Sono i giorni dei bilanci del dopo-Londra: giornali e tv fanno a gara a chi s'inventa il sondaggio più banale dopo la XXX edizione dei Giochi.
Ed è inevitabile che anche il mio blog finisca per accodarsi alla litania. Non tanto andando a cercare "la foto o l'evento più memorabile" ma spulciando tra curiosità, emozioni ed aneddoti che mi rimarranno impressi... forse perchè sfuggiti ai più.
Non ero a Londra, ma se ci fossi capitato sarei andato in cerca - un po' come Diogene, ma senza torcia - di una storia sconosciuta, strana, controcorrente. Troppo facile oggi andare a spulciare la vita di Usain Bolt o ripercorrere la messe di medaglie collezionate da Phelps. O celebrare le 8 medaglie d'oro italiane, accorgendosi che esistono perfino discipline sportive in cui si spara con una carabina o si colpisce un corpetto elettrificato con tecnica coreana. Rischiando di far figure meschine da "pesci fuor d'acqua" (un po' come Caressa che commenta il nuoto...).
Più curioso sarebbe ricostruire la genesi delle 28 medaglie d'oro della Gran Bretagna per scoprire quante ce ne sono di autentiche (la metà?). Accade sempre alla nazione ospitante di ricevere qualche spintarella. Magari con più stile e meno imbarazzo di quanto avvenuto ieri sul ring, dove il "delitto perfetto" ha toccato il povero Cammarelle.
Cammerelle sul podio, nonostante tutto |
Lui, Cammarelle, la sua medaglia d'oro l'ha rivinta dopo il gong: nascondendo per quanto possibile la rabbia e l'incredulità, senza finti sorrisi o ipocriti atteggiamenti di circostanza. Ma si è presentato regolarmente alla premiazione, ha indossato l'argento illegittimo, ha ascoltato silenziosamente il "God save the Queen" (and bless the judge), ha salutato, guadagnandosi l'uscita (a testa altissima) dal ring e dal Palazzetto delle beffe. Come sa fare solo un campione straordinario, come può riuscire solo ad una medaglia d'oro. Dentro.
L'unico vero Dream team di questa Olimpiade |
In questo esercito di vittoriosi alfieri, un capitolo a parte meritano le schermitrici (per lo più jesine), capaci di rivelarsi l'unico vero dream team di questa Olimpiade. In nessuna altra disciplina (nemmeno il ping pong o il balneare badminton per i cinesi) uno stesso Paese ha piazzato i propri portacolori nei primi tre posti individuali e sul gradino più alto della competizione a squadre: solo il fioretto femminile italiano. Che dopo Londra non ha più bisogno di chiedere autografi a Kobe Bryant...
Gli schemi di Marta Menegatti... |
In pedana, come nella sabbia. Dove oltre alle gesta tecniche e atletiche, milioni di telespettatori hanno potuto apprezzare anche quelle estetiche delle giocatrici di beach volley: una delle discipline più seguite - soprattutto al momento delle indicazioni tattiche - dal vivo come sugli schermi. Il motivo è semplice e non c'è da fare il disegnino. Diciamo che nonostante l'eliminazione ai quarti, le nostre portacolori (in particolare Marta Menegatti) non hanno avuto nulla da invidiare alle competitors americane, nordeuropee o brasiliane. Anche questo, vi piaccia o no, è made in Italy...
La pagajata di Josefa: un'icona sempreverde... |
Senza dimenticare però le lacrime, già salutate con dovizia di commento, di Cagnotto e Ferrari. Che ci raccontano come, non un quinto, ma un quarto posto possa essere una lama che ti trafigge, snervando i sacrifici di un quadriennio. Per loro c'è di conforto l'anagrafe: che silenziosamente dà appuntamento ai prossimi palcoscenici Mondiali e perchè no, a Rio 2016. Se c'è un destino, saprà ricordarsene...
Questo bronzo è anche per te... |
Ora la rassegna a cinque cerchi va in letargo. Fortunatamente l'alternanza con quelli invernali, farà sì che il digiuno non dovrà durare 4 anni. In realtà la nostalgia per l'Olimpiade è già forte: con i suoi successi, le amarezze, con le vittorie sudate e quelle negate, con gli sport sconosciuti e quelli di tradizione, la saga per antonomasia ci mancherà di sicuro.
Che distanza siderale ci toccherà avvertire, non appena torneremo ad ascoltare - chi avrà ancora lo stomaco per farlo - le stucchevoli ripicche su penalty e offside: nel nostro piccolo cercheremo di mantenere se non lo stile, se non l'atmosfera, almeno lo spirito olimpico. E tutto quel che resta di Londra... a parte il ricordo.
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