Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 24 dicembre 2013

Il senso di questo Natale (ma solo di questo...). E il senso del guardare avanti...

Forse siamo piu' piccoli in questo Natale. Piu' piccoli e minuscoli. 
Sara' che e' il primo vero Natale di austerity dal secondo dopoguerra, sara' che ormai il senso della crisi (di fiducia, soprattutto) pervade ogni respiro e condiziona anche il colore della festa. Sara' che il sisma (o meglio lo sciame, piu' fastidioso di quello vero, con api e punture comprese) e' ormai piu' ingombrante di un inquilino che lascia l'auto nel cortile parcheggiata da apache per tutto il ponte natalizio.

Sara' che le stesse luci della festa, meno numerose e sfavillanti, sembrano quasi anche piu' stanche di illuminare l'apparenza di questa data, quasi per nascondere il vuoto che ci sta dietro. Un vuoto piu' patetico delle frasi copiate da google che ti arrivano sul telefonino. Piu' kitch dei babbi natale arrampicati sulle finestre.
Sara' un po' tutto questo, ma il Natale 2013 ci fa sentire piu' "miseri", a dispetto dell'inflazionamento di cinepanettoni (quest'anno ce ne sono almeno quattro, che probabilmente non "fanno per uno" come si dice dalle nostre parti).
La sensazione di essere "sguarniti" di qualcosa, e' nitida. Non che manchi l'essenziale, per fortuna. Ma si comincia ad avvertire la mancanza del superfluo: che pur essendo tale, aveva - specie a Natale - un suo onesto perchè.


In mezzo, ci sta pure quel senso di impotenza che affiora angosciante nei pochi secondi in cui si avverte una scossa
Gia', il terremoto. L'ospite piu' inatteso, sgradito e inopportuno di questo Natale. 
Eppure c'e' anche lui. Anzi, stando alle analisi degli esperti - che comunque sono tali in quanto evitano qualsiasi forma di previsione - lui in realta' c'e' sempre stato. Sotto mentite spoglie, ma c'e' stato. Dal 1984 (anzi dall'82) ci fa "compagnia" ciclicamente. Come un vicino di casa di quelli che non puoi sceglierti, ma ti tocca digerire. Tanto vale conviverci senza troppi problemi. Anzi, forse meglio sopportarlo spesso e in piccole dosi. Che non sentirlo per anni e poi magari ritrovarselo... all'improvviso a tavola con noi...
Siamo piccoli. Ma forse lo siamo in rapporto a cio' che pensavamo di essere. 
Ce lo dice l'economia. Quella macro come quella domestica. 
Ce lo dice la realta'. Perche' non e' detto che non si sorrida di piu' quando c'e' bisogno di stringere i denti, di trovare nuove energie, nuove motivazioni. Di perseguire nuovi traguardi.
Il Natale, del resto, ha tanti volti, tanti colori, come tanti perche'.

Quello furente e demoralizzato di chi vede solo nero. Come il tizio napoletano che ho incrociato lunedi mattina alle 6.45 e mi ha fatto: "Tu sei quello della tv, ti riconosco. Devi dire che e' un disastro, che cosi' non si va avanti. E che prima o poi qualcuno comincia a sparare per la fame e l'insofferenza". Guardandoti torvo come se quello sparo prima o poi dovesse avere te come bersaglio.

Quello radioso e inconsapevole dello sguardo di un bambino. Pronto a scartare i suoi regali. E felicemente ignaro di tutti i problemi che ci stanno intorno. Essere piccoli, in questo caso, dà la fortuna di essere inconsapevoli. Ma anche straordinariamente veri e diretti. Come la mia Vitti, che subito dopo la scossa tellurica, anziche' spaventarsi o allarmarsi, mi ha detto: "Babbo, se ci sei tu con me, io non ho paura". (Beata innocenza, ho pensato d'istinto).

Ma il Natale ha anche il tenore intenso del "Dolce sentire" francescano che pervade l'atmosfera dei vicoli intorno al corso, che mi entra dalla finestra lasciandomi un "tappeto musicale" piacevole e di significato, che fa da sottofondo al presepe vivente degli "Amici di Riccardo".
Quella nenia che ti porta a pensare come perfino la tragedia meno augurabile, possa essere il principio di una nuova missione, di un progetto, di un pensare, un credere, un costruire positivo e propositivo.

Siamo piccoli, la crisi ci rende più piccoli, le difficoltà ci fanno sentire più piccoli, ma non dobbiamo pensare in piccolo. Pensando al 2014.
La salita non sarà perenne. Non ha senso aspettare che tutto passi. Che passi, che lo faccia prima che sia troppo tardi, dipende anche da ognuno di noi. Magari, con quella stessa inconsapevole incoscienza che è proprio dei piccoli: e che è gravida di entusiasmo per il solo fatto di avere davanti una scatola con un fiocco...

Non importa se un giorno ci diranno che Babbo Natale non esiste. L'importante è avere avuto la serenità per vivere quei momenti. E oggi, avere ancora la voglia di festeggiarli.
E' il migliore augurio che in fondo ci si possa fare. Per questo Natale (sperando, sia solo per questo...).

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