Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 27 marzo 2014

27 marzo 1994: Berlusconi vinceva le elezioni... e nulla, o quasi, sarebbe stato piu' come prima...

Ricordo che quella sera stavo facendo un puzzle. Lo ricordo bene perchè ero a casa mia e non ero solo. E ricordo anche il puzzle: una foto di New York riflessa sulle acque, in versione notturna.
Il puzzle mi è sempre piaciuto. Ma come quasi tutte le cose che adoro, mi piace farlo in compagnia. E in quel periodo era un rompicapo buono come scusa per starmene con la fidanzata (che oggi è mia moglie).
Ricordo il volume della tv che rientrava dal salotto dei miei.

Stretta di mano dopo il duello tv tra Berlusconi e Occhetto
E Mentana, già proprio lui, Enrico Mentana, che annunciava i primi exit poll - forse gli ultimi a prenderci nella storia delle elezioni - che sancivano l'impensabile successo di Forza Italia, partito nato appena 2 mesi prima e diventato di colpo il primo partito italiano.
Tangentopoli non aveva ancora esaurito i suoi effetti al napalm sulla politica di casa nostra, la "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto - l'uomo della Bolognina - aveva scoperto di avere acqua nel serbatoio, e il Berlusca aveva trovato la chiave giusta per ipnotizzare milioni di italiani: 1 milione di posti di lavoro, meno tasse, meno burocrazia, la garanzia di un uomo che si era fatto da solo. Seppur circondato di un alone di veleni, che presto si sarebbero tramutati in avvisi di garanzia.

La copertina, non proprio entusiastica,
di "Repubblica" - 28-3-1994
E' surreale come pochi oggi ricordino quella data, quel 27 marzo 1994. Sembra un secolo fa.
E per certi versi lo è. E' passato un secolo per la comunicazione - credo che meno del 30% della popolazione italiana avesse ancora il cellulare (il mio primo lo feci nel Natale 1996), internet non era di uso pubblico, i social network non stazionavano neppure nell'anticamera del cervello di Zuckemberg, che all'epoca frequentava ancora le elementari.
E' passato un secolo per l'informazione (che con quella tornata elettorale scopri' i primi faccia a faccia, i duelli televisivi, il "Di qua o di là"), prima di essere imbavagliata da una delle leggi più stupide e inutili della storia repubblicana, la "par condicio" (stupida perchè non puoi quantificare l'intelligenza e la capacità penetrativa di un messaggio, inutile perchè valida solo in tv e in radio, ma non in rete e nella carta stampata).
E' passato un secolo per i conti del nostro Stato, già disastrati ma ancora lungi dal far suonare l'allarme, per il nostro benessere (che non c'è più), per la lira (che nessuno pensava di dover rimpiangere) e per la politica della Prima Repubblica, quasi rimpianta più della lira, con i tanti partiti ormai alla soglia del tramonto allora, e oggi rimasti solo nei libri di storia (e nell'ultimo di Pansa, "Sangue, Sesso, Soldi" che sto quasi finendo).

Un triumvirato burrascoso e incostante:
Fini-Berlusconi-Bossi
Sono passati vent'anni e forse è ancora presto per giudicare un'epoca - anche se gli elementi non mancherebbero. Certamente Berlusconi, comunque la si veda, ha lasciato il segno. Che può essere giudicato in tanti modi. Ancor più di lui, ha fatto danni certamente il "berlusconismo", ovvero la tendenza di molti (non solo a destra, ma perfino nell'estrema sinistra) ad avventurarsi in carriere improbabili, sulla fiducia (spesso rivelatasi sicumera) di poter "bucare l'elettorato" con la stessa capacità comunicativa di un'"animale politico" (per dirla all'Aristotele) e televisivo (per dirla alla Freccero) come il Cavaliere.

Capace di trovarsi abilmente ogni volta un nemico contro il quale scatenare il proprio elettorato. Capace di ritagliarsi un'aurea di vittimismo sulla quale emendare i vuoti del proprio programma. Capace di illudere che l'inizio di un'età dell'Oro potesse regalare all'Italia un periodo diverso, lontano dall'inefficienza e dal marciume del sistema pubblico e dell'incapacità della politica di risolvere i problemi dei cittadini.
Oggi, esteticamente e non solo, Silvio Berlusconi appare la "cera" di se stesso, e quei proclami appaiono la cenere di ciò che sarebbe dovuto essere e non fu.
E nonostante tutto - ma questo evidenzia la maggior pochezza altrui - continua a polarizzare le coordinate della politica italiana.
Tanto per dire, il "dolce stil novo" di Renzi è passato per Arcore prima di definire una nuova legge elettorale.

Il Cavaliere arringa i suoi alla Scuola di Forza Italia
svoltasi per alcuni anni a Gubbio
Cosa mi manca di quel 27 marzo? Certamente il senso di un orizzonte che pareva schiudersi. Un'alba che avrebbe potuto e dovuto rappresentare un'epoca nuova per il nostro Paese. E per chi non era o si sentiva di sinistra.
Se c'è un merito - che in ogni caso, a prescindere dalle opinioni - andrebbe riconosciuto al leader di Forza Italia è proprio questo: di aver "sdoganato" la destra, un'area politica che fino al suo avvento veniva frettolosamente etichettata (e ghettizzata) ancora - a 50 anni dalla fine della guerra - come "post-fascista", sterilizzando di fatto l'ipotesi di una possibile alternanza politica, a ogni livello, da Roma alle periferie. Il pentapartito, le convergenze parallele, il compromesso storico, sono tutte esperienze figlie di un'assenza di fondo: quella di una destra liberale e liberista che potesse fare da contraltare (e dire che di figure di spessore e specchiata onestà non ne mancavano, dato che oggi perfino a sinistra in molti rimpiangono persone tutte d'un pezzo come Almirante).
Che poi questa destra, interpretata da Forza Italia prima e dal PDL, abbia effettivamente fatto (e disfatto) ciò che i suoi elettori effettivamente desideravano, è altro discorso.
Oggi continuano ad essere tanti i seguaci di Silvio. Ma altrettanti sono quelli delusi, confluiti in altre esperienze o nella sempre più ampia porzione di astensionisti.
Una cosa è certa: prima di quel 27 marzo 1994, dirsi di destra, in Italia, era quasi proibito. Oggi, forse, per molti è diventato quasi inutile.
Ma in fondo, a pensarci bene, vale anche per la sinistra...

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