Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 9 giugno 2010

Il Perugia calcio è fallito: non è una buona notizia per l'Umbria... e non solo per quella calcistica...

Sono le ore 12 del 9 giugno 2010. Il Perugia calcio, come in un elettrocardiogramma ormai da settimane ai limiti del "piatto", ha smesso di pulsare.
Fallimento per la società più gloriosa del calcio umbro, il secondo a distanza di appena 6 anni. E per ricordare le glorie dei grifoni non bisogna andare troppo indietro: estate 2003, il Perugia di Serse Cosmi vince l'Intertoto e si qualifica per la Coppa Uefa, a distanza di 24 anni dal memorabile Perugia di Ilario Castagner.
Sembra un secolo fa. Eppure non ne è passata poi così tanta di acqua sotto i ponti.
Conosco diversi tifosi del Perugia. E cerco di comprendere lo stato di delusione, amarezza e scoramento che stanno provando in questa giornata.
Ricordo le parole di un saggio (ma focoso e passionale) come Serse Cosmi. Uno che con il calcio post-moderno - quello dei tira e molla sugli ingaggi, degli spot con le veline, dei capricci nello spogliatoio - non ha nulla a che vedere. Ma che a questo calcio ha sicuramente insegnato qualcosa.
Ebbene il buon Serse, al microfono di TRG, ha mestamente commentato: "Dispiace vedere il Perugia ridotto così. Non solo per la città, ma soprattutto per i tifosi. E' umiliante, pensare che una città come Perugia non riesca a rialzarsi, non trovi le energie per stare in 3a serie. Ma dalle delusioni profondo poi si rinasce: e si torna più forti di prima".
Confesso una sensazione: anche a me la notizia del fallimento del Perugia fa male. E non lo dico da tifoso del grifo (anzi...). Il mio rapporto con il Perugia fu idilliaco da bambino, passionale da ragazzino, poi si è bruscamente interrotto in una domenica di febbraio del 1988 (per motivi che in un'altra occasione spiegherò).
Ho seguito con distacco misto a un pizzico di simpatia (ma proprio un pizzico) le gesta del Perugia di Cosmi, mentre altri personaggi non avevano lo stesso appeal.
Ma vedere oggi la squadra più titolata della nostra regione ridotta a giocare in D o in Eccellenza dispiace.
Ed è anche un segnale emblematico di come stiano le cose nella nostra regione. Economicamente e non solo.
Da tempo in fondo Perugia non è più il fulcro dell'Umbria: non lo è politicamente (a parte la sede della Regione e della Provincia, i suoi principali interpreti non sono perugini), non lo è economicamente (le aziende più rilevanti sono tutte fuori dal capoluogo), non lo è forse più neppure culturalmente (quanti eventi ormai gravitano principalmente su Assisi o su altre cittadine medioevali della provincia).
Sembra un paradosso ma senza Umbria Jazz e l'invenzione di Guarducci (Eurochocolate) - cui ha fatto eco l'intuizione brillante di Arianna Ciccone, con il suo Festival Internazionale del Giornalismo - un umbro rischierebbe di non accorgersi più che esiste Perugia. Se non fosse per il processo Meredith.
Insomma la debacle calcistica appare la punta di un iceberg: che parla di carenza di classe dirigente, di personaggi carismatici (alla D'Attoma, per capirci), di capitani d'industria (alla Spagnoli) o di figure tali da polarizzare interessi e passioni che il calcio interpreta come poche altre discipline, ma che sono anche la risultanza di energie diverse, di vitalità civili e sociali, di aspirazioni a crescere.
Nel declino del Perugia è venuto a mancare proprio tutto questo. E in fondo ci sono motivazioni disparate: irresponsabilità e colpevoli leggerezze della dirigenza uscente (e delle Istituzioni che a quanto pare non hanno fatto poi così tanto per evitare il naufragio), ma anche approssimazioni e pressapochismi degli aspiranti nuovi dirigenti, delle fatidiche cordate che spuntavano come funghi, un mese fa, e che si sono gradualmente ridotte all'osso (Torello Laurenti) nelle ultime ore.
Il Perugia che scompare è anche un "patrimonio" (sportivo e sociale) che viene a mancare per l'Umbria. Che con il Perugia ha potuto mostrare anche altre eccellenze, in altri periodi. Il calcio come specchio di una regione che sta retrocedendo gradualmente.
Anche se il discorso, fortunatamente, non va generalizzato: in quella I Divisione che non avrà più i colori del grifo, restano Ternana, Foligno (a meno di sorprese sulla via dell'iscrizione) e, si spera, anche una terza protagonista, che domenica si gioca il pass... per la storia.
Vuol dire che se il capoluogo non riesce ad esprimerle, quelle energie ancora si trovano altrove. Con un particolare preferenza per piazze come Foligno e Gubbio, se non altro perché le rispettive società di calcio sono diretta espressione dell'imprenditorialità (e della passionalità) delle due città.
E' vero che, ad esempio, Gaucci non era perugino e ha fatto la fortuna del Perugia per 15 anni: ma poi se ne è andato a S.Domingo, riportando i grifoni esattamente dove l'aveva "prelevati": in C1.
Un merito va senz'altro riconosciuto comunque al Perugia degli ultimi 15 anni: quello Gaucciano, per capirci. Di essere stato a suo modo, un modello per il calcio italiano: un modello di talent scouting, che non a caso, ha fornito alla Nazionale Campione del Mondo gente come Gattuso, Materazzi o Grosso. Giocatori insospettabili, ma divenuti 4 anni fa veri artefici di una vittoria incancellabile.
Anche quel Perugia appassisce, con il fallimento di oggi. Ed è un vero peccato...

6 commenti:

  1. Da facebook -

    Marco Rossi - Sono contento per il tg3 regionale che ignora sistematicamente il Gubbio calcio(e anche Gubbio città)!!!!!!!
    Quando una società fallisce deve ricominciare dalla terza categoria se no ci rimettono quelle piccole società che hanno i bilanci a postoedelle giuste ambizioni.(il Gubbio nè sà qualche cosa).
    Per quanto riguarda l'articolo del direttore,non è che Perugia prima si era preso troppo, marginalizzando ampi territori della regione ed ora gli altri si sono svegliati?

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  2. il commento non è da tifoso del Perugia (che non sono), ma cerco di analizzare un "problema" che è più ampio e che alla fine tocca tutti (mi riferisco alla classe dirigente della nostra regione, che va scomparendo, come i dinosauri sul Bottaccione 65 milioni di anni fa...).
    Se fosse vero poi che gli "altri" si sono svegliati, sarebbe comunque una buona notizia. Anche se non ne sono così sicuro.

    Da tifoso invece, e ovviamente, dico Forza Gubbio!
    GMA

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  3. Da facebook -
    Michele Minelli -
    Scusa Giacomo se mi intrometto nella discussione. Penso, da profano di calcio ma appassionato di sport a tutti i livelli, ci sia bisogno di una grossa riorganizzazione. Non vorrei essere "sibillino", ma se continuiamo su questi termini (gubbio compreso) la fine si avvicina per tutti. Le aziende private che fino ad ora sono state il polmone delle ... Mostra tuttosocietà sportive (e tutti sappiamo bene perchè, non è che facciano opere di bene intendiamoci) fanno fatica a garantire le entrate necessarie. Dobbiamo fare in modo che i settori giovanili siano la vera linfa vitale. E' impensabile che una squadra come la nostra non abbia in campo almeno 5/6 decimi della squadra titolare formata da giovani locali. Ricordate il Mitico Gubbio degli anni passati. Prima di tutto la maglia ce l'avevano cucita addosso, secondo lo stipendio il rinnovo ecc.ecc. non erano problemi ed infine la gente andava più volentieri a tifare una squadra fatta di amici, figli, parenti ecc.ecc. In conclusione facciamo in modo che il Gubbio sia una squadra di "proprietà" della città dove nessuno in futuro (Perugia docet) possa mettere mani solo per i propri interessi personali lasciando dopo di se solo terra bruciata....

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  4. Da facebook -
    Giacomo Faramelli -
    signori il calcio vive al di sopra delle sue possibilit... Mostra tuttoà.
    nulla vieta a facoltosi uomini d'affari di investire cifre astronomiche per tiratori di pedate professionisti, ma le crisi poi, si risentono anche fuori dalle borse (come molti sanno a proprie spese).
    decreti spalmadebiti, pagamenti dilazionati.
    Sono misure ingiuste nei confronti di aziende di tutt'altri settori che invece affogano proprio perchè certe agevolazioni non sono loro concesse.
    Si torni ad un ripensamento genrale, si riorganizzi il calcio dalle fondazioni, o Perugia sarà solo l'apripista.
    (Forza Gubbio e non solo nel calcio).

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  5. Parole sante, quelle di Boso (al secolo Michele Minelli). E a Giacomo de "Peppebello" (al secolo Faramelli) aggiungo una considerazione: il calcio avrebbe tanto da imparare dal rugby, in fatto di spirito, sportività e tenacia. Ma anche di gestione sana dei vivai e delle società.
    Purtroppo temo che resterà materia di dibattito su uno sperduto blog dell'universo di internet... ma mai scoraggiarsi del tutto...
    E la speranza è che anche i media diano sempre maggiore spazio agli esempi virtuosi. E non solo a quelli che fanno audience (o tiratura) solo perché hanno un maggior numero di tifosi al seguito.

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  6. Ancora da facebook -

    Alessandro Bertinelli -
    IL CALCIO è INTRATTENIMENTO.
    IL RESTO è SPORT.

    Leonardo Brozzetti -
    Purtroppo il calcio non è più uno sport... è una scusa per riciclare denaro e chi più ce n'ha da buttare ce lo butta... ma piano piano, alla fine, finirà... se pensate che anche il Liverpool ha 800mln di sterline di buco...
    prima o poi il pallone scoppia... il Perugia è solo l'inizio...
    Il calcio come azienda da' da mangiare a milioni di persone... palloni, magliette, ecc. e per una regione piccola come la nostra, è un volano per l'economia... porta turismo, porta curiosit... Mostra tuttoà... Mostra tuttoà, ecc. ecc.... il problema ancor più grave è che ora non c'è nessuno disposto ad investire per portare una squadra di calcio ad essere il fiore all'occhielo della città, ma solo per lucrare a scopi personali... stadio, cubature, centri commerciali... e come ha detto Giacomo, se non c'è nessuno disposto a cacciare i quattrini, non è un bel segnale...
    E se permettete concludo dicendo FORZA GUBBIO!!!...

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