E' triste quando la burocrazia invade tutto.
Mesto, quando la tradizione viene interrotta.
Amaro, quando ad interromperla è l'ipocrita cattiveria di qualcuno, che sfruttando la meschinità dell'anonimato, innesca il procedimento burocratico: esposto, ordinanza, intervento.
Un tempo Gubbio era definita "la Città del Silenzio". Oggi c'è chi la definisce "la città dei no".
Difficile dare torto. E quel che è peggio è che la schiera dei "no" - su tutto e su tutti - comincia ad offuscare l'orizzonte, ad annerire i contorni della prospettiva, ad oscurare la capacità di guardare oltre. Di guardare avanti.
Dove il no domina imperante, dove tutto è nero, non c'è speranza. Dove il no pregiudiziale, il no acritico, il no ideologico mette i paletti, segna i confini, delimita gli spazi, il poco ossigeno che resta serve solo a stare fermi. Immobili.
Mentre il mondo va avanti. E l'immobilismo, significa arretratezza.
Tutto questo per la vicenda "focaroni", direte voi? Forse è esagerato.
Forse sì, ma è esemplare. Di come in una città, vessata da anni di oscurantismo sotto varie forme, generi e fattezze, il verbo più declinato sia "negare". E quello più sottovalutato (e consequenziale) sia "annegare".
Non sappiamo chi si è inventato l'esposto anonimo che come un "effetto domino" ha acceso il tasto off e ha fatto divampare quello delle polemiche. Non sappiamo trovarne le motivazioni.
Al tempo stesso si potrebbe comprendere che - come su tutte le iniziative - va trovata una giusta forma, vanno evitate esagerazioni, vanno trovate formule anche di compromesso tra chi confonde un permesso con la possibilità di agire in libero arbitrio.
Ma tra questo e il "no", una zona intermedia ci deve essere.
Ecco, trasferiamo questo identico ragionamento su altri fronti. Su altre polemiche - che hanno costellato la cronaca degli ultimi mesi - su altre querelle - che hanno condito muri cittadini e social network con i toni della "crociata" - su altre questioni - che hanno diviso l'opinione pubblica.
E' ancora il "no" a prescindere, a segnare la linea di confine. A ridurre quello che potrebbe essere un dibattito pure costruttivo sul futuro della città, in un mero dividersi tra "buoni e cattivi", tra "fedeli e infedeli", tra "bianchi e neri".
Con l'unica discriminante di non cercare un punto di comunione o di sintesi, pur nella diversità di vedute (che vivaddio, resta comprensibile e necessaria), ma - anche non dovesse esserci - di rintracciare, anche col lanternino, un elemento di divisione, di polemica anche strumentale, di distinguo. In un contesto dove la divisione - di partiti, di associazioni, di persone fisiche o giuridiche - è diventata la regola non scritta.
Unica consolazione e speranza: in questo complicato bailamme, continuano ad esistere le persone, esiste il pensiero, esiste ancora la volontà. E la capacità di distinguere.
Chi vuole "fare" e chi dice semplicemente "no". Spegnendo qualsiasi fuoco - non solo quelli di San Giuseppe - che ancora rimane ad illuminare la prospettiva di questa comunità...
Basta riconoscerli...
martedì 18 marzo 2014
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