Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 31 luglio 2011

La serata di presentazione del Gubbio: emozioni e ricordi di un avvio... promettente...


Colpo d'occhio dall'ingresso del Teatro Romano
 E' stata la serata del ritrovarsi, dell'entusiasmo, dell'ideale abbraccio dopo un paio di mesi dedicati esclusivamente ai sogni e alle attese. Il Gubbio parte ufficialmente per la nuova avventura in serie B e lo fa dal luogo, scaramantico oltre che suggestivo, da cui hanno preso vita le ultime due stagioni vittoriose, il Teatro Romano.
Che ancor più che negli ultimi due anni, è gremitissimo per il primo saluto alla nuova squadra - quasi 2.000 presenti con molti tifosi rimasti nel corridoio di ingresso al teatro del I sec. d.c. o addirittura all'esterno da dove hanno assistito alla presentazione osservando la video proiezione su schermo gigante. E così all'insegna del "non c'è due senza tre" (terza presentazione al Teatro Romano, terzo tentativo dopo le prime due date fissate e rinviate per maltempo, tre presentatori), la serata - seppur lunga - è filata via piuttosto bene (almeno l'impressione è stata questa dal palcoscenico, e dai riscontri avuti all'indomani).


Difficile stabilire una graduatoria degli applausi, tanta l'euforia per tutta la squadra, la società e lo staff di collaboratori: è bastato l'arrivo del pullman al parcheggio del Teatro Romano per accendere i cori dei tifosi ("Sta arrivando il rossoblù...") già assiepati sui gradoni storici della monumentale costruzione romana. Eravamo dietro le quinte a fremere - come sempre avviene in questi casi, a pochi minuti dall'accensione dei riflettori - e ci siamo guardati con Isabella e Ubaldo: quasi a dirci in silenzio che non era una serata qualsiasi...


Con Ubaldo e Isabella, in versione "Iene"...
 Ad aprire gli interventi, il presidente del Gubbio Marco Fioriti che ha ricordato come i successi di questo biennio siano frutto di una programmazione, di un'attenzione massima ai conti ("Abbiamo quasi interamente azzerato il debito" ha annunciato) con un occhio ai giovani. Un esempio di gestione che oggi fa parlare tutta Italia. "Avremo rispetto per i nostri quotati avversari ma statene certi, non avremo paurasOltre ai ringraziamenti, il numero uno rossoblù ha ricordato l'altro miracolo, la ristrutturazione dello stadio in appena 2 mesi di tempo (tema su cui è anche tornato il vice presidente Brugnoni ringraziando le 56 ditte eugubine che hanno collaborato per l'intervento). Un gioiellino che sarà possibile ammirare da domenica prossima, 7 agosto, con l'amichevole contro il Cesena dell'ex Giampaolo.
In collegamento telefonico ha portato il suo saluto il presidente della Lega di B, Andrea Abodi, che ha ricordato le sue origini eugubine e non ha nascosto una simpatia per i colori rossoblù: "Gli altri presidenti mi perdoneranno, ma ho nonno eugubino, tra i miei avi c'è anche un Ubaldo, mi sono sposato a Gubbio. E lo scorso anno - ha confidato - ho scaramanticamente evitato di parlare del Gubbio e della possibile promozione dei rossoblù almeno fino alla partita con la Paganese, poi ho potuto gioire".

Sul palco sono poi sfilati gli ex rossoblù premiati (il biturgense Falasconi - "Seguo sempre il Gubbio tramite TRG e sono felice di questo traguardo. Conosco bene Bartolucci perchè ho giocato con suo padre" - e il bomber di casa Zoppis, che ha parlato anche di "serie A, programmabile perchè ci sono sponsor che possono sostenere in maniera ancora più importante questa società"), il presidente del Basket Gubbio, Marionni (premio "Sportivo dell'anno"), le istituzioni (dal sindaco Guerrini, al presidente della Provincia, Guasticchi, alla vice presidente della Giunta regionale Casciari, al Vescovo Ceccobelli) e in sequenza il direttore tecnico Gigi Simoni (accolto da un'ovazione), il tecnico Fabio Pecchia - anche per lui applausi scroscianti - e il ds Stefano Giammarioli, vero beniamino di casa.


"Qui c'è cultura del lavoro e c'è entusiasmo - ha detto Pecchia - Si può cadere ma poi ci si deve rialzare e ripartire, proprio come fanno gli eugubini il 15 maggio" ha dichiarato suscitando l'euforia dei presenti e parlando di "spirito ceraiolo in campo". Una conferma dell'intelligenza del personaggio che sembra abbia già colto la chiave giusta per stimolare le corde più sensibili del tifo eugubino. "Tenetevi stretto Giammarioli - ha invece consigliato saggiamente Simoni, consegnando idealmente al diesse fatto in casa, lo scettro della gestione manageriale di un Gubbio che oggi - parole dello stesso "Giamma" - "non è più la piccola società che viene dall'Umbria, ma una società modello che può anche dettare le condizioni nelle trattative con i grandi". Bellissimo il fuori programma di alcuni tifosi che hanno fatto omaggio al diesse di una piccola scultura del Patrono S.Ubaldo.

E' stata poi la volta dei giocatori, uno ad uno, con un'ovazione speciale per capitan Sandreani - tutto in piedi il pubblico e la stessa squadra, per lui.
Alla fine la presentazione delle nuove maglie griffate Givova e il premio al tifoso doc, Marcello Zenobi, padre del compianto amico Meo (fotografo di tante stagioni rossoblù) che ha ricordato le prime trasferte in treno ad Umbertide da piccolo ("Allora avevamo ancora la ferrovia - ha detto - eravamo più evoluti").




Nel corso della serata sono stati presentati in anteprima alcuni dei filmati del doppio dvd "Eravamo in 5.000 a gridare serie B", edito da TRG, con tutti i servizi, le immagini, i gol, le interviste della trionfale stagione 2010-2011: veri e propri boati hanno salutato le prodezze dei rossoblù.
Forse il modo migliore per ricordare una stagione incancellabile. E non sono mancati - mentre scorrevano le immagini - omaggi del pubblico per alcuni protagonisti oggi in altri lidi e con altre maglie: da mister Torrente (un applauso quando è comparsa la sua foto, perchè comunque il nocchiero non si dimentica), al portierone Lamanna, fino a bomber Gomez (l'esultanza top, sulla sua rovesciata spettacolare a Pagani).

Insomma una serata intensa, che ha restituito il calore dei mesi scorsi e che, credo, sia servita soprattutto ai nuovi arrivati (da Pecchia ai giocatori freschi di rossoblù) per capire davvero... dove sono venuti. Per capire cosa significhi indossare la maglia rossoblù...
In tutti i sensi...

venerdì 29 luglio 2011

Gubbio, le nuove numerazioni. Prima della presentazione di domani sera...

Alla vigilia della presentazione al Teatro Romano - domani sera ore 21 - anticipiamo un po' i tempi rivelando - ma non è uno scoop, è solo un gioco per gli assidui frequentatori del blog, per altro tifosi rossoblù - le nuove numerazioni cui bisognerà abituarci quest'anno con i giocatori del Gubbio.
La serie B come noto impone le stesse regole della serie A: dunque sarà bene prendere confidenza con numeri che solo in pochi casi rispettano la tradizione (dall'1 all'11).
E allora ecco che agli ordini del tecnico Fabio Pecchia, del suo secondo Antonio Porta e del veterano direttore tecnico Luigi Simoni, questi i numeri e i dati essenziali dell'attuale rosa (in attesa di possibili novità da qui al 31 agosto, che il quanto mai dinamico ds Giammarioli potrebbe riservare)...




PORTIERI
32 DONNARUMMA ANTONIO 07/07/90 - proveniente dal MILAN


1 FARABBI MARCO 20/07/91  - proprietà GUBBIO



DIFENSORI
39 ALMICI ALBERTO 11/01/93 proveniente dall'ATALANTA


23 BARTOLUCCI GIOVANNI 27/02/84 proprietà GUBBIO

13 BENEDETTI SIMONE 03/04/92 proveniente dall' INTER

6 BRIGANTI MARCO 06/05/82 proprietà GUBBIO

26 BRUNELLI PRIMO 26/01/92 proprietà GUBBIO

33 CARACCIOLO ANTONIO 30/06/90 confermato GUBBIO

22 FARINA SIMONE 18/04/82 proprietà GUBBIO

11 SILVA DUARTE MARIO RUI 27/05/91 proveniente dal FATIMA (Portogallo) - assente domani per impegni concomitanti con la Nazionale lusitana  nei mondiali under 20



CENTROCAMPISTI
4 BOISFER RODRIGUE 24/01/81 proprietà GUBBIO


64 BUCHEL MARCEL 18/03/91 proveniente dal SIENA

16 GAGGIOTTI EMANUELE 13/04/88 proprietà GUBBIO

21 GERBO ALBERTO 09/11/89 proveniente dall'INTER

15 MONTEFUSCO MATTIA 26/05/88 proprietà GUBBIO

10 RAGGIO GARIBALDI SILVANO 27/03/89 confermato  GUBBIO

SANDREANI ALESSANDRO 20/10/79 proprietà GUBBIO









ATTACCANTI
20 BAZZOFFIA DANIELE 11/06/88 confermato GUBBIO

7 GIANNETTI NICCOLO' 12/05/91 proveniente dal SIENA

28 KRAUS KRISTIAN 15/04/93 proveniente dal SIENA

19 MENDICINO ETTORE 11/02/90 proveniente dalla LAZIO

30 RAGATZU DANIELE 21/09/91 proveniente dal CAGLIARI

9 CIOFANI DANIEL 31/07/85 proveniente dal PARMA

17 SMACCHIA SIMONE 25/11/94 proveniente dal FANO





E allora a domani sera, anticipandovi che ci sarà di che divertirsi, riguardando i filmati di un recente glorioso passato, conoscendo da vicino i nuovi protagonisti e proiettandoci con una clip finale... verso gli stadi che saranno scenario della prossima stagione...

giovedì 28 luglio 2011

"Eravamo in 5.000 a gridare serie B": alcune anticipazioni prima della presentazione...

Tutto è pronto per la presentazione del doppio dvd "Eravamo in 5.000 a gridare serie B", edito da TRG network: la memorabile stagione vittoriosa del Gubbio, approdato nella serie cadetta, raccontata dai servizi dell'emittente televisiva esclusivista delle immagini della squadra rossoblù, con clip filmate inedite dedicate ai momenti salienti della stagione, alle coreografie dei tifosi, una clip fotografica, e la sintesi della stagione attraverso i frammenti di telecronaca tratti sempre dalle produzioni TRG.

Marco Giampaolo, in maglia rossoblù (1992)
Due dvd accompagnati da un prezioso opuscolo riassuntivo della stagione, impreziosito dalle interviste di prefazione ad alcuni personaggi di spicco del calcio nazionale, umbri Doc o di adozione per i propri trascorsi rossoblù: come Silvano Ramaccioni, tifernate, oggi dirigente dell'AC Milan, di cui è stato per oltre 26 anni Team manager, che paragona l'impresa del Gubbio al suo "Perugia dei miracoli" di D'Attoma e Castagner; o Walter Sabatini, perugino, ex allenatore del Gubbio, oggi direttore sportivo della Roma - dopo essere stato già dirigente tecnico di Lazio e Palermo; ed infine Marco Giampaolo, ex giocatore del Gubbio, oggi allenatore del Cesena - dopo analoghe esperienze in serie A con Cagliari, Siena e Catania.

Un capitolo finale, davvero gustoso, dell'opuscolo allegato ai dvd "Eravamo in 5.000 a gridare serie B", è dedicato interamente ai tifosi del Gubbio: in particolare, alla loro goliardia, alla capacità di tradurre in modo ironico, scanzonato e brillante la passione per i colori rossoblù. E così in collaborazione con la redazione della trasmissione "Fuorigioco" - talk show sportivo di TRG - sono stati selezionati i più curiosi, simpatici ed esilaranti sms inviati in trasmissione ogni lunedì sera e trasmessi in sovraimpressione. Un modo originale per raccontare anche i diversi stati d'animo della tifoseria nei momenti topici della stagione straordinaria della squadra rossoblù.

Il doppio dvd "Eravamo in 5.000 a gridare serie B" sarà presentato sabato prossimo 30 luglio dalle ore 21 al Teatro Romano in occasione della presentazione ufficiale della squadra rossoblù per la stagione sportiva 2011-2012: quella del ritorno nella serie cadetta dopo la bellezza di 64 anni...



Uno dei sottofondi musicali delle clip del doppio dvd
"My Sharona" - The Knack - 1979

martedì 26 luglio 2011

Ricordando un amico, un personaggio, un nome. Filippo...

Se ne è andato dieci anni fa. In punta di piedi. E con il sorriso sulle labbra. Lo stesso con cui salutava, il mercoledì sera, i suoi telespettatori. Lo stesso con cui aveva vissuto un'esistenza serena e gioviale, all'insegna dell'amicizia, dell'allegria e dello stare insieme.
Filippo Uccellani - volto e ancora prima, voce, nota di Radio Gubbio e Tele Radio Gubbio - se ne è andato 10 anni fa.

Era il 26 luglio 2001. E un male incurabile - di quei mali che si spera un giorno non dover più appellare con questo attributo odioso - lo strappò all'affetto dei tanti che ebbero la fortuna di conoscerlo. E apprezzarne qualità umane e simpatia davvero uniche.
La sua vita è stata proprio come uno dei suoi programmi cult: uno "Show di casa nostra". Dove musica, simpatia, spontaneità, magari davanti ad un bicchiere di vino e qualche gustosa pietanza, erano la cornice ideale. E quasi naturale.

Filippo Uccellani è stato per migliaia di persone l'immagine - verrebbe da dire, l'icona - del mercoledì sera. Di quella tv pane e salame, un po' casereccia, un po' scimmiottante le trasmissioni più alla moda, che era diventata un'abitudine immancabile per il pubblico di TRG.
Il tubo catodico - e prima ancora l'etere - avevano saputo esaltare le qualità di un personaggio che era, e stesso. E soprattutto era lo show. One man show, si direbbe in gergo. Un precursore di format televisivi che anni dopo avremmo visto in carrellata nei network nazionali.
Perche il suo show - lo "Show di casa nostra" - pur nella veste dozzinale di scenografie tipiche anni Ottanta (con vistosi dipinti, a colori accesi e abbinamenti un po' improbabili), pur con inquadrature e regia che apparivano coerenti con la spontaneità e la quasi improvvisazione del palinsesto di quell'epoca, sapeva distinguersi. Perchè in fondo Filippo, l'anima di quella trasmissione, ne era anche l'impronta carismatica: l'affabile conduttore che sapeva gestire musicanti di un certo rilievo e al tempo stesso avventori estemporanei, tutti "ospiti d'eccezione" sul suo che più che un palcoscenico, era una di quelle sale da pranzo di una generosa e sorridente campagna, fatta di piccole cose, di cibi sani e di salutare goliardia.
In tanti, tantissimi, spesso ci hanno chiesto di riorganizzare la sua trasmissione: abbiamo sempre risposto che non era possibile. Perché lo show era lui. Il resto era solo una cornice.

Ci manca Filippo. Ci manca soprattutto quello spirito scanzonato e spensierato, che forse era figlio anche di un periodo nel quale certi problemi apparivano lontani. Non c'erano budget da rispettare, non c'erano pianificazioni o digitale terrestre a condizionare la stesura dei palinsesti, non c'erano concorrenze con cui confrontarsi. Le telepromozioni erano approntate "a braccio" dall'inesauribile conduttore, per il quale il pregiato "olio sgorgava già olio"; l'apprezzata benzina poteva essere "degustata" presso la nuova stazione di servizio; e il mangime rinomato era talmente buono che potevate "ammazzare il maiale anche due volte l'anno". Del resto, era sempre lui che, in radio, anni prima, al termine di ogni puntata, salutava i suoi ascoltatori dando loro "l'estremo saluto".

Battute, gag ed uscite grammaticali, diciamo, "personalizzate" che sono state immortalate nell'opuscolo "Le Filippiche" edito qualche anno fa dal mensile "Gubbio oggi" - praticamente introvabile, ormai. Un'iniziativa per la quale personalmente chiesi autorizzazione allo stesso Filippo, dopo aver raccolto insieme agli amici di "Gubbio oggi" centinaia di sue frasi celebri. E Filippo, di fronte alla mia richiesta, rispose sorridente: "Basta che non me lesionate l'immagine...".
Il mercoledì sera era suo. Tanto da non temere neppure il Festival di Sanremo - quando a metà degli anni Novanta la kermesse canora per eccellenza prolungò il suo calendario, partendo proprio dal mercoledì.

Ci manca Filippo. Ma non ci manca occasione per ricordarlo. Per sorridere delle sue uscite inconfondibili, della verve che ne caratterizzava l'indole - anche nei momenti più difficili e dolorosi - dell'esempio di semplicità e bontà vera che l'hanno sempre accompagnato. E come abbiamo voluto rispolverare in un'intervista inedita con Pasquale Lucertini - risalente al 1999 - quando descrivendogli l'acqua che si apprestava ad offrirgli, lo rassicurò sulla sua purezza: "Questa acqua così limpida purifica, scalcagnifica, te lascia come te trua...".

Come ricordò Giampiero Bedini, salutandolo nel giorno del suo funerale, un personaggio di levatura straordinaria, per il quale "il metro (uno dei premi caratteristici della sua trasmissione quiz) sarà sempre di due metri".

lunedì 25 luglio 2011

Da giorni come questi... Ho imparato...

Sono giorni davvero strani, questi di fine luglio. Non solo per il clima - un po' bizzarro, ma ci può stare. Sono giorni strani ma soprattutto tristi. Segnati da un susseguirsi quasi surreale di eventi cupi, ogni giornata contraddistinta da un suo lutto. In una città piccola (anche se si sente grande) come Gubbio. Dove ancora ci si saluta per strada, si scambia una chiacchiera al negozio di alimentari, si fa cappannello al bar. 

Persone che conosci, vicini di casa, gente che incontravi tutti i giorni. O di cui spesso sentivi parlare. Oggi leggo i loro nomi in un manifesto bianco.
Tristezza. Tanta. Ma anche riflessione. Non con le solite frasi "oggi ci siamo, domani chissà".
Qualcosa di più profondo.
L'ho ricevuta la scorsa settimana. Senza sapere neppure che fosse la settimana dell'amicizia. Conoscevo una volta la "Festa dell'Amicizia" (quella della vecchia e apparentemente immortale DC).
Oggi c'è la settimana. Chissà, magari inventata per fare un po' di marketing (tipo la festa del papà o della mamma. O peggio ancora quella dell'8 marzo, ormai svuotata di ogni originario significato, comunque buona per alzare il PIL del settore florovivaistico...).
Consoliamoci: almeno resta qualcosa per ricordarci questo valore. Per ricordarci in fondo chi siamo. E soprattutto per fare propri alcuni pensieri, che il tran tran quotidiano tende a considerare quasi superflui...


Ho imparato....

che nessuno è perfetto.

Finché non ti innamori.


Ho imparato... che la vita è dura...

Ma io di più!!!


Ho imparato...

che le opportunità non vanno mai perse.

Quelle che lasci andare tu....

le prende qualcun altro.




Ho imparato...

che quando serbi rancore e amarezza

la felicità va da un'altra parte.




Ho imparato...

Che bisognerebbe sempre usare parole buone....

Perchè

domani forse si dovranno rimangiare.



Ho imparato...

che un sorriso

è un modo economico per migliorare il tuo aspetto.



Ho imparato...

che non posso scegliere come mi sento...

Ma posso sempre farci qualcosa.



Ho imparato...

che

quando tuo figlio

appena nato tiene il tuo dito nel suo piccolo pugno...

ti ha agganciato per la vita.




Ho imparato...

che tutti vogliono vivere in cima alla montagna....

Ma tutta la felicità e la crescita avvengono mentre la scali.




Ho imparato....

che bisogna godersi

il viaggio e non pensare solo alla meta.



Ho imparato...

che è meglio dare consigli solo in due

circostanze...

Quando sono richiesti e quando ne dipende la vita.


 
E infine - questa l'aggiungo io - ho imparato ad ascoltare, riflettere, apprezzare. Ho imparato a fermarmi, guardare il cielo, prendere coscienza di ciò che si è, e non di ciò che apparentemente ci manca.
Ho imparato a condividere quello che sento e che mi emoziona.
Perchè ciò che si ha è nulla, se non lasci qualcosa...







domenica 24 luglio 2011

Walter Sabatini: "Gubbio, l'utopia si è realizzata" - dalla prefazione de "Eravamo in 5.000 a gridare serie B"

La sua conferenza stampa odierna è di quelle "chiacchierate" a microfono aperto, destinate a fare rumore. Anche lui è un personaggio che, seppur schivo e un po' burbero come l'Umbria da cui proviene, non spreca mai le parole. Le dosa, le soppesa. E poi, quando le usa, sa non solo come farlo. Ma anche dove andare a "colpire".

Walter Sabatini, direttore sportivo della Roma, è tra le firme prestigiose nella prefazione del mini-book allegato al doppio dvd "Eravamo in 5.000 a gridare serie B", edito da TRG, e che sarà presentato sabato prossimo 30 luglio al Teatro Romano in occasione della presentazione ufficiale del Gubbio calcio - alla vigilia dell'attesa stagione in serie B.

La sua esperienza in rossoblù è stata fugace e neanche fortunata. Capita, quando arrivi in un posto nel momento sbagliato. E lui - ancora ex giocatore del Perugia e allenatore in erba - arrivò a metà degli anni Novanta per salvare una barca che da tempo era alla deriva.
Strano destino il suo: a Gubbio fu preceduto, con pari esiti poco confortanti, da Mario Palazzi - che quel Gubbio 95-96 poi retrocesso in Eccellenza guidò da inizio campionato. Entrambi (Sabatini e Palazzi) si ritrovarono qualche anno dopo nel Perugia dei miracoli di patron Lucianone Gaucci. In particolare Palazzi a fare il secondo di Serse Cosmi, mentre Sabatini iniziò una carriera da dirigente sportivo poi culminata nelle esperienze con la Lazio di Lotito, il Palermo di Zamparini e da qualche settimana la Roma di Unicredit e degli americani.

Insomma una "toccata e fuga" a Gubbio che non ha lasciato il segno. Eppure...
Eppure, anche qualche settimana da queste parti non passa indifferente. L'ho capito leggendo le righe che Walter Sabatini ha vergato per il mini-book allegato al nostro doppio dvd: parole cariche di vissuto, che tradiscono emozioni e anche un pizzico di delusione, per non essere riusciti, allora, nell'utopia.
Ma lui - che si definisce candidamente "frequentatore di utopie calcistiche" - non ha rotto del tutto la cordicina che lo legava a queste lande. Lo si avverte dal pathos, non ostentato ma sottile, con cui ricorda, ad esempio, Flavio Falzetti (e le sventure, vere e non sportive, che poi lo colpirono). E con cui si compiace del trionfo dei rossoblù e del miracolo sportivo che oggi Gubbio rappresenta.
E l'umiltà con cui cita Gigi Simoni. "Un personaggio da cui avrei tanto da imparare".
Ecco qualche anticipazione della sua prefazione. Ricca di... autenticità.


L'UTOPIA SI E' REALIZZATA
"Parecchi anni fa un manipolo di ragazzi che avevo avuto nel settore giovanile del Perugia mi lanciano un Sos disperato da Gubbio dove, in una situazione di assoluta precarietà, stavano giocando il campionato Interregionale. Io, frequentatore di utopie calcistiche, mi rimisi in tuta nella speranza di salvare la squadra, cominciando a disegnare un percorso virtuoso e degno della tradizione di Gubbio e del Gubbio.

La situazione contingente non lo permise e furono poche settimane sterili dal punto di vista dei risultati, ma proficui per la ricchezza di un rapporto fatto di umanità, impegno e abnegazione di calciatori che volevano per forza resistere, portando a termine il campionato in una situazione al limite dell'indigenza, permettendo così al Gubbio di non perdere il titolo sportivo. Mi ricordo di quei ragazzi uno ad uno. Voglio citare Flavio Falzetti che poco tempo dopo avrebbe cominciato a combattere una battaglia ben più difficile.
Oggi, con enorme soddisfazione, vedo che è stata realizzata l'utopia con il Gubbio in una dimensione inimmaginabile e auguro a tutti che questo possa non rappresentare il limite.
Una stagione che ha esaltato una intera città, la sua gente e una società che ha dimostrato una vera capacità di fare calcio. Pilotata da un maestro come Gigi Simoni, dal quale avrei molto da imparare".
Walter Sabatini 

tratto da mini-book allegato a doppio dvd "Eravamo in 5.000 a gridare serie B"

giovedì 21 luglio 2011

Gubbio: l'attacco è già da 110. In attesa della lode... diamogli un'occhiata...

L'attacco è ormai al completo. Parole e musica firmate da Stefano Giammarioli, il poliedrico diesse del Gubbio, dopo la svolta sul caso-Ciofani, clamorosamente riapertosi quando ormai sembrava che le tracce del bomber dell'Atletico Roma si fossero perdute.
Ciofani, Giannetti, Mendicino, Ragatzu - in rigoroso ordine alfabetico - il poker di attaccante cui il Gubbio affianca, dalla passata stagione, l'imprendibile (e ineffabile) Daniele Bazzoffia, uno la cui velocità potrebbe far comodo anche in serie cadetta (se poi riesce pure a mettere a fuoco la porta avversaria...).

E allora, per conoscere meglio gli alfieri del pacchetto offensivo rossoblù, andiamoci a vedere qualche immagini - spesso più efficace di troppe parole - su qualche prodezza messa in campo, negli ultimi anni, dai giovanissimi attaccanti rossoblù. Non prima di un'ultima curiosità: 110.
Non è il voto di laurea di qualcuno dei baldi giocatori rossoblù - per altro troppo in erba ancora per finire gli studi universitari - ma la somma degli anni dei 5 attaccanti in forza al Gubbio: il più anziano, si fa per dire, è Ciofani (26 anni che compirà il 31 luglio), il più giovane è Ragatzu (21 settembre 1991). La media è 22 anni esatti.

E allora cominciamo con le "danze", sempre in ordine alfabetico. Anche se, curiosamente, si apre con l'ultimo arrivato, Daniel Ciofani - 55 gol nelle ultime tre stagioni in maglia Atletico Roma, ma in serie B ha già segnato con il Pescara nel 2005-2006. Oltre alla maglia biancazzurra, ha vestito quelle di Celano (, Gela e nelle ultime tre stagioni Cisco Roma.




Il secondo alfiere della lista è Niccolò Giannetti, classe 1991 (ma è nato  4 mesi prima di Ragatzu),
primavera della Juventus e lo scorso anno in forza al Siena in B. La sua "perla" è datata 2010, con il gol siglato in Europa League con la maglia bianconera contro il Manchester City di Roberto Mancini: finisce 1-1 all'Olimpico (gol che apprezziamo nella radiocronaca Rai).





Ad Ettore Mencidino (classe 1990) - già 4 presenze in A con la Lazio - la serie B ha già regalato piacevoli sensazioni: magari gli è mancata la continuità (di utilizzo e rendimento) nelle due stagioni trascorse, prima con la maglia del Crotone (2 gol) e poi con quella dell'Ascol (3 gol). Ritagli di gare nei quali è comunque riuscito a lasciare il segno: come nella memorabile marcvatura a tempo scaduto contro il Cittadella che possiamo riassaporare in questo montaggio.



Daniele Ragatzu è tra gli avanti rossoblù quello che ha più esperienza nella massima serie, oltre che più confidenza con i colori rossoblù. Il Cagliari lo ha fatto esordire nel 2008, e con la maglia isolana ha collezionato 34 presenze e 4 gol. A Gubbio ha la possibilità di giocare con maggiore costanza: come si dice in gergo, farsi le ossa in vista di un rientro in Sardegna con numeri ancora più convincenti. Anche se i numeri, Ragatzu, li ha già fatti vedere... Come si può notare dal montaggio intitolato: Corri Ragatzu...

mercoledì 20 luglio 2011

"Eravamo in 5.000 a gridare Serie B!" - Il promo in onda su TRG

Un promo, per lanciare il doppio dvd "Eravamo in 5.000 a gridare Serie B", la nuova produzione di TRG, dedicata alla promozione del Gubbio calcio nella serie cadetta.
Domenica prossima la presentazione nel corso del vernissage di inizio stagione del Gubbio 2011-2012 di scena al Teatro Romano (dalle ore 21).


Nel corso della serata saranno proiettate alcune clip tratte dal doppio-dvd realizzato da TRG - tv esclusivista delle immagini del Gubbio la scorsa stagione.
Video particolari, con immagini dedicate ai tifosi rossoblù, ai momenti di festa della squadra, un racconto fotografico della stagione e una sintesi dell'ampio montaggio che ricostruisce l'impresa della squadra rossoblù attraverso gli spezzoni di telecronaca e radiocronaca dell'emittente.

martedì 19 luglio 2011

Prendi il fogliettone del "Messaggero": da un personal trainer a Giuliani, da Battisti a Cornacchia... E qualche interrogativo in più...

C'è una rubrica del "Messaggero" del lunedì che si intitola: "E' lunedì, coraggio".
Da solo, il titolo del fogliettone basterebbe per acquistare il giornale. Uno degli ultimi numeri, poi, letto al volo durante il periodo di ferie, era a dir poco esilarante.
Parlava di assenza, ormai cronica, degli antichi e solidi riferimenti per i più giovani: un padre (famiglia), un professore (scuola) e un sacerdote (chiesa). Senza scomodare il dopoguerra, ancora un paio di decenni fa queste figure avevano un peso - gradualmente sempre più labile, dopo il Sessantotto - nella crescita e nella maturazione di un giovane. Che poi questa maturazione finissero anche per rovinarla, in alcuni casi - è altra cosa. Ma comunque, nel bene o nel male, contavano.
Oggi i padri, se ci sono, giocano con i figli alla playstation; i professori, nella migliore delle ipotesi, si fanno chiamare prof e danno l'amicizia su facebook; i sacerdoti sono ormai ascoltati solo se combattono la mafia o aiutano i carabinieri come nelle fiction eugubine. Gli altri (quelli che riescono a comunicare nel pieno possesso delle proprie facoltà e del proprio ruolo) sono mosche bianche o il più delle volte sembrano parlare da un pulpito una lingua sconosciuta.

I nuovi riferimenti "educativi"? La rubrica illuminante e ironica del "Messaggero" li individua altrove: si chiamano personal trainer, in molti casi i tatoo stylist quando non addirittura i giurati di un talent show: sembra che per molti teen agers, la frase perentoria di una Mara Maionchi possa avere molto più peso specifico del consiglio di un genitore.
Il pezzo è gradevole, ironico e sorseggiabile, almeno quanto una Lemonsoda di primo pomeriggio in spiaggia. E purtroppo, un po' come Pulcinella, ridendo e scherzando finisce per dire la verità.
Se c'è una caratteristica piuttosto diffusa, se non comune, tra i giovani di oggi - già questa definizione fatalmente e anagraficamente "mi pesa", ma è così - oltre alla scarsa dimistichezza con l'uso dell'h e della consecutio temporum" (ma non è solo colpa loro...), è la leggerezza sostanziale, con cui guardano il mondo che li circonda.
Invidiabile. Fin quando non sconfina nel parossismo.
Il problema è che il mondo, troppo spesso, finisce per non essere quello reale: ma quello racchiuso in un uno schermo a 30 pollici, quello che va da un break pubblicitario all'altro, che si consuma nelle frenetiche trattative per un prestito con diritto di riscatto o una comproprietà.
Come fai a spiegare ad un ventenne - che oggi candidamente chiede di fare uno stage per conquistare un credito formativo - che tu hai cominciato con un semplice passaparola e hai imparato un mestiere prima di chiedere quanto quel mestiere potesse "fruttarti"?

La risposta non ce l'ho, ma un paio di indizi mi dicono che le responsabilità - come al solito - non stanno da una parte sola. Ce l'abbiamo anche noi (eccome) e anche i cosiddetti "maestri", quei punti di riferimento che o non capiscono più il proprio ruolo o ne hanno sempre ignorato confini e contenuti.

Mi sembra di essere un ufo, quando leggo di gente che, in nome del rifiuto di un'infrastruttura, prende a sassate la polizia, forte del fatto che ci sarà sempre qualche esponente politico o mediatico che arriverà ad applaudire gli "scontristi", anzi "antagonisti". O chi preferisce restare in silenzio, perchè condannare la legittima protesta potrebbe costargli qualche voto.
Un'autostrada, come una ferrovia ad alta velocità, come un impianto di coincenerimento rifiuti, da qualche parte dovrà sempre sorgere: finchè qualcuno non inventerà un sistema di trasporto, mobilità o eliminazione rifiuti alternativo (che so, volare come Pindaro o spedire l'immondizia nello spazio a costi convenienti...).

Mi sembra di venire da Marte, quando leggo che un collega eminente giornalista (volto noto, arcinoto della tv) - appena liquidato con appena 2,5 milioni di euro dalla Rai - si lamenta che un'altra emittente non gli consenta di mettere in piedi una trasmissione, a condizione di poterlo fare senza doversi in alcun modo rapportare con i signori che, non solo lo pagano, ma che rispondono, penalmente e civilmente, di quello che andrà a dire.

Mi sembra di uscire da 10 anni di 41 bis, quando leggo o vedo celebrazioni e ricorrenze legate ad esempio ai fatti di Genova, G8, 2001 (domani ricorre il decennale): si parla ancora di Carlo Giuliani, dipinto da alcune parti come un eroe, ma più probabilmente vittima di quell'atmosfera di guerriglia urbana - in genere scatenata da chi poi si defila e non rischia l'osso del collo. Come in fondo pure vittima fu il carabiniere Mario Placanica - uno che aveva 21 anni come Giuliani e che - al di là della divisa e del caso anti-sommossa che portava addosso - reagì istintivamente come un qualsiasi ragazzo di 20 anni all'ipotesi che gli arrivasse addosso una bombola rossa e tanto altro ancora.
Quello che poi successe alla Diaz è un'altra storia. E non va messa nel minestrone delle ricostruzioni storiche ad uso di parte...

Mi chiedo se su certe vicende (l'ultima che mi viene in mente è la libertà di Cesare Battisti) abbia ancora senso dividersi. Ci penso e concludo che forse è inevitabile.
Come è inevitabile che sia sempre più offuscato il confine tra ciò che è dovere e ciò che è libertà; la differenza tra anarchia e senso civico. Tra bianco e nero. Pur facendomi ribrezzo chi divide il mondo in due categorie (buoni e cattivi). Ma quel che è bianco e quel che è nero, almeno, cerchiamo di definirlo. Poi ci saranno pure milioni di sfumature in mezzo.

Mi torna in mente una frase del generale Antonio Cornacchia - il carabiniere che catturò Vallanzasca, che aprì il bagagliaio della Renault 4 rossa con il corpo di Moro, che fece la guerra alla banda della Magliana. Recentemente ha presentato il libro "Airone 1" (il suo nome in codice): e ho avuto la fortuna di intervistarlo, ancor prima della pubblicazione del libro, per "Link" la scorsa primavera.
Cornacchia mi confidò fuori dal microfono: "Non era il rischio della vita o magari uno stipendio misero, le cose che ci rattristavano. Era vedere che spesso la gente ci considerava aguzzini mentre dava degli eroi a persone che non rispettavano la legge, uccidevano e rapinavano. Spesso nei film o nelle ricostruzioni che vengono fatte ancora oggi in tv, si sente ancora questa assurda distinzione, che ribalta completamente i punti cardinali della verità: da una parte c'era la giustizia, il diritto, lo Stato, le regole; dall'altra la sovversione, la delinquenza, l'arbitrio".

Forse alla base di tutto c'è un problema ancora maggiore: l'assenza, ormai quasi totale, di quei riferimenti di cui dicevo all'inizio. Da lì, credo, nasca tutto.
Da lì, temo, finisca tutto (o quasi) per sgretolarsi...

lunedì 18 luglio 2011

Gubbio: il primo giorno di scuola a "Villa Montegranelli"

C'era aria di "primo giorno di scuola", ieri a Villa Montegranelli.
Mancavano solo i grembiulini nuovi, appena stirati. I fiocchi azzurri, e i genitori che aspettano - ansiosi - fuori dalle classi, quasi a stentare di voler lasciare il proprio pargolo in mano alla maestra.
Il clima di timidezza, misto a curiosità, era lo stesso. I nuovi da una parte - da Buchel a Giannetti, quasi identici anche nella pettinatura, dal gigantesco portiere Donnarumma (fisico da rugbysta, ma degli "All Blacks") al raffinato Benedetti; la "vecchia guardia" dall'altra a parlottare con i dirigenti, in cappannello.

Bartolucci, Gaggiotti, Farabbi e Manzo - foto Gavirati
L'età media del nuovo Gubbio, che si avvicina all'inedita avventura di serie B, è quella di una Primavera solo un po' attempata. Ma solo in qualche sparuto elemento. Sandreani è il veterano con i suoi 32 anni, Farina, Briganti, Boisfer, Bartolucci, Raggio Garibaldi e Caracciolo sorridono: hanno l'aria mite ed impaziente di chi ha voglia di ripartire, assaporare qualcosa di nuovo e perché no, avvicinarvisi con l'incoscienza che ha caratterizzato le vittorie degli ultimi 18 mesi. "Sappiamo che è dura - ammette il capitano - ma in B non ci sono marziani. I giocatori che fanno davvero la differenza sono pochi. Il segreto per noi sarà il diventare squadra: amalgamare al meglio i nuovi con la vecchia guardia. Trovare quell'alchimia interiore che è stato il motivo dei nostri successi".

Gigi Simoni è il "guru": sorridente, placido, quieto, ispirerebbe serenità anche dopo 15 caffè. Sarà la sua saggezza, ancora una volta, la bussola sulla quale orientarsi. In un mondo del tutto nuovo, che a bordo di una caravella ancora in costruzione, il Gubbio si prepara ad esplorare. "Mi fido di Fabio Pecchia - ci confida - Ho le stesse buone sensazioni di quando arrivò Torrente. In fondo Pecchia era un allenatore in campo anche quando giocava: dirigeva la squadra palla al piede, ne era un carismatico punto di riferimento dentro gli spogliatoi. Sono certo che abbiamo fatto la scelta giusta".

Fabio Pecchia sembra uno che ancora deve andare in campo: forma fisica eccellente, sguardo sicuro, non tradisce nè emozione nè sorpresa. Anche se per lui sarà tutto nuovo, e l'impresa assomiglierà subito ad un Tourmalet (tanto per usare metafore care al suo collega Guidolin). "Il gruppo sarà ancora una volta la chiave di questa squadra - ripete a iosa, quasi avesse seguito le avventure dei rossoblù quotidianamente negli ultimi 2 anni - Non mi spaventa l'avventura, perché le motivazioni sono tante. E poi dove non dovesse arrivare Pecchia, c'è sempre Simoni..." chiude sorridendo. Come a dire: le spalle sono ben coperte.



Il dg Pannacci, il DT Simoni e il ds Giammarioli - foto Gavirati
  Il più stravolto sembra Stefano Giammarioli: avrà si è no domito 4 ore a notte, di media, nell'ultimo mese. Litigato con diesse, procuratori e giocatori come neanche un amministratore condominio; ma pian piano, faticosamente, la nuova creatura sta venendo alla luce. Manca ancora qualche tassello, qualche ciambella è venuta senza il buco, ma lui guarda fiducioso ad un mercato che ancora ne avrà per un mese e mezzo: "Siamo anche troppo avanti con la nostra rosa - ammette - Ci sono squadre come Brescia o Bari che non sono neppure a metà dell'opera. Credo però che da qui alla Coppa Italia (14 agosto) il Gubbio sarà completato".

Il silenzio ossequioso è quasi infranto dalla nostra presenza: Raggio Garibaldi sorride e rivela che in fondo, un anno fa, tra i nuovi, da una parte, silenzioso e timido, c'era anche lui. Montefusco si diverte a fare interviste improvvisate, imitando Bruno Pizzul. Boisfer preferisce non parlare. Briganti riconosce che non si aspettava oltre 2.000 abbonati, "ma la B è davvero un'altra storia".
Poco distante lo staff tecnico è a raccolta: il nuovo co-trainer Porta, prende confidenza con Mengoni, Pascolini, Barilari. Si decide il programma di giornata, i turni di allenamento, le cose da fare.
Tutto è pronto per andare in scena. In attesa del palcoscenico - quello vero - cominciano le prove: al "Beniamino Ubaldi", in attesa che il "Barbetti" si finisca il look.
In attesa del vero e proprio abbraccio con i tifosi (domenica prossima al Teatro Romano).
E poi sarà davvero serie B...

sabato 16 luglio 2011

L'epilogo del caso-Borghese: un addio dorato... anche se doloroso

Il calcio è fatto di incontri, di gioie, di passioni. E anche di addii. Tutto molto effimero. E dunque, c'è poco da scandalizzarsi quando un giocatore lasci una squadra per un'altra. Le bandiere - quelle che un tempo erano la "normalità" - oggi sono rare eccezioni.
Restando a casa nostra, basta un nome: Alessandro Sandreani.

Ma l'addio di questi giorni, quello di Martino Borghese, dalla maglia rossoblù, lascia qualcosa in più. Un misto di rammarico e dispiacere. Non solo perché sia finita, ma soprattutto per come sia finita.

Sulla carta dovrebbero essere tutti soddisfatti: il giocatore è andato a Bari, ritrovando il suo mentore Torrente, e ha sottoscritto un quinquennale (di circa 150 mila euro a stagione); il Gubbio ha incassato 400 mila euro - per un centrale difensivo acquistato a parametro zero.
Meglio di così (verrebbe da dire...). Eppure... Eppure c'è una cicatrice che resta in evidenza.

Borghese aveva legato come pochi altri con la piazza. Aveva intuito, compreso e poi fatto proprio quello spirito di eugubinità che spesso resta in superficie, agli occhi di chi ne viene a contatto.
Non era stato così per lui, catapultato a Gubbio dopo due sbiadite esperienze tra Pescara e Alghero: e aveva iniziato pure maluccio, tra cartellini rossi (a Cava in Coppa e a La Spezia in campionato) e defaillance che sembravano aleggiare in modo equivoco anche su questa esperienza.
Poi il "brutto anatroccolo" si è pian piano trasformato in cigno. Non c'ha messo molto. E ha scelto il linguaggio più immediato e concreto, quando si tratta di dare pedate ad un pallone di cuoio: il gol. Prima il Monza, proprio al rientro dalla squalifica, quindi l'inzuccata vincente a Bassano - per la vittoria chiave dopo le due sconfitte di fila tra Ferrara e il Pergocrema. Ancora a Lumezzane, in trasferta, per poi consumare la vendetta con gli spezzini davanti al pubblico del "Barbetti" in quella che resta la gara capolavoro del "cigno". Infine la doppietta del "Brianteo" a ribaltare un'inopinata sconfitta, firmando il 3-2 della fuga (da quella sera +10 sul Sorrento). Tutte prodezze che ha mirabilmente ricapitolato in un montaggio l'abile Giovanni Pascolini, che davanti al pc dimostra doti pari a quelle indubbie come allenatore dei portieri.

Un'escalation condita da dichiarazioni d'amore per la città e i tifosi, da pugni battuti sul cuore, da ovazioni e un feeling unico con i supporters rossoblù. Fino all'estate, alle incomprensioni con la massima dirigenza rossoblù, alla richiesta di un rinnovo "ritoccato" (che conveniva anche al Gubbio, per evitare che il giocatore se ne andasse svincolato tra 12 mesi): ma la distanza siderale tra le cifre proposte da queste parti e le sirene pugliesi ha rotto il giocattolo.

Borghese alla fine è finito a Bari: ha ritrovato Lamanna, Galano e soprattutto Torrente. Per lui una piazza prestigiosa, ambiziosa e forse trampolino di lancio per salire ancora (anche se la serie A l'avrebbe potuta toccare subito con la maglia del Cagliari, che però non gradiva).
Per il Gubbio un'operazione in uscita remunerativa come mai in passato, anche se a conclusione di un logoramento spiacevole. Proprio perché ha coinvolto un giocatore che amava davvero questa piazza.

Ora sarà solo un avversario. Ma non sarà un avversario qualunque. Come la partita con il Bari, inevitabilmente, non sarà una partita qualunque. Una sorta di derby.
Un derby da giocare però senza rancore. Su ambo i fronti. Come suggerisce con la solita sapienza Gigi Simoni ("Lamanna, Galano e Borghese non sono traditori. Sono professionisti").
Ci piace salutarlo con l'immagine che si trovò di fronte tornando a casa dopo la sfortunata espulsione di La Spezia (un regalo dell'arch. Nello Teodori, suo grande tifoso).
In bocca al lupo, Martino.
E l'augurio di una stagione straordinaria... tranne ovviamente che per due partite...





martedì 12 luglio 2011

Una tragedia nella tragedia. Due destini incrociati. E un senso di angosciosa... impotenza...

Una tragedia che riapre un'altra tragedia. Talvolta il destino sembra divertirsi a girare il coltello nelle piaghe. Anche quelle ineluttabili, anche quelle che ti perseguiteranno per tutta l'esistenza.

La morte, stanotte, di un 30enne di Gubbio, sembra la pagina finale di un dramma che ha iniziato a consumarsi il 24 luglio di 2 anni fa: quando a perdere la vita in un incidente stradale era stato un 15enne, sempre di Gubbio.
Le due vite - a questo punto, purtroppo, dovremmo dire le due morti - sono tristemente intrecciate tra loro. Con quei meccanismi assurdi e casuali ai quali difficilmente si riesce a dare una risposta.
Quel pomeriggio di 2 anni fa Giancarlo - 15 anni - stava tornando da una partita a calcetto con gli amici, a bordo del suo scooter. E mentre imboccava la statale Eugubina, all'altezza della frazione di Ponte d'Assi, veniva travolto da un'autovettura. Alla guida c'era Filippo - allora 28 anni.

In quell'incrocio è cambiata la vita di tante persone. Una, purtroppo, giovanissima, se ne è andata subito. Lì. Ed è stato il prezzo più pesante, più grave, più insopportabile. Per i suoi cari, per chi lo amava, lo conosceva, vi era cresciuto insieme.
L'altra ne è uscita certamente distrutta. Al di là di ogni inequivocabile responsabilità (proprio a settembre si doveva celebrare una nuova udienza del processo per omicidio colposo) e ogni considerazione che in casi come questo è inevitabile fare.
Ieri, un crudo capitolo finale. Una specie di ultimo atto della storia. La morte
L'amarezza si mescola al rimorso, al dolore. Ai perchè. Senza risposta.

Non conoscevo i due ragazzi. Nè il 30enne, nè il 15enne. Ho provato a cogliere i contorni del dramma che ne è scaturito due anni fa. Rispolverando altre esperienze, personali, vissute in modo angosciante, su ambo i fronti.
Quello di chi perde (per strada) una persona cara, nel cammino senza speranza della droga.
E quello di chi perde (sulla strada) per sempre una persona - specie quando in giovane età - vittima della pura fatalità. E di un destino quasi cinico.

Guardo dentro di me e non vedo due fronti contrapposti. Vedo solo nero. Vedo lutti. Un mazzo di fiori in mezzo al traffico. Quasi ignaro, incurante.
Vedo due vite che se ne sono andate. Certo, non allo stesso modo. Non con le stesse dinamiche. Nè con le stesse responsabilità.
Ma il dolore di una famiglia non si misura in centimetri, non chiede un termometro.
Chiede affetto, ascolto, silenzio (per quello che è possibile). E fede (dove c'è o dove, situazioni come questa, possono indurre a cercarla).

Ripensavo a tutto stamattina, camminando da solo, in una Gubbio deserta. Non erano le 7, stavo andando a prendere i giornali per la rassegna stampa.
Un momento di unicità assoluta, nel caos quotidiano della redazione. E, sul piano atmosferico, un attimo di freschezza quasi inedito, nella calura torrida di queste giornate.
Quella solitudine piacevole che accompagna la passeggiata, necessaria per prendere i giornali - me la sono quasi imposta, evitando lo scooter, per una sorta di impegno quotidiano ad un numeno minimo di "movimenti" - oggi ha assunto il sapore di una angoscioso salto all'indietro.
E una sensazione di impotenza. Di fronte a storie come queste.

Ad un'altra mattina, un'altra rassegna stampa. Sempre di luglio. Quella nella quale avrei dovuto raccontare di questo incidente, di un 15enne che aveva perso la vita, di una vicenda che mi aveva toccato come poche altre. Ma che, come tante altre, avevo dovuto raccontare...

lunedì 11 luglio 2011

Uno sponsor per tempo: il Losanna lancia la novità... E se il Gubbio raccogliesse?

E se fosse il Gubbio a fare per una volta da apripista in Italia?
Parliamo di sponsorizzazioni e di nuove frontiere del marketing. tra queste, inevitabilmente, c'è attenzione per quanto accade nel mondo del calcio - uno dei più sensibili e "cliccati" in fatto di sponsor.
E dalla Svizzera arriva una novità a dir poco rivoluzionaria. Come abbinare due sponsor per un'unica squadra, senza una immagine invasiva (che già per altro si vede in molte maglie di club italiane in A e B)?
Uno sponsor nel primo tempo, un altro nella ripresa.
L'idea è del Losanna, appena promosso nella Serie A svizzera. Il club elvetico ha reso noto che, in ogni partita, utilizzerá due maglie diverse.

Nel primo tempo, i giocatori indosseranno una casacca con uno sponsor sul petto. Nell'intervallo, si cambieranno e torneranno in campo con un'altra divisa caratterizzata dal logo di un altro partner. La federcalcio svizzera ha dato la propria approvazione, aprendo di fatto la strada all'utilizzo della strategia su larga scala. Il Losanna, che ovviamente incrementerà le entrate derivanti dalle sponsorizzazioni, debutterà in campionato il 20 luglio contro il Grasshoppers. La strada sembra segnata.

E in Italia? Magari qualcuno ci penserà subito - finora le società più intraprendenti hanno azzardato lo sponsor nelle gare interne e quello nelle gare in trasferta.

Le due maglie del Gubbio con i due sponsor
 Però l'idea del Losanna potrebbe attecchire - fermo restando il nulla osta della Federcalcio italiana.
Il Gubbio, ad esempio, potrebbe fare da apripista: intanto perché ha due sponsor storici - le cementerie Colacem e le cementerie Barbetti - che fin dal 1996 si alternano sulle maglie rossoblù (con un anno a testa). E poi perché la vetrina prestigiosa della serie B, conquistata proprio quest'anno, rappresenterà una finestra invidiabile per tutti - nell'auspicio di potercisi abituare anche nei prossimi anni.

Staff e ospiti di "Fuorigioco" (TRG) - 2009-2010
L'idea di alternare, ad esempio, i due sponsor storici tra le gare interne e quelle esterne era già stata lanciata - senza essere raccolta, per altro - dal consigliere e revisore dei conti Renzo Amanzio Regni (proprio dagli studi di TRG, durante una puntata di "Fuorigioco").
I precedenti, dunque, non sono confortanti. Chissà però che un'alternanza così a "stretto giro di gara", non possa illuminare differentemente la lungimiranza dei dirigenti eugubini?

Staremo a vedere. Di certo, la visibilità che avrà quest'anno il Gubbio, la città di Gubbio e i colori rossoblù non sarà irrilevante. Un'operazione del genere contribuirebbe a consolidare l'immagine e la curiosità intorno alla società eugubina - e al miracolo sportivo maturato in queste stagioni - e chissà magari anche a catalizzare capitali ulteriori, ed anche esogeni, nelle casse della Gubbio calcio.
Tentar non nucoce, recitava un antico adagio...

martedì 5 luglio 2011

Dal ghigno di Moratti al rischio danno (dopo la beffa)...

Quando ho aperto i giornali stamattina e ho letto, a lettere cubitali, le motivazioni del procuratore federale Palazzi sul caso Inter, la prima immagine che ho avuto, chiara di fronte a me, è il ghigno, infastidito e insofferente, che Massimo Moratti accennò, d’istinto, alla domanda – lucida e impertinente – che insieme a Massimo Boccucci gli rivolgemmo qualche mese fa a Coverciano, durante il seminario “Il calcio e chi lo racconta”.

Moratti era lì, affabile e sorridente, a raccontare i segreti del triplete, la stagione d’oro dell’Inter, tornata (finalmente) ai fasti della squadra stellare che aveva visto suo padre come grande artefice e mecenate.
Quella domanda però, riferita al 2006, a quell’estate da cui tutto iniziò e che sostanzialmente ancora un vulnus – nella storia del calcio italiano e dell’Inter stessa - lasciava aperto, non gli era proprio andata giù.
Per qualche istante aveva perso la compostezza, l’aplomb, il clichè che di solito lo contraddistingue quando si accende la lucina rossa della telecamera.
Con quella domanda, la lucina si era appannata, l'aperitivo era andato di traverso, il sorriso – stampato quasi berlusconianamente dopo ogni ossequiosa domanda – si è era repentinamente oscurato: avevamo osato “disturbare” l’apologia del trionfo, l’elegia del tripudio, l’apoteosi della retorica nerazzurra, in una congerie di domande, la maggior parte delle quali – purtroppo va detto, pur trattandosi di esimi colleghi sportivi – assomigliavano ad uno zerbino. O se preferite, ad un assist a porta vuota…
Ne ricordo una, di un collega dell’agenzia Area: “Presidente, che sensazione ha provato quando ha scoperto che gli altri vincevano perché telefonavano?”.
Confesso che è stato uno di quei momenti in cui – a prescindere da dove ti trovi, con chi sei, che cosa fai - vorresti trovarti in taverna…

Per uno come me, che si è definito fin dalla prim’ora – estate 2006 – uno “juventino di Salò”, la relazione impietosa di monsieur Palazzi che parla per la prima volta di “illecito sportivo” riferendosi all’Inter e che paragona la situazione giuridica della società nerazzurra a quella della Fiorentina (che fu penalizzata e saltò la Champions, a beneficio, bontà sua, del Chievo) dovrebbe essere musica. Anzi, proprio un brano di lirica, di quelli Pucciniani.
Invece, se possibile, questa pagina finisce per riaprire una ferita, evidentemente non del tutto cicatrizzata – e direi anche un po’ incancrenita dalle incapacità che nell’ultimo quinquennio la nuova dirigenza bianconera ha palesato – e assume i contorni della beffa, che si aggiunge al danno.

I motivi sono semplici:
1) Intanto perché la relazione di Palazzi rischia di essere archiviata, non solo per decadenza dei termini (prescrizione) come se l’etica fosse un valore che decade dopo 5 anni. Ma anche perché si sta preparando il terreno, con il Consiglio Federale del 18 luglio, per una delle pagine di ipocrisia più assurde della storia sportiva recente: un richiamo morale all’Inter, a cui resterebbe cucito quello scudetto (neanche più di cartone) con il rimbrotto delle autorità federali. Un po’ come quando la maestra ci metteva a cantone (e mi è capitato spesso, alle elementari, quando ancora certi metodi, tutt’altro che malsani, si usavano), ma noi imperterriti, non vedevamo l’ora che scadesse il tempo della punizione, per combinarne un’altra delle nostre…
2) In secondo luogo perché la domanda più lecita che andrebbe rivolta – agli inquirenti e alla giustizia sportiva – è perché ci siano voluti gli avvocati di Moggi per sbobinare tutte le intercettazioni, a distanza di anni. O se preferite, perché nel 2006 si presero in considerazione solo le intercettazioni di alcuni. E furono omesse, dimenticate, trascurate, quelle di altri. C’entra qualcosa Telecom? Magari tra qualche altro lustro, lo scopriremo…
3) In terzo luogo perché la vicenda lascia un’ombra profonda – ben oltre le condanne effettivamente eseguite – sul sistema calcio. E lascia aperti altri interrogativi: “fatto fuori” il capro espiatorio (Moggi), non sono forse gli stessi protagonisti di allora, quelli che ancora oggi tengono in mano le redini di Federazione, società sportive e perfino mondo arbitrale?
4) Infine un ultimo quesito, quello che – se avessi potuto – avrei rivolto ancora al presidente Moratti – che oggi si nasconde dietro la memoria di Giacinto Facchetti, criticando chi lo chiama in causa, ben sapendo di essere proprio lui in realtà a farsi scudo dell’immagine pulita del campione nerazzurro in questo momento, diciamo così, di difficoltà: che differenza c’è – è la domanda che gli farei – tra gli errori arbitrali (tanto sbandierati) pro-Juve prima del 2006 e gli errori arbitrali (quasi sottotaciuti) pro-Inter dopo il 2006?
5) Lo juventino di Salò rischierà di restare ancora con l’amaro in bocca. E con quella sensazione di ingiustizia subìta e perpetrata che ha aleggiato soprattutto da quell’estate. Purtroppo non ci sono Pansa in giro che possano – almeno per ora – riscrivere le pagine di questa storia. O forse sì (penso a Zampini e Angelini) e magari lo faranno. Il problema, semmai, è ancora un altro: che la Juventus attuale non fa nulla per aiutare se stessa. Le sconfitte e le magre dell’ultimo biennio hanno creato anche un clima certamente meno fertile per l’opinione pubblica. La società bianconera somiglia sempre più, negli insuccessi e negli autogol di mercato, all’Inter di 10 anni fa. Senza avere dalla sua la Telecom.


Dovrei essere contento, insomma, ma non lo sono. Certo, posso capire la difesa d’ufficio dei tifosi dell’Inter – ormai tutti diventati esperti di prescrizione, manco fossero laureati in massa all’Università di Camerino. Resta il vulnus: quel 2006 da cui tutto cominciò: la retrocessione della Juventus, il -8 al Milan (tanto per stare alle dirette concorrenti), uno scudetto autocucitosi in fretta e furia (forse anche per l’astinenza quasi ventennale) sulla maglia nerazzurra, incuranti delle perplessità di molti, forti di un proprio socio a fare da arbitro (l’ineffabile Guido Rossi) e già sicuri, la stagione successiva, di poter passeggiare sul campionato. Con l’odiato Ibra improvvisamente diventato idolo.

La storia non mente e lascia le sue impronte.
Il ciclo del grande Milan è nato con Sacchi e lo scudetto strappato a Napoli a Maradona. Il ciclo della grande Juve è nato con Lippi, vittorioso con Vialli e Del Piero al primo colpo.
Il ciclo dell’Inter di Moratti è nato in Tribunale… Con due pesi e due misure. Anche se questa verità magari susciterà un altro ghigno…


E per questa storia.... "Tranne te" - Fabri Fibra - 2010