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venerdì 20 dicembre 2013

Il Senato punisce i Comuni che combattono il gioco d'azzardo: e lo Stato si allontana sempre di più dalla gente...

Quando si dice che la politica di Palazzo è distante anni luce dai cittadini.
Con un emendamento bipartisan (definizione odiosa che, in questi casi, dà l'idea del vero e proprio inciucio) approvato in Senato, sono state previste misure punitive nei confronti degli enti - in particolare i comuni - che ostacolano la diffusione del gioco d'azzardo.
Avete letto bene.
Chiudi un locale di slot machine? Limiti la diffusione dei videopoker? Cerchi di fare prevenzione contro un fenomeno silenzioso e subdolo come la ludopatia? (definizione fin troppo edulcorata per immaginare persone, di qualsiasi età, che si fumano stipendio o pensione davanti ad una macchinetta mangiasoldi...).
Ebbene, se fai tutto questo, non ti premio. Anzi, ti punisco.
Alla base di un provvedimento a dir poco assurdo, demenziale e socialmente devastante ci sono ovviamente interessi economici. Le cosiddette lobby del gioco d'azzardo, i grandi circuiti che macinano milioni di euro ogni ora lucrando sui sogni della gente.
Per uno che vince, di cui si parla con titoli fin troppo enfatici (e qui un mea culpa va fatto anche da parte di noi giornalisti) ci sono migliaia di ingenui che hanno dilapidato non dico fortune, ma anche i soldi per la propria famiglia (e di questi tempi, ancor più preziosi) in cerca della dea bendata.
Ne parlo da una città non certo immune da questo fenomeno, che anzi ha visto molto (chissà, forse troppe) vincite negli ultimi anni, tanto da scoprirsi Eldorado per alcuni (sempre pochi) fortunati, e un girone dantesco per tanti altri. Che sul giornale ci finiscono o perchè sono sul lastrico, o sotto forma di statistica da Sert.
 
Senza stare a far nomi e cognomi, quindi, condivido in toto chi ha definito “semplicemente vergognoso" l'emendamento del Senato. "In questo modo si tutela lo stato biscazziere e non si difendono i cittadini, resi sempre più fragili da una crisi economica devastante. E’ un provvedimento miope anche dal punto di vista economico, visto che, a fronte di un gettito in entrata, non tiene in considerazione le successive maggiori uscite per la spesa sanitaria e sociale che lo Stato deve sostenere per le conseguenze del gioco d’azzardo. Senza pensare che a breve è anche prevista la discussione in parlamento del disegno di legge su cura e prevenzione della ludopatia. Il Senato si è comportato come un Giano bifronte”.

Di questo problema si è parlato  nell’Assemblea legislativa dell’Umbria, in occasione del convegno “Vite in gioco” svoltosi venerdì oggi ad Assisi nel corso del quale il consigliere regionale Sandra Monacelli ha illustrato la proposta di legge regionale a sua firma per l’accesso consapevole al gioco d’azzardo e la prevenzione del gioco patologico.
All’iniziativa, promossa dal Gruppo consiliare regionale Udc, hanno partecipato il maresciallo della Guardia di finanza, Gennaro Pietroluongo, e l’assessore alle politiche sociali del Comune di Nocera Umbra, Luciano Morini.
In Umbria quella contro le famigerate "macchinette mangiasoldi" è una battaglia combattuta in modo isolato da pochi coraggiosi amministratori locali, come il sindaco di Bastia, Ansideri, che ha cercato di vietare la presenza dei videopoker almeno nei circoli gestiti da soggetti pubblici - trovando spesso opposizioni inaspettate non solo dalla politica ma anche dalle istituzioni più "alte".

Con i suoi oltre 15 miliardi di euro il gioco d’azzardo legalizzato è la terza industria nazionale per volume di affari, superiore 16 volte a quello di Las Vegas", è stato detto oggi ad Assisi. Ed è ovvio che anche la malavita abbia messo gli occhi su questo business.
Emblematica la testimonianza dell'assessore di Nocera Umbra, comunità che conosce bene la parola crisi per la vicenda della Antonio Merloni: "Da noi - ha detto - la crisi è pesantissima, ma si continua a giocare, tanto che ci è pervenuta la richiesta di apertura di una sala slot machine. I Comuni non hanno strumenti né per opporsi né per limitare queste iniziative, visto che i Tar hanno sempre bocciato le ordinanze che andavano in tal senso. Al governo, come riportato da un manifesto dei sindaci, chiediamo di concedere ai comuni gli strumenti per limitare almeno gli orari di apertura di queste attività”.

Una battaglia impari, un confronto da concorrenza sleale, nel quale lo Stato pensa innanzitutto a far cassa, giocando - questo sì, senza neanche bisogno di scommettere - sulle illusioni, sull'ignoranza e sulla disperazione della gente.
Un po' come avviene con le sigarette: ci scrivo che "creano danni alla salute", salvo la faccia e continuo a incassare con i monopoli di Stato.

1 commento:

  1. Ciao Giacomo, che notizia agghiacciante! Condivido ogni tuo commento e preoccupazione. Ne aggiungo un’altra.
    Mi sono chiesta: ma l’UE cosa prevede, cosa stabilisce nei suoi trattati a difesa dell’integrità dei cittadini? Ho pensato che se non ci tutelano i nostri si può sperare in loro… INVECE… L’UE rimanda la decisione ai singoli Stati, anzi la gestione della regolamento in materia di gioco d’azzardo purché non violi, purché rimanga nei principi europei, come la libertà di stabilimento, il divieto di restrizione dei capitali e il principio della libera prestazione dei servizi, contenuti nel Trattato di Maastricht. Non sono esperta in materia, ma sono tutte cose che si possono leggere liberamente e che interpreto da cittadina. Insomma, l’UE comprende e trascrive su carta la pericolosità del gioco d’azzardo per la salute dei cittadini, MA al gioco d’azzardo, che a questo punto subisce troppe restrizioni, gli viene impedita la libertà tipica del mercato libero! Ancora: se da un lato gli Stati, ma prendiamo d’esempio proprio il nostro, se da un lato l’Italia tutela il consumatore (volesse tutelarlo), dall’altro lato l’Italia che fa? Incoraggia il consumatore perché ne ha diritto!
    Una roulette russa o italiana?
    Michela

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