Una tragedia che riapre un'altra tragedia. Talvolta il destino sembra divertirsi a girare il coltello nelle piaghe. Anche quelle ineluttabili, anche quelle che ti perseguiteranno per tutta l'esistenza.
La morte, stanotte, di un 30enne di Gubbio, sembra la pagina finale di un dramma che ha iniziato a consumarsi il 24 luglio di 2 anni fa: quando a perdere la vita in un incidente stradale era stato un 15enne, sempre di Gubbio.
Le due vite - a questo punto, purtroppo, dovremmo dire le due morti - sono tristemente intrecciate tra loro. Con quei meccanismi assurdi e casuali ai quali difficilmente si riesce a dare una risposta.
Quel pomeriggio di 2 anni fa Giancarlo - 15 anni - stava tornando da una partita a calcetto con gli amici, a bordo del suo scooter. E mentre imboccava la statale Eugubina, all'altezza della frazione di Ponte d'Assi, veniva travolto da un'autovettura. Alla guida c'era Filippo - allora 28 anni.
In quell'incrocio è cambiata la vita di tante persone. Una, purtroppo, giovanissima, se ne è andata subito. Lì. Ed è stato il prezzo più pesante, più grave, più insopportabile. Per i suoi cari, per chi lo amava, lo conosceva, vi era cresciuto insieme.
L'altra ne è uscita certamente distrutta. Al di là di ogni inequivocabile responsabilità (proprio a settembre si doveva celebrare una nuova udienza del processo per omicidio colposo) e ogni considerazione che in casi come questo è inevitabile fare.
Ieri, un crudo capitolo finale. Una specie di ultimo atto della storia. La morte
L'amarezza si mescola al rimorso, al dolore. Ai perchè. Senza risposta.
Non conoscevo i due ragazzi. Nè il 30enne, nè il 15enne. Ho provato a cogliere i contorni del dramma che ne è scaturito due anni fa. Rispolverando altre esperienze, personali, vissute in modo angosciante, su ambo i fronti.
Quello di chi perde (per strada) una persona cara, nel cammino senza speranza della droga.
E quello di chi perde (sulla strada) per sempre una persona - specie quando in giovane età - vittima della pura fatalità. E di un destino quasi cinico.
Guardo dentro di me e non vedo due fronti contrapposti. Vedo solo nero. Vedo lutti. Un mazzo di fiori in mezzo al traffico. Quasi ignaro, incurante.
Vedo due vite che se ne sono andate. Certo, non allo stesso modo. Non con le stesse dinamiche. Nè con le stesse responsabilità.
Ma il dolore di una famiglia non si misura in centimetri, non chiede un termometro.
Chiede affetto, ascolto, silenzio (per quello che è possibile). E fede (dove c'è o dove, situazioni come questa, possono indurre a cercarla).
Ripensavo a tutto stamattina, camminando da solo, in una Gubbio deserta. Non erano le 7, stavo andando a prendere i giornali per la rassegna stampa.
Un momento di unicità assoluta, nel caos quotidiano della redazione. E, sul piano atmosferico, un attimo di freschezza quasi inedito, nella calura torrida di queste giornate.
Quella solitudine piacevole che accompagna la passeggiata, necessaria per prendere i giornali - me la sono quasi imposta, evitando lo scooter, per una sorta di impegno quotidiano ad un numeno minimo di "movimenti" - oggi ha assunto il sapore di una angoscioso salto all'indietro.
E una sensazione di impotenza. Di fronte a storie come queste.
Ad un'altra mattina, un'altra rassegna stampa. Sempre di luglio. Quella nella quale avrei dovuto raccontare di questo incidente, di un 15enne che aveva perso la vita, di una vicenda che mi aveva toccato come poche altre. Ma che, come tante altre, avevo dovuto raccontare...
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