, ai limiti del ridicolo: prima dell’incontro il divieto di alcuni striscioni, che ha portato al naufragio dell’attesa coreografia di ingresso delle squadre. Poi la farsa dell’espulsione virtuale della banda musicale, al quarto d’ora della ripresa, dopo il raddoppio dei rossoblù, quasi che il gruppo capitanato dal super tifoso Alberto Vannini, avesse la colpa di incitare eccessivamente la tifoseria. Addirittura l’arbitro avrebbe minacciato di sospendere l’incontro se la banda continuava a suonare.
E magari in altri stadi non ci si ferma di fronte a risse, lanci di petardi altezza uomo, colluttazioni o incitamenti espliciti alla violenza.
Il calcio alla rovescia. Una vergogna, peggio ancora degli arbitraggi scarsi.
Ma il calcio è fatto di gol. E chi la butta dentro – o impedisce agli altri di farlo – ha comunque e sempre ragione.
E allora chapeau per l’eurogol di Gonzales Rivaldo: nella stessa porta dove aveva segnato l’unica rete della stagione, al Fano, in campionato. Stavolta la botta non è di fioretto ma una sciabolata quasi rabbiosa per la respinta iniziale della barriera. Ma basta a piegare le mani a Scotti e fa esplodere il S.Biagio. E poi chapeau per la combinazione Gomez, Casoli, Gomez, e la fucilata dell’argentino che si infila sotto la traversa. Un 2-0 tutto sudamericano che ha il sapore della resurrezione per la squadra di Torrente. E infine chapeau per la straordinaria parata di Lamanna, capace di neutralizzare dagli 11 metri a 2’ dalla fine il penalty di Grassi, guadagnato con mestiere dal temuto Cesca, il bomber che dovrà guardarsi dalla tribuna il match di ritorno per squalifica.
Tre episodi, tre boati del pubblico eugubino. Fin troppo penalizzato ieri da una interpretazione del regolamento da parte dei delegati Lega e dell’arbitro, ai limiti del ridicolo: prima dell’incontro il divieto di alcuni striscioni, che ha portato al naufragio dell’attesa coreografia di ingresso delle squadre. Poi la farsa dell’espulsione virtuale della banda musicale, al quarto d’ora della ripresa, dopo il raddoppio dei rossoblù, quasi che il gruppo capitanato dal super tifoso Alberto Vannini, avesse la colpa di incitare eccessivamente la tifoseria. Addirittura l’arbitro avrebbe minacciato di sospendere l’incontro se la banda continuava a suonare.
E magari in altri stadi non ci si ferma di fronte a risse, lanci di petardi altezza uomo, colluttazioni o incitamenti espliciti alla violenza.
Il calcio alla rovescia. Una vergogna, peggio ancora degli arbitraggi scarsi.
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