Enrico Nicchi se ne è andato a 76 anni. Per Gubbio e per il Gubbio una perdita pesante, anche se purtroppo non inaspettata. Ma la battaglia con il male, Pittino l'ha affrontata sempre a testa alta, senza mai tirare la gamba indietro, senza arretrare di un metro. Con una dignità e un coraggio esemplari.
Eugubino verace come pochi, ha dedicato la sua vita, oltre che alla famiglia trasmettendo ai figli un attaccamento viscerale alla propria città, alle due grandi passioni che lo hanno animato, e che trovavano comun denominatore nell'amore per Gubbio: il calcio e le tradizioni, in particolare quelle legate alla Festa dei Ceri.
Con la maglia rossoblù ha iniziato la sua carriera agonistica alla fine degli anni 50, portato in prima squadra da Carlo Baccarini, altra gloria del calcio eugubino – titolare nella mitica serie B del 1946 e allenatore nella vittoriosa stagione 1957-58.
Dopo una stagione in IV serie, Nicchi spicca il volo verso il calcio professionistico, legandosi per molti anni alla Sambenedettese con la quale milita a lungo in serie C e in serie B, diventandone una colonna, tanto da scatenare la rivolta della piazza quando viene ventilata la sua cessione alla Lazio. Milita anche a Cosenza e Castrovillari, dove vince da giocatore e allenatore, e chiude poi la carriera ancora a Gubbio, nel 73-74.
Ma lui, Pittino, anche a centinaia di chilometri di distanza, resta sempre legato, con il cuore, ai colori rossoblù e contagia intatta la passione al figlio Alessandro, capitano del Gubbio negli anni '90 e oggi direttore tecnico dell'Atletico Gubbio, e a suo modo anche alla figlia Angela, capitano della squadra di pallavolo eugubina. Enrico Nicchi ha dedicato la sua passione per il calcio guardando soprattutto ai giovani, ed essendo "giovane tra i giovani": è stato ancora lui, insieme ai compianti Luciano Cambiotti e Giuseppe Angeloni, una delle colonne dell'Atletico Gubbio, società sportiva che proprio in queste settimane ha celebrato i 30 anni di attività e che rappresenta una delle realtà giovanili più dinamiche della nostra regione.
E poi "Pittino" non si può non ricordare come grande ceraiolo e appassionato delle tradizioni eugubine e della sua città. Santubaldaro doc, è stato anche Presidente della Famiglia Santubaldari alla fine degli anni Ottanta oltre che per molti anni ceraiolo valente e carismatico. Era anche abile artigiano: una delle sue passioni, oltre alla ceramica, era la realizzazione delle statuine dei santi, in particolare quella del Patrono.
Una delle sue "creature" è stata collocata alcuni anni fa sulla Cappella del Col di Lana - il luogo dell'Alto Adige dove gli eugubini organizzarono nel 1917 un'edizione speciale della Festa dei Ceri al fronte.
Da qualche giorno, tornando alla metafora che lui stesso utilizzava, l'arbitro ha fischiato la fine dei 90 minuti. Pittino, con il sorriso ironico che gli disegnava il volto, è rientrato negli spogliatoi.
Dove si respira l'olio di canfora e il sapore del vissuto calcistico, dove si racconta un'altra storia, indocumentabile, talvolta irriferibile, dove si smaltisce l'amarezza delle sconfitte, si condivide l'emozione incancellabile delle vittorie. E dove, comunque vada, qualcuno sa anche lasciare un'impronta importante, nella propria squadra come nella propria comunità.
Fatta di umanità, autenticità, senso di appartenenza. In una parola, Eugubinità.
E quando questo accade, e per Pittino è accaduto, la partita in realtà non finisce: passa solo ai tempi supplementari...
Da "Il Rosso e il Blu" - di "Fuorigioco" del 2.12.13ù
musica di sottofondo: "Ticket to Heaven" Dire Straits
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