Fare demagogia, si sa, non costa nulla. E qualora doveste incassare, non ti chiedono neppure la fattura.
Da mesi leggiamo e ascoltiamo nobili intenti sulla cosiddetta "pubblicizzazione dell'acqua": slogan del tipo, "via le mani private dall'acqua pubblica" e raccolta di firme annessa, che lasciano presagire svolte epocali per il cittadino che ha il suo rapporto con la risorsa idrica in due modi: aprendo il rubinetto e scartando la bolletta.
E' facendo una delle due operazioni, per l'esattezza la seconda, che si scopre come in realtà il Pubblico (sostantivo che non ci piace, ma che sintetizza l'entità quasi astratta cui è demandata la gestione della preziosa risorsa) offra ai suoi utenti servizi non sempre inappuntabili a fronte di subdole manovre di aumento tariffe, mascherate da rimborso spese. Un po' come quel commesso viaggiatore che riporta un contratto da 1.000 euro ma ci carica una nota spese da 1.500.
E così veniamo a scoprire, grazie all'Unione Nazionale Consumatori che negli ultimi due mesi la società Umbra Acque - società mista pubblico privato che gestisce l'operatività del servizio idrico per conto del famigerato ATO (dietro questa sigla sembra quasi nascondersi una mostruosa creatura sottomarina, ma invece è l'Ambito Territoriale Ottimale) - ha caricato il costo dei solleciti fatturati in bolletta con la modica cifra di 8,26 euro. Praticamente chi si trova ad essere "sollecitato" al pagamento della bolletta, si vede addebitati 8,26 euro come spese postali, per l'invio per altro di una lettera in posta semplice (non in posta raccomandata).
E' vero che di sollecito si tratta, è vero che i solleciti sono inoltrati anche a tutela degli altri utenti (quelli che pagano) ma ci si chiede se non sarebbe opportuno, almeno per il primo sollecito che scatta anche prima di tre mesi dall'ipotetico mancato pagamento della fattura e che spesso fa riferimento a fatture che non superano i 20/30 €, adeguare la cifra ai soli costi vivi dell'azienda. Per fare un esempio: su una fattura "tipo" di 25 Euro, un addebito di spese per l'emissione di un sollecito di € 8,26 equivale a un aggravio di oltre il 33%.
L'Unione Consumatori chiede che tale aggravio sia abbassato a € 0,60 centesimi (costo dell'invio di una lettera tramite posta prioritaria) o al massimo a € 1 (aggiungendo i costi vivi per l'azienda, carta, stampa e lavoro umano pro quota) e non più di 8,26 Euro.
Questo anche per dimostrare che spesso le battaglie anche più teoricamente trasparenti (come l'acqua) in realtà finiscono per tutelare soggetti, enti e sovrastrutture che difficilmente riescono, come dire, a catturare la fiducia della propria clientela: operando di fatto in regime di monopolio (conoscete qualche concorrente del servizio idrico pubblico?) e applicando tariffe e sovracosti a propria discrezione.
Nel frattempo Umbra acque ci informa che ha aggiornato il proprio sito internet: peccato che la rete idrica umbra continui a "fare acqua" da troppe parti, che gli umbri non bevono l'acqua del rubinetto (non per cattiva abitudine, ma semplicemente perchè buona parte delle tubature antiquate dei nostri acquedotti sono in eternit) e le aziende estrattive e di commercializzazione dell'acqua continuano a fare semplicemente il proprio lavoro: prelevare, imbottigliare e vendere acqua. Per altro, con costi di concessione (da parte della Regione) più esosi che nelle regioni limitrofe (in barba alle leggi della concorrenza).
Forse la battaglia per l'acqua è giusta: ma è l'obiettivo cui indirizzarla, che andrebbe decisamente "corretto"...
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